Due settimi posti consecutivi conseguiti dalla Juventus in altrettanti campionati fallimentari, poi la svolta: il 31 maggio 2011 Antonio Conte, ex giocatore (e capitano) bianconero, fa il suo ritorno a Torino per firmare un contratto che lo lega nuovamente alla Vecchia Signora, questa volta nelle vesti di allenatore. Nel corso di una sola stagione è riuscito nell’impresa di riportare lo scudetto sotto la Mole.
Prima ancora che il campionato finisse Adriano Bacconi (opinionista tecnico in Rai, volto noto di alcune delle principali trasmissioni sportive tra le quali “La Domenica Sportiva”, “90° minuto”, “90° minuto Champions”) ha scritto il libro “La Juve di Antonio Conte. Fare la partita” insieme a Paolo Rossi, anchorman di “Juventus Channel”. L’opera verrà presentata oggi, alle ore 18.00, presso la libreria “Tempo Ritrovato” a Torino, in via Po 59/D.
Adriano, buongiorno. Quest’opera rappresenta il suo esordio come scrittore. Può spiegarci perché ha scelto di parlare proprio della Juventus, che successivamente alla stesura del libro si è laureata campione d’Italia?
Nello svolgimento della mia attività alla “Domenica Sportiva” avevo notato – in questa stagione - delle novità importanti all’interno del mondo bianconero, relative al modo di allenarsi, di giocare, più in generale all’interno dell’organizzazione societaria. Io stesso ho avuto modo di toccarle con mano, per merito del “work shop tematico” che mi vide docente degli allenatori e dei preparatori della “Juventus Soccer School”.
Tutto questo l’ho assorbito come un qualcosa di diverso nel mondo del calcio italiano, ed è nata così la voglia di provare a scrivere un libro su questo argomento.
Lei è un analista tattico ed esperto di statistica, Paolo Rossi un innamorato della Vecchia Signora: in un certo senso si potrebbe assimilare la vostra collaborazione alla perfetta miscela tipica della Juventus di Antonio Conte, “disciplina e cuore”…
Per evitare che il libro si trasformasse in un’opera esclusivamente “tecnica” ho cercato di trovare un partner che potesse inserire una visione diversa dalla mia, affettiva, legata alla squadra della quale avrei parlato. Allora ho pensato subito a Paolo Rossi, un amico con il quale ho collaborato più volte in passato, anche alla realizzazione di video per conto della “Gazzetta dello Sport”. Paolo è un professionista e unire la sua parte emotiva, viscerale, interiore a quella mia più scientifica, tecnica ci ha permesso di confrontarle, contrapporle e dare vita all’opera.
Uno tra i giornalisti presenti in sala conferenze in quell’ormai celebre 31 maggio 2011 ricordò a Conte una sua dichiarazione risalente al 2008: “Se fra 4-5 anni non arrivo ad allenare una grande, mi dedico alla famiglia, alla quale avevo tolto tanto”. Quella stessa frase l’allenatore l’ha ripetuta con orgoglio dopo la conquista dello scudetto. Quanto ha inciso, secondo lei, la voglia di vincere del tecnico nell’incredibile cavalcata bianconera?
Tanto, tantissimo. Soprattutto se si considera il fatto che ha modificato il proprio credo calcistico – quello che si era portato dietro al momento del suo ritorno a Torino - in funzione dell’altro uomo chiave della fortunata stagione bianconera: Andrea Pirlo. Ecco, aver capito da subito l’importanza che avrebbe rivestito Pirlo è stato uno dei meriti più grandi di Conte, che gli ha affidato il ruolo di regista metodista divenuto fondamentale all’interno dello scacchiere juventino. Intorno alla loro intesa è nato il progetto tecnico che ha portato alla vittoria dello scudetto. Non dimentichiamo che è passato dal 4-2-4 al 4-3-3, per poi finire col 3-5-2. In funzione di Pirlo, ma non solo: più in generale degli uomini che ha avuto a disposizione.
Sempre in quei momenti il mister juventino si definì “integralista sui principi di gioco”, sostenendo che le sue “squadre devono giocare bene, fare la partita, avere il controllo della palla”. Cosa pensò Adriano Bacconi leggendo quelle dichiarazioni?
Avendo visto giocare le sue squadre già dagli anni scorsi era – per me - immaginabile che Conte avrebbe portato una rivoluzione calcistica alla Juventus. Quello che non era scontato è il fatto che avrebbe portato i risultati che poi sono arrivati.
11 luglio 2011, sempre Antonio Conte: “Non vorrei fare un esempio irriverente, ma se io guardo il Barcellona vedo che sette giocatori non sanno difendere, eppure vincono e stravincono. Sette giocatori, sette, non uno. Sono giocatori propensi alla fase offensiva”. Può dirci la sua opinione in merito a questa affermazione?
E’ vero che anche le squadre di Conte giocano con tanti uomini oltre la linea della palla, in realtà le differenze principali risiedono nel fatto che il suo è un calcio molto dinamico, quello del Barcellona più tecnico. Le difese del mister leccese sono molto forti, arcigne, ben posizionate, nella scelta dell’undici di base considera importante valutare i singoli reparti nei quali andranno posizionati i suoi elementi, mentre per gli spagnoli è diverso. Quello che accomuna le due squadre è il fatto che entrambe vogliono il pallone, vogliono “fare la partita”.
Lei ha avuto modo di lavorare con grandissimi tecnici. Con Marcello Lippi, oltretutto, ha preso parte alla vittoriosa spedizione azzurra nel mondiale in Germania del 2006. Trova qualche analogia tra il mister viareggino e l’attuale allenatore bianconero? E se sì, di quale natura?
Secondo me non ce ne sono molte. Anche la Juventus di Lippi lavorava molto sull’aspetto fisico-atletico, però la concezione dello spogliatoio è molto diversa: l’allenatore viareggino era più taciturno, lasciava molto spazio al calciatore. Conte, viceversa, forse anche per la sua giovane età ricerca spesso il dialogo con i suoi uomini.
Nella sua esperienza di allenatore del Brescia (nella fase conclusiva della stagione 1997/98) ebbe tra le proprie fila Andrea Pirlo. Lo scorso 16 aprile, intervenendo in videoconferenza in occasione della presentazione del progetto “Pisa Soccer School” di cui lei è autore, dichiarò: “Ringrazio Adriano per quello che ha fatto per me quando ero piccolo”. La prenda come una battuta, utile a chiudere con un sorriso l’intervista: visto come sono andate le cose anche i tifosi milanisti (per il passato) e quelli juventini la devono ringraziare?
(ride, ndr) Non scherziamo… sono io che devo ringraziare lui per aver avuto modo di assistere allo sviluppo di un campione, dal bambino che era sino al fuoriclasse di oggi. Tra i molti che ha avuto ci sono stati due tecnici molto importanti per Andrea: Conte, appunto, e Mircea Lucescu, che gli ha dato l’impostazione tattica e i principi di gioco.
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