lunedì 30 aprile 2012

Bene così


Splendido poker calato dalla Vecchia Signora in quel di Novara davanti agli occhi di due dei suoi più grandi miti di sempre. Boniperti e Platini. Anche ieri i ragazzi di Conte hanno offerto una prova straordinaria, per determinazione, gioco, intensità corsa e pressing, che ha piegato gli avversari i quali, nonostante il risultato li penalizzasse già alla fine dei primi 45 minuti, si sono impegnati fino al novantesimo. Si perché come dice sempre il nostro Mister “facile” è una parola che si può dire solo alla fine, quando, cioè, hai reso semplice ciò che inizialmente sembrava invece arduo.

Anche perché solo l’approccio migliore ti fa sbloccare e incanalare sul binario giusto queste partite che, altrimenti, rischiano di diventare difficilissime, come del resto è stata quella di mercoledì scorso a Cesena. E questo sarà l’approccio che sarà necessario mercoledì in casa contro il Lecce, che lotterà alla morte per salvarsi (mentre i nostri diretti avversari avranno un incontro molto più facile visto che l’Atalanta, proprio ieri, ha raggiunto la matematica quota salvezza). 

 Le uniche novità in formazione ieri sono state Giaccherini e Borriello dall’inizio, quest’ultimo schierato titolare da una parte per le condizioni non perfette di Quagliarella e l’assenza per squalifica di Matri, dall’altra probabilmente perché l’allenatore bianconero ha notato che lo stato di forma del bomber napoletano ultimamente è cresciuto parecchio, non solamente per la rete segnata a Cesena, ma perché in effetti i suoi movimenti in campo e il suo inserimento negli schemi di gioco della Juventus, sono sensibilmente migliorati. 

Per il resto eccellente prestazione da parte di tutti, pur contro un avversario tutt’altro che irresistibile. Pirlo perfetto in cabina di regia, così come Marchisio e Vidal (sostituiti giustamente nella ripresa per farli riposare) a centrocampo, la difesa tutta e anche l’attacco. Ottimo Borriello e quasi devastante nell’occasione, Mirko Vucinic. 

Solo per la cronaca, e non per far polemica a tutti i costi,  ma, anche se i dirigenti del Siena non hanno detto nulla, il Milan ieri, pur meritando alla fine la vittoria, ha ricevuto degli aiutini, non ultimo l’ennesimo rigore non concesso contro i rossoneri per un evidentissimo fallo di Bonera, come già era successo in occasione della gara contro il Genova dove non è stato fischiato un clamoroso fallo di mani di Nesta in area che, in quella circostanza, avrebbe portato in vantaggio i rossoblu. Inoltre Gattuso avrebbe dovuto essere espulso, così come Yepes contro il Genova, che invece si è visto espellere Jannkovic per un secondo giallo quantomeno generoso, e da sottolineare come la rete decisiva di Boateng, mercoledì scorso, è arrivata proprio subito dopo questa espulsione. Come mai Allegri stavolta non dice nulla, pur continuando a blaterare sul goal di Muntari ogni volta che ne ha l'occasione, e soprattutto, siamo sicuri che si sarebbe taciuto nei vari servizi televisivi se al posto del Milan ci fosse stata la squadra che ieri ha vinto a Novara?

 
Questo articolo è di Danny67. Tutti gli altri, li puoi trovare nella sua rubrica Un Bianconero a Roma

giovedì 26 aprile 2012

Michel Platini e quel sogno sulla Juventus...

Conquistata la settima vittoria consecutiva in quel di Cesena alla Juventus adesso ne mancano soltanto tre per laurearsi campione d'Italia. Utilizzando lo stesso linguaggio caro ad Antonio Conte si potrebbe dire "per coronare quel sogno che ad inizio anno sembrava roba da pazzi".

La bellezza del calcio risiede anche nell'imprevedibilità che spesso lo contraddistingue da molti altri sport: a questo proposito, limitatamente alla serie A, basterebbe citare i nomi di Amauri e Borriello per averne due esempi immediati.

Il centravanti italo-brasiliano, in forza alla Fiorentina ed attualmente infortunato, ha vissuto per diversi mesi a Torino da "separato in casa", tanto da maturare un risentimento nei confronti di Madama che lo indusse a promettere un giro di corsa dello stadio "Artemio Franchi" da compiere nel momento stesso in cui l'avrebbe punita con un goal. L'appuntamento era fissato per il 17 marzo: quella sera, però, di reti ne arrivarono cinque, e finirono tutte nella porta dei viola.

In un testa a testa come quello che vede protagoniste Juventus e Milan una semplice disattenzione da parte delle contendenti potrebbe risultare fatale per le loro ambizioni: curiosamente proprio un goal di Amauri nel successo esterno conseguito dalla Fiorentina a "San Siro" (7 aprile) ha finito con lo spianare la strada ai bianconeri per il sorpasso in vetta alla classifica.

Il recente arrivo sotto la Mole di Borriello, invece, sembrava non aver portato alcun beneficio al reparto offensivo della Vecchia Signora, laddove le cifre in termini di realizzazioni erano impietose. A maggior ragione, oltretutto, se messe al confronto con le marcature messe a segno in questo campionato dal solo Ibrahimovic.

Poi accade che l'attaccante di origine napoletana si sblocchi proprio nel momento in cui la Juventus ha un bisogno disperato di una rete per mantenere inalterato il vantaggio accumulato sul Milan, ed ecco che a Cesena Madama scopre di avere una freccia in più nel proprio arco.

Nei mesi scorsi alla formazione guidata da Massimiliano Allegri è stata imputata più volte la colpa di comportarsi da "grande" soltanto contro le cosiddette "piccole", mentre - viceversa - a quella di Conte capitava l'esatto opposto. La Vecchia Signora, infatti, pur mantenendo fede alla propria imbattibilità pareggiava spesso incontri che avrebbe meritato di vincere.

Considerando i recuperi e le gare già decise dal calendario, prima del match allo stadio "Dino Manuzzi" la Juventus aveva disputato ben sette partite di campionato in mezzo alla settimana: il bilancio era stato di due sole vittorie (Fiorentina e Lazio in casa) e cinque pareggi (Bologna a Torino e Napoli, Udinese, Parma e ancora Bologna in trasferta).

Con la progressiva riduzione del numero degli incontri, e non appena il traguardo finale è comparso all'orizzonte, la squadra di Antonio Conte ha incominciato a pigiare sull’acceleratore, mietendo successi contro ogni tipo di avversario ed indipendentemente dal giorno della settimana nel quale era prevista la partita. Nella quart’ultima tappa della serie A la Juventus sarà impegnata sul campo di Novara, con Michel Platini graditissimo ospite sugli spalti del "Silvio Piola".

Intervistato nel settembre del 2009 dal giornalista Roberto Beccantini per il quotidiano "La Stampa" in merito alla Champions League, la massima competizione europea, alla domanda "Sogna sempre di consegnare la coppa alla Juventus?" lo stesso Platini rispose: "Non ci casco più. Nel senso che dormo poco e ho smesso di sognare...". A distanza di poco più di due anni (giugno 2011) sullo stesso tema affermò di aver "prolungato di quattro anni il contratto dell'Uefa per avere la possibilità di non premiare solo Milan e Inter, ma anche la Juve...".

Domenica prossima, comunque sia, avrà modo di osservare una squadra che sta cercando di trasformare un sogno in realtà.

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Nel segno di Borriello


Che sarebbe stata un gara difficilissima era praticamente scontato; giocare sul sintetico, a pochissimi giorni di distanza dalla sfida con la Roma, contro una squadra già retrocessa si, ma che da giorni aveva promesso il massimo impegno per fermare la capolista, poteva essere veramente molto rischioso. Inoltre, anche dal punto di vista psicologico trovarsi di fronte una compagine di livello inferiore porta spesso con se il pericolo di un eccessivo rilassamento. Fortunatamente il temuto calo di tensione non c’è stato ma il Cesena sul campo si è dimostrato un avversario durissimo, con un gioco completamente votato al sacrificio e alla difesa ad oltranza, avente come unico obiettivo quello di chiudere tutti gli spazi per impedire agli attaccanti bianconeri di andare in rete. 

La sofferenza è stata tantissima, come sempre quando la Juventus affronta una “piccola”, e, fino ad un certo punto, il pareggio sembrava un risultato inevitabile. Il rigore sbagliato da Pirlo, che per la verità è sembrato non esserci, in quanto il fallo di mano appare essere fuori area, in caso di segnatura avrebbe potuto spingere il match in tutt’altra direzione, facilitando il compito agli uomini di Conte, ma l’errore compiuto dal nostro regista (a posteriori è stato meglio così, almeno le solite chiacchiere ed accuse sono state evitate) non solo ha dato maggior carica agli avversari, ma ha anche tolto lucidità ad Andrea Pirlo stesso, che per una buona mezzora è apparso frastornato, ed innervosito i nostri ragazzi, rendendoli un pò meno sicuri del solito.

Come accade spesso diverse occasioni da rete sono state sprecate, complici anche le non buone prestazioni di Vucinic, quest’oggi a corrente alternata, e di Matri, che sembra un altro giocatore rispetto a quello del girone di andata, smarrito, poco incisivo, impreciso e quasi mai pericoloso. Tutti i tentativi della Vecchia Signora sembravano destinati ad infrangersi contro il muro eretto dalla difesa del Cesena, che sembrava a tratti quello costruito dal Chelsea nella semifinale di Champions disputata il giorno precedente a Barcellona. E la paura era proprio quella di finire come i Blaugrana, beffati da un contropiede nella peggiore delle ipotesi, fermi sullo zero a zero nella migliore. 

Fortunatamente, su un cross di Alex Del Piero, rimesso in mezzo con un colpo di testa da Vucinic, sbucava quasi al centro dell’area il piedone di Marco Borriello che, con un sinistro imparabile beffava Antonioli, che solo pochi minuti prima aveva compiuto un autentico miracolo su un calcio di punizione del nostro Capitano. La corsa di Borriello ed il suo abbraccio con Antonio Conte sono qualcosa di incredibilmente bello ed emozionante, che ci ha ripagato di tutta la sofferenza vissuta fino a quel momento. 

Credo non ci sia nulla da commentare per il resto, anche perchè, non so voi, ma io sono ancora stanco per tutte le energie psico-fisiche che ho perduto durante i novanta minuti, come se anche io avessi corso senza sosta per un ora e mezza sul sintetico. Ora è necessario quanto mai proseguire su questa strada senza mai perdere la “ferocia” che la squadra ha messo in campo fino ad ora. Forza Ragazzi!!!!

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lunedì 23 aprile 2012

Che spettacolo!

Nella giornata di sabato dopo l’ennesimo bieco attacco mediatico contro la persona di Antonio Conte e contro la Juventus, volto a destabilizzare l’ambiente bianconero, ho avuto uno scambio di opinioni tramite sms con il nostro comune amico Thomas, splendido creatore di questo blog, relativamente alla reazione del nostro Mister in conferenza stampa. Io da parte mia, forse a causa del veleno che porto dentro da sei anni, mi dichiaravo deluso per la scarsa veemenza delle parole del nostro condottiero che preferiva non fare riferimenti alle infamanti, false e gratuite notizie uscite sui giornali e su tutti i media in generale.

Mi sarei aspettato parole rabbiose e una raffica di denunce che invece non sono arrivate. Il mio amico, più riflessivo di me nella circostanza, mi ha risposto che, secondo la sua opinione personale questo atteggiamento, frutto probabilmente di un accordo comune con la Società, era il migliore ed il più intelligente che si potesse tenere in quel momento. Ora, a posteriori, dopo aver assistito alla partita di ieri sera, dopo essere stato spettatore di un vero massacro compiuto dai nostri ragazzi ai danni della Roma, posso senz’altro dire che aveva ragione.

Arrabbiarsi eccessivamente avrebbe con ogni probabilità significato trasmettere agitazione alla squadra, minandone la serenità e la concentrazione che invece, in questo momento deve assolutamente mantenere, da qui alla fine del campionato. Con grande personalità, con estrema maturità Antonio Conte si è caricato il peso di ogni cosa sulle proprie spalle, tenendo fuori da tutto e al sicuro i suoi calciatori.

E quello a cui abbiamo assistito dalle 20.45 in poi è stato un vero spettacolo, un autentico show calcistico, con una squadra che ha letteralmente annichilito l’avversario dal primo all’ultimo minuto, chiudendo praticamente il match in meno di mezzora. Una Juventus devastante, in cui non c’è stato un solo elemento che non sia stato autore di una prestazione straordinaria (tranne Buffon, ma per colpe non sue, in quanto non è mai stato impegnato nell’arco dei novanta minuti).

Senza soffermarmi troppo sui singoli, sono tuttora impressionato dal gioco corale espresso dalla squadra, in cui però Vidal e Vucinic (ieri più arretrato, quasi in veste di trequartista) sono stati protagonisti assoluti, il primo segnando una doppietta in appena otto minuti, il secondo ispirando praticamente tutte e quattro le reti.

Tutti sapete quanto sia importante per me, Juventino di Roma, questa sfida, ma chi non vive qui non può capire quante volte ed in quanti modi nel 2004 mi fu mostrata e riproposta l’immagine di Totti che indicava a Tudor il risultato che in quella partita stava maturando sul campo. Ebbene, io non sono uno di quei tifosi che prende in giro gli avversari quando la Juve vince (perché non mi appartiene e perché questa è una delle differenze tra noi e i sostenitori delle altre squadre, noi godiamo interiormente) ma vedere Lichtsteiner restituire quel gesto per me non ha prezzo!

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venerdì 20 aprile 2012

Juve e Roma, nuove nel segno dei vecchi


Hanno una storia importante alle spalle, le accomuna il fatto che all'inizio degli anni ottanta (dello scorso secolo) erano considerate le "regine" del calcio italiano, ciononostante - considerando le recenti vicissitudini societarie - Roma e Juventus potrebbero essere paragonate a due "neonate": una ha appena compiuto un anno, l'altra ne compirà due a breve.

Dopo un lungo tira e molla al termine della scorsa stagione nella capitale sono “sbarcati” gli americani, mentre il timone della Vecchia Signora è tornato in mano ad un Agnelli, Andrea, il 19 maggio del 2010. A giudicare da quanto accaduto a Torino alla conclusione del primo campionato non sembrava ci fossero particolari novità rispetto ai disastri della precedente gestione, quella successiva al terremoto del 2006: settima era, e settima è rimasta. Poi è stata inaugurata la nuova casa bianconera, Conte si è seduto sulla panchina di Madama, Pirlo ha iniziato a dirigere il traffico in mezzo al campo, Buffon è tornato "Buffon" e via discorrendo.

Con l'Inter che cambiava allenatori e perdeva poco alla volta i pezzi migliori all’inizio si pensava ad una dittatura del Milan, senonchè a gennaio del 2012 la Juventus è diventata campione d'inverno. La domanda era sorta spontanea: per quanto tempo ancora avrebbe potuto reggere quel ritmo di marcia? D'altronde i rossoneri hanno maggiore qualità, esperienza, una rosa ampia e quell'Ibrahimovic là davanti che risolve le gare a loro favore anche quando giocano male. Arriverà il momento del sorpasso, si diceva: meglio che sotto la Mole imparino a guardare al terzo posto piuttosto che allo scudetto, visto che bastano poche partite per cadere dalle stelle alle stalle.

Certo, Conte può preparare la squadra a lottare per il vertice, esattamente come accadeva ai tempi in cui giocava, ma per i miracoli non è ancora attrezzato: se gli attaccanti non segnano, c'è poco da fare.

Poi capita che in coppa Italia, durante una gara dei quarti di finale proprio contro la Roma, sbuchi fuori Del Piero, sino a quel momento ai margini dell'ennesima rivoluzione bianconera: un goal stupendo, il suo, nel 3-0 con il quale la Vecchia Signora sculaccia i giallorossi. L'Avvocato, da lassù, avrà apprezzato: in occasione del nono anniversario dalla sua scomparsa Alessandro si è tolto di dosso i panni di "Godot" per tornare a vestire quelli di "Pinturicchio".
Nel frattempo in campionato la Juventus da lepre diventa inseguitrice, arriva lo scontro diretto con i rossoneri ed il goal non assegnato a Muntari agita i sonni di Massimiliano Allegri, che non vuol sentir parlare dei rigori non assegnati a Madama. Da Torino Conte fa sapere di annoiarsi, esattamente come accadde al suo Presidente un anno prima (29 gennaio 2011), allorquando - argomentando su Calciopoli - non ne poteva più di replicare a Massimo Moratti, che a sua volta lo definì "Giovin Signore".

Era il giorno in cui Andrea Agnelli disse: "Se tra un anno saremo nelle condizioni attuali avremo un problema". Beh, trascorso quel lasso di tempo le cose sono davvero cambiate: il patron dell'Inter ora si complimenta con i bianconeri per quanto mostrato sul campo in questa stagione (“Sono ammirato dalla Juventus: esprime un calcio efficientissimo, non me l'aspettavo così già quest'anno”) e Madama è tornata ad essere più Signora che Vecchia.

Adesso mancano sei giornate alla conclusione della serie A: non sono più ammessi errori, anche un semplice pareggio potrebbe costare caro. La Roma, sua prossima avversaria, a detta dei Luis Enrique in questo senso è una garanzia: "Ho visto tante volte i ragazzi fare buone prestazioni fuori casa, però in questa stagione non pareggiamo quasi mai: o vinciamo o facciamo figuracce. Non è facile da capire".

Il calendario, modificato dopo la disgrazia occorsa a Piermario Morosini, la metterà poi a confronto con le ultime della classe: Cesena, Novara e Lecce. Sarà ancora una squadra con i colori sociali giallorossi, il Lecce, appunto, l'ostacolo potenzialmente più pericoloso che Madama dovrà fronteggiare nella corsa verso lo scudetto, viste le residue possibilità di salvezza del gruppo diretto da Cosmi.

Domenica, però, spazio a Juventus-Roma, due club che annoverano tra le proprie fila campioni che hanno scritto alcune delle pagine più belle delle rispettive storie: Del Piero e Totti. A loro, quando chiamati in causa e grazie all'esperienza maturata negli anni, spetta anche il compito di aiutare i più giovani ad unire il "presente" col "passato" di quelle società con l'unico mezzo possibile: le vittorie. Ci sono stima e affetto reciproci tra i fuoriclasse in questione, manifestati nuovamente dallo stesso Totti negli attimi successivi l'ultima giornata disputata in serie A: "Sono stati cinque secondi bellissimi: io che segno all'Olimpico e Ale che va in goal a Torino. Magari fosse così tutte le settimane".

Questa volta, però, Del Piero non sarà della stessa opinione.

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martedì 17 aprile 2012

Di Carlo, Correnti e quel Como-Juventus del 1975...

"Bisogna stabilire una volta per tutte questa regola perché non può essere applicata una volta ogni tanto e su chi vogliono loro. Ciascuno di noi, durante e dopo le partite, magari non si rende conto di quello che dice. Si sputa fuori una parola ma lo fanno anche gli altri. La regola deve essere uguale per tutti".
Domenico Di Carlo, allenatore del Chievo, ha sfogato in questo modo la propria rabbia verso la squalifica di un turno affibbiata dal giudice sportivo ad un suo giocatore, Sergio Pellissier, reo di aver pronunciato «espressioni blasfeme» negli spogliatoi dello stadio "Bentegodi" al termine della recente gara disputata contro il Milan.

Di Carlo, al pari di Davide Lanzafame (all'epoca in forza a Parma), è stato una delle prime vittime mietute dal giro di vite imposto dal consiglio federale della Figc lo scorso 9 febbraio 2010: "L'arbitro avrà la facoltà di punire con il cartellino rosso la bestemmia detta dal giocatore in campo" aveva dichiarato solennemente Giancarlo Abete, il presidente della federazione. E se il direttore di gara non si dovesse accorgere di nulla? Nessun allarmismo, in suo soccorso ci sarà sempre l'uso delle telecamere.

Va da sé che il problema della corretta applicazione di questa norma resta attuale ed ha origini lontane nella storia del calcio nostrano: l'episodio più celebre - citato con frequenza ogni qualvolta ne accade uno simile - risale al 1975, e capitò nel corso di un Como-Juventus disputato alla seconda giornata del campionato di serie A (12 ottobre).

Claudio Correnti, ex colonna della squadra lombarda, a distanza di trentacinque anni esatti da quegli attimi li ha nuovamente raccontati al quotidiano "Corriere di Como": "Fu un episodio increscioso, il primo in assoluto in Italia. Noi del Como eravamo in vantaggio sulla Juve per due reti a una. Mancava un minuto alla fine della partita. Io incitavo i miei compagni a tenere la palla in attesa del fischio di chiusura. Scanziani la buttò in tribuna e lì per lì gliene dissi di tutti i colori e bestemmiai". L'arbitro Menegali, sentite chiaramente le imprecazioni di Correnti, decise di assegnare un calcio di punizione a favore dei bianconeri, che riuscirono a pareggiare grazie ad una deviazione involontaria di Fontolan (autore del momentaneo vantaggio) sul tiro scagliato da Cuccureddu.

Apriti cielo (verrebbe da dire, visto l'argomento): al termine della gara da una parte Beniamino Cancian, il tecnico dei padroni di casa, non riuscì a placare la sua ira ("Tutti bestemmiamo in campo, non è una bella cosa, ma succede sempre così. E noi dobbiamo perdere una vittoria ormai acquisita soltanto perché l'arbitro ci fischia una punizione contro perché uno tira un moccolo! E' una cosa che non sta né in cielo né in terra. C'è da tirare qualche moccolo adesso, non prima"), mentre dall'altra, in casa juventina, Carlo Parola preferì abbassare i toni delle polemiche ("E' il destino, non il miracolo. Le partite durano novanta minuti, e c'è posto per il goal prima che chiudano. Poi, a Como noi ci siamo abituati e in particolare Cuccureddu: già in amichevole aveva segnato nel finale con una leggera deviazione. Non ha fatto che ripetersi").

Erano anni in cui lo scudetto diventava un affare privato tra i club torinesi: in quella stagione lo vinsero i granata, precedendo i bianconeri campioni d’Italia in carica che si rifecero poi nelle due successive edizioni.

Tornando alla gara di Como, Correnti ha confessato inoltre di averla passata liscia ("L’arbitro Menegali mi disse che avrebbe anche dovuto espellermi e, quindi, mi andava ancora bene") e di essere stato sostanzialmente d'accordo con l'atteggiamento rigido tenuto dalla Figc contro chi si macchia di simili comportamenti: "Sì, lo condivido. Questo è un valore perché adesso la regola e la relativa sanzione valgono per tutti. Ai miei tempi, invece, venivano puniti solo alcuni, come il sottoscritto. Se la norma fosse stata applicata senza guardare in faccia ad alcuno, le partite sarebbero finite con cinque o sei giocatori per parte in campo...".

Dai buoni propositi ai fatti concreti la strada da percorrere è impervia: nella sostanza accade spesso che viene deciso di aggirarla, evitando di arrivare a destinazione per poi vagare senza meta intorno al problema. Per questo motivo stride con la situazione attuale (descritta da Di Carlo) la soddisfazione espressa dal presidente del Coni Giovanni Petrucci negli istanti successivi la riforma voluta e attuata nel febbraio del 2010: "Abete, che mi ha chiamato subito, ha dimostrato ancora una volta di essere un presidente di spessore. Sono grato a lui e al mondo del calcio. L'arbitro ora, con delle regole certe, saprà quello che deve fare. Era quello che auspicavo. Non è una guerra santa, ma una questione di rispetto e di etica".

Dal 1975 al 2012, però, le cose non sembrano essere cambiate così tanto.

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sabato 14 aprile 2012

Benzema e quel goal alla "Van Basten"

Pamplona, 31 marzo 2012: in casa dell'Osasuna il Real Madrid di José Mourinho si è reso protagonista di una delle tante vittorie ottenute in campionato condite da un grappolo di goals realizzati (l'incontro è terminato 5-1 a favore dei “blancos”).
Il primo di questi è stato messo a segno dal francese Karim Benzema, bravissimo a incrociare con un preciso destro al volo un traversone di Cristiano Ronaldo proveniente dal lato opposto rispetto alla sua posizione.

Ammirata questa prodezza il pensiero di molti appassionati è tornato indietro nel tempo, fermandosi al capolavoro balistico realizzato dall'olandese Marco Van Basten nel lontano 1988 durante lo svolgimento della finalissima del campionato europeo tra gli "Orange" (allora guidati da Rinus Michels) e l'Unione Sovietica del Colonnello Valeri Lobanovsky.

Una vita ed un “mondo” ormai lontani, ma ancora vivi nei ricordi degli sportivi. Era già nato il Milan di Arrigo Sacchi e Ruud Gullit, doveva maturare quello del trio olandese con lo stesso Van Basten e Frank Rijkaard: il primo era reduce da un infortunio che lo aveva tenuto lontano dai campi di gioco per quasi tutta la stagione, il secondo sarebbe sbarcato a Milanello di lì a poco.

A Monaco di Baviera, laddove aveva perso con la Germania Ovest il titolo mondiale nel 1974, il 25 giugno 1988 l'Olanda conquistò quindi il titolo europeo. Prima di quella finale Michels (seduto sulla panchina come contro i tedeschi occidentali) si era dimostrato fiducioso sull'esito dell'incontro per i suoi uomini: "Negli Anni '70 c'erano quattordici elementi fortissimi con due giocatori superiori; qui un gruppo con quattro-cinque elementi di categoria. Però questa formazione è migliore tatticamente. L'Olanda di allora aveva due campioni che potevano risolvere la partita, qui è il complesso che può vincere".

Le due squadre si erano già incontrate nella gara d'esordio della manifestazione, il 12 giugno: aveva vinto l'Urss per 1-0, ai tulipani non era restato che incassare la sconfitta. Prima della resa dei conti, considerato che tanto il destino quanto il tabellone aveva dato loro l'occasione per una gustosa rivincita, gli olandesi poterono osservare gli avversari estromettere dalla manifestazione la nazionale azzurra di Azeglio Vicini in semifinale (2-0, 22 giugno). Al pari del proprio tecnico, anche Van Basten si mostrò sicuro sulle potenzialità della sua squadra: "Fanno giocare gli altri per dare loro l'impressione di essere più forti, poi colpiscono magistralmente in contropiede. L'hanno fatto con noi e con l'Italia. Ma stavolta non abboccheremo".

Nel calcio computerizzato di Lobanovsky il ruolo del portiere era ricoperto dal fortissimo Rinat Dasaev, mentre in attacco spiccava Igor Belanov, pallone d'Oro nel 1986 grazie alla Coppa delle Coppe conquistata con la maglia di una Dinamo Kiev imbottita di elementi della nazionale russa.

Quel 25 giugno l'Olanda passò in vantaggio grazie ad un colpo di testa di Gullit, pronto a concludere a rete un invito dello stesso Van Basten. Un errore in disimpegno a centrocampo del futuro juventino Zavarov diede il via ad un contropiede che consentì ad Arnold Mühren, largo sulla sinistra, di dipingere col pallone una traiettoria che lo condusse verso l'attaccante milanista, defilato sul lato destro dell'area di rigore russa: dal tiro al volo con il quale superò Dasaev nacque una delle più belle reti di tutti i tempi.

Il calcio di rigore sbagliato successivamente da Belanov segnò la fine dell'incontro ed un ideale passaggio di consegne (a distanza di due anni) con Van Basten nella storia dei palloni d'Oro: l'attaccante olandese vincerà quelli del 1988 e 1989, conquistando l'ultimo della carriera nel 1992. La sua gioia al termine del torneo fu misurata, come tutti i grandi campioni il pensiero era rivolto al futuro. Nel suo caso, tinto di rossonero: "In campionato ho giocato poche partite, qui tutte e poi ho segnato gol importanti. D'accordo siamo stati fortunati ma, alla distanza, abbiamo dimostrato di essere i migliori. Alla Coppa dei Campioni penseremo a suo tempo: spero di esserci anch'io".

Il suo addio al Milan, avvenuto nel 1995 in concomitanza con l’abbandono al calcio, potrebbe trasformarsi in un “arrivederci”: oltre a quello di Massimiliano Allegri, tra le tante ipotesi per il futuro della panchina del Diavolo, infatti, figura anche il suo nome.




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giovedì 12 aprile 2012

Un altro Conte. Un altro Alex

Mancano solo poche tappe alla fine e sicuramente sono felice per ciò che è stato fatto in questa stagione, e lo sarò comunque, indipendentemente dal verdetto finale. Ma, ovviamente, spero nei trofei. E, per raggiungerli, ora non dobbiamo più affidarci al Conte preparatore, né tantomeno al Conte motivatore. I ragazzi sono in palla, fisicamente preparati e certo, a questo punto della stagione, non è più necessario far comprendere loro dove sono arrivati e quanto siano vicini alla meta.
Ora dobbiamo affidarci ad un altro Conte, il Conte psicologo.

Nella partita con la Lazio abbiamo sofferto tutti, noi tifosi e loro in campo, e tutto è iniziato in un attimo. Un attimo arrivato al 45 minuto, quando Mauri ha colpito quel pallone di testa facendolo finire in rete, alle spalle di Gigi Buffon. Per la prima volta dopo 568 minuti.

E da quel momento ho temuto che quello non fosse solo un gol, un semplice pareggio con ancora tanto tempo per recuperare, ma qualcosa di più. Quel goal mi e' sembrata una spallata pronta a far cedere il muro.
A partire da quel 45° minuto mi e' parso di vedere nei giocatori crollare tutte le certezze.

Li ho visti perdere quella sicurezza che li faceva credere nella loro invincibilità. Quasi non riuscissero ad immaginare che non fossero più una difesa impenetrabile ed inviolabile, resistente persino alla kryptonite.
Li ho visti, in quei secondi 50 minuti, tornare umani, avere titubanze e paure. Sorretti ancora da un gioco ben definito, ma con qualche affanno, con il gol del capitano a far da spartiacque e loro che avevano paura di non farcela prima e di essere trafitti di nuovo dopo.

Ed e' qui che deve intervenire il Conte psicologo. Deve essere in grado di infondere nuova sicurezza a questi ragazzi, in modo da affrontare con tranquillità i momenti critici che potranno capitare ancora.
Perché non dobbiamo dimenticare che quasi tutti i nostri giocatori si trovano a vivere questi momenti, cosi palpitanti, per la prima volta nella loro carriera. Quasi tutti.

Quel gol all'82° è un misto di furbizia, esperienza e sangue freddo che solo un campione navigato avrebbe potuto realizzare. Ed Alessandro Del Piero lo è!
Ad inizio stagione ero d'accordo sul fatto che questo fosse il suo ultimo anno in bianconero, ma certo, vederlo prendere per mano i compagni e tirarli fuori da un momento di difficoltà con quella naturalezza mi fa chiedere se non potrebbe tornare ancora utile in futuro. E questo lo dico con il massimo cinismo.

Ma lo dico anche con affetto, perché vedere i suoi occhi quasi tristi dopo una vittoria, consapevole di vivere ormai gli ultimi momenti da protagonista con questa maglia, mi ha fatto stringere il cuore.
Ci mancherà sicuramente, e dovremo acquistare un degno sostituto. A trovarlo!

Articolo pubblicato su Juvenews.net

Questo articolo è di Roberta. Tutti gli altri, li puoi trovare nella sua rubrica Una signora in bianconero

L'esperienza dei fuoriclasse della Juve nello sprint finale

"Parlare di scudetto dopo undici partite è roba da matti. Prima di sbilanciarmi voglio vedere altre situazioni. Resto convinto che ci siano due squadre più forti di noi, e presto dovranno venire fuori". Nonostante il 26 novembre 2011 la Vecchia Signora vestita di rosa avesse sbancato l'Olimpico biancoceleste, Gianluigi Buffon si era mostrato prudente sulle ambizioni della sua squadra: il rischio di un tracollo era ancora nell'aria, così come la paura di passare velocemente dagli altari dell'alta classifica alle polveri di una settima posizione.

Simone Pepe impiegò trentacinque minuti per trafiggere Marchetti grazie ad un perfetto suggerimento di Matri, consentendo alla Juventus di aggiungere altri tre punti ai ventidue accumulati dall'inizio del campionato: prima davanti a tutte, con una lunghezza di distanza dal Milan ed una gara ancora da recuperare (quella col Napoli al "San Paolo" non disputata il precedente 6 novembre).

Antonio Conte preferì spostare l'attenzione generale sulla prova di maturità offerta dai suoi uomini ("Stiamo andando al di là di ogni previsione e questo è frutto del lavoro e della disponibilità dei miei giocatori"), mentre Allegri confessava proprio in quei giorni il desiderio di trascorrere il Natale in testa: affinché si verificasse sarebbe stato necessario superare i bianconeri, così come accadde nel successivo mese di febbraio del nuovo anno.

Juventus e Milan duellavano anche al di fuori dei campi di gioco, non soltanto a parole ma pure sui banchetti del calciomercato: la vicenda legata all'approdo dell'argentino Tévez in serie A iniziava ad entrare nel vivo, con Madama che si defilava lasciando spazio ai rossoneri, infastiditi a loro volta dalle interferenze dell'Inter di Moratti sino allo "stop" definitivo alla trattativa imposto da Berlusconi. Ultimamente la punta ha ripreso a giocare e segnare al Manchester City, grazie allo spazio che è riuscito a ritagliarsi nell'intasato reparto offensivo dei Citizens rimasto vittima delle bizze di Balotelli. Un altro giocatore, per inciso, che - nonostante le smentite – sembrerebbe interessare ancora alle milanesi.

Ultimamente, poi, la Juventus ha ingranato una marcia degna del suo nome: cinque vittorie consecutive, quattordici reti segnate ed una sola subita, un'imbattibilità maturata dall'inizio della stagione ed ancora intatta, una consapevolezza nei propri mezzi raggiunta e coltivata giorno dopo giorno.
Da una partita contro la Lazio all'altra sono trascorsi poco più di quattro mesi ma già allo stadio "Olimpico" Reja, l'allenatore dei biancocelesti, aveva notato nei bianconeri le caratteristiche tipiche di una fuoriserie: "La Juve è una grande squadra, credo pure che questa possa essere l'annata giusta".

Nel secondo confronto stagionale con i capitolini Pepe ha impiegato trenta minuti per segnare nuovamente una rete contro Marchetti, prima che la punizione vincente di Del Piero scacciasse gli incubi di un pareggio che avrebbe avuto il sapore di un’atroce beffa. Nei momenti precedenti la gara le dichiarazioni rilasciate da Conte fornivano l'esatta misura della crescita della sua creatura: "Non ho mai pronunciato la parola scudetto dall’inizio dell’anno perché mi sembrava da pazzi. Stiamo facendo qualcosa di straordinario, a sette giornate dalla fine siamo l’antagonista del Milan. Alla fine, vedremo se saremo stati capaci di raggiungere un obiettivo che sarebbe magico".

Sulla falsariga di quanto espresso dal proprio tecnico furono le affermazioni di Andrea Pirlo, uno che nella storia del calcio italiano ha un posto prenotato da tempo: "Siamo arrivati tardi da Palermo e alle dieci eravamo già in campo, ma saremmo disposti a dormire la metà e lavorare il doppio per centrare l’obiettivo".
Pirlo, Buffon e Conte sono professionisti che nel corso delle rispettive carriere hanno ottenuto vittorie prestigiose: alla loro esperienza si aggrappano le speranze dei sostenitori bianconeri nel momento in cui servirebbe proprio quella per affrontare al meglio il duello all'ultimo punto contro il Milan.

Una postilla: nella partita del girone d'andata contro la Lazio Alessandro Del Piero osservò l'incontro in mezzo alle riserve, laddove era scivolato dopo un inizio di stagione vissuto da titolare. In molti si erano dimenticati di lui, nei cui confronti non sembrava adatto neanche il ruolo "alla Altafini" cucito su misura per l’epilogo della sua storia juventina.
La differenza tra un semplice fuoriclasse ed una bandiera è tutta nelle recenti prestazioni fornite dal numero dieci bianconero: pochi immaginavano di poterlo ammirare nuovamente su questi livelli di eccellenza.
Probabilmente anche in casa rossonera.

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Di nuovo primi

Quanta sofferenza anche ieri, quanta paura di non riuscire a vincere una partita “stradominata”, una partita che alla fine della prima frazione di gioco, la Juventus meritava di condurre con almeno due o tre reti di scarto, l’ennesima partita in cui l’avversario è stato dominato, messo alle corde e schiacciato nella propria area di rigore per almeno il 70% del tempo.

Circa 7-8 (escludendo la rete di Pepe) sono state le occasioni da goal che la Vecchia Signora è riuscita a mettere insieme nei primi 45 minuti di gioco, correndo ad un ritmo infernale, pressando a tutto campo i calciatori della Lazio che apparivano veramente in difficoltàm tanto che riuscivano a fatica a ripartire e ad uscire dalla propria metà campo. Eppure, nonostante questo, in quello che poi sarà il loro unico tiro in porta di tutta la gara, i biancocelesti trovavano la rete, grazie anche all’errore compiuto dai due centrali difensivi che perdevano la marcatura lasciando Mauri libero di colpire imparabilmente Buffon.

Tutto da rifare. Il dominio assoluto, il grande possesso palla, gli schemi, la manovra avvolgente, il pressing incredibile, la perfetta strategia di Conte, che cambiava modulo proprio pochi secondi prima del match, escludendo De Ceglie a beneficio di Lichtsteiner, sembravano essere inutili. I vecchi fantasmi di alcune occasioni sprecate in passato, tornavano ad aleggiare sullo Juventus Stadium.

Il giorno precedente ho seguito la partita del Milan contro il Chievo e non ho potuto fare a meno di notare come i rossoneri abbiano portato a casa i tre punti disputando una gara mediocre, in cui hanno tirato nello specchio della porta difesa da Sorrentino solo un paio di volte, e soprattutto in cui hanno subito per buona parte dei 90 minuti l’iniziativa dei Clivensi, che, con un pizzico di fortuna, avrebbero meritato quantomeno il pareggio. Possibile, ho pensato, che il Milan abbia vinto non entusiasmando, e la Juve, che gioca in modo straordinario, possa non vincere, come invece merita, questa partita?

Purtroppo nella seconda frazione di gioco, i ragazzi di Conte, pur mantenendo costantemente l’iniziativa, cominciavano ad abbassare un po’ il ritmo per lo sforzo e l’impegno profusi nel primo tempo, e la possibilità di non riuscire a vincere questa gara si faceva sempre più concreta. Sarebbe stata una somma ingiustizia.

Fortunatamente Antonio Conte toglieva un irritante Vucinic, gli stanchi Pepe e Vidal (grandissima prestazione la sua), inserendo Giaccherini, Matri e Del Piero. Ed ancora una volta, come ha fatto per anni, il nostro Capitano risolveva il match con una magia su calcio di punizione, permettendo a Madama di scavalcare di nuovo il Milan riportandosi in vetta alla classifica.

Forza ragazzi, avanti così, che la strada è ancora lunga!


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domenica 8 aprile 2012

Abbiamo voluto la bicicletta, adesso si deve pedalare

Nel sabato che precede la Pasqua la Juventus coglie al volo l’occasione che le si presenta ed opera il sorpasso ai danni del Milan, sconfitto in casa da una Fiorentina corsara, che ottiene i tre punti proprio grazie ad Amauri, il quale, segna la sua prima rete stagionale, tornando in un solo colpo nelle grazie dei tifosi bianconeri.

Al fischio finale delle partite delle 15 si capisce immediatamente che il momento per dare una svolta alla stagione è arrivato, che non si può sbagliare. Ed infatti quando la Vecchia Signora scende in campo a Palermo mostra subito quali sono le sue intenzioni, cercando di imporre il proprio gioco con grande determinazione, ma anche, e questa è l’impressione che tutti abbiamo avuto, compreso Mister Conte, con troppa precipitazione, come se volesse subito mettere in discesa la gara.

La fretta della prima frazione di gioco porta a compiere troppi errori sotto porta, come dimostrano, per fare degli esempi, Quagliarella e Caceres che falliscono quelle che sembrano delle facili occasioni. Fortunatamente dietro non si rischia quasi niente, sia per la concentrazione dei difensori, perfetti nelle chiusure, sia per la scarsa vena degli attaccanti del Palermo, penalizzato da troppe assenze.

Per vincere queste partite ci vuole pazienza, sacrificio, determinazione, precisione e consapevolezza che i tre punti possono arrivare anche grazie ad un episodio, un calcio piazzato, un’invenzione di qualche giocatore, che sblocca il risultato. Probabilmente questo è quello che Antonio Conte avrà detto ai suoi uomini durante l’intervallo e questo è quello che succede nella seconda frazione di gioco. Il goal arriva su calcio d’angolo, quando, cioè, Bonucci mette in rete con un gran colpo di testa, un calcio d’angolo battuto dal solito Pirlo.

Da quel momento in poi la Juve si libera di un grosso peso e gioca in scioltezza raddoppiando con Quagliarella su perfetto assist di Matri, subentrato ad un Vucinic non in grande spolvero, e sfiorando più volte la terza segnatura. A fine gara il Mister, oltre a fare i soliti meritatissimi complimenti ai suoi ragazzi, va a sottolineare proprio il fatto che nel primo tempo l’eccessiva voglia di vincere si stava rivelando controproducente, rischiando di vanificare un dominio assoluto, che è ormai un marchio di fabbrica di questa squadra.

Direi che nel match di ieri sera tutti, veramente tutti, hanno fatto magistralmente la propria parte, giocando una partita eccezionale per intensità, applicazione e qualità, ma vorrei mettere in evidenza le grandi prestazioni di Marchisio, tornato ai suoi livelli (speriamo che la botta alla caviglia sia riassorbita immediatamente) e di Leonardo Bonucci, da me spesso criticato, e che, a parte il goal, ieri è stato perfetto.

Adesso la palla ce l’abbiamo noi, e come ha dichiarato il nostro condottiero: Abbiamo voluto la bicicletta. Ora che ce l’abbiamo, si deve pedalare.


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martedì 3 aprile 2012

La rincorsa Juve "non è finita finchè non è finita"

Juventus - Napoli non è ancora finita: all’appello manca la finalissima di coppa Italia che verrà disputata il prossimo 20 maggio a Roma, dove i due club si troveranno nuovamente uno di fronte all’altro. Il campionato prima di allora sarà già terminato, così come la lotta tra Madama ed il Milan per cucirsi sulle maglie un nuovo scudetto.

Una curiosità: la Vecchia Signora si aggiudicò la sua ultima coppa nazionale nel 1995, nello stesso anno in cui vinse il tricolore cominciando in questo modo un ciclo trionfale che si sarebbe concluso nel 2006; sotto l’ombra del Vesuvio la squadra campana fece altrettanto nel 1987, allorquando conquistò entrambi i trofei. I primi dell’era Maradona.

Così come nel passato di Juventus e Napoli è già capitato che un successo in coppa Italia rappresentasse un momento importante della loro storia, altrettanto potrebbe accadere nella stretta attualità. Nel caso dei bianconeri, poi, acquisirebbe un valore ancora maggiore se venisse affiancato dalla vittoria di uno scudetto.

Per tagliare il traguardo finale della serie A davanti a tutte le avversarie la squadra di Antonio Conte dovrà recuperare i due punti di ritardo che oggi la separano dal Milan: da qui alla conclusione del campionato restano da disputare ancora otto partite, che ne metteranno a disposizione un massimo di ventiquattro.

Andando a rileggere i risultati delle ultime otto gare previste dal calendario per il girone d'andata (esclusi, quindi, i recuperi) si può notare come la Juventus sia riuscita a racimolare venti punti contro i diciassette dei rossoneri: se a campi invertiti la storia dovesse ripetersi, il finale di stagione potrebbe riservare una dolce sorpresa per i sostenitori bianconeri. Sulla propria strada il Milan troverà anche l'Inter, contro la quale subì una delle quattro sconfitte accumulate in campionato (0-1, 15 gennaio 2012).

La squadra nerazzurra, oggi nelle mani del giovane Andrea Stramaccioni, allora era guidata in panchina da Claudio Ranieri, il secondo dei tre tecnici ai quali quest'anno Moratti ha affidato la sua squadra. La Juventus che espugnò per l'ultima volta il "Renzo Barbera", teatro della sua prossima sfida contro il Palermo, era allenata dallo stesso Ranieri: accadde il 21 febbraio 2009, Sissoko e Trezeguet segnarono le due reti decisive per conto di una Vecchia Signora che a fine stagione arrivò seconda alle spalle dell'Inter.

A chiudere l'emorragia di risultati negativi contro i rosanero (quattro sconfitte consecutive da quella gara in avanti) pensò la Juventus di Antonio Conte: lo scorso 20 novembre 2011 Pepe, Matri e Marchisio misero la firma in una vittoria che portò altri tre punti a Madama, in quel momento in vetta alla classifica in compagnia della Lazio (ventidue punti, con una partita da recuperare) mentre il Milan era distanziato di una sola lunghezza. Terminati i novanta minuti di gioco lo stesso Conte cercò di frenare il crescente entusiasmo all’interno dell'ambiente bianconero: “Alla fine del girone d’andata tireremo le somme e capiremo dove possiamo arrivare”.

Diventata campione d'inverno con pieno merito la Vecchia Signora ha così parzialmente confermato la bontà della scelta estiva di quei giocatori di spessore che preferirono la Torino bianconera ad altre piazze importanti. Andrea Pirlo è uno di questi, così come quell'Arturo Vidal che ad agosto del 2011 - con il campionato ancora fermo - spiegò chiaramente il motivo del suo matrimonio con la Juventus (rifiutando le avances del Bayern Monaco): “Perché la Juventus è un’istituzione, è il massimo per qualsiasi calciatore”.

Blindato il secondo posto grazie ad un vantaggio considerevole sulla terza in classifica, Madama potrà continuare la rincorsa al Milan capolista ricordando la massima di Lawrence Peter "Yogi" Berra, leggendario giocatore di baseball statunitense: "Non è finita finché non è finita".
Appunto.

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lunedì 2 aprile 2012

La più bella di tutte

La Juventus di Antonio Conte, in questa stagione, ne ha disputate veramente tante di partite belle, dominando praticamente sempre per quasi tutti i 90 minuti, imponendo il proprio gioco, lottando su ogni pallone, creando sempre tante occasioni da rete, raramente andando in sofferenza. Quella di ieri sera, secondo me, ha qualcosa in più di tutte le altre. Personalmente la considero la migliore in assoluto, per alcune ragioni che adesso vi elencherò.

Partiamo dal fatto che era da cinque lunghissimi anni che non si batteva il Napoli, una squadra che proprio per caratteristiche, sia fisiche che tecnico-tattiche era diventata, nelle precedenti stagioni, una specie di bestia nera per la Vecchia Signora, nelle gare giocate al San Paolo, ma anche a Torino, allenata, inoltre, da un tecnico che, anche in tempi in cui Madama dominava in lungo e in largo, aveva sempre fatto soffrire i colori bianconeri, giocando spesso brutti scherzi alla Juventus. Per questo motivo, già di per sè, il match di ieri si presentava terribilmente difficile.

A questo aggiungiamo il fatto che anche ieri sera, la sfida doveva essere affrontata con una cattiveria agonistica eccezionale, in quanto rappresentava una delle rarissime possibilità di guadagnare punti sul Milan, fermato sull’1-1 a Catania sabato pomeriggio, e si sa quanto è difficile psicologicamente entrare in campo per giocarsi una chance, che potrebbe essere l’ultima, con ancora in mente il ricordo di quelle sprecate neanche tanto tempo fa. E’ vero, la possibilità di avvicinarsi a chi è in testa ti da una grande carica, ma allo stesso tempo, hai sempre il rischio che questa carica ti bruci preziose energie pscio-fisiche prima ancora di scendere in campo.

E invece la Juve, ancora una volta in uno splendido e stracolmo Juventus Stadium, ha avuto un approccio alla gara perfetto, estremamente aggressivo fin dall’inizio, non concedendo nulla ad un avversario temibile, che fa della velocità, della corsa e del pressing una delle sue armi migliori. Proprio su questo terreno i ragazzi di Conte hanno letteralmente sovrastato il Napoli, inibendo ogni iniziativa dei “tre tenori” i quali, per tutti i 90 minuti, non avuto alcuna occasione per far male a Buffon, se si eccettua quell’incursione di Hamsik nei primi minuti che si è conclusa sul fondo.

La prestazione della squadra, fatta eccezione per le due punte partite titolari (Vucinic irritante nel primo tempo, un po’ meglio nel secondo e Borriello che ha commesso troppi errori, anche se si è battuto come un leone e su di lui c’era un rigore solare), è stata monumentale. La difesa non ha sbagliato nulla, a centrocampo, Marchisio sta tornando sui livelli del girone di andata, gli manca solo la rete, Pirlo perfetto anche ieri sera, ma il vero protagonista della serata è stato Arturo Vidal, il quale oltre ad essere ovunque, oltre a recuperare decine di palloni, oltre ad ispirare buona parte della manovra, ha segnato un goal spettacolare (alla zidane direi) che è stato decisivo per l’esito finale della gara, perché è quello che ha tagliato definitivamente le gambe ai partenopei.

Quagliarella e Del Piero, entrati nel secondo tempo, hanno avuto un eccellente impatto sulla gara, il primo ha messo dentro il pallone del trionfo, il secondo, tonico come un ventenne, se non fosse scivolato, avrebbe potuto segnare una rete da cineteca, dopo uno slalom in cui ha saltato avversari come fossero birilli.

Insomma, anche per la gioia che ci avete dato ieri sera, grazie ragazzi. Grazie per tutto quello che state facendo in questa stagione. Vedere De Laurentiis (ad inizio settimana tanto desideroso di fare un “pesce d’aprile” alla Juve) a fine gara con il capo chino e lo stesso Mazzarri, ammettere di essere stato surclassato dall’avversario sul campo….beh….non ha prezzo!!!


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