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martedì 12 marzo 2013

La Juve e il pericolo assuefazione

Ora che nessuno si prende più la briga di scovare un'anti-Juve tra le avversarie di Madama alla corsa verso lo scudetto, è chiaro che la squadra di Conte ha messo una seria ipoteca alla conquista del suo secondo tricolore consecutivo. Mancano ancora dieci giornate alla conclusione del campionato, i giochi non possono certo dirsi fatti ma è indubbio che quanto accaduto la scorsa domenica non può passare inosservato.

Anche il Napoli ha avuto la sua piccola "fatal Verona": perdendo al "Bentegodi" contro il Chievo ha visto allontanarsi ulteriormente la Juventus in classifica, proprio mentre alle sue spalle si è minacciosamente fatto sotto il Milan. Dopo aver trascorso buona parte del torneo nella speranza di azionare la freccia per poi sorpassare i bianconeri, adesso il gruppo di Mazzarri deve prestare attenzione allo specchietto retrovisore.

Con un tecnico il cui futuro sotto il Vesuvio sembra tutt'altro che scontato ed un Cavani con le polveri bagnate da diverso tempo a questa parte, poco alla volta il club campano ha sciupato diverse occasioni per restare agganciato ai propri sogni di gloria. La Vecchia Signora prende quindi il largo segnando la rete decisiva nei minuti di recupero, con quel Giaccherini che sembra incarnare l'esatto prototipo del “calciatore gregario” tanto apprezzato dagli allenatori: recita in silenzio la sua parte, è sempre pronto all'occorrenza nel rispondere "presente" e a fornire il massimo impegno possibile.

I punti di vantaggio sulla seconda adesso sono nove, dieci considerando il vantaggio acquisito negli scontri diretti. "Oggi i punti in palio, vedendo anche i risultati, sono molto di più dei tre canonici, saranno almeno sei, visto e considerato che alla fine manteniamo questa distanza anche dal Milan", sentenziava domenica Buffon quando ancora si trovava nella pancia dello "Juventus Stadium". Non dimenticando, però, i passi falsi compiuti dai bianconeri nel recente passato: "Più punti riusciamo a racimolare sulle inseguitrici e meglio è. Anzi, quando abbiamo avuto un margine così importante poi la domenica abbiamo sempre steccato, per cui c'è da tenere le antenne belle dritte".

Le dichiarazioni rilasciate da Antonio Conte viaggiano sulla stessa lunghezza d'onda del suo portiere: "Lo scudetto? Non lo abbiamo ancora vinto. Pensiamo solo a goderci questa vittoria".
E, verrebbe spontaneo aggiungere, a gustarsi il ritorno di una Juventus protagonista in tutte le competizioni alle quali partecipa.

Lo scoppio di Calciopoli distrusse una società che aveva in pugno il secondo scudetto consecutivo e che era uscita dalla Champions League ai quarti di finale (per mano dell'Arsenal), sepolta da una selva di fischi all'interno del suo stesso stadio. Per alcuni sostenitori juventini conquistare il tricolore era diventata un'abitudine, ormai non si accontentavano più di dominare in Italia guardando con interesse al trono europeo.
Conte, conoscitore come pochi del mondo bianconero, ha annusato nei giorni scorsi il pericolo che una sorta di assuefazione alla vittoria potesse insinuarsi tra gli habitué dello "Juventus Stadium": "Non voglio illudere nessuno, bisogna stare attenti a cosa si promette. Se riusciamo a confermarci in Italia facciamo qualcosa di straordinario. Mi auguro che l’entusiasmo della gente non scemi".

Corteggiato da altri club blasonati sparsi per il continente, lo stesso tecnico ha assicurato più volte di voler restare ancora a Torino per continuare il processo di crescita personale e della squadra che allena. Ai propri uomini ripete spesso di ricordare il punto di partenza della loro avventura. Sarebbe opportuno se ogni tanto lo tenesse bene a mente anche qualche tifoso smemorato e troppo ben abituato.

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martedì 30 ottobre 2012

Juventus, vittoria al veleno


Quando si parla di vittorie che maturano dalla panchina solitamente ci si riferisce ad episodi simili a quelli capitati durante Juventus-Napoli dello scorso 20 febbraio: Cáceres e Pogba entrano sul campo di gioco ad incontro iniziato, segnano una rete a testa e diventano decisivi per il successo finale ottenuto dai bianconeri a scapito degli uomini di Mazzarri.

Sempre sullo stesso tema, stando alle recenti dichiarazioni del presidente del Catania Pulvirenti in merito a quanto accaduto la scorsa domenica, c'è una novità nel nostro campionato: "Il goal di Bergessio lo ha annullato la panchina della Juventus. Il guardalinee lo aveva dato". Inutile raccontare nel dettaglio l'episodio in questione, dato che ormai se ne parla diffusamente in tutte le salse e a tutte le latitudini dello stivale.

Resta l'errore che ha danneggiato i padroni di casa, autori una rete valida, che sommato a quello relativo alla successiva marcatura del bianconero Vidal (viziata da un fuorigioco del danese Bendtner) ha contribuito a creare un clima irrespirabile dentro e fuori lo stadio siciliano. Se la rabbia di Pulvirenti è comprensibile, le parole che hanno accompagnato il suo sfogo non lo sono senza ombra di dubbio.

La linea difensiva usata per l'occasione da Giuseppe Marotta ("Il gol del Catania era regolare, ma non avrebbe inciso in maniera decisiva sulla partita") è servita soltanto a girare il coltello nella piaga. Alla fine si possono sintetizzare brevemente le due distinte posizioni: quella dei siciliani, da una parte, che memori di episodi a loro sfavore capitati in altre gare si sono sfogati duramente alzando la voce, nella speranza di non sentirsi più danneggiati nel prossimo futuro; quella dei bianconeri, dall'altra, che non possono restare in silenzio dopo quanto è piovuto addosso loro nell'arco di poche ore.

La manata di Spolli a Pogba ed altri interventi di gioco meritevoli di qualche approfondimento sono sfilati via via in secondo piano, nascosti dal continuo crescendo di polemiche. Così come è stato per la partita in sé, scomparsa dalle discussioni della domenica.

Madama vince anche a Catania, mantenendo un ritmo impressionante in classifica pur continuando a mostrare luci ed ombre sul campo. Benino Bendtner, nel contesto di un reparto offensivo che è stato costruito male in estate e dal quale Conte dovrà comunque cercare di tirare fuori il meglio. Almeno sino a quando la società non si deciderà ad acquistare un fuoriclasse degno di tale nome in attacco.

La squadra di Maran, dal canto suo, perde il primo incontro della stagione in casa dopo averne vinti tre e pareggiato uno, contro il Napoli. Proprio nel corso di quella gara i siciliani affrontarono la formazione guidata da Mazzarri in dieci uomini a partire dal secondo minuto di gioco, a causa dell'espulsione rimediata da Alvarez. Segno, questo, che espugnare lo stadio “Angelo Massimino” non è facile per nessuno.

In merito ai fatti di Catania, annullata la conferenza stampa che avrebbe dovuto precedere l’incontro con il Bologna Andrea Agnelli ha poi preso le difese del suo club: “Ci sarebbe da riflettere sull’atteggiamento che abbiamo ricevuto prima, dopo e durante la partita. Un accanimento e una durezza contro i nostri dirigenti che hanno dovuto lasciare la tribuna, insultati da prima del fatto. E ci sarebbe da riflettere sul ritrovarsi, ieri nelle trasmissioni televisive, e oggi in uno stato di quasi assedio, che io trovo anormale e atipico: ci sono stati errori, a nostro favore e a nostro sfavore”.

Anche Massimo Moratti, sempre sullo stesso argomento, ha voluto far conoscere il proprio pensiero: “È una situazione assurda quella di domenica, ma bisogna pensare sempre che sia solo un errore e dobbiamo solo sperare che non si ripresentino errori così gravi. Fino al 2006 abbiamo avuto una terrificante esperienza, con tanti risvolti, che è rimasta dentro tutti. Qualcuno lo dimentica, ma è bene ricordarselo, perché è una macchia spaventosa e non credo che nessuno sia disposto a tornare a quel clima, né che l'attuale società della Juventus stia seguendo certe modalità".

Sotto certi punti di vista si può dire che il turno infrasettimanale arrivi al momento giusto, nella speranza che non riservi la collezione di errori e sviste arbitrali diventati sempre più frequenti nel corso delle ultime giornate di serie A. Anche perché sabato prossimo sarà la volta di Juventus-Inter, ed è facile intuire cosa potrebbe accadere nel caso in cui si dovessero verificare episodi dubbi di una certa rilevanza…

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domenica 20 maggio 2012

Zico, Catania nel cuore

"Un giocatore non fa la squadra. Ammiro Zico, ma noi opporremo la grinta e la determinazione. Soffocheremo i friulani con il nostro gioco veloce, e ce la faremo". Nei momenti precedenti l'incontro Catania - Udinese disputato il 22 gennaio 1984 Giovan Battista Fabbri, l'allenatore dei siciliani, tentò con queste parole di stimolare al massimo un ambiente ormai depresso per una retrocessione nella serie cadetta che sembrava inevitabile.

E dire che di partite a disposizione sino al termine del campionato ne mancavano ancora molte (si trattava, infatti, soltanto della seconda giornata del girone di ritorno), però i pochissimi punti accumulati dai padroni di casa (otto, quando la vittoria ne valeva due) non aiutavano certamente ad essere ottimisti. Dall'altra parte della barricata, invece, lo stesso Zico ostentava una sicurezza che incuteva timore: "Vinciamo anche a Catania".

Per settanta minuto di gioco l'incontro non regalò particolari spunti degni di nota (tranne una traversa colpita da Virdis), mentre quanto accadde nella sua parte conclusiva consentì agli appassionati di rispolverare la famosa espressione coniata nel lontano 1961 da Sandro Ciotti (4 giugno, Catania-Inter): "Clamoroso al Cibali".

Grazie ad un errore della retroguardia catanese i friulani riuscirono a recuperare il pallone poco oltre la metà campo dei rosso azzurri. Mauro lo servì in profondità al fuoriclasse brasiliano che - con un forte tiro rasoterra in corsa - trafisse Roberto Sorrentino, padre di Stefano, l’attuale portiere del Chievo.
Fu proprio in quel momento che il pubblico di casa, con le ultime speranze di salvezza cancellate dall'ennesima delusione subita, tirò fuori il meglio di sé: invece di abbattersi o urlare la propria rabbia si lasciò andare in cori e applausi di sincero apprezzamento nei confronti del numero dieci bianconero.

Il quale, ovviamente, rimase meravigliato dal bellissimo gesto di sportività dimostrato in quel pomeriggio: "In Italia mi è capitato altre volte, mi pare a Genova e Milano, ma in questa occasione a Catania sono rimasto davvero sorpreso, non pensavo che la gente mi amasse così".

Prima del fischio finale, però, ebbe ancora modo di regalare a quegli spettatori un altro saggio delle sue doti balistiche, allorquando - al novantesimo minuto di gioco - l'Udinese si conquistò un calcio di punizione ai limiti dell'area di rigore avversaria. Spinto dal desiderio di aggiungere un’ulteriore gemma nell'incontro, il brasiliano chiese ed ottenne da Franco Causio, suo compagno di squadra, la possibilità di segnare ancora: convinto di non fallire l'obiettivo, Zico dipinse col pallone una traiettoria che lasciò impietrito Sorrentino.

L'ovazione con la quale venne accolta quella rete pareggiò, per quanto possibile, la bellezza del gesto tecnico di un fuoriclasse che - pur restando in Italia il breve periodo durato trentanove partite - ha lasciato un segno indelebile del suo passaggio.
Non soltanto per merito delle reti (ventidue) messe a segno.

Nel corso di un'intervista rilasciata molti anni dopo la sua militanza con la maglia dei friulani gli venne fatto notare come il lavoro intrapreso da tecnico lo avesse portato in giro per il mondo. Alla domanda "Non c’è la possibilità di rivederla ad Udine come allenatore?" rispose: “No. Non mi piace allenare dove ho giocato. Preferisco che la gente, in quei posti, mi ricordi come giocatore”.

Il suo nome, invece, venne accostato al Catania nell'estate del 2010, nel periodo in cui la società siciliana era impegnata nella ricerca di un nuovo allenatore dopo l'addio di Sinisa Mihajlovic. Nel merito Luca Pagani, rappresentante personale del brasiliano, rintracciato dal giornale sportivo online “ItaSportPress” proprio in quei momenti confidò: "Pensate che il "Galinho" mi dice sempre che è rimasto innamorato del popolo rossoazzurro da quando lo incitò prima di calciare una punizione in un Catania-Udinese di tantissimi anni fa al "Cibali". Sarebbe bellissimo ricevere dopo tanto tempo l'affetto dell'intelligente popolo rossoazzurro con Zico sulla panchina del Catania".
L'occasione sfumò, ma il ricordo di quel pomeriggio non verrà mai cancellato.
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domenica 19 febbraio 2012

Milan-Juventus è già iniziata

L’espulsione rimediata sabato sera a Torino non rappresenta la prima ingenuità compiuta da Marco Motta nell’arco della sua carriera. Questa volta, però, a “beneficiarne” sono stati coloro i quali erano i suoi compagni di squadra sino a poco tempo fa: passato dalla Juventus al Catania durante la recente sessione invernale del calciomercato, proprio in occasione del primo incontro in cui si è trovato opposto a Madama ha collezionato i due cartellini gialli che lo hanno costretto ad uscire anzitempo dal campo, spianando così la strada alla vittoria bianconera.

La storia professionale del difensore rappresenta il classico esempio in cui le “promesse” non hanno rispettato le “premesse”: ha indossato la maglia della nazionale in tutte le categorie giovanili, è stato presente alla spedizione Olimpica di Pechino per poi esordire in quella maggiore nel giorno stesso in cui Cesare Prandelli iniziò la sua avventura da commissario tecnico dell’Italia (10 agosto 2010, Italia – Costa d’Avorio, amichevole disputata a Londra), dopodiché ha iniziato un lento declino.

Il suo arrivo a Torino è coinciso con un momento particolarmente importante nel mondo del calcio nostrano: fu il primo giocatore a firmare un contratto con un club stipulato e depositato in Lega attraverso l’utilizzo di un “modulo libero” (luglio 2010).

Per approfondire meglio la questione può essere utile riavvolgere il nastro: in quell’occasione divenne realtà la proposta dell’avvocato della Juventus Michele Briamonte di introdurre una nuova forma di accordi con i calciatori, in cui i compensi economici cosiddetti “variabili” avrebbero potuto superare il limite precedentemente imposto del 50% del totale da remunerare.
In più, era prevista l’aggiunta di alcune clausole innovative in merito al comportamento che gli stessi atleti avrebbero dovuto tenere lontano dal campo di gioco. L’assemblea delle serie A diede il suo assenso, proprio pochi giorni dopo la scadenza dell’accordo collettivo Lega-Aic avvenuta il 30 giugno.

Uscendo dalla storia per tornare alla cronaca attuale, dopo l’espulsione di Motta il Catania di Montella ha provato nuovamente a passare in vantaggio grazie ad un’occasionissima capitata tra i piedi di Almiron: di fronte a lui, però, si è trovato il miglior Buffon. Da un fuoriclasse all’altro, così come il portiere bianconero ha evitato che Madama dovesse recuperare nuovamente un goal di svantaggio (il primo lo aveva segnato Barrientos), Andrea Pirlo ha preso per mano la squadra realizzando direttamente da calcio di punizione la rete del pareggio, per poi condurla sotto la sua guida alla tredicesima vittoria stagionale in campionato. Chiellini e Quagliarella, dal canto loro, hanno completato l’opera fissando con le loro marcature il risultato finale sul 3-1.

Il menù della prossima giornata prevede il piatto più prelibato: Milan-Juventus, anticipo serale e spartiacque della stagione per entrambi i club. Ripensando alle recenti dichiarazioni provenienti tanto da Torino quanto da Milano, in settimana potrebbe cominciare nuovamente il balletto della “favorita” per la conquista dello scudetto (“Sono loro”, “Non è vero, sono loro”), in una corsa a due dove gli altri avversari, ormai, hanno perso il passo delle prime della classe.

L’equilibrio è rimasto soltanto al vertice, così come lo stesso Buffon aveva previsto mesi fa: “Quando Andrea (Pirlo, ndr.) mi ha detto che sarebbe venuto alla Juve, la prima cosa che ho detto è stata 'Meno male'. Credo che un giocatore del suo livello e del suo valore, per lo più gratis, sia stato l'affare del secolo. Poi quando l'ho visto giocare ho pensato 'Dio c'è' perché è veramente imbarazzante la sua bravura calcistica. Quest'estate quando ho visto Galliani a Forte dei Marmi l'ho ringraziato. Gli ho detto: 'Ti ringrazio perché davvero cercate di rendere il campionato più equilibrato' ".
Adesso spetta ad uno dei due club il compito di spezzarlo.

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mercoledì 27 aprile 2011

E così la Juve è tornata a punto di partenza...



Lo scorso campionato era capitato in prossimità di Natale, in questo alla vigilia di Pasqua: per due volte, a distanza di poco tempo, il Catania si è presentato allo stadio "Olimpico" di Torino per incontrare la Juventus nelle immediate vicinanze di una delle festività proprie della religione cristiana, ed in entrambe le occasioni non è accaduto che tornasse in Sicilia a mani vuote.

Domenica 20 dicembre 2009 vinse con il risultato di 2-1, proprio come nel film "Al bar dello sport", girato nel 1983 con Lino Banfi nelle vesti di protagonista principale. Nella finzione cinematografica il goal decisivo di Aldo Cantarutti regalò un inaspettato tredici miliardario (c’erano ancora le vecchie lire) all’attore di origine pugliese, che non credeva ad una possibile vittoria esterna del Catania contro la Vecchia Signora dato che mise "2" in schedina su quella partita soltanto per aver seguito l’imbeccata di un altro giocatore incallito, interpretato da Jerry Calà. Nella realtà dei fatti, invece, fu l’argentino Izco a consentire ai siciliani di ottenere un successo che sotto la Mole mancava dal lontano 1963. Uno dei tanti tabù sfatati dalla Juventus nel corso degli ultimi cinque anni.

Martinez, quando ancora non vestiva la maglia bianconera, portò in vantaggio gli ospiti su calcio di rigore, Salihamidzic siglò il momentaneo pareggio nella ripresa e Izco - come detto - chiuse il conto a tre minuti dalla fine dell’incontro. Il Catania si presentò a Torino da ultimo in classifica, avendo totalizzato la miseria di nove punti in sedici giornate di campionato. Arrivava, oltretutto, da tre sconfitte consecutive.
Quella gara certificò il fallimento di un’intera stagione quando ancora mancavano cinque mesi alla sua conclusione. La Juventus aveva dato il meglio di sé nel recente incontro casalingo contro l’Inter (2-1, del 5 dicembre), in compenso aveva perso le altre cinque partite disputate in quel periodo: Bordeaux e Bayern Monaco in Champions League (con la conseguente eliminazione dal torneo), Cagliari, Bari e - appunto - Catania in serie A. Come obiettivi le restavano ancora la coppa Italia e l’Europa League, ma ciò non bastò per placare l’ira di buona parte del pubblico bianconero presente allo stadio "Olimpico".

Fuori dall’impianto torinese il pullman della squadra venne accolto con un fitto lancio di palle di neve e uova; al suo interno i sostenitori intonarono cori in favore dell’arrivo di Andrea Agnelli, schierandosi apertamente contro la dirigenza ed alcuni giocatori.
Il giorno che precedette la gara Ciro Ferrara, al momento ancora allenatore della Juventus, dichiarò: "Non è una conferenza stampa d’addio, anche perché, se in campionato abbiamo fatto degli errori, non siamo stati gli unici e siamo ancora in gioco. Ma dobbiamo sbagliare meno, in generale e soprattutto rispetto a chi ci precede".

Trascorso poco più di un anno, due allenatori e dopo molte altre sconfitte, la musica non è cambiata. Il pareggio ottenuto domenica scorsa ha tolto a Madama le residue speranze di raggiungere un quarto posto in classifica che - visto l’andamento della stagione - avrebbe avuto il sapore di un’impresa. Il campionato ha emesso il primo verdetto definitivo: la retrocessione del Bari, ultimo con sole quattro vittorie racimolate in otto mesi. Una di queste, ovviamente, con la Vecchia Signora, abile a rendere felici, prima o poi, tutti quelli che hanno la fortuna di incontrarla sulla propria strada.
Tutti, tranne i suoi sostenitori.

La nuova Juventus ha aperto il suo cantiere in estate con l’obbligo morale di lasciarsi alle spalle i ventisette punti di distacco accumulati al termine della scorsa stagione dall’Inter vincitrice del tricolore; attualmente sono ventuno quelli che la separano dal Milan prossimo alla conquista dello scudetto. Mancano ancora quattro giornate al termine della manifestazione, e se i rossoneri non dovessero rallentare il loro ritmo sino all’ultima partita non è da escludere che la classifica finale possa diventare per i bianconeri una copia esatta di quella precedente.

Nella sostanza dei fatti cambierebbe poco o nulla, così come si rasenterebbe il ridicolo se l’eventuale raggiungimento di una sesta (o di una quinta) posizione venisse spacciato come un piccolo passo in avanti rispetto al recente passato.

Nelle considerazioni estive della nuova dirigenza quello che sta per avviarsi alla sua conclusione doveva essere un anno di transizione, i tifosi avrebbero dovuto capirlo e portare pazienza dato che il raggiungimento di traguardi importanti sarebbe potuto avvenire solamente per gradi, considerando le difficoltà nell’operare sulle macerie rimaste dopo quattro anni di gestione della società ad opera di Jean Claude Blanc.
Senza dimenticare i reali valori espressi sul campo, era quindi difficile ipotizzare un balzo dal settimo posto al primo, motivo per il quale - a malincuore - il raggiungimento di un piazzamento che consentisse alla Juventus la possibilità di partecipare alla prossima edizione della Champions League poteva considerarsi l’obiettivo maggiormente alla portata del club.

Ricacciata da dove era partita, Madama potrà ricominciare la prossima stagione senza l’assillo di dover promettere qualcosa a qualcuno: alle sue parole, ormai, non crede più nessuno.
Cerchi anzitutto di arrivare al giro di boa del campionato senza aver mollato le redini: rispetto agli ultimi anni sarebbe già un risultato importante.
E si tenga stretto Del Piero: a quanto pare non dovrà continuare a spiegare soltanto ai suoi compagni di squadra cos’è la Juventus…

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com


martedì 14 dicembre 2010

Krasic e Ibra, Del Neri e Allegri...

Lo scorso 30 ottobre, al termine della partita Milan-Juventus, Silvio Berlusconi chiese a Massimiliano Allegri di pettinarsi "prima di andare a fare le interviste": se la sconfitta con i bianconeri gli era andata di traverso, vedere il tecnico "disordinato" davanti alle telecamere mentre rispondeva alle domande dei cronisti era un vero e proprio colpo allo stomaco. Non andava bene, così come non riusciva ad accettare l’idea che la sua società potesse essere la prima in Italia ad aver comprato Ibrahimovic e a non riuscire - poi - a vincere lo scudetto. Avanti di quel passo e l’incubo si sarebbe sicuramente materializzato.

Alleggerito dalla troppa fantasia e successivamente riempito dalla forza fisica e dall’atleticità di più mediani, il Milan ha trovato - con il trascorrere del tempo - la sua quadratura sul campo. L’uomo in più di quella squadra, ovviamente, è Zlatan Ibrahimovic: quando non segna, realizza assist decisivi. In un modo o nell’altro, nei momenti importanti il suo nome figura sempre. Senza dimenticare l’apporto alla causa rossonera dei vari Pirlo, Nesta, Thiago Silva, Robinho, Boateng e via dicendo, il peso specifico dello svedese nelle gare disputate dal Diavolo si vede. E si "sente". Il merito di Allegri è stato quello di avergli costruito una squadra su misura, che lo mette in condizione di sfruttare il suo immenso talento. Durerà il Milan su questi ritmi sino a fine stagione? Riuscirà a vincere in scioltezza anche quando la Champions League entrerà nella fase ad eliminazione diretta e toglierà ancora più energie di quanto non abbia fatto sino ad adesso? Si vedrà.

La prima partita di questo campionato Ibrahimovic la guardò serenamente seduto in tribuna a "San Siro" in compagnia del procuratore Raiola, di Galliani, Braida e Berlusconi. I rossoneri vinsero 4-0 contro il Lecce. Segnarono Thiago Silva, Inzaghi e Pato (doppietta). Allegri schierò la sua formazione con il 4-3-3: nell’undici iniziale figurarono contemporaneamente Pirlo, Seedorf, Pato, Borriello e Ronaldinho. Dalla seconda giornata in poi, lo svedese è sempre stato presente. Al netto di infortuni e cessioni, con il trascorrere del tempo il tecnico ha corretto nel migliore dei modi la disposizione in campo dei suoi uomini, compiendo scelte importanti e affidandosi completamente alle giocate dell’attaccante, da allora sempre presente: quindici volte su quindici partite.

In un campionato che cerca disperatamente una squadra che possa recitare il ruolo di "anti-Milan" per evitare che la fuga dei rossoneri diventi una passeggiata, ecco che dal fine settimana calcistico appena concluso Napoli e Juventus affiancano la Lazio al secondo posto in classifica. Prima dell’incontro di domenica sera tra bianconeri e biancocelesti Del Neri aveva dichiarato: "Sarà una sfida tra due ottime formazioni, allenate da due amici che, sul campo, si contenderanno tutto, fino alla fine".
Così come poi, effettivamente, è stato.

In una gara preceduta dai fiori depositati da Chiellini e dai suoi compagni di squadra sotto la gigantografia di Alessio Ferramosca e Riccardo Neri, posizionata ai piedi della curva Sud, la fine migliore non poteva che essere il goal segnato da Krasic negli ultimi secondi di gioco, quando ormai sembrava certo l’arrivo di un altro pareggio. Dietro l’ultimo scatto furioso del serbo c’è tutta la voglia di non mollare mai di questa Juventus, di non porsi limiti, se non quello di migliorarsi partita dopo partita.

Ridurre il merito della rete decisiva ad un errore di Muslera o ad un colpo di fortuna bianconero dell’ultimo istante, vuol dire andare dietro chi teme una squadra che ad inizio campionato faceva tenerezza e sembrava talmente debole da essere considerata la sorella gemella di quella che l’anno scorso aveva collezionato record negativi come poche altre volte nella propria storia. La Juventus è arrivata sino a questo punto con umiltà, sbagliando, risollevandosi, cadendo di nuovo, con qualche vittoria emozionante, altrettante delusioni da "pareggite", un’eliminazione dall’Europa League e trovando nelle ultime due gare (la trasferta a Catania e la sfida appena vinta contro la Lazio) quel cinismo indispensabile per dare una svolta positiva alla sua stagione.

Se l’ambiente bianconero pensasse ora di essere arrivato a destinazione, di aver chiuso completamente il "cantiere" dentro il quale Del Neri sta lavorando dallo scorso luglio e di sentirsi pronto a lottare per lo scudetto dopo aver terminato il suo periodo di apprendistato, con ogni probabilità correrebbe il rischio di rimanere vittima nuovamente di quegli "alti" e "bassi" mostrati ad inizio anno.

Continui a volare "basso", a cercare i goals sino all’ultimo secondo di ogni gara con la stessa fame di vittorie mostrata in queste ultime partite di campionato. Poi, quando sarà il momento, potrà contare i punti accumulati in classifica e vedere quanti ne mancano per raggiungere l’obiettivo più vicino. Ora sotto con il Chievo, con ancora la gioia nel cuore per il successo di domenica e con la speranza di vedere un’altra corsa solitaria verso la porta difesa da Sorrentino di Krasic, il gioiello serbo che la Juventus mostra fiera al Milan di Ibrahimovic.
Un’ultima considerazione: il centrocampista bianconero è stato assente in quattro partite di campionato, nelle quali Madama ha totalizzato due pareggi e altrettanti vittorie. Una di queste è proprio quella ottenuta a "San Siro" lo scorso 30 ottobre, quando Berlusconi chiese ad Allegri di pettinarsi "prima di andare a fare le interviste". Non solo i rossoneri avevano perso con Ibrahimovic in campo, ma dall’altra parte mancava Krasic, "l’uomo in più" della Juventus. Chi inizia a temere la Vecchia Signora non deve averlo dimenticato…

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

domenica 19 settembre 2010

Alla ricerca di una vittoria per smuovere la classifica

Dalle stelle alle stalle: potrebbe presto diventare il nuovo slogan del Milan di Massimiliano Allegri di questo primo scorcio di stagione. Dagli acquisti roboanti delle ultime giornate del calciomercato estivo, con il ritorno in Italia di Ibrahimovic e l’arrivo di Robinho, alle prime (inaspettate) stecche in campionato. Nel mezzo, due reti dello svedese nell’esordio dei rossoneri in Champions League contro l’Auxerre. Dopo l’anticipo giocato ieri sera il Catania torna in Sicilia con un pareggio prezioso (1-1), mentre il Milan perde altri due punti, da sommare ai tre lasciati a Cesena nella prima trasferta stagionale.

Dovrebbero essere proprio i rossoneri i principali rivali dell'Inter in serie A, quest'anno: in fase di rodaggio continuano a dare l’idea di una squadra con molti solisti ma poco equilibrio. E con diverse lacune del recente passato ancora presenti. Certo, se la musica delle prime due giornate (e poco più) del campionato dovesse continuare ad essere questa, al tavolo dei possibili vincitori ci sarebbe spazio per altre compagini, compresa la Roma del Ranieri "furioso". Quello che risponde a tono alle presunte dichiarazioni di Totti contro di lui, e che assicura di avere un gruppo "con la palle". Fosse così sarebbe già tanto, almeno rispetto alla sua precedente esperienza alla Juventus. Dove guidò una squadra così variabile e volubile da essere definita - da lui stesso - un "camaleonte solido".

Sinisa Mihajlovic, dopo la sconfitta della Fiorentina contro il Lecce, lo aveva detto: "vedo giocatori molli, li prenderò a calci nel sedere". Eccolo servito: al termine della disfatta interna di ieri pomeriggio contro la Lazio (1-2, dopo essere passati in vantaggio grazie alla rete segnata su rigore da Ljajic), sono stati proprio i tifosi viola ad invitarlo a procedere in tal senso. Inutile, poi, il tentativo del tecnico di fare marcia indietro nei momenti immediatamente successivi alla gara ("è soltanto colpa mia"): il danno era già stato fatto.
Un José Mourinho capovolto: tanto l’allenatore portoghese protegge i suoi calciatori da tutto e da tutti e mette il proprio ego di fronte al mondo intero, quanto il serbo è riuscito - ora, a Firenze - ad ottenere il consenso dei propri sostenitori, mandando alla berlina i giocatori viola. Principali colpevoli, agli occhi della tifoseria, di quel solitario punticino in classifica dopo tre giornate di campionato.

Che poi è anche il punto di partenza della nuova Juventus di Del Neri. Quella che inizia a giocare le partite solo dopo i primi quarantacinque minuti, che dovrebbe avere il punto di forza nella difesa e che invece - ad oggi - è diventata il suo punto debole, che dovrebbe dominare le fasce invece di soffrire proprio in quelle zone del campo.

Un punto dopo due partite è poco, per una grande squadra rinnovata figlia di una società nuova di zecca. E’ "niente" se ti chiami Juventus. Con i "se" ed i "ma", con le richieste di fiducia e di tempo di cui poter disporre per assemblare - pezzo su pezzo - la sua nuova creatura, con l’atteggiamento ancora timido di alcuni giocatori e via discorrendo, puoi spostare l’asticella delle aspettative di qualche giorno. Forse anche di qualche mese. Ma se stasera la classifica bianconera non mostrerà qualche novità, l’atmosfera diventerà pesante.

In campionato, dopo la gara di oggi pomeriggio, la Juventus disputerà le prossime due partite in casa (Palermo e Cagliari) ed una in trasferta (l’Inter), per chiudere, così, questo primo tour de force stagionale.
Udinese, Palermo, Cagliari e Inter: lo scorso anno, tra andata e ritorno, su otto gare giocate contro queste squadre e 24 punti a disposizione, la Vecchia Signora riuscì a racimolarne soltanto 9.

L’ultima disastrosa stagione bianconera non deve certo essere presa come punto di riferimento, ma piuttosto come monito per l’avvenire. Se poi si riuscisse a passare, con il trascorrere delle giornate, dalle stalle alle stelle, sarebbe il massimo.
L’unica preoccupazione, per ora, rimane quella di non rimanere fermi ad un punto.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com