domenica 25 dicembre 2011

Buon Natale a tutti!!!


Ps: c'è poco da fare, Del Piero è (e rimarrà) il numero 10 per eccellenza.

giovedì 22 dicembre 2011

Una Squadra con la "S" maiuscola

Così l’allenatore della Juventus ha definito la sua squadra al termine di una delle gare più insidiose e difficili di tutto il campionato, dimostrandosi soddisfattissimo per come i suoi ragazzi hanno interpretato il match dall’inizio alla fine.

Come già aveva fatto in occasione della partita contro la Lazio, il Mister ha schierato una formazione a specchio, ricalcando lo stesso schema utilizzato dall’Udinese: un 3-5-2 con Buffon tra i pali, Barzagli, Bonucci e Chiellini in difesa, Lichtsteiner ed Estigarribia sulle fasce, sia per spingere sia per frenare le avanzate di Armero e Basta, poi i soliti tre centrocampisti, Marchisio, Pirlo e Vidal, ed infine in attacco Matri e Pepe, per la prima volta nella stagione schierato come punta capace anche di rientrare.

Come ha spiegato a fine serata, ha messo in campo gli undici così disposti proprio perché temeva le ripartenze rapidissime dei friulani e per non rischiare uno di quei contropiede letali che ormai sono una delle migliori armi della squadra di Guidolin. Qualcuno ha storto il naso dicendo che questo schieramento fosse quasi sinonimo di paura, ma la gara ha dimostrato che non era così perché, al di là degli uomini messi in campo, l’atteggiamento della Juventus è stato quello di una compagine aggressiva, che impone il proprio gioco e che cerca la vittoria fino a quando dispone delle energie necessarie per farlo. Tutto questo non correndo praticamente alcun pericolo, pur avendo davanti l’attaccante più prolifico della serie A da due stagioni a questa parte e soprattutto giocando in uno stadio dove tutti, fino a ieri, avevano pagato dazio. Secondo me (ma questo è solo la mia opinione personale) Antonio Conte ha indovinato alla perfezione la tattica.

Purtroppo, e questa è la nota dolente ormai ricorrente: per essere una vera Squadra con la S maiuscola manca ai Bianconeri quello che invece il Milan, al di là degli aiutini, delle mancate prove televisive e di quel pizzico di fortuna che ha fatto diventare Nocerino un goleador, invece possiede. E cioè quel cinismo che gli consente di mettere le partite sul binario giusto quasi da subito, quella freddezza che gli consente di capitalizzare al massimo ogni occasione da rete e quella capacità di spaventare l’avversario già negli spogliatoi che un tempo era propria della Juventus.

Sicuramente Matri in questo momento è appannato e, a posteriori, si può pensare che forse si poteva schierare Quagliarella fin dall’inizio. Di sicuro qualche tempo fa Alessandro avrebbe gestito meglio alcuni palloni pericolosi che ha avuto a disposizione, però la sensazione è che attualmente gli attaccanti di cui dispone la Juve siano ottimi, ma nessuno dispone di quella capacità realizzativa che aveva ad esempio un David Trezeguet, il cui rapporto occasioni da goal/reti realizzate era veramente mostruoso.

La Juventus, ad ogni modo, è in crescita costante: come mentalità, come gioco, come convinzione nei propri mezzi ed autostima. I ragazzi, spinti dal loro condottiero Antonio Conte che si sta dimostrando sempre più a proprio agio anche davanti ai microfoni, sciorinando ottime capacità di comunicazione, non mollano mai di un centimetro, si aiutano l’uno con l’altro, cercano sempre la vittoria, non buttano mai il pallone cercando sempre la manovra, anche nelle condizioni più difficili.

Concludo dicendo che, nonostante le difficoltà, nonostante manchi ancora più di qualcosa per diventare grandissimi, i gufi ieri sera hanno dovuto rimandare la festa che avevano programmato per festeggiare la nostra prima sconfitta.


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mercoledì 21 dicembre 2011

Juventus-Milan, duello continuo

Ancora quattro partite da disputare e la Juventus terminerà il girone di andata di questo campionato. Considerate le difficoltà iniziali, in pochi la scorsa estate erano disposti a scommettere in un cammino da record come quello tenuto da Madama sino ad oggi: una volta inserita la marcia giusta, non ha più smesso di andare avanti. A volte accelerando (nove vittorie), a volte rallentando la corsa (sei pareggi).
Mai, però, indietreggiando di un solo passo (nessuna sconfitta).

Deschamps, Corradini, Ranieri, Ferrara, Zaccheroni, Del Neri: rileggendo i nomi dei tecnici che si sono susseguiti sulla panchina dei bianconeri dallo scoppio di Calciopoli in poi, risulta ancora più sorprendente il fatto che i meriti principali di un avvio così travolgente vengano rivolti soprattutto ad Antonio Conte, guida della Signora fuori dal campo dopo essere stato suo capitano dentro il rettangolo di gioco per diversi anni.

La figura dell’allenatore è la più instabile all’interno del circo del pallone nostrano: se il turnover in quel ruolo è elevato, è inevitabile che l’idea di calcio propinata da un club ai propri tifosi finisca col perdere credibilità. Oltre che “sostanza”, ovviamente: i fatti e i risultati difficilmente smentiscono questa regola non scritta.

Nove tecnici di serie A allontanati dal proprio lavoro da agosto a fine dicembre (in due casi prima ancora dell’inizio ufficiale della manifestazione) su venti squadre iscritte: in testa alla classifica di questo triste primato c’è il Palermo del patron Zamparini, che dopo aver sostituito Pioli con Mangia ha virato adesso su Mutti (un ritorno, il suo). In casa rosanero la musica è più o meno sempre la stessa: anche lo scorso anno Delio Rossi venne esonerato, avvicendato da Cosmi per poi tornare e completare il campionato sulla stessa panchina dalla quale era partito.

Arrivati a trecentosessanta minuti dal giro di boa della massima serie, Juventus, Udinese e Milan (su tutte) si contendono la conquista del platonico titolo di campione d’inverno. I rossoneri sono stati gli ultimi ad aggiudicarselo, in concomitanza con la diciottesima giornata del campionato 2010/11: nell’album dei loro ricordi per dieci volte su sedici quel traguardo aveva rappresentato l’antipasto della vittoria finale. A conti fatti, adesso si può dire “undici su diciassette”.
In quella domenica si festeggiava l’Epifania, ma i tifosi bianconeri la ricordano ancora oggi per l’infortunio occorso a Quagliarella nell’incontro casalingo perso col Parma allo stadio “Olimpico”. Da lì in poi Madama iniziò una caduta inarrestabile, che la portò a confermare il settimo posto ottenuto la stagione precedente. A nulla valse, infatti, l’impegno solenne preso dalla squadra all’interno delle quattro mura dello spogliatoio del “San Paolo” dopo la successiva sconfitta patita col Napoli: “I punti a disposizione sono ancora tanti. Lavoriamo duro e sicuramente i risultati arriveranno”.

Proprio gli scarsi risultati racimolati in campionato portarono alla risoluzione consensuale del contratto stipulato tra l’Inter e Rafael Benítez, al quale non furono sufficienti le vittorie della Supercoppa italiana e della Coppa del mondo per club per restare in nerazzurro: il 6 gennaio scorso il brasiliano Leonardo esordì alla guida della Beneamata superando proprio il Napoli con un netto 3-1. A distanza di poco meno di un anno, altri due tecnici hanno occupato quella stessa panchina: Gasperini e Ranieri.

Nell’attesa che i giocatori tornino a diventare i principali protagonisti del torneo, in questo periodo si tende a vivisezionare le dichiarazioni e gli stati d’animo dei vari tecnici per valutare il livello di salute (fisica e mentale) di ogni singola squadra.
E così, mentre Allegri è in ballo col Diavolo per il rinnovo del contratto ed è costretto ad ascoltare i consigli tattici di Berlusconi, Conte e Guidolin possono lavorare in tranquillità, consapevoli di aver svolto - sino ad ora - quanto richiesto dalle rispettive società. Se non di più.
Nell’immediato questa condizione potrebbe rappresentare per loro un vantaggio rispetto al collega rossonero, nel lungo periodo – però – non bisogna dimenticare che i reali valori (o le sorprese) tendono a venire fuori: per informazioni basta chiedere ad Alberto Zaccheroni, criticato dallo stesso Berlusconi in passato e, nonostante tutto, in grado di portare a casa il sedicesimo titolo della storia del Milan.
Quella squadra arrivava da due stagioni nelle quali si era posizionata undicesima e decima, una situazione di partenza peggiore rispetto a quella della Juventus attuale.
Ogni tanto è giusto ricordarlo.
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lunedì 19 dicembre 2011

Le coronarie di Mister Conte (e le nostre..)



Subito dopo il match di ieri contro il Novara l’allenatore della Juventus Antonio Conte, rispondendo alle consuete domande dei giornalisti, analizzava la partita in questo modo:

“L’aspetto positivo è che si crea veramente tanto. L’aspetto negativo è che abbiamo lasciato il risultato in bilico fino alla fine e questo non va bene per le coronarie di chi sta in panchina, perché quando giochi non ti accorgi, sei preso dalla trance agonistica, mentre chi sta fuori patisce in maniera importante, soprattutto quando domini e sprechi”.

Mi aggancerei proprio a questa frase del Mister per aggiungere che le coronarie che patiscono non sono soltanto quelle di chi sta in panchina, ma anche quelle dei milioni di tifosi che seguono la gara sia allo stadio che in televisione. La differenza tra il dominio assoluto a livello di possesso palla, gioco espresso, intensità, occasioni da rete create e realizzazioni è eccessiva, e questo è sicuramente il difetto più grande di questa squadra, che d’altro canto mostra una ferocia ed una determinazione da far spavento agli avversari e che fa sentire chi ama quei colori veramente orgoglioso di questi ragazzi che non si risparmiano mai, che non tirano mai indietro la gamba, che cercano la vittoria con ostinazione ma anche con manovre e schemi finalmente degni della Juventus.

Incredibile il numero di palle gol gettate al vento che, se realizzate anche in minima percentuale, ci avrebbero consentito un pomeriggio di assoluto godimento e di tranquillità. Fanno da contraltare le pochissime occasioni concesse all’avversario, una (o l’unica?) delle quali però, avrebbe potuto punirci in maniera del tutto ingiusta, se Gigi Buffon, ultimamente meno sorridente e molto più concentrato, non avesse compiuto un vero miracolo sul colpo di testa di Rubino.

Una delle cose più importanti della giornata è stato il ritorno al gol di Fabio Quagliarella. Dopo quasi un anno di astinenza l’attaccante di Castellammare di Stabia riesce a metterla dentro realizzando la rete che chiude finalmente la partita. Una rete bellissima, alla sua maniera, con un colpo di testa angolatissimo che trafigge Ujkani, che fino a quel momento sembrava quasi insuperabile. Speriamo che questa segnatura dia la carica al bomber, sulla cui cessione Antonio Conte ha posto il veto, considerandolo importantissimo per l’immediato futuro.

Lodi alla difesa, che ieri è stata pressoché perfetta, anche se, di certo, non aveva di fronte un attacco particolarmente forte, ma Barzagli, Chiellini, Lichtsteiner e perfino De Ceglie, non hanno sbagliato praticamente un intervento. Di Buffon abbiamo già detto.

Ottima la prova di Giaccherini (a parte le due occasioni da rete clamorose sciupate) che si sta calando nella parte dell’interno di centrocampo con sempre maggiore autorità, ma in generale eccellente prestazione di tutti i bianconeri. Ora si va ad Udine, dove la Juve è attesa da una prova veramente difficile. Prima della gara dovrò procurarmi qualche ansiolitico, altrimenti, se continua così sarà dura arrivare incolume alla fine della stagione.


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venerdì 16 dicembre 2011

Juventus-Milan, duello infinito

Lo scorso 20 novembre il Parma sconfisse allo stadio “Tardini” l’Udinese con un secco 2-0: Biabiany e Giovinco (direttamente da calcio di rigore) stesero i friulani, che schieravano tra le loro fila alcuni giocatori stanchi per gli incontri disputati nelle rispettive nazionali di appartenenza durante la sosta del campionato appena conclusa. Francesco Guidolin, all’epoca dei fatti, era il ritratto dello sconforto: “Sono amareggiato e deluso. Pensavo di vedere un altro atteggiamento, ma credo che tutti si siano accorti che l’Udinese non può lottare per i primi posti”. Persa anche la vetta della classifica (distante, comunque, un solo punto, in attesa del recupero tra il Napoli e la Juventus) da quel momento in poi la sua squadra non ha più smesso di vincere: in casa con Roma e Chievo, in trasferta contro l’Inter, mettendo a segno cinque reti e subendone soltanto una.

Sono bastate tre partite, quindi, per riportare i friulani in testa, in coabitazione con la Vecchia Signora: “E’ un momento magico che sta durando, e noi proveremo a farlo durare il più possibile”, ha confessato lo stesso Guidolin dopo l’ultimo successo interno. Per continuare a sognare, però, bisogna tener conto del menù previsto dal calendario prima della sosta natalizia: la trasferta contro la Lazio (lontana solo due punti, così come il Milan) anticiperà il big match contro la Juventus del 21 dicembre, data del recupero della prima giornata originariamente prevista per il 28 agosto.

A quell’appuntamento Madama potrebbe arrivare nuovamente da capolista solitaria, nel caso in cui l’Udinese dovesse rallentare la propria corsa e la Juve riuscisse a rispettare i favori del pronostico aggiudicandosi il (ritrovato) derby contro il Novara che verrà disputato domenica prossima allo “Juventus Stadium”. L’occasione per dare una prima scossa importante al campionato la Vecchia Signora se l'è fatta sfuggire nell’ultima partita disputata a Roma contro i giallorossi: vincendo, avrebbe allungato sul Milan, la più attrezzata per la conquista dello scudetto tra le quattro attuali pretendenti.

Il 29 settembre, qualche giorno prima del successo interno dei bianconeri sul Diavolo (2 ottobre), Gianluigi Buffon pesò l’importanza di quell'incontro: “Portare a casa un risultato positivo ci servirebbe a livello di autostima, darebbe morale al gruppo. Insomma, ci permetterebbe di posare un mattoncino importante lungo il nostro percorso di crescita”. Titubante come se avesse avuto paura di mostrarsi troppo bella di fronte alle altre, Madama pareggiò subito dopo con Chievo e Genoa, lasciando per strada quattro punti.
Stordito dalla sconfitta subita a Torino, invece, nelle nove successive gare giocate il Milan ne ha vinte sette e pareggiate due, recuperando velocemente il terreno perduto nei confronti delle dirette rivali.

L'unica compagine ancora imbattuta del torneo, a questo punto, rimane proprio la Juventus. Il mezzo passo falso di Roma ha frenato il continuo susseguirsi di elogi dei quali era stata ricoperta negli ultimi giorni, lasciando spazio alle statistiche: una partenza simile non le capitava da ben sessantadue anni, dal campionato 1949/50, allorquando i risultati utili consecutivi furono diciassette.
A fine stagione per Madama arrivò il tricolore numero otto, dopo un'attesa che durava dal lontano 1935. L'avversaria più ostica, allora come oggi, era il Milan del trio svedese Gren, Nordahl e Liedholm. I rossoneri, sconfitti in casa dai bianconeri nel girone di andata col risultato di 1-0 si rifecero con gli interessi nella sfida di ritorno, disputata a Torino il 5 febbraio del 1950: con un perentorio 7-1 inflissero alla Juventus una batosta che comunque non permise loro di conquistare lo scudetto.

I ripetuti paragoni con la prima Juventus allenata da Lippi e i ricordi pescati dalla storia vincente di Madama non fanno altro che amplificare i meriti dell'ottimo lavoro svolto sino a questo momento da Conte (e, indirettamente, dalla dirigenza), a maggior ragione se si considera che il numero "sessantadue" in casa bianconera, negli ultimi due campionati, veniva spesso usato per indicare la disastrosa stagione dove la Vecchia Signora accumulò record negativi, sulla falsariga di quanto stava capitando alle formazioni guidate da Ferrara, Zaccheroni e Del Neri.
A fine febbraio (ancora) Milan e Juventus si troveranno nuovamente una di fronte all'altra: quell'incontro, più del precedente disputato a Torino, servirà a scoprire le reali potenzialità della squadra bianconera.
La posizione occupata in classifica da Madama a fine gara, invece, aiuterà a capire a quale squadra del passato è intenzionata a somigliare.

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giovedì 15 dicembre 2011

Ma cosa si aspettavano?


Grande delusione ieri da parte del Presidente del Coni Gianni Petrucci e del massimo dirigente della FGCI Giancarlo Abete per l’esito finale dell’ormai noto a tutti Tavolo della Pace, proposto dai vertici del calcio italiano con l’obiettivo ufficiale di mettere pace una volta per tutte tra la Juventus e l’Inter, relativamente alla questione Calciopoli, ma soprattutto con lo scopo ultimo di seppellire il tutto con una bella pietra tombale, comportamento ormai abbastanza usuale in un paese come l’Italia.

Grande delusione (ma solo per loro, non per chi è bianconero fino al midollo) perché si è trattato di un clamoroso quanto prevedibile e scontato fallimento, in quanto ognuno dei contendenti è rimasto sulle proprie posizioni. Del resto non poteva che essere così, innanzitutto perché, come giustamente scrive oggi Luciano Moggi su Libero questo non avrebbe dovuto chiamarsi “Tavolo della Pace”, ma piuttosto “Tavolo del Chiarimento”, poiché avrebbe dovuto essere un’occasione per fare chiarezza sulle inique e poco coerenti decisioni prese dal 2006 ad oggi in merito a Calciopoli, e, cosa ancora più importante sul doppiopesismo e sulla disparità di trattamento riservate a Juve ed Inter nel giudicare gli eventuali comportamenti illeciti o sleali delle due società e di altre coinvolte nel processo del tutto incompleto eseguito nel 2006 .

Ancora Moggi sottolinea l’inutile presenza di De Laurentiis a questo tavolo, mentre di sicuro sarebbe stata necessaria quella di Guido Rossi, dei PM Narducci e Beatrice e del Colonnello Auricchio, per poter chiedere loro illuminanti spiegazioni sulle indagini eseguite e su tutte le dimenticanze, con i baffi o senza, che si sono verificate in sede di inchiesta. Poi Moratti avrebbe dovuto dare spiegazioni concrete e convincenti sulle telefonate compiute da lui personalmente o dai suoi dipendenti ai designatori e non solo, e motivare la sua mancata rinuncia alla prescrizione, che invece gli avrebbe dato l’occasione di dimostrare la sua tanto decantata onestà.

La domanda da cui prende spunto il titolo di questo post è quindi la seguente:
Ma cosa si aspettavano tutti quanti? Che Andrea Agnelli dicesse a tutti: “va bene, dimentichiamo il passato, i due scudetti tolti e l’assegnazione del tricolore di cartone, dimentichiamo i danni economici e di immagine enormi subiti dalla Juventus, dimentichiamoci la serie B, condanna comminata con un processo sommario a cui mancava un grado di giudizio ed in cui non fu concessa alle difese la possibilità di portare prove preziose per la difesa. Lasciamo cadere il ricorso al TAR, lasciamo stare ogni richiesta di risarcimento, lasciamo passare tutto in cavalleria. Dimentichiamoci tutto ed andiamo avanti, tanto che problema c’è?”.

Si aspettavano questo? Tutta l’Italia calcistica si aspettava questo? Mi dispiace signori, ma Andrea è un Agnelli, e Agnelli da queste parti è sinonimo di Juventus. E la Juventus, la vera Juventus, non molla mai!! E questo sia chiaro a tutti!!


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martedì 13 dicembre 2011

Occasione persa o punto guadagnato?


Che questa sarebbe stata una partita molto difficile lo si sapeva già, per tanti differenti motivi:
innanzitutto perché quello di Roma, per la Juventus, è sempre stato un campo decisamente ostico, specialmente quando si affrontano i giallorossi, che caricano questo confronto di significati particolari che partono direttamente dalla antica rivalità degli anni 80, fino a quella più recente del periodo pre-calciopoli.

Poi perché questo incontro, per i giocatori della Roma e per l’allenatore, era una sorta di ultima spiaggia, visto che un’eventuale sconfitta avrebbe significato probabilmente le dimissioni di Luis Enrique e una crisi profonda per la squadra della capitale dopo la debacle di Firenze.

Dietro alle difficoltà di questo match ci sono anche motivazioni numeriche, infatti la Juventus arrivava a questa serata ancora imbattuta, ed inoltre era dal 2004 che non usciva perdente dallo stadio Olimpico di Roma. E si sa che la legge dei grandi numeri ha la sua importanza in questo genere di cose.

L’inizio della gara ha subito messo in mostra le prevedibili difficoltà appena descritte. La Roma era completamente rinchiusa in se stessa a difesa della propria porta e perfino l’allenatore sembrava, complici anche le pesanti assenze, aver rinnegato tutti i principi su cui dall’inizio della stagione ha basato il proprio gioco, possesso palla e ricerca della manovra. Trovare il gol dopo sei minuti, grazie a due errori in una sola azione della difesa bianconera (nessuno che andava a bloccare Totti su calcio d’angolo, permettendogli di entrare in area indisturbato, e poi il gravissimo liscio di Vidal, che ne ha poi condizionato il rendimento per tutto il primo tempo) ha permesso ai Giallorossi di impostare la gara come desideravano, difendendo e ripartendo in contropiede.

La Juventus ha avuto, come nel primo tempo di Napoli, l’approccio sbagliato alla partita. Molle, ferma e poco incisiva si metteva in condizione di dover affrontare il match in salita. Dopo la rete della Roma i bianconeri hanno avuto comunque una bella reazione, andando più volte vicino al pari con due tiri di Estigarribia (oggi molto deludente, io gli avrei preferito Giaccherini) sui quali interveniva alla grande Stekelenburg, ma nel complesso la manovra appariva meno fluida del solito e i giocatori poco lucidi rispetto alle ultime esibizioni.

In particolare il centrocampo, con il trio Pirlo-Marchisio-Vidal sembrava decisamente sotto tono e impreciso non permettendo alla squadra di girare nel modo brillante che conosciamo. Nel secondo tempo il copione della sfida non cambiava granchè, ma nonostante questo la Juve raggiungeva il meritato pareggio con Chiellini, a mio avviso, stasera, il migliore dei suoi, insieme a Barzagli. Appena ottenuto il pari, invece di spingere per andare a vincere, la squadra si lasciava schiacciare in area e in un’azione molto confusa ci scappava il rigore per la Roma. Fortunatamente Gigi Buffon si ricordava di essere un grandissimo portiere, dimostrando di essere in netta ripresa, e respingeva il tiro di Totti. Da quel momento un susseguirsi di ribaltamenti di fronte caratterizzava il finale di gara, finale in cui Quagliarella, se fosse stato un po’ più lucido avrebbe consentito alla Vecchia Signora di tornare a casa con i tre punti. Ad ogni modo il pareggio, per quanto si è visto in campo, è giusto, ed è difficile capire se possiamo considerarlo come un punto guadagnato o come due punti persi.

Forse una Squadra che vuole ambire a traguardi importanti oggi doveva uscire dallo stadio con una vittoria, ma del resto ci sono tanti fattori che influiscono sui risultati delle partite e tutto sommato siamo ancora in testa alla classifica e questo primato è del tutto meritato. Ultima riflessione: si inizia a vedere qualche elemento un po’ in debito di ossigeno, forse qualcuno deve rifiatare, ma per fortuna tra poco ci sarà la sosta natalizia per riposarsi e ricaricare le pile e poi ci sarà il mercato di gennaio in cui sarà fondamentale compiere un paio di acquisti giusti per rendere la rosa ancora più competitiva. Ora sotto con il Novara e poi con l’Udinese.


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domenica 11 dicembre 2011

Juventus-Roma, quante storie incrociate

Ogni qualvolta Juventus e Roma si trovano una di fronte all'altra il pensiero torna indietro agli inizi degli anni ottanta, al periodo in cui erano le regine incontrastate del calcio nostrano. L’Avvocato Agnelli e Giampiero Boniperti - il presidentissimo bianconero - da una parte, Dino Viola - patron dei giallorossi - dall'altra: due mondi distanti anni luce tra loro, molto più di quei centimetri che costarono a Maurizio Turone, difensore dei capitolini, il goal annullato per una segnalazione di fuorigioco nello scontro al vertice disputato allo stadio "Comunale" nel lontano maggio del 1981.

La competitività e la voglia di primeggiare erano talmente elevate da non poter essere racchiuse al solo campionato di serie A, tanto è vero che si estesero all'Europa: la Roma di Liedholm provò invano a conquistare la Coppa dei Campioni ai danni del grande Liverpool nel 1984; un anno dopo - a Bruxelles - spettò a Madama il compito di battere nella finalissima i Reds nella serata più triste della sua storia.

Se in termini di scudetti il confronto del palmarès tra i due club non è proponibile, contando le coppe Italia conquistate emerge la comune nobiltà: nove titoli a testa. E mentre nell'ultimo decennio l'Inter si è avvicinata sensibilmente al loro record (quattro successi, per un totale di sette), da tempo si è aperta la gara per arrivare primi alla conquista del decimo trionfo.

Nella scorsa edizione fu proprio la Roma ad estromettere dalla manifestazione la Juventus di Del Neri nei quarti di finale: la gara si disputò a Torino il 27 gennaio 2011, Vucinic e Taddei realizzarono i goals decisivi a favore della squadra guidata da Claudio Ranieri. Per il tecnico ex bianconero si trattò di un'altra rivincita su quella Vecchia Signora che lo aveva esonerato a sole due giornate dalla conclusione del campionato 2008/09: la panchina, all'epoca dei fatti, venne occupata sino a fine stagione da Ciro Ferrara, che da traghettatore si trasformò in allenatore l'anno successivo.

Dove la sua ultima partita in serie A coincise con una sconfitta interna patita da Madama proprio ad opera della Roma di Ranieri: il 23 gennaio 2010 i giallorossi si imposero col risultato di 2-1, e dalla giornata successiva - a partire dalla gara interna disputata contro la Lazio, l'altra squadra della capitale – toccò a Zaccheroni il compito di traghettare la Vecchia Signora sino all'arrivo di Del Neri. Curiosità, aneddoti e coincidenze che riempiono da sempre la storia del calcio in generale: andando poi a scovare nel dettaglio, si scoprono gli intrecci invisibili che legano quelle dei singoli club. Basti pensare, ad esempio, che l'esperienza dello stesso Ranieri a Roma iniziò con le dimissioni di Luciano Spalletti successive alla sconfitta interna rimediata ad opera della Juventus. Di Ciro Ferrara, guarda caso.

Attualmente prima in classifica in serie A e qualificata ai quarti di finale della coppa Italia, la squadra di Antonio Conte attende la vincente del confronto tra i giallorossi (ancora loro) e la Fiorentina per conoscere il nome della prossima sfidante (11 gennaio 2012). Per superare gli ottavi ha domato il Bologna di Pioli esibendo una squadra piena di riserve, dalle quali ha ottenuto le risposte che in parte sperava, e in parte già conosceva.

Ai "bocciati" rimarranno poche occasioni per evitare una cessione nella sessione invernale del calciomercato ormai alle porte (3 gennaio 2012 la riapertura ufficiale), mentre i "promossi" consentiranno all’allenatore di allargare il campo delle opzioni da vagliare in caso di necessità. Nella prossima trasferta di campionato a Roma contro la squadra di Luis Enrique, ad esempio, verrà a mancare il montenegrino Vucinic, ora in forza ai bianconeri: da Estigarribia a Giaccherini, passando per Quagliarella sino ad arrivare a Del Piero, ad inizio incontro o in corso d'opera, Conte sa di poter contare su più uomini per una sola maglia e con più schemi a disposizione.

A proposito di Giaccherini: il tecnico la scorsa estate difese con le unghie e con i denti le scelte di avere lui, Marchisio e Pepe tra le fila della sua squadra, contro i dubbi e le rimostranze provenienti da ogni direzione. Una volta arrivati i risultati positivi e le prestazioni confortanti da parte loro, le perplessità sono sparite. Tre indizi fanno una prova, si usa dire in questi casi.
E, forse, danno l'idea della differenza esistente tra le critiche costruttive e quelle distruttive.

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mercoledì 7 dicembre 2011

Ora la Juve deve diventare cinica


Il 7 novembre 2010 a Torino si disputò Juventus-Cesena, gara valevole per la decima giornata dello scorso campionato di serie A. Luis Jiménez portò inaspettatamente in vantaggio i romagnoli, raggiunti e superati da Madama grazie alle reti realizzate da Del Piero (su calcio di rigore), Quagliarella e Iaquinta.
Tre attaccanti per tre punti, per una rimonta e una vittoria che collocò la Vecchia Signora al quarto posto in classifica (in coabitazione col Napoli), a sole quattro lunghezze di distanza dalla Lazio capolista.
Si trattava del giorno del debutto assoluto in maglia bianconera del danesino Sorensen, scomparso ultimamente dal radar di Conte al pari di Iaquinta.

Per quanto riguarda Del Piero e Quagliarella, invece, trascorso poco più di un anno da quegli istanti si può parlare per entrambi di un lungo periodo baciato dalla sfortuna. Se per il numero dieci bianconero allora si aggiornavano costantemente i record accumulati in carriera (grazie a quel goal arrivò a quota 180 in serie A), adesso si contano i punti di sutura che gli sono stati applicati sopra lo zigomo sinistro a seguito dello scontro fortuito avvenuto con Marco Rossi nell’incontro giocato proprio con il Cesena, domenica scorsa, allo “Juventus Stadium”.

A proposito della malasorte, eccone un altro: dopo averle prese di santa ragione nello scorso campionato (un pugno da Chivu ed una manata da Ibrahimovic) ed essere stato protagonista di una rissa nel dopo partita al “Tardini” (Parma-Bari del 3 aprile 2011, mentre era in forza ai pugliesi), il nome del difensore cesenate torna alle luci della ribalta per un altro episodio slegato dalle prestazioni offerte sui campi di gioco.

Per uscire fuori dal tunnel della sfortuna a Quagliarella non resta che la speranza di non trovare più qualche compagno sulla traiettoria di una delle sue conclusioni a rete. Per informazioni basta chiedere a Lichtsteiner, che involontariamente gli ha negato la gioia della prima rete stagionale respingendo un tiro a botta sicura da lui scagliato verso la porta degli ospiti.

Se in precedenza ad una Vecchia Signora non ancora in caduta libera occorrevano i goals degli attaccanti per cambiare la storia di un incontro, a svolgere quel compito ora pensano i centrocampisti: Marchisio e Vidal, orfani per un giorno di Pirlo, aiutano la Juventus a stendere il Cesena dopo averlo tramortito per più di un’ora. Madama ruota quattro punte nell’arco della gara (compresi Vucinic, poi infortunatosi, e Matri), ma il ruolo di goleador spetta ancora a Marchisio (raggiunta quota sei marcature).
Una stagione or sono Del Neri lo emarginò sulla fascia sinistra per non rinunciare ad uno tra Melo e Aquilani; pur di farlo giocare Conte ha invece ridisegnato il centrocampo che aveva in testa piazzandolo nel suo ruolo originario.

Dei quattordici giocatori scesi sul campo domenica tra le fila bianconere soltanto in cinque sono arrivati a Torino la scorsa estate, ma è tutta un’altra musica: attribuire il merito di un cambio così evidente nel modo di affrontare gli avversari alla bellezza e all’importanza del nuovo stadio significa chiudere gli occhi di fronte al grande lavoro svolto dal tecnico juventino. Se per Giampaolo Pozzo, il patron dell’Udinese, Guidolin è fondamentale nelle fortune del suo club, altrettanto lo si può dire - ad oggi – dell’allenatore juventino. Così come ha recentemente ammesso Pavel Nedved: “Conte merita i complimenti per il modo in cui ha dato un’anima alla squadra”.

Grazie alla vittoria sul Cesena la Juventus rimane (e ritorna, dopo gli anticipi di venerdì e sabato) in vetta alla classifica. Dietro di lei Milan e Udinese la inseguono a due punti di distanza, nell'attesa di quel primo vero e proprio passo falso che ad oggi ancora non le è capitato di compiere.
Nel prossimo incontro esterno con la Roma tornerà Pirlo, pronto a riprendersi il ruolo di guida nel cuore del centrocampo bianconero. Per l'ex rossonero, fresco vincitore del tricolore nella sua precedente esperienza col Milan, la strada da percorrere per arrivare al successo è ancora lunga: "Lo scudetto con la Juventus già quest’anno? Voglio vincere con questa squadra, ma è troppo presto per dirlo, e francamente, io non credo che sia arrivato il momento nemmeno di pensarci".

Dolci parole per le orecchie di Antonio Conte: quando la sua Signora, oltre ad essere bella, diventerà cinica, allora vorrà dire che sarà arrivato il momento giusto per toglierle il velo e mostrare a tutti di essere realmente tornata.

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lunedì 5 dicembre 2011

Prove di maturità


Come da tempo sostiene l’allenatore della Juventus, Antonio Conte, ogni nuova partita da affrontare è, per la Vecchia Signora, una prova, un esame di maturità. Lo era quella vinta all’Olimpico di Roma contro la Lazio, lo era quella pareggiata al San Paolo, splendida gara ed eccellente pareggio, come già scritto, dal sapor di vittoria e lo era quella di ieri in casa, allo Juventus Stadium, contro il Cesena, non solo perché la formazione romagnola si è presentata a Torino in ottime condizioni di forma, ma anche e soprattutto perché da un po’ di tempo, le difficoltà maggiori, la Juventus le ha incontrate sempre affrontando le cosiddette piccole, cioè quelle compagini che, specialmente quando vanno in campo contro una grande, impostano la gara sulla fase difensiva, chiudendo tutti gli spazi, concedendo pochissimo e rendendosi sovente molto pericolose nelle ripartenze.

In queste partite spesso conta la giocata del singolo, il colpo di classe, lo schema vincente, il tiro da fuori, anche la fortuna, ma si può affermare con decisione che, chi riesce a trionfare in questo genere di gare, si può proporre per traguardi importanti, sempre che, ovviamente, riesca almeno a ben figurare negli scontri diretti con le prime della classe, caratteristica che, alla Juventus di questa stagione non manca di certo.

Ricordo altre partite di questo tipo affrontate dalla Juve del passato, quella pre-calciopoli per intenderci, dove i bianconeri hanno incontrato grandissime difficoltà, e dalle quali sono usciti spesso vincenti solamente grazie alle prodezze realizzate da fuoriclasse del calibro di Vialli, Baggio, Del Piero, Nedved e così via.

Quindi ieri, le condizioni per essere preoccupati c’erano tutte. E il match le ha puntualmente dimostrate tutte. La superiorità del possesso palla (73,9% contro 26,1%) e il conto dei corner (10 – 1 per i bianconeri) indicano un dominio schiacciante, ma fino alla rete di Marchisio, tutti questi numeri si sono rivelati inutili dati statistici.

La squadra si stava quasi lasciando andare, la sua pressione si stava spegnendo dopo un vero assedio durato 70 minuti, assedio in cui i giocatori, vuoi per la fretta ed il desiderio di sbloccare il risultato, vuoi per una frenesia frutto di una ancora non piena fiducia in se stessi, cercavano più la soluzione personale che il lavoro di squadra.
Fortunatamente la perla di Marchisio, frutto di una splendida giocata eseguita in collaborazione con Vidal, l’altro migliore in campo insieme al Principino, abbatteva il muro del Cesena e permetteva alla Juventus di conquistare i tre punti.

Assolutamente irrilevante, ai fini del risultato, il contestato calcio di rigore concesso ai bianconeri dall’arbitro Doveri. Sicuramente fa benissimo Mister Conte ad essere soddisfatto del comportamento dei suoi ragazzi, però non si può non notare (e del resto proprio Conte lo ha dichiarato sabato) come il Milan questo genere di partite le vinca con una facilità estrema, senza praticamente correre rischi.

Sarebbe una bella cosa se anche la Juventus riuscisse a risolvere tali confronti più in fretta, così da permettere alle nostre coronarie di funzionare correttamente il più a lungo possibile.

Concludo con un riferimento all’infortunio di Alex Del Piero. Mi sono preso, e con me credo tutti noi tifosi, bianconeri e non, un bello spavento vedendo tutto quel sangue uscire dal suo volto, ma fortunatamente il nostro Capitano sta bene. Mi piacerebbe che certi interventi fossero stigmatizzati e condannati maggiormente, mentre ieri ho sentito da più parti dire che quella “scarpata” era del tutto involontaria. Sicuramente era involontaria, ma se si evitassero certi eccessi di agonismo forse sarebbe meglio per tutti.


Questo articolo è di Danny67. Tutti gli altri, li puoi trovare nella sua rubrica Un Bianconero a Roma

venerdì 2 dicembre 2011

La Juventus non può più nascondersi

Dopo quattro vittorie consecutive la Juventus è tornata da Napoli con un pareggio dal peso specifico superiore a quel singolo punto che le ha consentito di portare a due le lunghezze di distacco dal Milan detentore del tricolore.

Quando la formazione di Conte piegò il Palermo a Torino (20 novembre) a spegnere il fuoco del crescente entusiasmo in casa bianconera pensarono quei pompieri che misero in evidenza il doppio volto mostrato dalla formazione guidata da Mangia in questo campionato: infallibile al "Renzo Barbera", tenera come un tonno che si taglia con un grissino in trasferta.

Successivamente fu la volta della Lazio a soccombere (26 novembre), battuta a Roma da Madama nel solco della sua recente tradizione positiva allo stadio "Olimpico": lì, invece, in molti sostennero la tesi secondo la quale il successo della Vecchia Signora dipese anche dalle difficoltà mostrate dai biancocelesti nel riuscire a vincere dentro le mura amiche.
L'episodio della palla carambolata sul braccio di Barzagli all'interno dell'area di rigore protetta da Buffon, poi, creò l'alibi perfetto che Reja colse al volo per giustificare la sconfitta interna appena rimediata.

Secondo la convinzione di alcuni addetti ai lavori la gara di Napoli era la più indicata per mettere a nudo i limiti di una squadra come quella bianconera alla quale Conte ha restituito un'anima in pochi mesi, ma che non poteva essersi completamente trasformata dopo i due ultimi settimi posti consecutivi racimolati.

Nell'incontro del "San Paolo" la Juventus si è dimostrata "Vecchia" nella prima frazione di gioco, per tornare ad essere "Signora" nella seconda. Le assenze di Marchisio da una parte e di Cavani dall'altra non hanno tolto spazio allo spettacolo di un confronto diretto che ha finito per regalare maggiori certezze (e sicurezze) ai torinesi.

Sfatato il tabù di trovarsi in svantaggio al cospetto di una grande della serie A, Madama ha superato uno degli esami più difficili affrontati dall'inizio di questo torneo.
Ora le prospettive, per lei, cambieranno: da inseguitrice è diventata lepre, e dovrà affrontare le prossime partite senza potersi più nascondere dietro i recenti fallimenti.

Il primato in classifica dei bianconeri in questa stagione non è una novità, ma soltanto adesso si ha la sensazione di una qualcosa di duraturo.

Ogni campionato racchiude in sé partite che tracciano, nel bene o nel male, il destino di un club: nello scorso, la gara interna col Parma disputata allo stadio "Olimpico" nel giorno dell'Epifania segnò la fine dei sogni delle Juventus di Del Neri. Quello che era stato costruito in quattro mesi si ruppe in un istante durato novanta minuti: dall'infortunio al ginocchio di Quagliarella all'espulsione di Felipe Melo, le certezze accumulate sino a quel momento crollarono una dietro l'altra.

I recenti inviti alla calma di Buffon, uniti alle continue raccomandazioni di Conte a non dimenticarsi delle macerie dalle quali è nata questa Juventus, sembrano scongiurare il pericolo di un gruppo che possa autoconvincersi di aver eliminato in così poco tempo tutti i mali dai quali era afflitto.

Superato un esame importante, all'orizzonte ne spunta un altro: quello col Cesena, penultimo in classifica. Negli istanti immediatamente successivi al successo ottenuto sul campo del Siena (18 settembre), fu proprio Conte a giocare a carte scoperte: "La storia dice che la Juve negli ultimi campionati ha perso tantissimi punti con le provinciali".

In quelli, la Vecchia Signora recitò la parte della comparsa. Se adesso vuole tornare ad essere protagonista l'unica strada possibile è quella che porta alla vittoria. Per accumulare altri tre punti e, magari, dare una svolta positiva alla stagione. Andando incontro ad un destino diverso da quello del suo recente passato.

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giovedì 1 dicembre 2011

Libertà di scelta

L'individuo e la sua volontà sono sacri.
Niente paura, io sono qui, come al solito, per parlarvi di pallone e non voglio tediarvi parlando di etica o politica, ma e' fuor di dubbio che ogni persona dovrebbe prendere le decisioni che riguardano la propria vita facendo delle scelte che derivano unicamente dalle proprie personali idee.

Però un vecchio motto recita che "i figli dei gatti prendono i topi", intendendo che le cose che noi impariamo dipendono sostanzialmente dagli insegnamenti dei genitori e delle persone che abbiamo vicino. E se sicuramente qualcuno avrà scelto la squadra di calcio per i colori della maglia o magari per l'infatuazione nei confronti di un particolare giocatore oppure, più prosaicamente, perché era il team vincente del periodo, moltissimi di noi, invece, sono semplicemente tifosi della squadra per la quale teneva il padre, il fratello più grande o il migliore amico.

Lui e' bello, biondo, con dei luminosissimi occhi azzurri, cammina a testa alta e sorride quando calcia un pallone, e se e' vero che ha delle decise prese di posizione, a 16 mesi e' normale che non abbia ancora idee molto chiare su tantissimi argomenti. E ancora non sa che si può essere tifosi di una squadra di calcio.
Intorno a lui, tutti noi - parenti e amici - parliamo sempre di “rispetto” a proposito di quelle che saranno le sue idee e le sue scelte, ma ciò non ci impedisce, a volte, di tentare di indirizzarle, cosi da farle combaciare con le nostre.
Cosi, contro la volontà della madre (romanista), qualche giorno fa gli ho fatto indossare la maglia della Juve. Ho provato a perorare la mia causa anche facendo notare quanto il bianconero sia elegante, e come si abbini bene con i capelli chiari. Sappiamo tutti, quanti ragazzi biondi hanno calcato i campi di calcio con indosso la nostra gloriosa maglia, in verità con alterne fortune. I miei ricordi partono da Francesco Morini e Helmut Haller e poi, passando da Romeo Benetti, Bonini, Fanna, Marangon, Koetting, Carrera, Michelino Laudrup, Mellberg, Poulsen e Pavel Nedved, arrivano fino a Krasic e Sorensen . Ma, per il momento non sono riuscita a far breccia nel cuore dei genitori.

E’ ovvio, e giusto, che sarà lui un giorno ad emozionarsi per una maglia piuttosto che per un’altra, ma (anche se ho già fallito con i miei nipoti!!) proverò ancora a parlargli delle gesta di quei ragazzi con la voglia di vincere; di quel nomignolo, “gobbi”, dovuto alla maglia larga che correndo si gonfiava col vento; dei tanti tifosi sparsi nel mondo; delle tante vittorie; di quella piccola parola che ha un significato meraviglioso “gioventù”; dei nostri palloni d’oro; dell’invidia nei nostri confronti; di tutte le coppe sollevate ma anche delle tante finali sfortunate; della fatica e della soddisfazione che si prova a tifare Juve in una città come Roma (vero Danny?); dei momenti bui e di giovani uomini perduti troppo prematuramente; dei tanti giocatori che hanno permesso alla Nazionale di diventare più volte campione del mondo.
E lo farò, alla faccia del politically correct!

Articolo pubblicato su Juvenews.net

Questo articolo è di Roberta. Tutti gli altri, li puoi trovare nella sua rubrica Una signora in bianconero