Sull'addio di Conte alla
Juventus è stato detto e scritto tutto il possibile in un lasso di
tempo ristretto, della durata di poche ore, iniziato dal momento
stesso del diffondersi della notizia sino alla presentazione del
nuovo allenatore di Madama. L'uomo Conte è sanguigno, verace,
focoso. Ama così tanto la vittoria da attribuire alla figlia quello
stesso nome. Il suo approccio al lavoro è diretto, appassionato,
difficilmente riconducibile alla figura di un tecnico dalla mentalità
"aziendalista". E' capace di mollare tutti e tutto in un
amen, all'improvviso, senza farsi assalire da dubbi o ripensamenti di
ogni genere.
La brusca interruzione
del rapporto d'amore con la Vecchia Signora, d'altronde, ne è la
riprova. Si è trattato di un amore ricambiato, sfociato in un
matrimonio felicissimo durato tre anni. Il secondo tra le parti in
causa, visto e considerato il passato bianconero del tecnico leccese
nella doppia veste di giocatore e capitano.
Ora che la cronaca ha
lasciato spazio alla storia si può anche riflettere con calma sulla
situazione che si era delineata in casa bianconera negli ultimi
tempi: Conte aveva manifestato i propri dubbi in merito alla sua
permanenza a Torino in due occasioni differenti nell'arco di soli tre
anni, non aveva ancora firmato il rinnovo del precedente contratto e
mostrato più volte insofferenza verso la mancanza di competitività
economica del club in rapporto al potere d'acquisto di altre grandi
società europee. Più il tempo trascorreva, quindi, e maggiori erano
i suoi disagi.
Conte e la Juventus si
sarebbero lasciati comunque al termine della prossima stagione
sportiva. Considerando quanto è accaduto in queste ore non è
escluso che la rottura sarebbe potuto avvenire anche prima, ripetendo
- a distanza di anni - lo stesso percorso di allontanamento dalla
Signora già visto in occasione della fine del primo ciclo di
Marcello Lippi a Torino.
Il rapporto tra l'ormai
ex tecnico juventino e l'ambiente bianconero è stato denso di
emozioni forti, di successi costruiti col lavoro, di una fiducia
reciproca nata sin dal primo giorno e mantenuta nel corso di questi
anni. Le sue Juventus sono state imbattibili, prima, e semplicemente
le migliori dopo. Questo almeno in Italia. In Europa, invece, la
squadra ha mostrato ripetutamente lacune sia dal punto di vista
caratteriale che tattico. La mancata qualificazione agli ottavi di
finale dell'ultima edizione della Champions League ha pesato
notevolmente nelle casse del club bianconero, ben più di una
successiva eliminazione nelle sfide ad eliminazione diretta.
All'allenatore leccese non era stato chiesta la vittoria del massimo
torneo continentale, bensì di compiere quel percorso minimo
necessario per rimpinguare i conti economici.
Come ebbe modo di
scrivere nella sua autobiografia, era stato lo stesso Conte ad andare
a casa di Andrea Agnelli, tre anni fa, per proporsi e proporre al
presidente della Juventus il suo calcio. “La Juve gioca come una
provinciale”, gli aveva detto. A quel punto fu Agnelli a passare al
contrattacco, domandandogli: “Tu cosa faresti se fossi il nuovo
allenatore della Juventus?”. La risposta di Conte durò tre ore,
sino a quando il padrone di casa non dovette assentarsi per qualche
minuto, richiamato dalla moglie.
Si lasciarono, poi, con
l'impegno di risentirsi al più presto. A distanza di qualche giorno
Conte venne presentato alla stampa a Vinovo. Agnelli lo prese da
parte prima di sbrigare la pratica: “Antonio, ti ricordi la nostra
prima chiacchierata a casa mia, quando mia moglie era scesa in salone
ed ero andato là con lei per qualche minuto? Mi ha chiesto chi fosse
quel signore con cui parlavo da tre ore. E io gli ho risposto che in
salone c'era il nuovo allenatore della Juventus”.
Articolo pubblicato su
