domenica 26 febbraio 2012

Una brutta serata

A diverse ore dalla fine del big match di San Siro ho ancora l’amaro in bocca. Non tanto per il risultato finale, che onestamente, alla fine premia la Juventus più di quanto forse meritasse, ma per tutta una serie di motivi, primo fra tutti il ritorno di un certo tipo di polemiche che, dopo diversi torti subiti in questo campionato dai bianconeri, si sono scatenate al primo episodio arbitrale ad essi favorevole, e soprattutto al primo episodio contrario ai rossoneri, suscitando assurde reazioni da parte di Galliani, che non solo ha attaccato l’arbitro Tagliavento alla fine del primo tempo, ma ha anche insultato Antonio Conte (tra l’altro l’Amministratore Delegato del Milan ha poi abbandonato lo stadio all’intervallo ufficialmente per problemi di pressione), così come poi ha fatto il cronista Mediaset Carlo Pellegatti, che ha definito l’allenatore della Juventus “malato mentale”, e così come ha fatto Boban, solitamente molto obiettivo ma che in questa occasione ha provocato un violento alterco con il nostro Mister sostenendo che mentre l’annullamento del goal di Matri era comprensibile, quello di Muntari non poteva esserlo.

Non so immaginare quanto dureranno le polemiche relative a questa gara e quali conseguenze porteranno. Di sicuro nei prossimi giorni, ma non credo che dovremmo aspettare così tanto tempo, arriveranno da tutte le parti e dai personaggi più disparati attacchi micidiali contro la Juventus, Marotta, Agnelli, Conte e chi più ne ha più ne metta. Ci sarà la solita intervista di Zeman, nella quale il tecnico boemo sosterrà che la Juventus è tornata a rubare e che probabilmente l’influenza di Moggi sul campionato di serie A è ancora più che mai viva. Ci sarà l’intervento dei vertici della federazione che, invece di redarguire il comportamento dei dirigenti del Milan e dei suoi giocatori autori a fine gara di un’autentica caccia all’uomo in campo e negli spogliatoi (a proposito, ma il tanto decantato “stile Milan” che fine ha fatto?), bacchetteranno i vertici della Vecchia Signora accusandoli di aver creato con le loro lamentele nelle settimane passate un clima di pressione eccessiva sulla terna arbitrale, il che non farà altro che condizionare ulteriormente la serenità degli arbitri che dirigeranno le prossime partite della Juve.

Il secondo motivo della mia personale insoddisfazione è dovuto all’approccio alla gara dei nostri giocatori che non mi è piaciuto, perché non è stato quello che doveva essere, ma piuttosto una copia di quello molle e poco incisivo che si era visto nella partita di andata col Catania e in quella contro la Roma allo Stadio Olimpico. Certo, l’ennesimo errore di Bonucci in fase di disimpegno ha fortemente condizionato tutto il primo tempo dei bianconeri, causando uno sbandamento pauroso del quale il Milan ha approfittato alla perfezione. Una piccola annotazione: se prendiamo in esame le 14 reti subite dalla Juventus, ci accorgeremo di come in almeno la metà di esse c’è la responsabilità più o meno diretta di Bonucci. Forse è il caso che Conte prenda in esame la possibilità di lasciarlo fuori per un bel po’ di tempo, anche se io continuo a pensare che una squadra che voglia ambire allo scudetto non può permettersi di schierare un centrale come Bonucci.

Il terzo motivo che mi lascia perplesso è l’errore commesso dal nostro allenatore nello schieramento della formazione iniziale. Questa squadra non può prescindere da Matri, l’unico, dei 5 attaccanti che la butta dentro con regolarità, soprattutto in uno degli incontri più decisivi della stagione, così come non si può preferire Estigarribia a Pepe, tra i pochi che, sulla fascia sono capaci di accelerazioni improvvise che possono portarci al cross e quindi alla conclusione. Borriello, fino ad ora, si sta rivelando un acquisto inutile, e forse, si poteva tranquillamente tenere Luca Toni – capace di fare lo stesso lavoro del bomber ex Roma, senza peraltro essere sempre in lite con il direttore di gara di turno - ed investire subito le risorse destinate al suo riscatto all’acquisto di Nainngolan, visto che il centrocampo della Juve è il settore maggiormente in difficoltà già da un bel pezzo, a causa del preoccupante calo fisico di Marchiso e Vidal, due degli elementi maggiormente decisivi dell’intero girone di andata.

Tra l’altro io penso che il 4-3-3 sia il modulo che calza alla perfezione alla Juventus, e non il 3-5-2. Infatti nella seconda parte della ripresa, quando la squadra era schierata con questo schema, si è giocato nettamente meglio, anche se tale miglioramento è stato facilitato dal vistoso calo dei rossoneri che avevano per 60 minuti spinto veramente tanto.

Alla fine questo è stato un punto prezioso, che ci ha consentito di mantenere l’imbattibilità e che tiene Madama ancora incollata alla vetta con una gara, comunque molto difficile, in quel di Bologna, ancora da recuperare. Ma io, non conserverò un bel ricordo di questa serata.


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venerdì 24 febbraio 2012

Milan - Juventus, quanti incroci nella storia

Dopo tante parole, adesso si passerà ai fatti: sabato 25 febbraio, allo stadio "San Siro", Milan e Juventus scenderanno sul campo di gioco per disputare l'atteso scontro diretto, tappa importantissima nella corsa verso lo scudetto.

Dal 1901 ad oggi le due squadre si sono fronteggiate in più di duecento partite, suddivise in diverse manifestazioni: campionati di serie A a gironi, a girone unico, coppa Italia, coppa Federale, Supercoppa Italiana e Champions League. Nella massima competizione europea l'occasione è coincisa con la finalissima svoltasi a Manchester nel 2003, vinta poi dai rossoneri .

Rovistando negli archivi di tutti i match è curioso notare come soltanto due volte si sono trovate una di fronte all'altra in concomitanza con la data del 25 febbraio: accadde nel 1996 e nel 2001, sempre a Torino.

Nella prima, la Juventus di Marcello Lippi campione d'Italia in carica affrontò il Milan di Fabio Capello nel corso di un incontro che si tramutò ben presto in uno scontro: a farne le spese fu Demetrio Albertini, toccato duro da Ciro Ferrara e costretto ad uscire anzitempo dal terreno di gioco. Al suo posto entrò un giovanissimo Ambrosini, ancor oggi colonna portante dei rossoneri.
Andò leggermente meglio ai bianconeri Jugovic e Di Livio, colpiti ma non affondati, mentre dalle rispettive panchine i due allenatori non se le mandarono di certo a dire ("Questo è un fallaccio, Maldini andrebbe espulso", "Proprio voi parlate: è tutta la partita che picchiate").

Amiche (o, comunque, "alleate") al di fuori del prato verde, le due società dimenticarono le buone maniere al suo interno: la partita finì 1-1, al bellissimo goal di Antonio Conte (attuale tecnico della Juventus, aiutato nell'occasione da una “papera” di Sebastiano Rossi) rispose la rete di George Weah. Grazie a quel pareggio il Diavolo mantenne la rotta verso il tricolore, mentre Madama iniziò a dirottare le proprie attenzioni sulla Champions League, vinta a Roma contro l'Ajax il successivo 22 maggio.
Roberto Baggio, ex idolo di casa, venne subissato dai fischi dei suoi vecchi sostenitori: "Mi aspettavo un pò più di calore dopo cinque anni trascorsi qui. Ma comunque va bene anche così, sono cose che succedono. E poi quello che è stato è stato", confidò amaramente a fine gara. L'erede designato del Codino, Alessandro Del Piero, entrò nel secondo tempo al posto di Ravanelli.


La presenza del numero dieci juventino si avvertì maggiormente nella partita disputata nel 2001, allorquando la Vecchia Signora sconfisse con un rotondo 3-0 il Milan: Tudor, Filippo Inzaghi e Zidane misero a segno le marcature che certificarono la crisi della squadra allora guidata da Albero Zaccheroni, che terminò – infatti - il campionato (vinto dalla Roma) in sesta posizione.

Proprio in merito al trattamento che avrebbe riservato a Zidane, prima dell'incontro l'allenatore rossonero si era mostrato dubbioso: "Sono sei anni che lo affronto e non l'ho mai fatto marcare a uomo, però mai dire mai". Sciolte le riserve, chiese poi a Kaladze di seguirlo come un'ombra: la tattica funzionò sino a quando il georgiano non fu sostituito, con la Juventus che - nel frattempo - aveva ormai preso le redini dell'incontro dominando nelle altre zone del campo.

Sulla panchina di Madama all'epoca sedeva Carlo Ancelotti, fresco di rinnovo contrattuale "a premi": una parte degli emolumenti che avrebbe percepito era fissa, l'altra variabile in caso di vittoria nelle varie competizioni alle quali il club partecipava. Si trattava, per quegli anni, di un'innovazione nel merito.
Durante la sua permanenza a Torino il tecnico raccolse due secondi posti, salvo poi andare a Milano in compagnia di Inzaghi per collezionare trionfi prestigiosi. Il percorso inverso lo fecero, con alterne fortune, prima Capello e poi lo stesso Zaccheroni.
A distanza di sedici anni da quel 1996, i nomi di Del Piero e Ambrosini figurano tra quelli dei convocati per la partita di sabato sera a "San Siro", nuova pagina di una storia che tra qualche tempo - in occasione del prossimo incontro che si disputerà il 25 febbraio - potrebbe presentare altri incroci (e curiosità) da raccontare.

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Sogni nel cassetto

Ognuno di noi ha un sogno nel cassetto, magari più di uno, oppure ciascuno di noi vive dei sogni diversi, a seconda dei momenti della vita, nei più svariati ambiti della propria esistenza, nella vita lavorativa, nelle proprie passioni, nella sfera affettiva. A volte questi sogni si concretizzano, a volte no. Alcuni di questi sogni vivono in noi grazie ad una luce riflessa, riflessa da qualcun altro che li realizza al posto nostro, che in pratica ci permette di goderne in maniera indiretta ma non per questo con minor soddisfazione.

Per noi tifosi bianconeri la Juve è sempre stato un sogno, una magia, qualcosa che innalzava i nostri cuori, che esaltava le nostre ambizioni. Qualcosa che trasformava in vincente anche chi nella realtà quotidiana era un perdente, che ci faceva sentire bene anche quando eravamo malati, che illuminava le nostre giornate anche quando all’orizzonte non vi era altro che buio, che ci faceva sentire parte di un'unica famiglia, composta dalla gente più diversa, da generazioni lontanissime tra di loro, da realtà sociali apparentemente inconciliabili. Realtà che quando si sintonizzavano alla radio o, più recentemente, alla televisione, per seguire le partite della Juventus improvvisamente diventavano un solo cuore che batteva fortissimo per quei meravigliosi colori.

Un giorno qualcuno ha spezzato questo sogno e lo ha fatto con odio, cattiveria gratuita, con faziosità, con un cinismo terribile, facendoci credere, seppur per poco tempo, che tutto quello in cui fino a quel momento avevamo creduto fosse il frutto dei raggiri e della slealtà di una “banda di truffatori”. Passato il tempo necessario per riprenderci alcuni di noi, persone eccezionali che meriteranno per sempre tutta la nostra stima, hanno iniziato a cercare la verità, perché non volevano credere a quelle che avevano tutta l’aria di essere delle infami bugie, create ad arte per distruggere una delle più grandi squadre del mondo. Grazie al lavoro di queste persone (alcune delle quali ovviamente pagate per difendere in tribunale gli accusati, altre semplicemente per difendere l’onore della società più gloriosa d’Italia ed indirettamente anche il proprio), si è arrivati a comprendere come gli autori del più grande inganno della storia del calcio fossero proprio coloro che avevano tirato su quel processo ignobile, trasformatosi immediatamente in una vergognosa gogna mediatica sfociato alla fine in una delle più grandi aberrazioni giuridiche che questo paese abbia mai partorito.

Per tutti noi è stata dura, durissima, perché oltre alle umiliazioni che ne sono seguite sul campo (già di per sé terrificanti ed in grado di abbattere un bisonte) abbiamo dovuto sopportare anche il comportamento di una dirigenza incompetente, accondiscendente con chiunque gettasse fango sulla Vecchia Signora, ed assolutamente incapace di risollevare le sorti di una squadra e di una società che sembravano allo sbando. Io tutte queste umiliazioni non le dimenticherò mai, così come non mi scrollerò mai di dosso le offese che ancora oggi mi vengono rivolte dai tifosi della città in cui vivo e tutte quelle accuse che, in ogni trasmissione pseudo sportiva e in ogni stadio dove la Juve si reca a giocare, ci piovono addosso.

Per fortuna un giorno è arrivato Andrea, un Agnelli, a prendere di nuovo in mano la squadra che da sempre rappresenta una parte significativa ed un’espressione importantissima della Famiglia. E per fortuna ad allenare questa squadra è arrivato Antonio Conte, uno che le maglia della Juventus ce l’ha cucita addosso, come e più di una seconda pelle, uno che l’orgoglio di essere bianconero lo porta sempre con sè e riesce a trasmetterlo a chiunque sia, in qualunque modo, vicino a lui.

Ora io ho un desiderio grande, grandissimo: vorrei tanto che il sogno ricominciasse, che la Juventus vincesse domani a San Siro, arrivare alla fine della stagione in testa alla classifica. Vorrei tanto tornare a vedere gli altri pieni di rabbia perché la Juve ha di nuovo trionfato, riprendere ad alzare coppe e trofei. Questo vorrei. Di certo non so come finirà il Big Match di domani sera, però di una cosa sono certo: che la Juventus domani non sfigurerà al cospetto di quella squadra che tutti considerano molto più forte della Juve (alla fine anche noi stessi) , salvo poi dire che Conte bluffa quando sostiene che loro sono i favoriti. Sono certo che i ragazzi andranno a Milano e tireranno fuori il crattere, così come sono certo che Antonio Conte li caricherà a dovere.

Forza ragazzi!! Forza!! Vi prego, fatemi e fateci ricominciare a sognare!!! FINO ALLA FINE FORZA JUVENTUS!!


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mercoledì 22 febbraio 2012

Donato "Denis" Bergamini e quella verità nascosta

Poco prima dell'inizio del novecento Sir Arthur Conan Doyle, il papà di Sherlock Holmes, scrisse: “Una volta eliminato l'impossibile ciò che rimane, per quanto improbabile, dev'essere la verità”.
La frase sembra calzare a pennello per la misteriosa morte di Donato “Denis” Bergamini, centrocampista del Cosenza scomparso il 18 novembre del 1989 all’età di ventisette anni.

La storia, quella rimasta “ufficiale” per molto tempo, è tristemente nota: il giocatore si buttò sotto un camion in corsa in prossimità di Roseto Capo Spulico, lungo la strada statale 106 Jonica che collega la stessa Cosenza a Taranto. Questa era la versione risultante dalla prima inchiesta svolta dalla Procura della Repubblica di Castrovillari, alla quale in pochi credettero. Chi aveva avuto modo di conoscerlo si oppose con forza a questa ipotesi, non ritenendola plausibile.

In generale, erano (e sono) troppi i punti interrogativi rimasti in sospeso intorno a quanto accadde tanto in quel pomeriggio quanto nei giorni precedenti la tragedia. Domizio, il padre del calciatore, in più di un'occasione ha ricordato una telefonata ricevuta dal figlio lunedì 13 novembre, mentre la famiglia si trovava nell'abitazione di Boccaleone, piccola frazione del comune di Argenta: una volta conclusa, lo vide estremamente preoccupato.
Anche Michele Padovano, ex compagno di squadra con il quale Bergamini divideva la stanza nei ritiri, parlò di un episodio analogo avvenuto in sua presenza.

Il nipote del calciatore, Denis (di nome e di fatto), figlio della sorella Donata, nello scorso mese di ottobre 2011 raccontò: "Ho scoperto su Facebook che c’era un gruppo di ultrà del Cosenza, con oltre tremila aderenti, che chiedeva la verità su mio zio. Li ho contattati e in seguito abbiamo chiamato l’équipe della trasmissione ‘Chi l’ha visto?’. Da lì si è rimesso in moto tutto".

La perizia recentemente eseguita dai carabinieri del Ris di Messina ha accertato che le ferite subite da Bergamini sono state provocate in un momento precedente rispetto al trascinamento del corpo da parte dell'autoarticolato. La catenina, l'orologio e le scarpe indossate dalla vittima sono rimaste intatte anche dopo l'accaduto. Riaperta sempre dalla Procura di Castrovillari l'inchiesta sulla morte del calciatore per omicidio volontario a carico di ignoti (prima fu chiusa per "suicidio"), la speranza è che molti di quei punti interrogativi riescano ora a trovare delle risposte esaustive.

In ordine sparso: esiste un collegamento tra quanto accaduto a Bergamini e le successive morti di Domenico Corrente e Alfredo Rende, dipendenti del Cosenza, sulla stessa statale 106? Perché il giocatore abbandonò in tutta fretta, in quel fatidico pomeriggio, il cinema nel quale si trovava con i compagni per raggiungere l'ex fidanzata Isabella Internò? Qual era il vero ruolo della ragazza in tutta questa storia? Perché, stando a quanto lei stessa ha successivamente confessato, l'atleta sarebbe voluto improvvisamente fuggire prendendo un traghetto da Taranto? Cosa si nasconde dietro la vicenda dell'acquisto della Maserati ad opera di Denis? E nel rapporto tra lui e Padovano, per il quale è stata chiesta recentemente la condanna ad otto anni e otto mesi di carcere a seguito di un'indagine su un traffico di droga? Come mai ci sono state incongruenze nei racconti resi dalla Internò e da Mario Infatino (il proprietario del bar presso il quale si recò per telefonare e avvertire della tragedia)?

Queste domande, e molte altre ancora, da diverso tempo sono oggetto del lavoro dell'avvocato Eugenio Gallerani, il legale della famiglia Bergamini.

È un errore gravissimo quello di formulare ipotesi prima di avere tutti gli indizi. Distorce il giudizio”. Lo scrisse Sir Arthur Conan Doyle. Sempre lui.
Non aveva tutti i torti.

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domenica 19 febbraio 2012

Milan-Juventus è già iniziata

L’espulsione rimediata sabato sera a Torino non rappresenta la prima ingenuità compiuta da Marco Motta nell’arco della sua carriera. Questa volta, però, a “beneficiarne” sono stati coloro i quali erano i suoi compagni di squadra sino a poco tempo fa: passato dalla Juventus al Catania durante la recente sessione invernale del calciomercato, proprio in occasione del primo incontro in cui si è trovato opposto a Madama ha collezionato i due cartellini gialli che lo hanno costretto ad uscire anzitempo dal campo, spianando così la strada alla vittoria bianconera.

La storia professionale del difensore rappresenta il classico esempio in cui le “promesse” non hanno rispettato le “premesse”: ha indossato la maglia della nazionale in tutte le categorie giovanili, è stato presente alla spedizione Olimpica di Pechino per poi esordire in quella maggiore nel giorno stesso in cui Cesare Prandelli iniziò la sua avventura da commissario tecnico dell’Italia (10 agosto 2010, Italia – Costa d’Avorio, amichevole disputata a Londra), dopodiché ha iniziato un lento declino.

Il suo arrivo a Torino è coinciso con un momento particolarmente importante nel mondo del calcio nostrano: fu il primo giocatore a firmare un contratto con un club stipulato e depositato in Lega attraverso l’utilizzo di un “modulo libero” (luglio 2010).

Per approfondire meglio la questione può essere utile riavvolgere il nastro: in quell’occasione divenne realtà la proposta dell’avvocato della Juventus Michele Briamonte di introdurre una nuova forma di accordi con i calciatori, in cui i compensi economici cosiddetti “variabili” avrebbero potuto superare il limite precedentemente imposto del 50% del totale da remunerare.
In più, era prevista l’aggiunta di alcune clausole innovative in merito al comportamento che gli stessi atleti avrebbero dovuto tenere lontano dal campo di gioco. L’assemblea delle serie A diede il suo assenso, proprio pochi giorni dopo la scadenza dell’accordo collettivo Lega-Aic avvenuta il 30 giugno.

Uscendo dalla storia per tornare alla cronaca attuale, dopo l’espulsione di Motta il Catania di Montella ha provato nuovamente a passare in vantaggio grazie ad un’occasionissima capitata tra i piedi di Almiron: di fronte a lui, però, si è trovato il miglior Buffon. Da un fuoriclasse all’altro, così come il portiere bianconero ha evitato che Madama dovesse recuperare nuovamente un goal di svantaggio (il primo lo aveva segnato Barrientos), Andrea Pirlo ha preso per mano la squadra realizzando direttamente da calcio di punizione la rete del pareggio, per poi condurla sotto la sua guida alla tredicesima vittoria stagionale in campionato. Chiellini e Quagliarella, dal canto loro, hanno completato l’opera fissando con le loro marcature il risultato finale sul 3-1.

Il menù della prossima giornata prevede il piatto più prelibato: Milan-Juventus, anticipo serale e spartiacque della stagione per entrambi i club. Ripensando alle recenti dichiarazioni provenienti tanto da Torino quanto da Milano, in settimana potrebbe cominciare nuovamente il balletto della “favorita” per la conquista dello scudetto (“Sono loro”, “Non è vero, sono loro”), in una corsa a due dove gli altri avversari, ormai, hanno perso il passo delle prime della classe.

L’equilibrio è rimasto soltanto al vertice, così come lo stesso Buffon aveva previsto mesi fa: “Quando Andrea (Pirlo, ndr.) mi ha detto che sarebbe venuto alla Juve, la prima cosa che ho detto è stata 'Meno male'. Credo che un giocatore del suo livello e del suo valore, per lo più gratis, sia stato l'affare del secolo. Poi quando l'ho visto giocare ho pensato 'Dio c'è' perché è veramente imbarazzante la sua bravura calcistica. Quest'estate quando ho visto Galliani a Forte dei Marmi l'ho ringraziato. Gli ho detto: 'Ti ringrazio perché davvero cercate di rendere il campionato più equilibrato' ".
Adesso spetta ad uno dei due club il compito di spezzarlo.

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Finalmente...ma che sofferenza!

Finalmente la Juventus, battendo il Catania, riesce (in questa occasione, ma speriamo anche nelle prossime) a sfatare il tabù delle cosiddette "piccole". Un tabù, questo, che da un po’ di tempo tormentava tutto l’ambiente bianconero: società, calciatori, allenatore e tifosi. Il tutto almeno sotto l’aspetto del risultato finale, visto che la partita dell’anticipo del sabato si è conclusa con la vittoria della Vecchia Signora per 3-1.

Ma il successo di ieri sera è stato faticosissimo, in una gara piena di insidie, sofferta, dall'inizio, fino quasi al novantesimo. Era cominciata nel peggiore dei modi, con il vantaggio degli etnei ottenuto dopo pochi minuti, e si è conclusa - per la verità - con una prestazione che mi è apparsa non irresistibile e sulla quale, a mio avviso, Buffon non è stato proprio impeccabile in occasione del goal di uno dei gioielli più in forma della squadra di Montella, Barrientos.

Subita la rete (o, meglio, dopo qualche minuto di smarrimento) la Juventus ha cominciato a macinare il suo solito gioco, fatto di aggressività, possesso palla e pressing costringendo il Catania a difendersi e ad arretrare sempre di più nella propria metà campo. Senza riuscire, però, a trovare il colpo vincente e scoprendo, in qualche episodio, il fianco ai contropiedi avversari. A differenza di altre compagini che si sono presentate allo Juventus Stadium, va detto che i siciliani non hanno rinunciato ad attaccare non appena si è presentata loro l'opportunità.

Fortunatamente è arrivato il primo goal in Bianconero di Andrea Pirlo che, con uno dei migliori e caratteristici numeri del suo infinito repertorio, batteva Kosicky e permetteva ai bianconeri di raggiungere il pari. Grazie a quello, è scomparso buona parte del nervosismo che stava pericolosamente insinuandosi nella mente della squadra. E anche di tutti noi.

Da quel momento in poi (e per tutto il resto del match) la pressione della Juventus è diventata sempre più forte. Nel secondo tempo, a tratti, è sembrata proprio un assedio. Alla fine però, probabilmente, si è rivelata decisiva la superiorità numerica, causata dall’espulsione di Motta (di certo sacrosanta) per riuscire a raggiungere il vantaggio, nonostante il Catania, non appena rimasto in dieci, abbia avuto l’occasione di passare in vantaggio con la nostra vecchia conoscenza Almiron. Al quale, stavolta, si opponeva magistralmente Gigi Buffon.

In tutte le marcature bianconere, ad ogni modo, c’è sempre stato lo zampino decisivo di Andrea Pirlo, il migliore in campo insieme ad uno splendido Chiellini, autore del goal del vantaggio e ad uno scatenato Quagliarella, che andava a segnare la rete della sicurezza. Il giusto merito a lui che già per tutta la partita si era battuto come un leone ed aveva colto anche una traversa con una splendida conclusione dalla distanza.

Certamente la vittoria (che ha spazzato via in un sol colpo tutte le polemiche della scorsa settimana), meritatissima quanto sofferta, è figlia di una determinazione feroce degli uomini di Mister Conte. Va detto, comunque, che ciò non elimina completamente i problemi di un attacco che stenta decisamente a metterla dentro e non risolve le difficoltà che Madama continua ad avere quando si trova davanti una squadra che si chiude in difesa e che non concede spazi.

L'impressione generale, comunque, è che Matri e Quagliarella siano, al momento, i due attaccanti che hanno una maggior capacità di segnare con una certa regolarità. Borriello sembra essere ancora in ritardo di condizione e non pienamente inserito negli schemi bianconeri mentre Vucinic, pur avendo qualità tecniche superiori, non riesce a trovare quella continuità di rendimento che, per la verità cerca da sempre . Potrebbe essere quindi Matri - Quagliarella la coppia che Antonio Conte schiererà contro i rossoneri nella sfida scudetto?


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sabato 18 febbraio 2012

Conte e quella classifica dello scorso anno da guardare

Nei momenti precedenti l’incontro col Parma Antonio Conte aveva lanciato un monito all’ambiente bianconero: “Se in qualcuno dei miei giocatori dovessi scorgere un po’ di tristezza perché siamo secondi e non primi, gli farò vedere la classifica dell’anno scorso”.
Considerando l’esito della partita e le successive polemiche legate all'operato di Mazzoleni, probabilmente una sbirciatina l’avrà data pure lui.

Un ripasso veloce può essere comunque utile a tutti per rinfrescare la memoria: terminata la ventitreesima giornata, la Juventus si trovava in ottava posizione, distanziata di tredici lunghezze dal Milan futuro campione d’Italia (i punti di Madama erano trentacinque, mentre il Diavolo sino ad allora ne aveva accumulati quarantotto). In quel turno infrasettimanale la Vecchia Signora venne sconfitta al “Renzo Barbera” di Palermo dai padroni di casa con il risultato finale di 2-1 (2 febbraio 2011).

Dopo i goals di Miccoli e Migliaccio arrivò la rete di Marchisio, che due minuti prima di battere Sirigu venne ammonito a causa delle eccessive proteste in seguito alla decisione dell’arbitro Morganti di non assegnare un penalty a favore della Juventus: Bovo, il difensore dei rosanero, mentre si trovava all'interno della propria area di rigore aveva chiaramente toccato il pallone con la mano destra, così come dimostrato dalle riprese televisive.
Trascorso qualche istante, una vigorosa trattenuta di Cassani su Matri (all’esordio con la maglia juventina) fu giudicata dal direttore di gara non meritevole di sanzione, scatenando ulteriori recriminazioni da parte dei bianconeri.

Se gli arbitri non vedono non devono fare questo mestiere e Morganti in questo momento non è in grado di arbitrare. Vogliamo rispetto: Calciopoli è finita cinque anni fa, sempre che sia esistita. Non ci devono dare tutti i rigori, ma quelli evidenti sì. L’arbitro era a a due metri, non può dire che non ha visto, se no ci prende in giro”. Luigi Del Neri usò queste parole come valvola di sfogo per scaricare tutta la rabbia accumulata nel corso della gara. Ironia della sorte, una decina di giorni prima lo stesso Morganti era stato premiato come miglior arbitro della stagione precedente.

Contento per il recente arrivo di Matri sotto la Mole, prima dell'incontro l'allenatore bianconero aveva professato di credere fortemente in una veloce risalita in classifica della sua squadra, tanto da dichiarare: “Nulla ci è precluso, neanche il secondo posto”. Con il risultato di Palermo salirono a tre le sconfitte consecutive di Madama (le altre capitarono con l'Udinese in campionato e la Roma in coppa Italia). L'immagine dello stato di frustrazione in cui versavano i giocatori poteva racchiudersi in un singolo episodio avvenuto durante il match al "Renzo Barbera": Sissoko passò la palla a Salihamidzic quando ancora il compagno di squadra si trovava oltre la linea di gesso che delimita il bordo del campo, pronto ad entrare.
Alla ventitreeseima giornata, quindi, la Juventus aveva totalizzato gli stessi punti dell'annata precedente, allorquando Alberto Zaccheroni la traghettò sino alla conclusione del campionato.

Tornando alla stretta attualità, con il bonus di una gara ancora da recuperare (a Bologna) nella migliore delle ipotesi la Vecchia Signora potrebbe raggiungere quota quarantanove, vale a dire un punto in più di quelli conquistati dal Milan scudettato di questi tempi.
Nonostante i troppi pareggi, la sterilità in fase offensiva mostrata in più occasioni e le polemiche sui rigori non concessi.
Sì, forse aveva ragione Conte: è meglio dare un'occhiata alla classifica dello scorso anno. E tirare avanti.

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giovedì 16 febbraio 2012

Zahoui e una bella storia da raccontare

"Non sono un goleador. Gioco con il numero 10 e so passare bene il pallone ai compagni. Qualche gol lo realizzo anche, ma non molti".
Il suo nome é François Zahoui, anche se per tutti - anni fa, nel nostro paese, all'epoca in cui pronunciò queste parole - era semplicemente "Zigulì".

Fu Costantino Rozzi, compianto presidente dell'Ascoli, a portarlo giovanissimo in Italia nell'estate del 1981 poco tempo dopo la riapertura delle frontiere: si trattò del primo calciatore africano ad arrivare nel Belpaese, in mezzo ai tanti campioni che facevano sognare i tifosi del pallone. La città marchigiana lo adottò immediatamente, nonostante fosse chiaro sin dall'inizio che il suo apporto sarebbe stato più d'immagine che non di sostanza. In due stagioni totalizzò la miseria di undici presenze, delle quali una soltanto dal primo minuto: il minimo sindacale (così come lo stipendio che percepiva: dodici milioni di lire annui), giustificato dal ruolo che Carlo Mazzone - il suo tecnico - gli aveva costruito (quello di perdere tempo nei finali di gara).

Sul suo conto sono state raccontate leggende, bugie, aneddoti e verità curiose: di certo, e chi ha avuto la fortuna di godersi quei campionati lo può testimoniare, c'è che la sua figurina da attaccare sugli album della Panini era tanto introvabile quanto ambita dai collezionisti. Da meteora a bidone, i giudizi che lo accompagnarono dopo il suo addio all'Italia furono spietati: dal canto suo, ancora oggi ricorda con affetto quell'esperienza e le persone conosciute.

Nel giorno dell'esordio di Cesare Prandelli alla guida della nazionale azzurra (Londra, 10 agosto 2010) Zahoui si trovava seduto sulla panchina della Costa d'Avorio, l'avversario di quell'amichevole: era un commissario tecnico a tempo determinato, più o meno sulla falsariga di quanto gli era capitato da giocatore ai tempi dell'Ascoli. Condusse i suoi uomini ad una storica vittoria (1-0, rete di Kolo Touré), per poi ottenere la conferma nel ruolo. Tutto ad un tratto sembrava che avesse finalmente dato un calcio alla sfortuna, a quel ruolo da comparsa che - ovviamente - non gli si addiceva.

Passando dalla storia alla cronaca si arriva sino alla recente finalissima della Coppa d'Africa, dove ha portato la Costa d'Avorio ad un passo dal trionfo, sconfitta ai rigori dallo Zambia. Per un soffio, pur partendo da favorito, ha perso un'altra occasione per entrare nella leggenda del calcio da protagonista. Tutto è successo nel momento stesso in cui la poesia e lo sport, per una volta, sono andate di pari in passo: a Libreville, a distanza di pochi metri rispetto al luogo dove è stata disputata la partita, nell'aprile del 1993 subito dopo il decollo era precipitato il volo che avrebbe dovuto portare la nazionale zambiana (i "Chipolopolo", così come vengono chiamati) a Dakar, per affrontare il Senegal in un incontro valevole per le qualificazioni ai mondiali americani del 1994.

Nella tragedia scomparvero trenta persone, tra le quali i diciotto calciatori convocati dal selezionatore. Tutto questo accadde diciotto anni fa. Lo Zambia si è aggiudicato il trofeo ai rigori, dopo aver concluso 0-0 i tempi regolamentari: dopo quanti penalty è stata assegnata la Coppa? Diciotto. La Costa d'Avorio ha concluso la manifestazione senza aver subito un goal: nelle ultime tre edizioni la propria porta era stata inviolata soltanto diciotto volte.
Kalusha Bwalya, scampato al disastro aereo (non era presente) e protagonista del 4-0 con il quale la sua nazionale olimpica sconfisse l'Italia a Seul nel 1998, oggi è vicepresidente federale: é lui l'anello di congiunzione tra due epoche lontane tra loro, e separate soltanto dalla sfortuna.

Da Libreville a Libreville, nella commozione generale i nomi dei dispersi si sono uniti a quelli dei giovani neo campioni d'Africa. Seduti o inginocchiati sul campo, quest'ultimi pregavano alla loro memoria. All'appello ne mancava uno, Musonda, infortunatosi durante la contesa e successivamente portato in braccio dal suo allenatore Hervé Renard laddove si trovavano i compagni.
Il tecnico, francese, ha la carnagione bianca ed é realmente difficile non accorgersene: deve essere stato facile anche per Luis Suarez (Liverpool) e John Terry (Chelsea), recentemente assurti agli onori della cronaca per episodi di razzismo legati al mondo del calcio.

A François Zahoui è sfuggita dalle mani un'occasione importante, è vero, ma un primo risultato l'ha ottenuto: per gli appassionati italiani non è più soltanto "Zigulì". Prima o poi arriverà, anche per lui, il momento di raccogliere quanto di buono ha seminato nel corso degli anni: ora, però, c'era un'altra storia da raccontare.


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mercoledì 15 febbraio 2012

C'è un'aria strana..

Questa volta è esploso anche Antonio Conte, che fino ad ora si era sempre astenuto dal commentare gli episodi arbitrali relativi alle gare della Juventus ed aveva sorvolato sui vari rigori – netti – non concessi alla Vecchia Signora a Lecce e nella gara interna contro il Siena, per non parlare di quello altrettanto netto per fallo su Marchisio nella partita contro l’Inter e qualcun altro che al momento non mi sovviene.

Nell’occasione dei due rigori “solari” non visti dall’arbitro Mazzoleni nel match di questa sera a Parma il Mister non è riuscito a trattenersi parlando chiaramente di un’aria che non ci piace: noi quest’aria la avvertiamo - ormai - da cinque anni. Mentre fino alla scorsa stagione eventuali torti arbitrali subiti dalla Juve (vedi Cagliari, Napoli e Reggio Calabria) non potevano influire più di tanto sulle mediocri prestazioni della squadra, quest’anno il clima avverso che si respira - e che sembra ispirato direttamente ad un vecchio modo di dire ascoltato in qualche intercettazione passata (“nel dubbio non favorire la Juventus”) - potrebbe costare molto caro ai bianconeri, che proprio in questo periodo si stanno giocando una grossa fetta di scudetto (o, comunque, di stagione).

Anche il calmissimo Andrea Pirlo a fine partita, ai microfoni di Sky, si è sfogato, chiedendo non favori ma solo quello che è giusto. Sentire poi il presidente Ghirardi dire che non occorre fare polemiche e che se c’è una squadra danneggiata quella è il Parma non fa altro che aumentare la rabbia per l’ennesima vittoria mancata e l’ennesima occasione persa, soprattutto per la totale mancanza di obiettività dei tanti personaggi che popolano il mondo del calcio in Italia.

E’ chiaro a noi tutti, del resto, che questa era una delle tante partite da vincere che invece Madama non è riuscita a fare sua, non solo a causa di episodi sfavorevoli ma soprattutto per quella che ormai sembra essere una vera e propria sindrome che la assale quando affronta le squadre medio-piccole. Tutti abbiamo notato la poca lucidità, la scarsa velocità davanti da parte degli attaccanti, troppo egoisti e lenti nel tirare a rete.

Il gioco c’è, il possesso palla pure: la Juve, praticamente in tutti gli incontri di calcio che disputa, per personalità, grinta, impegno e schemi molto convincenti merita di vincere. Poi, però, viene a mancare strutturalmente un giocatore che faccia saltare gli schemi e le marcature avversarie, che superi l’uomo, che crei superiorità numerica e scompiglio nella difesa avversaria. Ma questo fino al prossimo calciomercato non potremo averlo, e bisognerà trovare qualche soluzione offensiva più efficace per sbloccare questo tipo di gare che altrimenti potrebbero rivelarsi fatali.

Sabato avremo proprio una partita come quella di oggi, poiché allo Juventus Stadium si presenterà il Catania che farà di sicuro lo stesso tipo di gioco che abbiamo visto fare al Siena due settimane fa. A Conte, ora, spetta il compito di trovare al più presto il rimedio, la formula magica per riuscire a portare a casa i tre punti.


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domenica 12 febbraio 2012

Le vie della Juve passano dall'Emilia

"Buffetto" o "schiaffetto"? Erano rimaste così, Juventus e Milan, dopo la gara d’andata delle semifinali di coppa Italia giocata lo scorso mercoledì allo stadio "San Siro".
La disputa tra i due club, ormai, si è allargata al di fuori dei campi di calcio, dato che è diventata troppo alta la posta in palio per rimanere circoscritta al solo rettangolo verde.

Per rinfrescare la memoria basta tornare indietro nel tempo sino agli istanti immediatamente successivi la conclusione della partita in questione: Zlatan Ibrahimovic si avvicina a Storari, portiere bianconero di coppa, per discutere animatamente su un pallone toccato – a suo modo di dire - dall’estremo difensore juventino, il quale – invece – qualche minuto prima aveva negato il fatto di fronte all’arbitro; dalla mancata concessione del corner era cominciata a maturare e crescere l’ira dello svedese, culminata con l’ormai consueto utilizzo delle mani per portare avanti le proprie ragioni (e intenzioni) laddove non è in grado di sostenerle con la forza delle parole.

Se sulla deviazione di Storari si poteva argomentare in termini squisitamente tecnici, sul dito dell’attaccante rossonero appoggiato sulla guancia del portiere ne è nato un caso diplomatico: dalle proteste di Chiellini davanti alle telecamere, alla successiva difesa d’ufficio della punta ad opera di Galliani e Ambrosini, il successo della Juventus “di riserva” è finito col passare in secondo piano. Grazie a quello, adesso Madama è diventata la favorita d’obbligo per l’accesso alla finale della manifestazione.

Sino alla scorsa domenica proprio la parola “favorita” rappresentava il principale oggetto del contendere tra le due società: da Torino a Milano, così come da Milano a Torino, il ruolo di candidato alla vittoria dello scudetto rimbalzava da una città all’altra, al pari di una patata bollente che nessuno voleva tenere in mano per la paura di scottarsi.

Nella giornata di campionato numero ventidue, la scorsa, quella del ritorno all’antica con la contemporaneità delle gare alle 15.00 della domenica pomeriggio, sono esplose definitivamente le polemiche: Ibrahimovic tira uno schiaffo al napoletano Aronica (cui fa seguito un suo buffetto a Nocerino) lasciando in dieci i rossoneri dopo essere stato espulso dall’arbitro Rizzoli; la Juventus, dal canto suo, protesta per un evidente tocco di braccio del senese Vergassola non ravvisato da Peruzzo, che in quel momento – peraltro non aiutato dai propri collaboratori – stava guardando in un’altra direzione.

Giuseppe Marotta dà il via ad un botta e risposta a distanza con Stefano Braschi, designatore degli arbitri, mentre lo svedese si prende tre giornate di squalifica da Tosel, il giudice sportivo, dimostrando appieno la sua recidività in materia: lo scorso anno ne aveva accumulate altrettante in occasione di Milan – Bari (13 marzo 2011, diventate poi due con lo “sconto di pena”) e di Fiorentina – Milan (10 aprile 2011).

Alla vigilia della recente gara di coppa Italia Massimiliano Allegri aveva preso le distanze dalle proteste juventine (“Si parla tanto di aiutare gli arbitri e invece alla prima decisione sfavorevole si solleva un polverone: più sereni li lasciamo e meglio è”), mentre Antonio Conte ha manifestato stima e rispetto verso il collega milanista mettendo da parte le punzecchiature quotidiane (“In coppa gli episodi e la fortuna possono fare la differenza, e così credo che noi e il Milan abbiamo le stesse possibilità di qualificarci per la finale”).

Terminati i novanta minuti di gioco sono invece continuate le discussioni: Marotta ha preso le difese di Chiellini (“è un professionista serio, un uomo di grandi principi e valori”) e Allegri ha fatto altrettanto con il suo operato (“In questo periodo veniamo puniti al primo errore”). In aggiunta, il tecnico rossonero aveva lanciato un messaggio alla diretta rivale: “Sento dire che loro avrebbero più rabbia di noi. Non è vero, nel cercare il risultato ne ha più il Milan”.

Sotto di un goal a Udine nell’anticipo della ventitreesima giornata di serie A, il Diavolo ha avuto la forza di rimontare e vincere laddove nessuno, in questa stagione, era ancora riuscito. Oltretutto, senza l’apporto di Ibrahimovic. La risposta della Juventus inevitabilmente si farà attendere: anche la sua gara di Bologna, così come la precedente in Emilia-Romagna col Parma, è stata rinviata a causa delle copiose nevicate di questo periodo.

Proprio da Parma, condizioni metereologiche permettendo, riprenderà il cammino della Vecchia Signora. Favorita o meno per lo scudetto, se vorrà continuare a sognare non dovrà più sbagliare un colpo.

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giovedì 9 febbraio 2012

Chi l'avrebbe detto?

Che sarebbe stato un ottimo rinforzo, perfetto per completare il reparto difensivo di Mister Conte lo sapevamo tutti, così come tutti sappiamo che è un giocatore bravo, con notevoli margini di miglioramento, vista la sua ancora giovane età e le sue qualità. Chi poteva immaginare che Martin Caceres, con una doppietta, ci avrebbe regalato questa preziosa vittoria a San Siro nella semifinale di Coppa Italia in uno dei tanti duelli tra Juventus e Milan di questa stagione?

Certi avvenimenti, a volte, sono indicativi per quanto riguarda l’andamento della stagione, ed ovviamente noi lo speriamo con tutto il cuore.

Una vittoria, quella di questa sera, frutto di un’identità di gioco che sembra ormai far parte di questa squadra, a tal punto che, pur stravolgendo la formazione base - pur inserendo tutti i nuovi acquisti del mercato di gennaio più altri elementi meno avvezzi ad essere titolari e cambiandone la disposizione in campo - sembra quasi non cambiare nulla nella sostanza della manovra e nella sua fluidità, nei movimenti dei singoli e dei reparti, e, soprattutto, cosa che più conta nel risultato.

Personalmente ho visto una grande Juve stasera, una Juve che ha sofferto praticamente solo nei minuti successivi al pareggio del Milan ma che - per il resto della gara - ha rischiato praticamente nulla, imbrigliando i rossoneri, colpendoli spesso con ripartenze rapide tenendo in mano il pallino del gioco per larghi tratti della gara.

Si dirà adesso che alla squadra di Allegri mancavano diversi titolari: Boateng, Pato, Cassano... Insomma: le solite cose. Va bene: ci sta pure parlare di assenze, ma io stasera ho avuto l’impressione che la Juventus giochi meglio del Milan. Questo non significa automaticamente vittoria, però al momento a me sembra proprio che sia così.

Ci aspetta comunque una gara di ritorno impegnativa, perché i milanisti stasera hanno accusato il colpo e allo Juventus Stadium cercheranno sicuramente con tutte le loro forze di rifarsi. Colui che per primo ha accusato il colpo a fine partita è il caro Ibra, autore, dopo il triplice fischio, di un’altra “Ibrata” con un buffetto a Storari, reo - secondo lo svedese - di non aver ammesso di aver deviato la palla in calcio d’angolo su un tiro da fuori negli ultimi minuti. Forse Allegri, quando ieri si riferiva allo stile Milan diverso da quello della Juve, si riferiva a questo tipo di comportamenti?


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martedì 7 febbraio 2012

Juve-Milan, la sfida si sposta in coppa

La domanda, a questo punto, sorge spontanea: tra Juventus e Milan, quale delle due squadre è la favorita per la conquista dello scudetto?
Nei giorni scorsi, a più riprese, Antonio Conte aveva lasciato volentieri ai campioni in carica il ruolo di unico candidato, travestito Ibrahimovic da Gulliver e preparato i suoi uomini ad affrontare il Siena forte del vantaggio di un punto e di una gara in più da disputare rispetto ai rivali. Tutto questo, però, non è servito per andare oltre allo 0-0 contro i toscani.

E se Madama cammina, il Diavolo certo non corre, anche a causa dell’espulsione rimediata dall’attaccante svedese nella seconda frazione di gioco col Napoli, allorquando si è mostrato ancora una volta in grado di rovinare con le mani quanto di buono riesce a fare con i piedi.

"Certe sfide valgono sei punti proprio perché trattatasi di scontro diretto", disse lo stesso tecnico bianconero alla vigilia dell'incontro disputato allo "Juventus Stadium" contro l'Udinese (28 gennaio). Aggiungendo, poi: "Il fattore campo sarà un vantaggio solo se vinceremo".
Conquistata la posta in palio, la Vecchia Signora portò – guarda caso - a "sei" le lunghezze che la separavano in classifica dal club friulano, tenendo sempre più lontano dallo specchietto retrovisore la terza posizione (quella che conduce alla Champions League non dalla porta principale, ma dalla finestra dei preliminari) e prendendo ulteriormente coscienza delle proprie forze.

Rinviata la partita al "Tardini" prevista nel recente turno infrasettimanale contro i ducali (31 gennaio), dopo aver assistito alla caduta dei rossoneri al cospetto della Lazio la Juventus ha assaporato per qualche giorno la piacevole sensazione di poter dare un primo scossone alla corsa verso il tricolore.

L'obiettivo è stato fallito, con la porta di Pegolo rimasta inviolata nel contesto di una gara che - a posteriori, anche in questo caso - era giusto considerare da "sei punti": tanti sono quelli che avrebbe potuto ottenere sommando ai "2" mancati a causa del pareggio ottenuto contro il Siena i "3" che proverà a far suoi nel recupero del match con il Parma, per poi aggiungere il punto di vantaggio accumulato sul Milan (1).

Massimiliano Allegri, dal canto suo, lo scorso sabato aveva provveduto a rimandare al mittente i favori del pronostico: “Se Conte continua a pensarla così vuol dire che sottovaluta la sua squadra. A me non piace sottovalutare i miei giocatori”.
A quanto pare né sottovalutarli, né tantomeno lasciarli soli al loro triste destino, visto che pure lui - come Ibrahimovic - è stato espulso nel finale di partita contro il Napoli.

Dal rosso del cartellino sventolato più volte dall'arbitro Rizzoli, il Diavolo passerà adesso al bianconero, dato che in quattro dei prossimi cinque match che dovrà affrontare si misurerà con squadre le cui maglie portano quei colori: Juventus (coppa Italia), Udinese, Cesena e ancora Juventus (campionato). Nel mezzo, ci sarà spazio anche per la gara d’andata degli ottavi di finale della Champions League contro l’Arsenal.

A partire dalla prossima sfida in coppa Italia il duello tra i due club entra ora nel vivo. L’ultima volta nella quale incrociarono le loro strade in quella manifestazione capitò dieci anni fa, nuovamente in semifinale: era il 6 febbraio 2002, quando nel vecchio stadio “Delle Alpi” venne disputato l’incontro di ritorno. Terminò 1-1, risultato utile alla Vecchia Signora per guadagnarsi il diritto di disputare la finalissima contro il Parma, che poi vinse il trofeo.

Nella precedente gara di andata, giocata il 23 gennaio, Del Piero mise a segno la rete decisiva del 2-1 con il quale Madama espugnò "San Siro". Quel goal, segnato in trasferta, "valeva doppio". Per aiutare una squadra come quella bianconera che spesso fatica a concretizzare quanto produce, adesso potrebbe venire in suo soccorso l'esperienza del proprio numero dieci. Con la Roma, nei quarti di finale, ha dimostrato di saperci ancora fare.
Non si tratterebbe della prima volta, sarebbe – viceversa - una delle ultime con la maglia della Juventus.

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domenica 5 febbraio 2012

Da mangiarsi le mani..

Il numero delle occasioni perse sta diventando preoccupante. Occasioni perse, non dico per andare in fuga, ma almeno per prendere qualche lunghezza di vantaggio nei confronti del Milan e delle altre inseguitrici. Lunghezza che potrebbe - alla fine del campionato - essere estremamente utile sia per chi crede in una eventuale vittoria finale che per chi tiene di più i piedi per terra (in chiave Champion’s League), giusto per accumulare quei punti bonus che renderebbero meno negative alla resa dei conti eventuali sconfitte.

Oggi l’impressione che ho avuto dalla gara contro il Siena è di un annebbiamento generale della squadra e (ma questo già si sta verificando da tempo) anche di alcuni elementi. Quello a cui mi riferisco è un argomento di cui sto parlando già da un mese e mezzo più o meno, e precisamente da prima della sosta. Di sicuro chi sembra decisamente meno brillante sono Marchisio, Vidal e, novità, da un paio di gare anche Lichtsteiner, fino ad ora uno dei migliori in assoluto per rendimento, precisione, corsa recuperi e costruzione del gioco (autore tra l’altro anche di due reti entrambe, pur se per motivi diversi, importantissime).

Parlando dei singoli, inoltre, oggi mi ha infastidito molto l’atteggiamento di Vucinic, per certi versi addirittura indisponente e sempre alla ricerca della soluzione personale, in maniera molle e quasi svogliata. Quando gioca in questo modo se io fossi l’allenatore lo toglierei immediatamente. Conte, non a caso, lo ha tolto dopo qualche minuto del secondo tempo.

Al di là dei singoli la Juventus di questo pomeriggio, pur tenendo come sempre in mano la gara e dominando nel possesso palla, sembrava un po’ lenta nello svolgimento di un gioco che ormai esprime quasi a memoria, ma che nell’occasione dava l’impressione di mancare del guizzo, della giocata verticale, insomma dell’ultimo passaggio, quello che crea l’azione da rete. Ed infatti di occasioni da goal oggi se ne sono viste meno delle altre volte. Probabilmente il merito (se di merito si può parlare quando l’avversario di turno mira solo a non subire goal) è sì del Siena, che ha chiuso tutti gli spazi, ma anche di una "mancanza" da parte della Juve.

Il fatto è che questa squadra, per ottenere la vittoria ha bisogno di uno sforzo massimo, necessita di giocare ad un ritmo forsennato, e quando questo ritmo si abbassa le risulta molto difficile trovare il varco giusto. Fortunatamente il Milan ha pareggiato in casa con il Napoli, l’Udinese ha perso a Firenze, la Lazio ha perso a Genova e l’Inter ha perso a Roma. Insomma: delle inseguitrici più o meno pericolose solo la Roma ha ottenuto i tre punti. Però, a questo punto, io mi arrabbio ancora di più. Immaginate se oggi avessimo vinto? Saremmo andati a + 4 dal Milan, e, con un’eventuale doppia vittoria contro il Bologna e nel recupero del Tardini, avremmo potuto andare addirittura a + 7. Mi sto mangiando le mani…

Un’ultima domanda che vorrei porre a tutti voi fratelli bianconeri: pensate che ci potranno mai assegnare un calcio di rigore, se non ci concedono nemmeno quello solare di oggi che ci avrebbe, molto probabilmente, regalato i tre punti?


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venerdì 3 febbraio 2012

La Juventus, il Milan e quei duelli che in pochi avrebbero immaginato...

Dal tormentone Tévez alle tormente di neve, il Milan si trova adesso a dover affrontare il momento più delicato dall'inizio della stagione. Conclusa la sessione invernale del calciomercato, il risultato che ne è scaturito è stato sempre lo stesso: quello di una squadra che dipende dal talento (e dalle lune) di Ibrahimovic, l'uomo che da anni vince scudetti in qualsiasi campionato (e con qualsiasi squadra) partecipi.

Sfumato l'arrivo della punta argentina (così come la conseguente partenza di Pato), è difficile pensare che i neo rossoneri Maxi Lopez, Muntari, Merkel e Mesbah possano spostare gli equilibri della corsa al tricolore, competizione alla quale soltanto qualche mese fa nessuno immaginava potesse iscriversi la Juventus. Per il club più scudettato d'Italia il problema principale, a bocce ferme, era quello di unire alla "quantità" prodotta dopo il 2006 quella "qualità" che, invece, era rimasta soltanto un lontano ricordo dei bei tempi (vincenti) che furono.

Un grosso aiuto, in tal senso, Madama lo ha avuto proprio dal Diavolo: "liberato" Pirlo da vincoli contrattuali, già dall'esordio dei bianconeri allo "Juventus Stadium" (11 settembre 2011, gara contro il Parma vinta 4-1) si era capito come la musica suonata in questa stagione sarebbe stata diversa dalle precedenti. Tolta la direzione dell'orchestra a Felipe Melo (un incontrista pagato quanto un fantasista, ed usato al posto di un regista) ed affidata all'ex campione del mondo, ecco che finalmente sono iniziati a scomparire i lanci dei difensori a scavalcare il centrocampo come unico spartito a disposizione della banda juventina.

La mano di Antonio Conte, poi, ha fatto il resto: sino ad oggi, scorrendo i risultati ottenuti e considerando il gioco mostrato, molto più del previsto. Non va dimenticato, ovviamente, che in campo vanno i giocatori: dal pieno recupero di Buffon agli acquisti di Lichtsteiner e Vidal, dall'esplosione di Marchisio alle sontuose prestazioni di Barzagli e Pepe, sono molti gli aspetti positivi che possono indurre ad un cauto ottimismo i sostenitori della Vecchia Signora. "Cauto", sì, dato che nel recente passato sono bastate poche partite per passare da quello al pessimismo, sino ad arrivare ad un realismo che finiva col diventare, di norma, sinonimo di fallimento.

La Juventus necessitava, in questa finestra del mercato, di uno sfoltimento dei ranghi e di alcune correzioni laddove un semplice raffreddore di qualche suo elemento poteva crearle diversi grattacapi: trovandosi nell'impossibilità di fare adesso investimenti particolarmente onerosi sono stati aggiunti tre nuovi elementi, uno per reparto (difesa, centrocampo e attacco), eclettici e "pronti" all'uso, proprio come nei desideri del suo tecnico.

Dalla meteora Ziegler al mancato acquisto di Aguero, passando per le trattative agostane dell'ultima ora che hanno portato alle luci della ribalta i nomi di Andreolli e Gastaldello, pochi mesi or sono sembrava che alla Vecchia Signora fosse stato cucito su misura un abito uguale in tutto e per tutto a quello delle ultime disastrose annate.

L'imbattibilità in campionato unita alla miglior difesa della serie A, invece, hanno certificato che la presenza stabile di Madama in vetta alla classifica non è frutto del caso. Uno dei tabù da eliminare, nato nel recente passato, era quello di una squadra che si comportava da "grande con le grandi", per poi diventare "piccola con le piccole": tranne qualche mezzo passo falso, adesso sembra che la strada per sfatarlo definitivamente sia stata intrapresa. L'incontro con il Siena previsto per domenica, neve permettendo, rappresenterà l'ennesimo esame da superare nel merito.

Il Milan, dal canto suo, sistemata la "questione neve" con "l'anticipo del posticipo serale" alle 15.00 del pomeriggio, si trova invece nella situazione opposta a quella della Juventus: i problemi, in questo caso, sorgono nell'affrontare le squadre con più qualità, quando le prodezze del solo Ibrahimovic possono non bastare. Persa la recente gara di Roma contro la Lazio, sarà il match casalingo con il Napoli ad offrire ai rossoneri l'opportunità di non lasciare altri spiragli per una eventuale fuga alla Vecchia Signora.

Già, perché rispetto ai diretti rivali i bianconeri attualmente hanno un punto in più in classifica ed una gara in arretrato da disputare (quella rinviata con il Parma), all'interno di un contesto che li metterà a breve a confronto sia in campionato (25 febbraio) che nelle due partite valide per la semifinale di coppa Italia (8 febbraio e 21 marzo), tutti incontri dall'esito apertissimo.
Lo scorso 31 agosto in pochi avrebbero immaginato una situazione simile...

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mercoledì 1 febbraio 2012