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giovedì 8 novembre 2012

La Juve risponde alle critiche


Angelo Alessio lo aveva promesso nel corso della conferenza stampa che ha preceduto la gara tra Juventus e Nordsjælland: “Andremo in campo determinati, cattivi. Non dobbiamo pensare a niente, contano i tre punti e basta”. Visto il tabellino a fine incontro, si può tranquillamente affermare come la missione dei bianconeri sia stata portata a compimento.

Madama vince per quattro reti a zero, grazie alle marcature realizzate da due centrocampisti (Marchisio e Vidal) ed altrettanti attaccanti (Giovinco e Quagliarella). Rimandato, se non bocciato, Matri, sostenuto a più riprese dal pubblico nella speranza di aiutarlo a superare le evidenti difficoltà incontrate in questo periodo nel violare le porte avversarie.

Per la punta di Sant’Angelo Lodigiano la gara contro i danesi rappresentava la classica occasione da cogliere al volo per scalare la gerarchia delle preferenze del duo Conte-Alessio per quanto concerne il reparto offensivo della Vecchia Signora. Limitatamente a questo incontro, oltretutto, sempre lo stesso Alessio era stato chiaro: “Antonio (Conte, ndr.) sceglie i giocatori d’attacco di volta in volta, per questa partita ha pensato di fare giocare Matri, nessuna preclusione verso gli altri”.

Consapevole di avere qualche limite di natura strutturale, la Juventus è riuscita finalmente a mostrare pure in Europa quanto di buono è stata in grado di realizzare in Italia sin dall’inizio della scorsa stagione. Ha preso per il bavero il malcapitato Nordsjælland e non l’ha più mollato per quasi tutta la durata dell’incontro, colpendolo ripetutamente sino a trovarsi già al 37’ della prima frazione di gioco sul risultato di 3-0.

Eppure qualche insidia la nascondeva anche questa partita: c’era il rischio di farsi distrarre dalle recenti polemiche scoppiate dopo la sconfitta in campionato contro l’Inter, di tendere le orecchie verso Londra per conoscere l’andamento della gara tra Chelsea e Shakhtar Donetsk o di subire un contraccolpo psicologico dovuto alla perdita della prolungata imbattibilità in serie A. Non è accaduto niente di tutto questo, e verrebbe da dire che la Juventus è riuscita a cancellare anche il passo falso di Copenhagen (23 ottobre) se non fosse che questo successo non restituisce ai bianconeri i due punti lasciati in Danimarca. La vittoria ottenuta nei secondi finali da parte dei Blues (3-2), poi, impone a Madama l’obbligo di racimolarne quattro nelle ultime due gare del gruppo “E”.

La prima delle quali, oltretutto, si disputerà proprio contro gli inglesi il prossimo 20 novembre. A fine partita Claudio Marchisio ha riassunto l’attuale situazione bianconera in poche parole: “A noi serviva la vittoria aldilà di quello che sarebbe successo a Londra. Era meglio il 2-2, ma questo non cambia la nostra ambizione. La prossima partita avremo i Campioni d'Europa qui a Torino e vogliamo vincere per passare il turno. Prima di fare tutti i calcoli bisogna battere il Chelsea”.

Nel frattempo la Juventus si tufferà nuovamente in campionato, così come ha ricordato Bonucci: “Ora bisognerà rimanere concentrati prima con il Pescara e poi avanti con la Champions. La Juve è stata la stessa dell'anno scorso. Si è rivista la vera Juve”.
Quella squadra che adesso, però, dovrà dividere equamente le energie in entrambe le competizioni.

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domenica 19 febbraio 2012

Milan-Juventus è già iniziata

L’espulsione rimediata sabato sera a Torino non rappresenta la prima ingenuità compiuta da Marco Motta nell’arco della sua carriera. Questa volta, però, a “beneficiarne” sono stati coloro i quali erano i suoi compagni di squadra sino a poco tempo fa: passato dalla Juventus al Catania durante la recente sessione invernale del calciomercato, proprio in occasione del primo incontro in cui si è trovato opposto a Madama ha collezionato i due cartellini gialli che lo hanno costretto ad uscire anzitempo dal campo, spianando così la strada alla vittoria bianconera.

La storia professionale del difensore rappresenta il classico esempio in cui le “promesse” non hanno rispettato le “premesse”: ha indossato la maglia della nazionale in tutte le categorie giovanili, è stato presente alla spedizione Olimpica di Pechino per poi esordire in quella maggiore nel giorno stesso in cui Cesare Prandelli iniziò la sua avventura da commissario tecnico dell’Italia (10 agosto 2010, Italia – Costa d’Avorio, amichevole disputata a Londra), dopodiché ha iniziato un lento declino.

Il suo arrivo a Torino è coinciso con un momento particolarmente importante nel mondo del calcio nostrano: fu il primo giocatore a firmare un contratto con un club stipulato e depositato in Lega attraverso l’utilizzo di un “modulo libero” (luglio 2010).

Per approfondire meglio la questione può essere utile riavvolgere il nastro: in quell’occasione divenne realtà la proposta dell’avvocato della Juventus Michele Briamonte di introdurre una nuova forma di accordi con i calciatori, in cui i compensi economici cosiddetti “variabili” avrebbero potuto superare il limite precedentemente imposto del 50% del totale da remunerare.
In più, era prevista l’aggiunta di alcune clausole innovative in merito al comportamento che gli stessi atleti avrebbero dovuto tenere lontano dal campo di gioco. L’assemblea delle serie A diede il suo assenso, proprio pochi giorni dopo la scadenza dell’accordo collettivo Lega-Aic avvenuta il 30 giugno.

Uscendo dalla storia per tornare alla cronaca attuale, dopo l’espulsione di Motta il Catania di Montella ha provato nuovamente a passare in vantaggio grazie ad un’occasionissima capitata tra i piedi di Almiron: di fronte a lui, però, si è trovato il miglior Buffon. Da un fuoriclasse all’altro, così come il portiere bianconero ha evitato che Madama dovesse recuperare nuovamente un goal di svantaggio (il primo lo aveva segnato Barrientos), Andrea Pirlo ha preso per mano la squadra realizzando direttamente da calcio di punizione la rete del pareggio, per poi condurla sotto la sua guida alla tredicesima vittoria stagionale in campionato. Chiellini e Quagliarella, dal canto loro, hanno completato l’opera fissando con le loro marcature il risultato finale sul 3-1.

Il menù della prossima giornata prevede il piatto più prelibato: Milan-Juventus, anticipo serale e spartiacque della stagione per entrambi i club. Ripensando alle recenti dichiarazioni provenienti tanto da Torino quanto da Milano, in settimana potrebbe cominciare nuovamente il balletto della “favorita” per la conquista dello scudetto (“Sono loro”, “Non è vero, sono loro”), in una corsa a due dove gli altri avversari, ormai, hanno perso il passo delle prime della classe.

L’equilibrio è rimasto soltanto al vertice, così come lo stesso Buffon aveva previsto mesi fa: “Quando Andrea (Pirlo, ndr.) mi ha detto che sarebbe venuto alla Juve, la prima cosa che ho detto è stata 'Meno male'. Credo che un giocatore del suo livello e del suo valore, per lo più gratis, sia stato l'affare del secolo. Poi quando l'ho visto giocare ho pensato 'Dio c'è' perché è veramente imbarazzante la sua bravura calcistica. Quest'estate quando ho visto Galliani a Forte dei Marmi l'ho ringraziato. Gli ho detto: 'Ti ringrazio perché davvero cercate di rendere il campionato più equilibrato' ".
Adesso spetta ad uno dei due club il compito di spezzarlo.

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mercoledì 21 dicembre 2011

Juventus-Milan, duello continuo

Ancora quattro partite da disputare e la Juventus terminerà il girone di andata di questo campionato. Considerate le difficoltà iniziali, in pochi la scorsa estate erano disposti a scommettere in un cammino da record come quello tenuto da Madama sino ad oggi: una volta inserita la marcia giusta, non ha più smesso di andare avanti. A volte accelerando (nove vittorie), a volte rallentando la corsa (sei pareggi).
Mai, però, indietreggiando di un solo passo (nessuna sconfitta).

Deschamps, Corradini, Ranieri, Ferrara, Zaccheroni, Del Neri: rileggendo i nomi dei tecnici che si sono susseguiti sulla panchina dei bianconeri dallo scoppio di Calciopoli in poi, risulta ancora più sorprendente il fatto che i meriti principali di un avvio così travolgente vengano rivolti soprattutto ad Antonio Conte, guida della Signora fuori dal campo dopo essere stato suo capitano dentro il rettangolo di gioco per diversi anni.

La figura dell’allenatore è la più instabile all’interno del circo del pallone nostrano: se il turnover in quel ruolo è elevato, è inevitabile che l’idea di calcio propinata da un club ai propri tifosi finisca col perdere credibilità. Oltre che “sostanza”, ovviamente: i fatti e i risultati difficilmente smentiscono questa regola non scritta.

Nove tecnici di serie A allontanati dal proprio lavoro da agosto a fine dicembre (in due casi prima ancora dell’inizio ufficiale della manifestazione) su venti squadre iscritte: in testa alla classifica di questo triste primato c’è il Palermo del patron Zamparini, che dopo aver sostituito Pioli con Mangia ha virato adesso su Mutti (un ritorno, il suo). In casa rosanero la musica è più o meno sempre la stessa: anche lo scorso anno Delio Rossi venne esonerato, avvicendato da Cosmi per poi tornare e completare il campionato sulla stessa panchina dalla quale era partito.

Arrivati a trecentosessanta minuti dal giro di boa della massima serie, Juventus, Udinese e Milan (su tutte) si contendono la conquista del platonico titolo di campione d’inverno. I rossoneri sono stati gli ultimi ad aggiudicarselo, in concomitanza con la diciottesima giornata del campionato 2010/11: nell’album dei loro ricordi per dieci volte su sedici quel traguardo aveva rappresentato l’antipasto della vittoria finale. A conti fatti, adesso si può dire “undici su diciassette”.
In quella domenica si festeggiava l’Epifania, ma i tifosi bianconeri la ricordano ancora oggi per l’infortunio occorso a Quagliarella nell’incontro casalingo perso col Parma allo stadio “Olimpico”. Da lì in poi Madama iniziò una caduta inarrestabile, che la portò a confermare il settimo posto ottenuto la stagione precedente. A nulla valse, infatti, l’impegno solenne preso dalla squadra all’interno delle quattro mura dello spogliatoio del “San Paolo” dopo la successiva sconfitta patita col Napoli: “I punti a disposizione sono ancora tanti. Lavoriamo duro e sicuramente i risultati arriveranno”.

Proprio gli scarsi risultati racimolati in campionato portarono alla risoluzione consensuale del contratto stipulato tra l’Inter e Rafael Benítez, al quale non furono sufficienti le vittorie della Supercoppa italiana e della Coppa del mondo per club per restare in nerazzurro: il 6 gennaio scorso il brasiliano Leonardo esordì alla guida della Beneamata superando proprio il Napoli con un netto 3-1. A distanza di poco meno di un anno, altri due tecnici hanno occupato quella stessa panchina: Gasperini e Ranieri.

Nell’attesa che i giocatori tornino a diventare i principali protagonisti del torneo, in questo periodo si tende a vivisezionare le dichiarazioni e gli stati d’animo dei vari tecnici per valutare il livello di salute (fisica e mentale) di ogni singola squadra.
E così, mentre Allegri è in ballo col Diavolo per il rinnovo del contratto ed è costretto ad ascoltare i consigli tattici di Berlusconi, Conte e Guidolin possono lavorare in tranquillità, consapevoli di aver svolto - sino ad ora - quanto richiesto dalle rispettive società. Se non di più.
Nell’immediato questa condizione potrebbe rappresentare per loro un vantaggio rispetto al collega rossonero, nel lungo periodo – però – non bisogna dimenticare che i reali valori (o le sorprese) tendono a venire fuori: per informazioni basta chiedere ad Alberto Zaccheroni, criticato dallo stesso Berlusconi in passato e, nonostante tutto, in grado di portare a casa il sedicesimo titolo della storia del Milan.
Quella squadra arrivava da due stagioni nelle quali si era posizionata undicesima e decima, una situazione di partenza peggiore rispetto a quella della Juventus attuale.
Ogni tanto è giusto ricordarlo.
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mercoledì 7 dicembre 2011

Ora la Juve deve diventare cinica


Il 7 novembre 2010 a Torino si disputò Juventus-Cesena, gara valevole per la decima giornata dello scorso campionato di serie A. Luis Jiménez portò inaspettatamente in vantaggio i romagnoli, raggiunti e superati da Madama grazie alle reti realizzate da Del Piero (su calcio di rigore), Quagliarella e Iaquinta.
Tre attaccanti per tre punti, per una rimonta e una vittoria che collocò la Vecchia Signora al quarto posto in classifica (in coabitazione col Napoli), a sole quattro lunghezze di distanza dalla Lazio capolista.
Si trattava del giorno del debutto assoluto in maglia bianconera del danesino Sorensen, scomparso ultimamente dal radar di Conte al pari di Iaquinta.

Per quanto riguarda Del Piero e Quagliarella, invece, trascorso poco più di un anno da quegli istanti si può parlare per entrambi di un lungo periodo baciato dalla sfortuna. Se per il numero dieci bianconero allora si aggiornavano costantemente i record accumulati in carriera (grazie a quel goal arrivò a quota 180 in serie A), adesso si contano i punti di sutura che gli sono stati applicati sopra lo zigomo sinistro a seguito dello scontro fortuito avvenuto con Marco Rossi nell’incontro giocato proprio con il Cesena, domenica scorsa, allo “Juventus Stadium”.

A proposito della malasorte, eccone un altro: dopo averle prese di santa ragione nello scorso campionato (un pugno da Chivu ed una manata da Ibrahimovic) ed essere stato protagonista di una rissa nel dopo partita al “Tardini” (Parma-Bari del 3 aprile 2011, mentre era in forza ai pugliesi), il nome del difensore cesenate torna alle luci della ribalta per un altro episodio slegato dalle prestazioni offerte sui campi di gioco.

Per uscire fuori dal tunnel della sfortuna a Quagliarella non resta che la speranza di non trovare più qualche compagno sulla traiettoria di una delle sue conclusioni a rete. Per informazioni basta chiedere a Lichtsteiner, che involontariamente gli ha negato la gioia della prima rete stagionale respingendo un tiro a botta sicura da lui scagliato verso la porta degli ospiti.

Se in precedenza ad una Vecchia Signora non ancora in caduta libera occorrevano i goals degli attaccanti per cambiare la storia di un incontro, a svolgere quel compito ora pensano i centrocampisti: Marchisio e Vidal, orfani per un giorno di Pirlo, aiutano la Juventus a stendere il Cesena dopo averlo tramortito per più di un’ora. Madama ruota quattro punte nell’arco della gara (compresi Vucinic, poi infortunatosi, e Matri), ma il ruolo di goleador spetta ancora a Marchisio (raggiunta quota sei marcature).
Una stagione or sono Del Neri lo emarginò sulla fascia sinistra per non rinunciare ad uno tra Melo e Aquilani; pur di farlo giocare Conte ha invece ridisegnato il centrocampo che aveva in testa piazzandolo nel suo ruolo originario.

Dei quattordici giocatori scesi sul campo domenica tra le fila bianconere soltanto in cinque sono arrivati a Torino la scorsa estate, ma è tutta un’altra musica: attribuire il merito di un cambio così evidente nel modo di affrontare gli avversari alla bellezza e all’importanza del nuovo stadio significa chiudere gli occhi di fronte al grande lavoro svolto dal tecnico juventino. Se per Giampaolo Pozzo, il patron dell’Udinese, Guidolin è fondamentale nelle fortune del suo club, altrettanto lo si può dire - ad oggi – dell’allenatore juventino. Così come ha recentemente ammesso Pavel Nedved: “Conte merita i complimenti per il modo in cui ha dato un’anima alla squadra”.

Grazie alla vittoria sul Cesena la Juventus rimane (e ritorna, dopo gli anticipi di venerdì e sabato) in vetta alla classifica. Dietro di lei Milan e Udinese la inseguono a due punti di distanza, nell'attesa di quel primo vero e proprio passo falso che ad oggi ancora non le è capitato di compiere.
Nel prossimo incontro esterno con la Roma tornerà Pirlo, pronto a riprendersi il ruolo di guida nel cuore del centrocampo bianconero. Per l'ex rossonero, fresco vincitore del tricolore nella sua precedente esperienza col Milan, la strada da percorrere per arrivare al successo è ancora lunga: "Lo scudetto con la Juventus già quest’anno? Voglio vincere con questa squadra, ma è troppo presto per dirlo, e francamente, io non credo che sia arrivato il momento nemmeno di pensarci".

Dolci parole per le orecchie di Antonio Conte: quando la sua Signora, oltre ad essere bella, diventerà cinica, allora vorrà dire che sarà arrivato il momento giusto per toglierle il velo e mostrare a tutti di essere realmente tornata.

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giovedì 3 novembre 2011

Mal di pancia

I non più giovanissimi ricorderanno uno spot di una marca di elettrodomestici, interpretato dall’indimenticato Giampiero Albertini che si intitolava “Gli incontentabili”. Ora io mi sento un po’ così….”incontentabile”.
Mi chiederete perché? La squadra sta giocando bene, ottiene buoni risultati, è prima in classifica, cosa posso volere di più?

E avete ragione ma, innanzitutto, preferirei che segnassimo qualche rete in più, viste le numerosi occasioni che siamo in grado di creare. Non fosse altro per preservare le mie coronarie, sottoposte a stress fino al 95’ di ogni partita.
E poi, nonostante consideri comunque importante la presenza di un’ossatura precisa nella formazione che poi scende in campo, credo che il calcio moderno non permetta di utilizzare sempre gli stessi 11 giocatori domenica dopo domenica, senza il rischio di logorarli un po’ troppo. E da qui nasce il mio secondo brontolio, visto soprattutto in chiave futura. Futuro prossimo (il prosieguo del campionato) e futuro remoto (la prossima stagione, quando – presumibilmente – dovremo giocare anche in Europa).

Mi riferisco a quelli che la stampa chiama “mal di pancia”. Sempre che esistano realmente e che non siano invenzioni della stampa, è ovvio! Per “mal di pancia”, come tutti sapete, si intendono i mugugni di quei giocatori poco utilizzati, che scalpitano per essere schierati oppure ceduti nella prima finestra di mercato utile.
I pochi minuti giocati sinora da Fabio Quagliarella sono, infatti, argomento quotidiano per chi si occupa di calciomercato ed ogni giorno il suo nome è accostato a molte trattative. Ultima quella che riguarda il suo passaggio al Milan per sostituire Cassano (a proposito, in bocca al lupo, Antonio!).

Personalmente ritengo l’eventuale cessione dello stabiese un gravissimo errore. Privarsi di un ottimo attaccante, e rafforzare una rivale, credo sia una mossa sbagliata e, ripeto, anche in prospettiva futura. Se, come si spera, il prossimo anno saremo impegnati non solo in campionato – e sicuramente non potremo più contare su Del Piero e Toni – non solo Quagliarella sarà fondamentale, ma il reparto dovrà anche essere rafforzato con un paio di elementi.
Il mister ha recentemente ribadito che conta molto su di lui, speriamo che anche Fabio voglia continuare a far parte di questa squadra e non faccia venire a noi il mal di pancia.

Articolo pubblicato su Juvenews.net

Questo articolo è di Roberta. Tutti gli altri, li puoi trovare nella sua rubrica Una signora in bianconero

venerdì 28 ottobre 2011

La Juve al "Meazza" nel segno di Matri


Quando lo scorso 31 gennaio Alessandro Matri approdò a Torino, sponda bianconera, Andrea Agnelli spese per lui parole importanti: "Con l’arrivo di Matri abbiamo messo benzina nel motore, abbiamo fatto il pieno". Con nove goals all’attivo realizzati in quattro mesi l’attaccante di Sant’Angelo Lodigiano finì col confermarsi un ottimo carburante, aggiunto - però - in una macchina che a fine stagione avrebbe dovuto subire una nuova revisione. Non certo l’unica di questi ultimi cinque anni.

Nella Vecchia Signora guidata da Antonio Conte il suo nome è figurato tra gli undici titolari in occasione delle prime due gare disputate nel corso dell’attuale campionato, salvo poi uscirne fuori (esclusa la parentesi relativa alla trasferta di Catania) per scivolare lentamente in panchina. A partire dall’incontro col Genoa è tornato in campo sin dal fischio d’inizio dell’arbitro, rispondendo alla fiducia concessagli utilizzando la sua arma migliore: i goals.

E' stata opera sua anche quello decisivo nell’ultimo match interno disputato contro la Fiorentina e vinto dai bianconeri col risultato finale di 2-1. Per una Juventus che concretizza poco in relazione a quanto produce, Matri rappresenta il terminale del gioco di una squadra che continua ad acquisire fiducia nei propri mezzi e a recuperare quell’autostima minata (o, più semplicemente, persa) dopo gli ultimi due deludenti settimi posti consecutivi conseguiti in serie A.

Alla punta juventina appartiene anche la rete decisiva nell’ultimo confronto diretto in campionato con l’Inter, prossima avversaria dei torinesi nell’anticipo serale della decima giornata. Accadde lo scorso 13 febbraio, allo stadio "Olimpico" di Torino, nel corso della venticinquesima tappa di un percorso che sino a quel momento sembrava poter regalare ancora qualche soddisfazione a Madama.

Il danese Sorensen, giovane terzino di una difesa che allora come oggi proponeva una coppia centrale formata da Barzagli e Bonucci e sulla fascia sinistra Chiellini (all’epoca in forma smagliante), alla mezz’ora della prima frazione di gioco fu l’autore del cross per il colpo di testa vincente dello stesso Matri.

Regolati di misura i nerazzurri, per una Juventus che non si era ancora dimostrata capace di vincere due partite di fila arrivarono tre sconfitte consecutive (con Lecce, Bologna e Milan). In occasione della prima di queste, avvenuta allo stadio “Via del Mare” esattamente sette giorni dopo l’incontro disputato con l’Inter, il successivo commento del presidente Andrea Agnelli fu durissimo: “Dopo la gara i giocatori non si sono nemmeno dovuti fare la doccia”.

Anche il successo casalingo conseguito contro gli eterni rivali nerazzurri nel corso della stagione precedente (5 dicembre 2009, vittoria per 2-1) segnò paradossalmente l’inizio di una crisi, che maturò con l’eliminazione dalla Champions League patita pochi giorni dopo dagli uomini allora guidati da Ciro Ferrara (per mano del Bayern Monaco) per poi continuare con altre cadute rovinose in campionato (Bari e Catania). Di fatto, si trattò di tre partite che segnarono negativamente l’intera annata bianconera.

Ora che si trova sola in testa alla classifica in beata solitudine (non le accadeva dal 14 maggio 2006), a Madama il calendario riserva una sequenza di incontri non propriamente agevoli (dopo quella con l’Inter ci saranno le gare contro Napoli, Palermo e Lazio), al termine delle quali si potrà tracciare un primo veritiero bilancio sulle reali potenzialità della squadra e sulle prospettive che questa stagione le potrà riservare.

Non dimenticando, inoltre, che a metà del cammino riaprirà i battenti il calciomercato (nella sua sessione invernale, dal 3 al 31 gennaio 2012), che qualche giocatore ancora poco utilizzato potrebbe essere inserito da Conte lungo il tragitto (Quagliarella su tutti) e che dopo questo ciclo di ferro ci sarà la gara col Cesena. Visto e considerato che é proprio contro avversari dello stesso rango dei romagnoli che la Juventus ha dilapidato le sue migliori occasioni negli ultimi anni, se vorrà riprendere a vincere un trofeo la Vecchia Signora dovrà fare attenzione a non limitarsi ad essere bella soltanto nelle serate di gala.

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martedì 3 maggio 2011

La Juve si rilancia a Roma. E quella frase di Moratti...


"Il nostro dovere è di non lasciare nulla di intentato e l’obiettivo quindi è di fare il massimo dei punti nelle ultime quattro partite". Con queste dichiarazioni Del Neri descrisse lo spirito che animava la Juventus prima dell’incontro disputato ieri sera a Roma contro la Lazio.
Così espresse, in tutta sincerità, sembravano dare origine ad una versione "mascherata" del famoso concetto delle quattro finali consecutive da vincere, senza che comunque venisse stravolto il significato.

Nella sostanza, in effetti, variava poco: per dare un senso alla parte conclusiva della propria stagione alla Vecchia Signora non restava altro da fare se non provare a cogliere successi in tutte le gare rimaste a disposizione, per poi guardare - di volta in volta - cosa sarebbero state in grado di combinare le squadre davanti a lei in classifica.

Indossati i panni della sfavorita, espugnando lo stadio "Olimpico" la Juventus è riuscita a rilanciarsi, rovinando - nel contempo - i piani dei biancocelesti: senza i tre punti della mancata vittoria contro Madama la trasferta che dovranno affrontare ad Udine domenica prossima è diventata estremamente delicata. In caso di sconfitta verrebbero superati dai friulani; con un pareggio dovrebbero sperare in un risultato positivo del Milan contro la Roma per mantenere il quarto posto. In ogni caso adesso alla Lazio manca quel distacco necessario sulle dirette contendenti per giocarsi le ultime due giornate del torneo con relativa tranquillità, lasciando loro i posti disponibili per partecipare all’Europa League. Gli spiccioli, in pratica.

Madama era arrivata nella capitale forte di un miniciclo di sei risultati utili consecutivi, frutto di tre vittorie e altrettanti pareggi: troppo poco per fare salti in alto in classifica, abbastanza per rimanere nei dintorni degli obiettivi minimi ed alimentare ogni tanto nell’ambiente speranze di un balzo finale che le potesse consentire di dare (come detto) un senso alla stagione.
Le capitò una cosa simile anche ad inizio campionato, quando dalla sconfitta casalinga contro il Palermo (23 settembre 2010) a quella col Parma (sempre a Torino, 6 gennaio 2011) passarono tre mesi e mezzo e tredici incontri, di cui soltanto sette vinti. Quello, però, era il momento buono per cavalcare l’onda dei risultati positivi e raccogliere il più possibile, a fronte di momenti difficili che prima o poi, così come successo, sarebbero arrivati.

Sommati i (pochi) punti conquistati ad oggi dalla Juventus con quelli (molti) dilapidati nel corso dell’anno, è aumentato il rammarico per quanto poteva essere e non è stato. Non si sta certamente parlando di scudetto, quanto di poter accedere alla prossima edizione della Champions League entrando dalla porta di servizio, se non - addirittura - da quella principale. Infortuni a parte, una delle principali cause che hanno portato alla situazione attuale è la carenza di campioni di elevato spessore tecnico nella rosa a disposizione di Del Neri, quelli che aiutano non soltanto ad aumentare la qualità del gioco in mezzo al campo, ma consentono anche di avere a disposizione la personalità indispensabile per vincere quelle gare il cui risultato rimane in equilibrio sino al novantesimo minuto.
I campioni, quelli veri, oltre alla classe aggiungono la voglia di imporsi tipica di chi non si arrende (e non si accontenta) mai. Ovviamente non è un caso se nel corso delle ultime due stagioni la Juventus è riuscita ogni tanto a tirare fuori la testa dalla sabbia in concomitanza con le giornate in cui Del Piero l’ha presa per mano.

Prima dell’infortunio di Quagliarella si diceva che le mancasse una punta di peso fisico e specifico che potesse consentirle di "chiudere" quelle partite nelle quali era indispensabile il classico colpo del kappaò per avere ragione dell’avversario di turno; a seguito di quanto capitato all’attaccante di Castellammare di Stabia la Vecchia Signora rimase con poche munizioni nel reparto offensivo per due settimane (e tre gare: Bari, Sampdoria, Udinese) anche a causa dello stop forzato di Toni trascorsi pochi giorni dal suo arrivo a Torino, raccogliendo la miseria di quattro punti.

Il successivo innesto di Matri non bastò per colmare le lacune che - nel frattempo - si erano manifestate in altre zone del campo. Una squadra come la Juventus che in trentacinque gare di campionato non è in grado di vincerne sette dopo essere passata in vantaggio, accumula nove sconfitte, ha una media inglese di "- 13", subisce quarantadue goals (contro i ventitré del Milan o i trentatré della stessa Lazio) e totalizza due punti in più di quanto realizzato lo scorso campionato, più che di rimpianti deve parlare di errori. Di programmazione e di gestione, senza dimenticare come la sfortuna - per diverso tempo - è stata una cattiva compagna di viaggio.

Anche se, come ha correttamente osservato Del Neri al termine della gara disputata ieri sera, nell’arco di un’intera stagione ci sono pure situazioni nelle quali si riesce ad ottenere più di quanto si meriti: sempre la Lazio, giusto per fare il nome di una "vittima" dei bianconeri tanto all’andata quanto al ritorno, nonostante le buone prestazioni non è riuscita a racimolare contro la Juventus neanche un punticino a causa della sconfitta di Roma e di un goal a tempo abbondantemente scaduto di Krasic con la complicità di Muslera a Torino.

Adesso rimangono tre giornate (e nove punti) per sperare in un quarto posto difficile, ma ancora non impossibile. Nel frattempo il presidente dell’Inter Massimo Moratti "scuce" il tricolore dalle maglie della sua squadra per porgerlo al Milan: "Chi vince lo scudetto lo merita sempre". Chissà se lo avrà detto anche davanti al procuratore federale Palazzi nell’incontro che ebbero poco più di un mese fa, quando discussero degli anni in cui era la Juventus a fare raccolta di tricolori.
Queste parole non avranno certamente fatto piacere ad Andrea Agnelli, mentre John Elkann ha già fatto sapere di essere proiettato nel 2014: "I miei sentimenti sono legati alle cose che faremo in futuro. Non ho nessun tipo di attitudine nostalgica".
Solo chi è juventino può capire…

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

sabato 19 marzo 2011

La Juve tra Brescia, etica e fair play finanziario

Juventus e Brescia domani si affronteranno a Torino. Uno dei due club è reduce da un pareggio e tre sconfitte accumulate nelle ultime quattro gare di campionato. L’altro, considerando lo stesso arco temporale, da quattro pareggi in altrettante partite.
Per chi ama la Vecchia Signora del calcio italiano ed è cresciuto a pane e trionfi, pensare che appartiene proprio a Madama il percorso peggiore tra quelli (di per sé) negativi presi in esame non fa che allungare ed esasperare una sofferenza che sembra non avere mai fine. Ciononostante basta vedere come si riempiono gli stadi quando emigra in giro per l’Italia per capire quanto sia grande l’amore che tutti i suoi sostenitori le continuano a riversare addosso, spinti a seguirla sempre, comunque e dovunque. Nonostante tutto. E dentro la parola "tutto" è condensato quanto successo "dentro" e "intorno" alla stessa Juventus da cinque anni a questa parte.

Il punto ottenuto a Cesena ha interrotto un’emorragia di sconfitte che per la formazione allenata da Del Neri era ormai arrivata a tre disfatte prima dell’incontro del "Dino Manuzzi" dello scorso sabato. Simone Pepe, recentemente intervistato da Sky Sport (la trascrizione è presente anche nel sito ufficiale della società), ha dichiarato: "Nel calcio comunque i verdetti possono cambiare in un attimo, basta giocare le prossime partite alla grande. Questo ora è il nostro obiettivo".

Quindi adesso bisogna aggrapparsi a questo "obiettivo". Anche perché non è rimasto che quello, dato che gli altri - strada facendo - sono svaniti, uno dopo l’altro. Mancano nove gare sino alla conclusione della stagione: tutte finali, tutte da vincere nella speranza dei diretti interessati di non dover ripartire la prossima estate da una nuova rivoluzione. Che tanto, piaccia o non piaccia, ci dovrà comunque essere. Risultati alla mano, è un percorso che non prevede alternative. Il problema reale, poi, sarà vedere a quali risultati porterà. E quali saranno i campioni (o presunti tali) che arriveranno nella Torino bianconera.

Il 10 novembre scorso Brescia e Juventus si affrontarono allo stadio "Mario Rigamonti". In quel periodo vennero accostati moltissimi giocatori alla Vecchia Signora: da Rolando (difensore portoghese del Porto) a Forlan (Atletico Madrid), da Maxi Lopez (Catania) a Demichelis (Bayern Monaco, poi passato al Malaga), giusto per citarne qualcuno. A differenza di quanto accade nella stretta attualità, la squadra di Del Neri si era presentata alla trasferta lombarda forte di una sequenza di risultati incoraggianti: tre vittorie ed un pareggio nelle ultime quattro gare disputate, con la ciliegina sulla torta della vittoria esterna ottenuta a "San Siro" contro il Milan di Ibrahimovic. La squadra era in crescita, i punti arrivavano e tra gli infortuni di lungo corso figuravano soltanto i vari Martinez, De Ceglie e Buffon, con il numero uno bianconero che - alle prese con la riabilitazione dopo l’operazione estiva all’ernia del disco - ancora non si era fatto vedere in quel di Vinovo dall’inizio della stagione.

Prima dell’incontro del "Rigamonti" lo stesso tecnico di Aquileia, memore della sconfitta all’esordio in campionato a Bari e del pareggio esterno ottenuto a Bologna (due gare dalle quali l’ambiente bianconero si aspettava un esito sicuramente diverso) disse: "Brescia è una tappa importante, ci sono tre punti in palio come contro la Roma". La Vecchia Signora affrontò le "rondinelle" forte di un quarto posto in classifica a pari merito con il Napoli di Mazzarri, a sole quattro lunghezze dalla Lazio prima della classe.

Dopo l’1-1 finale (Quagliarella e Diamanti furono i marcatori della serata) Madama scivolò in quinta posizione, proprio nella giornata nella quale il Milan prese il comando solitario della vetta. I punti di distacco tra rossoneri e bianconeri, all’epoca, rimasero comunque quattro. A fine incontro del Neri disse: "Direi che il pari è giusto. Diamanti ha segnato un bel gol, per noi un punto fuori casa è meglio di nulla, un punto importante".

Con la teoria del "bicchiere mezzo pieno" e dei piccoli passi la Juventus ha raccolto meno di quanto poteva (e doveva) nel girone di andata, prima dell’infortunio occorso a Quagliarella, dell’espulsione di Melo e della goleada con la quale il Parma ha regolato la Vecchia Signora il giorno dell’Epifania. Il resto, quello che è accaduto dopo, è storia nota, attuale, reale.

Adesso, come detto, mancano nove gare alla conclusione del campionato: le si onori a dovere.
Lo si chiede sempre, ma in cambio non si ottiene molto. Anzi.
E si inizi a programmare bene la prossima stagione: quella del riscatto, che si giocherà nel nuovo stadio, con calciatori nuovi. Non sempre per acquistarne di valore bisogna spendere cifre folli: tanto per fare un esempio Luis Alberto Suarez, l’uruguaiano acquistato recentemente dal Liverpool e che in passato venne accostato più volte alla Juventus, ai Reds è costato 26,5 milioni di euro.
Meglio un giocatore come lui che due Martinez.
In barba all’etica e al fair play finanziario.

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domenica 20 febbraio 2011

Juventus e Lecce tra andata e ritorno

Juventus e Lecce si fronteggiarono allo stadio "Olimpico" nel girone di andata lo scorso 17 ottobre, in una gara che i bianconeri vinsero agevolmente con il risultato di 4-0. Aquilani, Felipe Melo, Quagliarella e Del Piero regolarono i salentini, consentendo alla Vecchia Signora di aggiungere un altro successo convincente dall’inizio del campionato dopo quelli ottenuti contro Udinese (in trasferta) e Cagliari (in casa). Curiosamente anche questi arrivarono con quattro marcature degli uomini di Del Neri, con la sola differenza che - mentre a Udine la porta di Storari rimase inviolata - a Torino i sardi riuscirono a battere il numero uno bianconero per due volte con le reti di Matri, passato alla corte di Madama con la riapertura della sessione invernale del calciomercato.

Su Alberto Aquilani il tecnico di Aquileia aveva già speso parole importanti il giorno precedente l’incontro: "In effetti è un giocatore unico in mezzo al campo, il più tecnico dei quattro che ho a disposizione". Lo stesso calciatore ex Liverpool si divertì poi a prendere amichevolmente in giro Felipe Melo, autore di un goal "particolare" su penalty: "Mai visto un cucchiaio rasoterra…". Il terzo marcatore della giornata, Quagliarella, battè Rosati (estremo difensore degli ospiti) con un colpo di testa "rasoterra" (anche lui), a distanza di pochi metri dal punto in cui si infortunò seriamente lo scorso 6 gennaio nella partita disputata dalla Juventus contro il Parma.
A chiudere definitivamente il conto di una gara il cui esito finale appariva scontato già al termine della prima frazione di gioco ci pensò Alessandro Del Piero, entrato al 33' del secondo tempo proprio in sostituzione dell’attaccante di Castellammare di Stabia, con un bellissimo sinistro grazie al quale raggiunse quota 178 reti segnate in serie A con la maglia bianconera, eguagliando così il precedente record ottenuto da Giampiero Boniperti.

In una Juventus schierata in campo con un 4-4-2 "elastico", che durante l’incontro si trasformò all’occorrenza in 4-3-3 e 4-5-1, Milos Krasic giocò una bellissima partita. Impadronitosi della fascia destra della linea mediana juventina, allargò successivamente il proprio raggio d’azione su tutto il rettangolo di gioco senza che venisse meno la sua pericolosità. Un palo, due assist, un rigore procurato e tre giocatori avversari ammoniti nel tentativo (invano) di fermarlo: questo il bottino del serbo a fine gara.
Del Neri, ovviamente contento della prova dei suoi uomini, non nascose la propria felicità: "Sono felice perché continuiamo a crescere. I ragazzi stanno dando il meglio".

Con la vittoria appena conquistata la Juventus si posizionò al quinto posto in classifica (a pari punti con il Palermo), a cinque lunghezze di distanza dalla Lazio all’epoca prima della classe davanti a tutte le altre squadre.
A distanza di poco più di quattro mesi gli obiettivi sono cambiati: uscita anticipatamente dall'Europa League e dalla coppa Italia adesso vive alla giornata, nella speranza di agganciare il più presto possibile la quarta posizione. Dove attualmente si trova la Lazio. Ancora lei.
I punti che separano le due formazioni sono diventati quattro, la Vecchia Signora è ora sesta nell’attesa del recupero della gara tra Roma e Bologna che potrebbe consentire ai giallorossi di scavalcarla in caso di vittoria. A Lecce Madama dovrà continuare la rincorsa all’unico obiettivo che le è rimasto in questa stagione, evitando di perdere ulteriore terreno nei confronti delle dirette avversarie così come accaduto nel girone di andata. Anche a causa degli incidenti di percorso avvenuti negli incontri con le cosiddette "piccole".
La vittoria vale tre punti pure nelle partite contro di loro.

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giovedì 3 febbraio 2011

La Juve, Morganti, Tagliavento e le manette

Adesso il rischio che il cammino della Juventus da qui alla fine del campionato possa diventare un martirio è veramente concreto. Tutto ha avuto inizio il giorno dell’Epifania, in occasione della sconfitta interna contro il Parma (1-4), allorquando si materializzarono i peggiori incubi dei sostenitori bianconeri: dall’infortunio del miglior attaccante nella rosa a disposizione di Del Neri (Quagliarella) al ritorno del fratello "cattivo" di Felipe Melo (espulsione e successive tre giornate di squalifica); dai goals subiti per opera degli "ex" dal dente avvelenato (Giovinco e Palladino) alla rete segnata da Hernan Crespo, la punta che ha scelto la Vecchia Signora come uno dei suoi bersagli preferiti sin dal momento dell’approdo in Italia.

Il 2011 doveva essere l’anno del rilancio juventino. Bene, se il "buongiorno si vede dal mattino" la speranza è che arrivi presto "sera": su sei gare disputate in campionato ci sono state ben quattro sconfitte, un pareggio ed una sola vittoria (contro il Bari). I punti accumulati in classifica, in questo momento, sono gli stessi dell’era Ferrara-Zaccheroni. Per rimanere in linea con la passata stagione è giusto considerare anche l’eliminazione dalla coppa Italia per opera della Roma, così come l’anno scorso la Juventus uscì dal trofeo nazionale ai quarti di finale contro l’Inter, sconfitta che segnò il cambio in panchina tra il giovane allenatore bianconero ed il "traghettatore" di Meldola. Quello che non riuscì ad evitare il naufragio di una nave che stava imbarcando acqua ovunque, finendo - di fatto - anche lui sul banco degli imputati. In molti lo giudicarono un "bollito", prossimo alla pensione, baciato dalla fortuna in occasione della vittoria dello scudetto alla guida del Milan nel lontano 1999. Recentemente ha conquistato la Coppa d’Asia come commissario tecnico della nazionale giapponese, facendo ricredere - forse - qualcuno che lo criticava pesantemente al tempo della sua (breve) permanenza a Torino. Un episodio più o meno simile a quello capitato a Fabio Cannavaro nel momento in cui venne ceduto dall’Inter alla stessa Juventus senza troppi rimpianti, salvo poi vederlo vincere due scudetti, un pallone d’Oro e diventare campione del mondo con la maglia azzurra da protagonista assoluto.

L’infortunio di Quagliarella ha causato un contraccolpo psicologico fortissimo nell’ambiente bianconero. Ma questo non può (e non deve) servire come alibi nei confronti di quei giocatori che sino a quel momento si erano resi protagonisti di un buon campionato con ottime prospettive per il futuro prossimo, legate alla speranza che la società riuscisse ad acquistare nel mercato di gennaio (quello che una volta veniva definito di "riparazione") un attaccante da affiancare alla punta di Castellammare di Stabia. Così come la follia di Melo, che ha finito con l’autoescludersi per tre gare, non basta per giustificare un crollo verticale nel gioco juventino che non si è fermato nonostante il suo rientro in campo.
I fantasmi del passato, a conti fatti, non se ne sono mai andati da Vinovo: hanno solo aspettato il momento giusto per ripresentarsi. Il famoso "cantiere" aperto lo scorso mese di luglio è stato "chiuso" troppo presto; l’obiettivo dichiarato a inizio stagione del raggiungimento di un posto in Champions League non doveva cambiare nonostante le pressioni dell’ambiente (così come la parola "scudetto" doveva essere bandita, almeno per quest’anno); guardando il bicchiere "mezzo pieno" non bisogna dimenticare che ne esiste anche una sua parte "vuota"; la Vecchia Signora vista dal Presidente Agnelli come macchina da "Formula 1" con la benzina sbagliata ha un problema legato sia alla "qualità" del rifornimento che alla sua "quantità".

Regalati i primi due goals (ed i venti minuti iniziali) al Palermo, la Juventus ha dimostrato una reazione che fa ben sperare per le prossime partite. Fermo restando che la storia bianconera insegna che quella rabbia, in passato, i suoi giocatori l’avevano nel momento stesso in cui indossavano la maglia a strisce verticali prima di mettere il piede sul terreno di gioco, quando ancora si trovavano negli spogliatoi. Reagire quando hai preso due ceffoni, il più delle volte, non ti consente di rimettere in sesto un incontro. Mantenendo d’ora in avanti l’atteggiamento positivo della seconda parte della gara di mercoledì sera, Madama dovrà cercare assolutamente di raddrizzare una stagione diventata, col trascorrere delle giornate, negativa. Non si parli più di obiettivi: qui c’è da riprendere la confidenza con la vittoria, guardando la classifica soltanto nel momento in cui i recuperi delle gare non ancora disputate da altre squadre l’avranno definita in maniera più chiara. Per ora meglio coprirsi gli occhi: a leggerla viene solo da piangere.

Il 24 gennaio scorso, in occasione della serata degli "Oscar del calcio AIC", Emidio Morganti venne giudicato il miglior arbitro per l’anno 2010 davanti a Rizzoli e Tagliavento, gli altri due candidati. Quello fu lo stesso giorno in cui, durante il seminario "Il calcio e chi lo racconta", Massimo Moratti dichiarò: "Il fatto che l’Inter abbia vinto dopo Calciopoli dimostra quanto sia stata una truffa per il calcio italiano".
Nel momento della consegna del premio Cristiano Militello, noto personaggio televisivo italiano, si avvicinò a Roberto Rosetti lasciandogli una busta chiusa da far pervenire allo stesso Morganti unitamente al riconoscimento appena conquistato. In mezzo all’ilarità generale lui la prese (ammettendo: "Ho il sospetto di sapere cosa possa essere") per poi lasciarla al vincitore. Una volta aperta, si scoprì che si trattava di un paio di manette. Era chiaro il riferimento a Paolo Tagliavento e alla sua direzione di gara in quell’Inter-Sampdoria del 20 febbraio scorso, che si portò dietro un mare di polemiche dopo le decisioni contestate allo stesso fischietto in merito alle espulsioni di Samuel e Cordoba (e di Pazzini, allora in maglia blucerchiata), celebrate dal famoso gesto delle manette mimato da Mourinho. Tagliavento (che in passato non fu esente da errori evidenti in altri incontri), nella partita in questione ebbe l’unica colpa di aver arbitrato senza guardare in faccia nessuno, applicando le (giuste) decisioni che il suo ruolo gli imponeva. Ma quello era un momento particolare del campionato, con l’Inter che temeva di perdere il tricolore (la Roma stava recuperando terreno) e aveva paura ci fossero complotti ai suoi danni.
Strano, a pensarci bene: proprio ora che Calciopoli non esiste più.
Questa è l’Italia del pallone, Presidente Agnelli.

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mercoledì 19 gennaio 2011

Aquilani, Del Piero e la Juve del futuro prossimo

La Juventus contro il Bari ha ripreso a vincere in campionato dopo le ultime due sconfitte subite in altrettante gare. La classifica della serie A ha assunto adesso un aspetto decisamente migliore rispetto a quello che mostrava la domenica precedente, dato che ora i bianconeri si ritrovano a ridosso della zona-Champions League e sono nuovamente in mezzo ad un gruppone dove il Milan, nonostante Ibrahimovic, per una giornata ha rallentato il passo pareggiando contro il Lecce.

Il successo casalingo allo stadio "Olimpico", però, ha provocato reazioni diverse in alcuni dei protagonisti in maglia bianconera. Basta leggere le dichiarazioni dei goleador di giornata per rendersene conto.
Da una parte c’è Aquilani: "Non illudiamoci: scudetto è una parola che bisognerebbe dimenticare. Il nostro obiettivo è il quarto posto. Milan, Inter e Roma hanno qualcosa in più. E’ inutile negarlo, qui non ci sono più Zidane e Nedved". Dall’altra Del Piero: "Come non abbiamo mai parlato di scudetto, non indichiamo il quarto posto come traguardo massimo. Tutto è ancora apertissimo: tre vittorie consecutive possono cambiare le prospettive di qualsiasi squadra. La Juve ha le qualità e le capacità necessarie per fare un bel campionato".

In mezzo alle opinioni discordanti dei due compagni di squadra c’è la Juventus "no limits" di Luigi Del Neri, quella del bicchiere "mezzo pieno" per le diciotto partite successive alla sconfitta interna rimediata in campionato contro il Palermo (23 settembre 2010), salvo poi toccare con mano che la parte "vuota" non era in realtà poca cosa.

Aquilani è arrivato da qualche mese alla corte della Vecchia Signora. Romano e romanista, l’ha conosciuta come avversaria con la maglia giallorossa, "annusandola" in più di un’occasione dopo essersi ritrovato in momenti diversi al centro di una possibile trattativa di mercato tra le due società. Una di queste risale all’estate del 2008 prima del suo trasloco in Inghilterra, quando la precedente dirigenza bianconera si era messa alla ricerca di un giocatore in grado di colmare la casella vuota del regista in mezzo al campo. La rosa dei candidati era ristretta a quattro calciatori: lo stesso Aquilani, il nerazzurro Dejan Stankovic, lo spagnolo Xabi Alonso e il mediano Christian Poulsen. Come andò a finire lo sanno tutti: si decise di puntare sul biondo danese (allora in forza al Siviglia), che due anni dopo lasciò il posto proprio all’attuale centrocampista bianconero, con il quale finì per scambiare anche maglia (quella del Liverpool).
Recentemente intervistato da Fabrizio Salvio (per "Sportweek", il settimanale della "Gazzetta dello Sport"), alla domanda "La Juve vista da dentro è diversa da quella che giudicava stando alla Roma?", ha risposto: "Sono cambiati gli uomini, a partire dai dirigenti. Ho trovato solo persone a posto, pulite. E, quanto a peso politico, non godiamo di protezione arbitrale".

Del Piero è cresciuto, come molti tifosi juventini suoi coetanei, con il poster di Michel Platini in cameretta. Ha sognato da bambino di ripeterne le gesta, sino a quando ne ha preso la maglietta numero "10" e ha iniziato a scrivere lui stesso una fetta importante di storia bianconera (più di 17 anni non sono uno scherzo…). E’ arrivato in una Juventus che stava uscendo dal letargo degli anni successivi all’addio al calcio del fuoriclasse francese per trovarsi catapultato in serie B dopo aver fatto parte di una squadra stratosferica. Adesso si ritrova in una formazione decisamente più debole, che lui stesso ha aiutato in tante occasioni ad uscire fuori da situazioni difficili. Legge gli andamenti degli ultimi campionati di serie A e si rende perfettamente conto che tre successi consecutivi non ti garantiscono uno scudetto, ma ti cambiano decisamente le prospettive. Basta vedere come si è delineata la classifica dopo aver battuto il Bari arrivando da due disfatte (contro il Parma e il Napoli). Certo, il problema è vincerle, tre di fila. Cosa che quest’anno, anche nel momento in cui Madama era in ottime condizioni, non è mai capitato. La prossima (delicata) sfida contro la Sampdoria potrà dare un’immediata risposta alle speranze di Del Piero e ai dubbi di Aquilani.

Domenica si ripartirà da Genova, laddove Del Neri il quarto posto riuscì a centrarlo la scorsa stagione alla guida dei blucerchiati. La sua Juventus, ora, ha conquistato un punto in più di quanti ne aveva totalizzato quella allenata da Ciro Ferrara. Certo, si tratta soltanto di una magra consolazione: gli obiettivi (e gli obblighi) sono altri.
Mentre la società si è messa alla ricerca di una punta a prezzo di saldo (necessità diventata impellente dopo l’infortunio occorso a Quagliarella), nel frattempo la sua formazione si riprende il (platonico) titolo di attacco più prolifico della serie A, in coabitazione con il Milan.
Su questo punto, invece, è nato un caso curioso: da tre giorni a questa parte (a partire da lunedì 17 gennaio) la versione cartacea della "Gazzetta dello Sport" indica come 34 le reti realizzate dai rossoneri in questo campionato, a differenza delle 35 presenti nel sito dello stesso quotidiano (tante quante quelle della Juventus).
Semplice distrazione o permangono ancora dei dubbi sulla convalida del goal in fuorigioco del milanista Strasser nella gara di Cagliari nel giorno dell’Epifania?

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domenica 19 dicembre 2010

mercoledì 8 dicembre 2010

La Juve e quel lontano 26 agosto 2010...

Nella gara disputata allo stadio "Olimpico" contro lo Sturm Graz il 26 agosto scorso, Del Piero chiuse i conti con gli ospiti segnando un goal bellissimo (destro sotto l’incrocio dei pali dopo aver dribblato un avversario ed eluso l’intervento di un secondo), grazie al quale spinse la Juventus nei gironcini dell’Europa League. Gli austriaci, sconfitti nella gara di andata dello spareggio per 2-1, si erano resi protagonisti di alcune azioni pericolose, colpendo un palo con Szabica e dimostrando di non sentirsi ancora definitivamente esclusi dalla manifestazione.

La palla arrivò al capitano bianconero da un lancio di Felipe Melo, che proprio in quella partita dimostrò di essere il fratello buono del giocatore che si era presentato a Torino l’anno precedente. Durante l’incontro, dopo aver contribuito in maniera decisiva a sventare un pericolo nell’area di rigore juventina, esultò come se avesse realizzato il goal della vita. La scena fu simile a quella vista nella vittoriosa trasferta a "San Siro" contro il Milan del 30 ottobre scorso.

Il pubblico bianconero era frastornato: orfano di Diego, con Trezeguet non convocato per la gara e con la valigia in mano, si aggrappò all’ancora trentacinquenne leader della Vecchia Signora per scacciare le paure di un nuovo fallimento dopo quello della gestione targata Jean Claude Blanc. Passavano gli anni, così come gli avversari e i compagni di squadra, ma Del Piero c’era. Sempre. Ciliegina sulla torta: Amauri, verso la fine del primo tempo, avvertì un fastidio alla coscia sinistra. Per precauzione Del Neri lo fece uscire, nella speranza di poterlo recuperare per la sfida contro il Bari della domenica successiva, prima tappa del campionato. In giornata si era sparsa la voce di un forte quanto improvviso interessamento della Juventus per Fabio Quagliarella. Accantonata l’ipotesi Di Natale, sembrava essere lui il prescelto per arricchire il parco attaccanti che - complice l’infortunio di Iaquinta - si candidava ad essere il reparto più debole dei bianconeri.

Sempre in quel 26 agosto si svolsero i sorteggi dei gironcini della Champions League. Il presidente dell’Inter Moratti, conscio della forza della propria squadra, si era mostrato preoccupato soltanto dalla imminente finale della Supercoppa Europea che i nerazzurri avrebbero dovuto disputare il giorno successivo contro l’Atletico Madrid: "Io e Rafa ci teniamo molto a battere l’Atletico".
Persero 2-0.

Qualche ora prima di quella gara, verso le 18.30, la Juventus ufficializzò l’acquisto di Quagliarella. Arrivò anche la notizia dello stop per Amauri di 25 giorni: lesione di primo grado al retto femorale della coscia sinistra. A Bari i bianconeri si presentarono con due soli attaccanti di ruolo: la punta originaria di Castellamare di Stabia e Alessandro Del Piero. Marotta, intanto, a Vinovo presentava il nuovo centrocampista Aquilani, mentre su "Sky", nel corso di una bellissima intervista rilasciata da Andrea Agnelli, il Presidente juventino dichiarò: "quando è arrivato Marotta abbiamo fatto una riflessione: Del Neri è il miglior allenatore che potremmo avere in questo momento, quindi la scelta è ricaduta su di lui".

L’attenzione generale, però, venne catalizzata dalla notizia dell’acquisto da parte del Milan di Zlatan Ibrahimovic, l’uomo degli scudetti vinti sul campo: nell’arco di pochi giorni si materializzò il suo ritorno in Italia. Nella griglia delle ipotetiche favorite per il tricolore i rossoneri spiccarono il volo verso le primissime posizioni. L’arrivo a Torino di Quagliarella passò quasi inosservato: alla Juventus oltretutto serviva ancora un attaccante di peso, robusto fisicamente, visto i continui problemi muscolari a cui erano soggetti i compagni di reparto.

Oggi Amauri è infortunato, Iaquinta sta ritrovando la migliore condizione (ottima la sua partita contro il Catania), l’apporto di Del Piero - quando chiamato in causa - continua a non mancare. Mai. E Quagliarella? Per lui parlano i goals, i numeri, le sue prestazioni. Ibrahimovic ha messo le mani sul campionato, anche se la presa - dopo appena quindici giornate - non può essere ancora sicura.

La Juventus è la squadra che ha segnato più reti in serie A, è ormai uscita dall’Europa League e la società è comunque consapevole di poter rinforzare il reparto offensivo con l'acquisto di una nuova punta. Inutile ripetere le caratteristiche, ormai lo sanno anche i muri. Dopo la doppietta realizzata a Catania lo stesso Quagliarella si lasciò andare a questa considerazione: "Perché dove gioco io cercano sempre punte? A gennaio ci rinforzerà Amauri".

Sembra siano trascorsi anni, da quel 26 agosto. In realtà sono passati poco più di tre mesi. Con il lavoro quotidiano, dentro e fuori dal campo, la Vecchia Signora è uscita fuori dalla difficile situazione nella quale si era trovata in estate. La sua crescita non è stata accompagnata da proclami, ma soltanto da una continua ricerca da parte dei giornalisti di strappare a Del Neri un qualcosa che andasse oltre i suoi bicchieri "mezzi pieni". Usciti da quel seminato, ecco pronti articoli a ripetizione sui quali aprire discussioni per qualche giorno. La Juventus, però, non si deve fermare a queste ritrovate certezze: la strada è giusta, ma c’è ancora tanto, tantissimo da lavorare affinchè possa tornare ai precedenti livelli di eccellenza sportiva. La speranza è che a gennaio non si presenti alla sessione invernale del calciomercato soltanto per guardare le vetrine, ma che entri dentro ai box delle trattative per comprare.

Massimo Moratti, due giorni fa: "Contro il Werder Brema niente figure del cavolo". Rafael Benitez: "Mai fatte".
Hanno perso 3-0. Non tutto è cambiato in questi tre mesi.

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domenica 5 dicembre 2010

mercoledì 10 novembre 2010

domenica 31 ottobre 2010

venerdì 24 settembre 2010