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giovedì 14 febbraio 2013

La Juventus torna Signora anche in Europa

 
Nel giorno dell'esordio di Antonio Conte in Champions League seduto sulla panchina della Juventus, Madama riprende dall'armadio il suo abito migliore, lo indossa e dimostra nuovamente all'Europa calcistica di essere tornata bella come lo era stata un tempo. Il campionato di serie A vinto la scorsa stagione senza perdere neanche una partita non è stato un caso, ormai è un dato di fatto. La Vecchia Signora, rientrata nell'élite del pallone direttamente dalla porta principale, aveva recentemente dirottato in Europa League il Chelsea campione in carica e sculacciato a casa loro gli ucraini dello Shakhtar Donetsk. Il 3-0 con il quale ha appena liquidato gli scozzesi del Celtic in Scozia è stato fragoroso quanto quello rifilato al club di Abramovich a Torino il 20 novembre 2012.
 
Dopo le delusioni dello scorso gennaio, in questo mese di febbraio la Juventus ha giocato ben tre gare in dieci giorni, vincendole tutte e segnando la bellezza di sette reti. Buffon è stato trafitto in una sola occasione, su un tiro - peraltro deviato da un proprio compagno di squadra - scagliato dal clivense Théréau. Il fascino dell'eliminazione diretta è superiore a quello della fase a gironi: la posta in palio in soli centottanta minuti rappresenta un passaggio al turno successivo o l'arrivo in Paradiso, giusto per usare una delle citazioni dantesche che piacciono alla Signora e che tanto fanno arrabbiare i Della Valle. 
 
Le principali insidie della gara al "Celtic Park" erano legate alla carica emotiva che l'ambiente avrebbe potuto trasmettere agli avversari e al rischio che il pallone potesse scottare tra i piedi di qualche bianconero. Tra le fila juventine, infatti, non mancavano i debuttanti in un ottavo di finale della Champions League. Al termine dei novanta minuti di gioco alcuni di loro sono stati poi eletti tra i migliori in campo. I limiti tecnici degli scozzesi erano noti in partenza, così come aveva fatto notare Conte nelle ore che avevano preceduto il match: "Come loro, anche noi siamo degli outsiders, e come loro vorremmo andare il più avanti possibile".
 
Forse si poteva tacciare il tecnico leccese di eccessiva prudenza, fatto sta che per la Juventus è stato meglio tornare in Italia con il sorriso sulle labbra piuttosto che con le preoccupazioni di non poter sbagliare nulla nel prossimo appuntamento previsto a Torino tra tre settimane. Il largo successo esterno libera la mente degli uomini di Conte dalle tensioni che solitamente si accumulano nei doppi confronti di andata e ritorno, a tutto vantaggio del suo cammino in serie A.
 
A proposito di ritorni: a breve torneranno a completa disposizione dello stesso allenatore sia Asamoah che Chiellini, due giocatori le cui assenze si sono avvertite parecchio nell'ultimo periodo. Se le reti di Marchisio sono diventate una continua conferma del talento del centrocampista fatto e cresciuto in casa, quelle di Matri e Vucinic stanno colmando la lacuna di un goleador della stazza di Trezeguet, il fuoriclasse che curiosamente era entrato nel tabellino dei marcatori anche in occasione dell'ultima sconfitta patita dalla Juventus in Europa.
Era il 18 marzo 2010: allo stadio “Craven Cottage” di Londra il Fulham, allora guidato da Roy Hodgson, aveva piegato Madama col risultato di 4-1, eliminandola dall'Europa League.
 
Sono passati tre anni da quei momenti. L'attuale commissario tecnico della nazionale inglese, in tribuna a Glasgow, avrà notato l'assenza del francese, così come la differenza tra questa Juventus e quella che aveva incontrato lui. Quella era soltanto Vecchia, questa è Signora più che mai.
 
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giovedì 8 novembre 2012

La Juve risponde alle critiche


Angelo Alessio lo aveva promesso nel corso della conferenza stampa che ha preceduto la gara tra Juventus e Nordsjælland: “Andremo in campo determinati, cattivi. Non dobbiamo pensare a niente, contano i tre punti e basta”. Visto il tabellino a fine incontro, si può tranquillamente affermare come la missione dei bianconeri sia stata portata a compimento.

Madama vince per quattro reti a zero, grazie alle marcature realizzate da due centrocampisti (Marchisio e Vidal) ed altrettanti attaccanti (Giovinco e Quagliarella). Rimandato, se non bocciato, Matri, sostenuto a più riprese dal pubblico nella speranza di aiutarlo a superare le evidenti difficoltà incontrate in questo periodo nel violare le porte avversarie.

Per la punta di Sant’Angelo Lodigiano la gara contro i danesi rappresentava la classica occasione da cogliere al volo per scalare la gerarchia delle preferenze del duo Conte-Alessio per quanto concerne il reparto offensivo della Vecchia Signora. Limitatamente a questo incontro, oltretutto, sempre lo stesso Alessio era stato chiaro: “Antonio (Conte, ndr.) sceglie i giocatori d’attacco di volta in volta, per questa partita ha pensato di fare giocare Matri, nessuna preclusione verso gli altri”.

Consapevole di avere qualche limite di natura strutturale, la Juventus è riuscita finalmente a mostrare pure in Europa quanto di buono è stata in grado di realizzare in Italia sin dall’inizio della scorsa stagione. Ha preso per il bavero il malcapitato Nordsjælland e non l’ha più mollato per quasi tutta la durata dell’incontro, colpendolo ripetutamente sino a trovarsi già al 37’ della prima frazione di gioco sul risultato di 3-0.

Eppure qualche insidia la nascondeva anche questa partita: c’era il rischio di farsi distrarre dalle recenti polemiche scoppiate dopo la sconfitta in campionato contro l’Inter, di tendere le orecchie verso Londra per conoscere l’andamento della gara tra Chelsea e Shakhtar Donetsk o di subire un contraccolpo psicologico dovuto alla perdita della prolungata imbattibilità in serie A. Non è accaduto niente di tutto questo, e verrebbe da dire che la Juventus è riuscita a cancellare anche il passo falso di Copenhagen (23 ottobre) se non fosse che questo successo non restituisce ai bianconeri i due punti lasciati in Danimarca. La vittoria ottenuta nei secondi finali da parte dei Blues (3-2), poi, impone a Madama l’obbligo di racimolarne quattro nelle ultime due gare del gruppo “E”.

La prima delle quali, oltretutto, si disputerà proprio contro gli inglesi il prossimo 20 novembre. A fine partita Claudio Marchisio ha riassunto l’attuale situazione bianconera in poche parole: “A noi serviva la vittoria aldilà di quello che sarebbe successo a Londra. Era meglio il 2-2, ma questo non cambia la nostra ambizione. La prossima partita avremo i Campioni d'Europa qui a Torino e vogliamo vincere per passare il turno. Prima di fare tutti i calcoli bisogna battere il Chelsea”.

Nel frattempo la Juventus si tufferà nuovamente in campionato, così come ha ricordato Bonucci: “Ora bisognerà rimanere concentrati prima con il Pescara e poi avanti con la Champions. La Juve è stata la stessa dell'anno scorso. Si è rivista la vera Juve”.
Quella squadra che adesso, però, dovrà dividere equamente le energie in entrambe le competizioni.

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domenica 11 dicembre 2011

Juventus-Roma, quante storie incrociate

Ogni qualvolta Juventus e Roma si trovano una di fronte all'altra il pensiero torna indietro agli inizi degli anni ottanta, al periodo in cui erano le regine incontrastate del calcio nostrano. L’Avvocato Agnelli e Giampiero Boniperti - il presidentissimo bianconero - da una parte, Dino Viola - patron dei giallorossi - dall'altra: due mondi distanti anni luce tra loro, molto più di quei centimetri che costarono a Maurizio Turone, difensore dei capitolini, il goal annullato per una segnalazione di fuorigioco nello scontro al vertice disputato allo stadio "Comunale" nel lontano maggio del 1981.

La competitività e la voglia di primeggiare erano talmente elevate da non poter essere racchiuse al solo campionato di serie A, tanto è vero che si estesero all'Europa: la Roma di Liedholm provò invano a conquistare la Coppa dei Campioni ai danni del grande Liverpool nel 1984; un anno dopo - a Bruxelles - spettò a Madama il compito di battere nella finalissima i Reds nella serata più triste della sua storia.

Se in termini di scudetti il confronto del palmarès tra i due club non è proponibile, contando le coppe Italia conquistate emerge la comune nobiltà: nove titoli a testa. E mentre nell'ultimo decennio l'Inter si è avvicinata sensibilmente al loro record (quattro successi, per un totale di sette), da tempo si è aperta la gara per arrivare primi alla conquista del decimo trionfo.

Nella scorsa edizione fu proprio la Roma ad estromettere dalla manifestazione la Juventus di Del Neri nei quarti di finale: la gara si disputò a Torino il 27 gennaio 2011, Vucinic e Taddei realizzarono i goals decisivi a favore della squadra guidata da Claudio Ranieri. Per il tecnico ex bianconero si trattò di un'altra rivincita su quella Vecchia Signora che lo aveva esonerato a sole due giornate dalla conclusione del campionato 2008/09: la panchina, all'epoca dei fatti, venne occupata sino a fine stagione da Ciro Ferrara, che da traghettatore si trasformò in allenatore l'anno successivo.

Dove la sua ultima partita in serie A coincise con una sconfitta interna patita da Madama proprio ad opera della Roma di Ranieri: il 23 gennaio 2010 i giallorossi si imposero col risultato di 2-1, e dalla giornata successiva - a partire dalla gara interna disputata contro la Lazio, l'altra squadra della capitale – toccò a Zaccheroni il compito di traghettare la Vecchia Signora sino all'arrivo di Del Neri. Curiosità, aneddoti e coincidenze che riempiono da sempre la storia del calcio in generale: andando poi a scovare nel dettaglio, si scoprono gli intrecci invisibili che legano quelle dei singoli club. Basti pensare, ad esempio, che l'esperienza dello stesso Ranieri a Roma iniziò con le dimissioni di Luciano Spalletti successive alla sconfitta interna rimediata ad opera della Juventus. Di Ciro Ferrara, guarda caso.

Attualmente prima in classifica in serie A e qualificata ai quarti di finale della coppa Italia, la squadra di Antonio Conte attende la vincente del confronto tra i giallorossi (ancora loro) e la Fiorentina per conoscere il nome della prossima sfidante (11 gennaio 2012). Per superare gli ottavi ha domato il Bologna di Pioli esibendo una squadra piena di riserve, dalle quali ha ottenuto le risposte che in parte sperava, e in parte già conosceva.

Ai "bocciati" rimarranno poche occasioni per evitare una cessione nella sessione invernale del calciomercato ormai alle porte (3 gennaio 2012 la riapertura ufficiale), mentre i "promossi" consentiranno all’allenatore di allargare il campo delle opzioni da vagliare in caso di necessità. Nella prossima trasferta di campionato a Roma contro la squadra di Luis Enrique, ad esempio, verrà a mancare il montenegrino Vucinic, ora in forza ai bianconeri: da Estigarribia a Giaccherini, passando per Quagliarella sino ad arrivare a Del Piero, ad inizio incontro o in corso d'opera, Conte sa di poter contare su più uomini per una sola maglia e con più schemi a disposizione.

A proposito di Giaccherini: il tecnico la scorsa estate difese con le unghie e con i denti le scelte di avere lui, Marchisio e Pepe tra le fila della sua squadra, contro i dubbi e le rimostranze provenienti da ogni direzione. Una volta arrivati i risultati positivi e le prestazioni confortanti da parte loro, le perplessità sono sparite. Tre indizi fanno una prova, si usa dire in questi casi.
E, forse, danno l'idea della differenza esistente tra le critiche costruttive e quelle distruttive.

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venerdì 2 dicembre 2011

La Juventus non può più nascondersi

Dopo quattro vittorie consecutive la Juventus è tornata da Napoli con un pareggio dal peso specifico superiore a quel singolo punto che le ha consentito di portare a due le lunghezze di distacco dal Milan detentore del tricolore.

Quando la formazione di Conte piegò il Palermo a Torino (20 novembre) a spegnere il fuoco del crescente entusiasmo in casa bianconera pensarono quei pompieri che misero in evidenza il doppio volto mostrato dalla formazione guidata da Mangia in questo campionato: infallibile al "Renzo Barbera", tenera come un tonno che si taglia con un grissino in trasferta.

Successivamente fu la volta della Lazio a soccombere (26 novembre), battuta a Roma da Madama nel solco della sua recente tradizione positiva allo stadio "Olimpico": lì, invece, in molti sostennero la tesi secondo la quale il successo della Vecchia Signora dipese anche dalle difficoltà mostrate dai biancocelesti nel riuscire a vincere dentro le mura amiche.
L'episodio della palla carambolata sul braccio di Barzagli all'interno dell'area di rigore protetta da Buffon, poi, creò l'alibi perfetto che Reja colse al volo per giustificare la sconfitta interna appena rimediata.

Secondo la convinzione di alcuni addetti ai lavori la gara di Napoli era la più indicata per mettere a nudo i limiti di una squadra come quella bianconera alla quale Conte ha restituito un'anima in pochi mesi, ma che non poteva essersi completamente trasformata dopo i due ultimi settimi posti consecutivi racimolati.

Nell'incontro del "San Paolo" la Juventus si è dimostrata "Vecchia" nella prima frazione di gioco, per tornare ad essere "Signora" nella seconda. Le assenze di Marchisio da una parte e di Cavani dall'altra non hanno tolto spazio allo spettacolo di un confronto diretto che ha finito per regalare maggiori certezze (e sicurezze) ai torinesi.

Sfatato il tabù di trovarsi in svantaggio al cospetto di una grande della serie A, Madama ha superato uno degli esami più difficili affrontati dall'inizio di questo torneo.
Ora le prospettive, per lei, cambieranno: da inseguitrice è diventata lepre, e dovrà affrontare le prossime partite senza potersi più nascondere dietro i recenti fallimenti.

Il primato in classifica dei bianconeri in questa stagione non è una novità, ma soltanto adesso si ha la sensazione di una qualcosa di duraturo.

Ogni campionato racchiude in sé partite che tracciano, nel bene o nel male, il destino di un club: nello scorso, la gara interna col Parma disputata allo stadio "Olimpico" nel giorno dell'Epifania segnò la fine dei sogni delle Juventus di Del Neri. Quello che era stato costruito in quattro mesi si ruppe in un istante durato novanta minuti: dall'infortunio al ginocchio di Quagliarella all'espulsione di Felipe Melo, le certezze accumulate sino a quel momento crollarono una dietro l'altra.

I recenti inviti alla calma di Buffon, uniti alle continue raccomandazioni di Conte a non dimenticarsi delle macerie dalle quali è nata questa Juventus, sembrano scongiurare il pericolo di un gruppo che possa autoconvincersi di aver eliminato in così poco tempo tutti i mali dai quali era afflitto.

Superato un esame importante, all'orizzonte ne spunta un altro: quello col Cesena, penultimo in classifica. Negli istanti immediatamente successivi al successo ottenuto sul campo del Siena (18 settembre), fu proprio Conte a giocare a carte scoperte: "La storia dice che la Juve negli ultimi campionati ha perso tantissimi punti con le provinciali".

In quelli, la Vecchia Signora recitò la parte della comparsa. Se adesso vuole tornare ad essere protagonista l'unica strada possibile è quella che porta alla vittoria. Per accumulare altri tre punti e, magari, dare una svolta positiva alla stagione. Andando incontro ad un destino diverso da quello del suo recente passato.

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mercoledì 23 novembre 2011

Conte e la ricerca dello spirito Juve

A differenza di altre occasioni, nella ripresa siamo entrati con il piede giusto e abbiamo chiuso la sfida in un quarto d’ora”. Sono bastate poche parole a Claudio Marchisio per descrivere ai cronisti presenti domenica pomeriggio nella pancia dello “Juventus Stadium” lo spirito con il quale la sua squadra si era appena divorato il Palermo.
A proposito di spirito, va ricordato come durante i primi giorni del ritiro precampionato di Bardonecchia Antonio Conte era stato chiarissimo: “Al di là dell'organizzazione tecnico-tattica, vogliamo trovare quanto prima lo spirito Juve: voglia di combattere e attaccamento alla maglia. Essere qui implica il dovere di vincere”.

Ritrovarsi dopo quattro mesi in vetta alla classifica in compagnia della Lazio (che, nel frattempo, ha disputato un incontro in più) potrebbe indurre a pensare che il nuovo allenatore bianconero abbia finalmente trovato – dopo anni di delusioni - il vestito ideale per la Vecchia Signora. Il diretto interessato, ovviamente, sposta il momento delle verità sempre più lontano nel tempo, giusto il necessario per non far perdere la fame di vittorie ai suoi uomini: “Alla fine del girone d’andata tireremo le somme e capiremo dove possiamo arrivare”.

Nelle ore precedenti la partita col Palermo, lo stesso Conte l'aveva definita “una finale di coppa del mondo”. A deciderla a favore dei padroni di casa sono stati tre giocatori protagonisti di storie diverse tra loro: quella di Pepe, che in estate si era trovato sulla lista dei partenti salvo restare a Torino per volontà del tecnico; quella di Marchisio, cui in molti attribuirono ad inizio stagione un ruolo di panchinaro di lusso nonostante il tecnico (ancora lui) continuasse a dimostrargli ripetutamente (e pubblicamente) la propria fiducia; quella di Alessandro Matri, il goleador, la soluzione ai problemi offensivi di Madama, il quale ha saputo ritagliarsi poco alla volta uno spazio importante all'interno del gruppo.

Raggiunte le tre vittorie consecutive (l’ultimo precedente risale allo scorso campionato, in concomitanza del trittico di gare del girone di ritorno con Brescia, Roma e Genoa), la Juventus adesso punta dritta al big match di sabato prossimo contro la Lazio per continuare la sequenza di successi. Dovesse riuscire nell’intento, ripeterebbe quanto fatto due stagione or sono dalla squadra allora guidata da Ciro Ferrara, che si fermò a quota quattro nelle prime partite della stagione 2009/10.

Fedele alla propria tradizione, quella formazione era stata concepita con un'ossatura tutta italiana sulla quale, però, in controtendenza rispetto al passato vennero inseriti tre brasiliani: Felipe Melo Vicente de Carvalho, Diego Ribas da Cunha e Amauri Carvalho de Oliveira. Quest'ultimo, al secondo anno in bianconero, era in attesa di ottenere la cittadinanza del nostro paese.

Per un club come quello torinese che dal 1897 sino a quel momento aveva acquistato soltanto tredici calciatori provenienti da quella nazione, si poteva tranquillamente parlare di una scommessa.
Persa, vista poi la penuria di risultati conseguiti. Di quel trio, ad oggi, è rimasto il solo Amauri, diventato italiano a tutti gli effetti e retrocesso ad allenarsi con la formazione Primavera in attesa di essere ceduto nella prossima sessione invernale di calciomercato.

Lo scorso gennaio finì al Parma, andandosene da Torino con un dubbio: "Ora vedremo se il colpevole sono io". Rientrato alla base, la musica non è cambiata: "Sono arrivato carico e dopo due giorni sono tornato all’incubo di nuovo. Cosa è successo in quei due giorni? Me lo domando anch’io. Comunque se c’è una cosa che mi ha fatto male sono stati i cori dei tifosi", ha confessato in una recente intervista concessa in esclusiva a "Sky Sport 24".
Finito nel gruppo di quei tesserati dei quali la società si sarebbe liberata volentieri mesi fa per motivi sia tecnici che economici, il successivo scontro frontale (e verbale) col club ha prodotto il risultato di creare un danno ad entrambe le parti in causa.

Innamorato della propria creatura prima ancora di averla plasmata sul campo, sempre a Bardonecchia Conte lanciò un messaggio esplicito, nel merito: "Per me, i giocatori che sono qui sono i migliori del mondo". Nella sua lista personale erano presenti Pepe, Marchisio e Matri, non Amauri.
Bastava credergli sulla parola per capirne le reali intenzioni.

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domenica 30 ottobre 2011

Alla Juventus il derby dei veleni


Zitti, pedalare, lavorare”. Dentro le quattro mura degli spogliatoi di Madama e davanti ai taccuini e alle telecamere dei media è dalla scorsa estate che Antonio Conte ama ripetere sino alla noia queste parole, per poi variare il tema ricordando gli ultimi due settimi posti consecutivi conseguiti in campionato dal club nel momento stesso in cui qualcuno prova a parlare di “scudetto” o cerca di alzare troppo presto l’asticella della ambizioni della sua truppa.

Per una società dove “vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”, basta un semplice esercizio di memoria per dare uno schiaffo alle illusioni di un ambiente che non può permettersi di cullare sogni di gloria dopo aver disputato poco meno di un quarto delle gare previste dal calendario.

La Juventus torna dal “Meazza” con la certezza di poter rimanere da sola in testa alla classifica per altri sette giorni, e mentre il Milan (mantenuto a distanza di due punti dopo la vittoria ottenuta a Roma contro i giallorossi) e il Napoli (l’avversario di domenica prossima) si apprestano ad affrontare le gare infrasettimanali di Champions League, i bianconeri potranno preparare con calma la trasferta al “San Paolo” non avendo alcun impegno prima di quell’incontro.

Il 2-1 con il quale la Vecchia Signora ha regolato l’Inter a domicilio non è figlio unico: nelle ultime cinque precedenti occasioni in campionato era capitato ben due volte.

Nella più recente, datata 22 marzo 2008, le reti di Camoranesi e Trezeguet sigillarono la vittoria “dell’orgoglio”, nell’anno del ritorno in serie A di una società che cercava di tornare ai fasti del passato il più velocemente possibile ripartendo dalle macerie rimaste dopo lo scoppio di Calciopoli. Quella squadra, all’epoca, era guidata da Claudio Ranieri, l’attuale allenatore dei nerazzurri.

Il 12 febbraio 2006 furono invece Ibrahimovic e Del Piero a dare l’ennesimo scossone ad un campionato che ormai aveva una sola padrona (la Juventus, appunto) in grado di correre in solitudine creando un vuoto enorme dietro di sé.

Proprio sul piede di Del Piero è capitata l’occasione di chiudere definitivamente il match nel recente incontro con l’Inter, quando mancavano pochi minuti alla sua conclusione: avesse centrato il bersaglio, con ogni probabilità si sarebbe ripreso a parlare con insistenza delle polemiche successive alle recenti dichiarazioni di Andrea Agnelli in merito alla conferma del prossimo addio del numero dieci bianconero dalla Juventus.

Il suo abbraccio liberatorio con Antonio Conte dopo il fischio finale di Rizzoli rende perfettamente l’idea di un gruppo che sembra impermeabile alle inevitabili pressioni che ruotano intorno alla Vecchia Signora, e che ora dovrà – su richiesta del proprio tecnico – “sprovincializzarsi”, evitando di cadere nel tranello di considerarsi matura dopo aver superato un esame importante. Per sentirsi tale, prima della conclusione di questa stagione ne dovrà sostenere moltissimi altri ancora.

Vucinic e Marchisio affondano l’Inter come già era capitato loro di fare in passato; al centrocampista bianconero, oltretutto, è stato negata la possibilità di ottenere la concessione del primo rigore del campionato in corso per la propria squadra (con annessa espulsione di Castellazzi). In caso di mancata vittoria della Juventus l’episodio incriminato avrebbe scatenato un putiferio che si sarebbe sommato alle recenti proteste nerazzurre per i cinque penalty a sfavore accumulati nelle precedenti otto giornate disputate, contribuendo così a mantenere altissimo il livello di tensioni esistenti tra i due club.

Il pensiero di Conte corre veloce verso la prossima sfida: “Adesso ci aspetta la trasferta di Napoli, contro una squadra che può vincere lo scudetto”.
Dopo quella gara, forse, si potrà realmente capire se anche la sua Juventus fa parte del lotto di favorite per il successo finale.

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sabato 29 ottobre 2011

domenica 2 ottobre 2011

martedì 7 giugno 2011

La nuova Juventus tra promesse e realtà


Krasic, Melo, Aquilani e Marchisio: a differenza di quanto accaduto nel recente passato la Juventus sembrava aver trovato verso la fine del 2010 la soluzione giusta ai suoi problemi sulla linea mediana del campo. Corsa, qualità, geometrie: a partire dal 23 settembre 2010, data della sconfitta interna patita contro il Palermo, sino alla chiusura dell’anno Madama riuscì a non soccombere più, subendo soltanto 14 reti nelle successive 18 gare disputate, Europa League compresa.

Leggendo i suoi numeri si poteva facilmente notare come l’attacco fosse in assoluto il migliore della serie A (sia in casa che in trasferta), così come erano confortanti anche quelli relativi alle sconfitte accumulate nelle prime diciassette giornate di campionato (soltanto due). C’era una malattia da curare, la "pareggite", ma grazie all’ormai prossima riapertura del calciomercato, nella sessione invernale, si pensava di riuscire a trovare la medicina per porvi rimedio. Sistemata la terra di mezzo vi era il reparto offensivo da correggere e potenziare (nonostante la sua prolificità), mentre alla difesa, che adeguatamente protetta dal resto della formazione sembrava in grado di reggere l’impatto con i pericoli provenienti dagli avversari di turno, venne aggiunto Barzagli.

Poi arrivò l’Epifania, il ginocchio di Quagliarella fece crac e Melo affondò il piede destro sul viso del parmense Paci, meritandosi l’espulsione immediata e una squalifica per le tre giornate successive. La squadra riprese a perdere uomini, partite e fiducia, retrocedendo in classifica di posizione in posizione sino a confermare il settimo posto conseguito l’anno precedente.

Conclusa la stagione del calcio giocato e cambiato (nuovamente) allenatore, è iniziata la ristrutturazione del parco calciatori, dato che anche le poche certezze che si pensava di aver tirato fuori dal cantiere di Luigi Del Neri hanno finito con l’essere messe in discussione. Così come accadde la scorsa estate (la prima in bianconero per la nuova dirigenza) si è cominciato a lavorare su centrocampo e difesa, lasciando per ultimo l’attacco, il reparto nel quale dover fare la spesa comporta inevitabilmente esborsi onerosi.

"Cerchiamo dei giocatori importanti per il settore offensivo. Aguero, Tevez e Benzema hanno il profilo giusto", disse a fine maggio Giuseppe Marotta sollecitato dai giornalisti in merito ad obiettivi e speranze bianconere per l’anno che verrà, quello che vedrà Madama lontana dai palcoscenici europei.

Prima ancora di guidare la Juventus sui campi di gioco, con l’uso delle parole Andrea Pirlo ha recentemente tracciato la strada che il suo nuovo club dovrà seguire per migliorare lo stato attuale: "Per arrivare al livello delle squadre più forti, bisogna comprare campioni" .

I campioni, sempre loro: i più nominati, i più attesi, ma anche i più cari. Se non si riesce a costruirli in casa (nonostante ci fosse un "progetto" in tal senso dalle parti di Torino, anni fa...), bisogna necessariamente andarli a prelevare da altre società. Costi quel che costi. Se ti chiami Juventus e vuoi essere tale di nome e di fatto, questo non può e non deve rappresentare un ostacolo insuperabile.

"Prima di me sono passati tanti allenatori negli ultimi anni, ma è un problema che riguarda il passato, io guardo al presente e al futuro". Parole e musica ad opera di Antonio Conte, con un invito da lui firmato rivolto al mondo juventino a dimenticare le recenti delusioni e a concentrarsi sulla nuova stagione, evitando di portarsi dietro il pesante fardello dei ripetuti fallimenti.
La benedizione sulla scelta del tecnico leccese alla guida di Madama, poi, è arrivata direttamente da Andrea Agnelli: "Vogliamo vincere, e vogliamo tornare a farlo con Antonio Conte. È lui il primo tassello di un mosaico per ritornare al successo".

Stilare bilanci sull’operato della società ai primi del mese di giugno, con ancora un’intera estate a disposizione per poter lavorare sulla (ri)costruzione della squadra, è obiettivamente prematuro, oltre che privo di particolari significati. La nuova Juventus per ora figura soltanto sugli schemi abbozzati sotto l’ombrellone: non si può avere adesso la certezza sui nomi che comporranno la rosa ad inizio campionato e sulla lista definitiva di arrivi e partenze.

Resta il fatto che focalizzare l’attenzione su alcune tra le moltissime dichiarazioni rese da membri di spicco del club, le più significative, aiuta a preservare nel tempo le intenzioni e le sensazioni della società così come espresse in questo periodo.

Inevitabilmente arriveranno i momenti nei quali si potranno confrontare le promesse con la realtà, le parole con i fatti, le speranze con le certezze: le due prossime sessioni del calciomercato (estiva e invernale) accompagneranno Madama nel percorso che la condurrà sino alla conclusione della prossima stagione. Dove il verificarsi di un eventuale (ulteriore) fallimento stavolta non potrà ricadere soltanto sulle spalle dell’allenatore e dei tifosi.
Viceversa, una Juventus finalmente riportata ai livelli che le competono rappresenterebbe unicamente un ritorno alla normalità.
Sarebbe l’ora.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

mercoledì 9 febbraio 2011

Juve, è arrivato il momento di cambiare marcia

Il bilancio, ora, è in perfetta parità: l’anno scorso, arrivati alla ventiquattresima gara, la Juventus del "traghettatore" Zaccheroni aveva toccato quota 38 punti in classifica, la stessa raggiunta dalla formazione allenata da Luigi Del Neri. Nelle prime cinque giornate dell’attuale campionato, invece, Madama ha totalizzato due vittorie, due sconfitte ed un pareggio, un percorso identico a quello compiuto all’inizio di questo girone di ritorno. Non si tratta di numeri confortanti, proseguendo con un ritmo simile non andrà molto lontano. Urge un cambio di marcia, già a partire dalla prossima partita. Quella con l’Inter.

La Vecchia Signora arrivò al match contro i nerazzurri del 3 ottobre 2010 dopo la vittoria interna contro il Cagliari ed il pareggio in Inghilterra con il Manchester City nell’incontro valevole per l’Europa League. Si può dire, a posteriori, che lì nacque la Juventus di Del Neri, quella dei 18 risultati utili consecutivi che diede a molti l’illusione di poter competere ad altissimi livelli già a partire da questa stagione.

Reduce dalla sconfitta allo stadio "Olimpico" con il Palermo, nella gara contro i sardi esplose il talento di Milos Krasic: tre goals e gli applausi in tribuna di Pavel Nedved, a coronamento di una prestazione sontuosa che aiutò a mascherare le sbavature di un "cantiere" che non poteva ancora considerarsi chiuso. Matri realizzò una doppietta che non cambiò le sorti del risultato finale (terminò 4-2 per i bianconeri), ma fu importante per farsi riconoscere una volta di più da quelli che poi sarebbero diventati i suoi nuovi tifosi. Per il momento del perdono, invece, è bastato attendere sino a sabato scorso, allorquando al "Sant’Elia" la punta ha restituito al Cagliari le due reti a domicilio. L’arbitro Brighi regalò al fratello "bravo" di Felipe Melo un cartellino giallo con tanto di dedica, mentre la Juventus potè finalmente gustarsi un successo a Torino che le mancava addirittura dal 25 aprile, grazie al 3-0 inflitto al Bari nel campionato precedente.

Del Neri si disse soddisfatto della crescita della sua squadra ed ottimista per i margini di ulteriore miglioramento che faceva intravedere. La speranza era quella di "esserci a marzo per lottare con gli altri, è quello che conta".
Poi arrivò l’Epifania, che - come sostiene il popolare proverbio - "tutte le feste porta via": si ruppe Quagliarella e tornò il fratello "cattivo" del centrocampista brasiliano. Una Vecchia Signora spuntata ha dovuto attendere quasi un mese (5 febbraio) per rivedere le reti di un attaccante che potesse consentire al tecnico bianconero di affermare: "Ma alla fine conta fare gol: è dall’inizio di gennaio che ci mancava un finalizzatore. Adesso che ce l’abbiamo, tutto ha di nuovo ha un senso".

Ora ci sono le condizioni per provare a ripartire, anche se non basta riavvolgere il nastro per farlo: i punti di distacco dalla prima della classe sono passati dai tre di fine settembre agli undici attuali; sono diminuite le giornate che mancano alla conclusione del campionato; nel proprio cammino la Vecchia Signora ha già perso l’Europa League e la coppa Italia; il quarto posto verrebbe considerato oggi un buon risultato, mentre prima ci si scandalizzava al solo sentirlo nominare.

I nerazzurri prossimi avversari nel posticipo previsto nella serata di domenica, poi, saranno completamente diversi da quelli incontrati ad inizio ottobre al "Meazza": liberati dal peso di Benitez e accolto con un sorriso Leonardo, dopo aver vivacchiato a distanze siderali dalle zone alte della classifica per qualche tempo ora vedono nuovamente da vicino il Milan primo della classe, con la conseguente concreta possibilità di puntare allo scudetto. Per un Milito che si mangiava quei goals che l’anno precedente segnava ad occhi chiusi c’è adesso Pazzini, pronto a sostituirlo per tutte quelle partite che l’argentino dovrà saltare a causa dell’infortunio patito al bicipite femorale sinistro. Eto’o continua a caricarsi il peso dell’attacco sulle proprie spalle nel contesto di una squadra diventata ora più "italiana" (anche) grazie all’arrivo di Ranocchia ed alla prima convocazione in maglia azzurra di Thiago Motta. Mancherà Chivu, vittima nella gara di andata delle scorribande di Krasic e nel prosieguo della stagione di quel momento di follia che lo ha portato a colpire con un pugno Marco Rossi, prendendosi così una meritata squalifica.

Ma anche la Juventus, dal canto suo, non sarà la stessa, visto che si è già dimostrata capace di abbandonare quel 4-4-2 che sembrava fosse scolpito nel suo animo. Chiellini è tornato sulla fascia nella quale era cresciuto come calciatore, laddove - tra non molto - tornerà a disposizione anche De Ceglie, per una difesa che sembra essersi effettivamente rinforzata con l’arrivo di Barzagli. Il parco attaccanti dell’Inter, oltretutto, sarà la classica prova del nove per verificare eventuali miglioramenti del reparto difensivo. Il centrocampo così come è stato ridisegnato da Del Neri sembra calzare a pennello per Claudio Marchisio, non a caso diventato goleador nelle ultime tre gare (due reti realizzate tra Palermo e Udinese). Ora la speranza è quella di averlo disponibile per la partita di domenica.

Grazie alla vittoria di Cagliari l’ambiente bianconero ha potuto tirare un sospiro di sollievo. Ma ci sono ancora da scacciare i fantasmi di un ulteriore fallimento, affidandosi (anche) all’istinto di Matri, il nuovo goleador di Madama. Per evitarlo è necessario un cambio di marcia, da subito, già a partire dalla prossima gara. Quella contro l’Inter. Non un’avversaria qualsiasi. E non soltanto per quanto è capitato dopo il 2006, ma anche per quello successo negli anni precedenti.
In occasione del 5 maggio 2002, per esempio. Una data che solo a sentirla pronunciare qualcuno avverte un profondo dispiacere.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

martedì 23 novembre 2010

Del Neri e la Juve "da corsa"


La Juventus che camminava al ritmo di un pareggio a partita ora ha ripreso a correre, vincendo e convincendo su uno dei campi più difficili di tutta la serie A.
Con la prolungata assenza di Krasic negli ultimi tempi era venuto a mancarle quel giocatore in grado di cambiare il volto ad una gara con un colpo di classe improvviso, un’accelerazione, una percussione devastante nel cuore delle aree avversarie.
Il suo rientro ha permesso ai bianconeri di avere nuovamente quell’arma in più che si era già dimostrata letale per le formazioni rivali in altre occasioni.

La prestazione del talento serbo si è inserita nel contesto di una partita giocata dalla Juventus con il piglio della grande squadra. Ritrovato il centrocampo titolare, plasmato da Del Neri in funzione degli uomini a disposizione senza limitarsi ad un’applicazione rigida del suo fidato 4-4-2, Madama ha aggredito subito il Genoa senza però sbilanciarsi in avanti, evitando di lasciare spazi per eventuali contrattacchi da parte dei liguri. Quella bianconera è una linea mediana che abbina la quantità alla qualità, in grado di "leggere" i diversi momenti che caratterizzano ogni incontro e di interpretarli nella maniera corretta.

Oltretutto, e questo rappresenta l’aspetto più importante, in maniera "attiva" e non "passiva". Lo si può dedurre anche dalle dichiarazioni rilasciate dal tecnico juventino nell’immediato dopo gara: "Nel primo tempo abbiamo avuto un atteggiamento qualitativo, nel secondo più attenzione". Tradotto: gli attacchi del Genoa nella seconda frazione di gara sono stati "controllati", non "subiti".

Se ne continua a discutere un giorno sì e l’altro pure: alla Vecchia Signora, attualmente, manca una punta di peso (fisico e specifico) in grado di realizzare un numero elevato di reti e di scardinare le difese avversarie con il proprio movimento. Nella gara di ieri, cercando di vedere anche il bicchiere mezzo vuoto, è in quel reparto che si sono viste lacune evidenti da colmare. Ciononostante (ed ancora in mancanza di correttivi) la Juventus continua ad avere il miglior attacco della serie A (25 goals segnati), il numero delle reti al passivo si è fermato a 13 (la media è di 1 gara, "macchiata" dalle 3 subite in entrambi gli incontri con Sampdoria e Palermo), per una differenza - in positivo - che rappresenta la migliore tra quelle di tutti i club in questo momento del campionato: +12.

Completato il turno infrasettimanale valido per l'undicesima giornata di serie A (10-11 novembre), la forbice dei punti che separava la prima in classifica dalla sesta era di soli 5 punti. Dopo le partite disputate lo scorso fine settimana - con i tre scontri diretti previsti in calendario - erano diventati 7.
Adesso sono 9, con il Palermo vittorioso a Cesena che ha raggiunto un’Inter che lentamente sta perdendo posizioni. Il distacco - quindi - è aumentato: chi vuole vincere "corre", non resta ad aspettare gli altri.

Smaltita la delusione per la sconfitta patita contro la Juventus, il Milan ha ottenuto quattro successi in altrettante gare. Il protagonista assoluto di questa rinascita, ovviamente, è Zlatan Ibrahimovic. Dietro di lui c’è una squadra più "robusta" rispetto ad inizio stagione: Allegri ha capito in fretta che rinunciando ad un pò di fantasia per privilegiare i polmoni e la corsa di qualche mediano avrebbe ottenuto un maggior equilibrio sul campo da parte della sua squadra. Al resto, poi, pensa lo svedese. Se la formula risulterà vincente a fine anno, questo lo potranno dire soltanto il tempo e gli incontri ancora da disputare.

Nel prossimo turno di campionato rossoneri e bianconeri saranno i protagonisti delle partite in programma sabato 27 novembre: al pomeriggio sarà il Milan, stavolta, ad andare a Genova per giocare contro la Sampdoria; la Juventus - in serata - ospiterà la Fiorentina. Nel giro di poche ore la classifica mostrerà subito il suo nuovo volto nella zona più nobile.

Luigi Del Neri, sempre al termine della gara disputata a Genova: "Inseguiamo la Champions. Prima non sapevamo per cosa avremmo lottato, adesso abbiamo quest’obiettivo, poi vediamo cosa succederà".
L’ultimo passo da compiere, per tornare ad essere la Juventus in tutti i sensi, sarà quello di riprendere a vincere un trofeo.
Correndo così come ha fatto al "Luigi Ferraris", ci si arriva più in fretta.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

domenica 21 novembre 2010

A testa bassa verso le prime posizioni

E di questa testata cosa ne vogliamo fare?

domenica 24 ottobre 2010

A pochi minuti dalla gara col Bologna...


Fuori la Juventus formato Europa League, dentro quella di campionato, la squadra capace di vincere e convincere contro il Lecce domenica scorsa e che adesso ha il dovere di continuare il percorso intrapreso nelle ultime gare disputate in serie A.

Krasic, Felipe Melo, Aquilani e Marchisio: sono loro il tesoro della Vecchia Signora, i quattro giocatori che - posizionati nella linea mediana della squadra di Del Neri - garantiscono quantità, qualità, protezione alla difesa e aiuto al reparto offensivo.

Togli uno o più elementi in quel settore del campo, ed ecco che si spegne la luce e tornano i fantasmi del recente passato. Quelli che ti mostrano una Juventus sì muscolare ma con poca classe, che corre (a volte ancora a vuoto) e non inventa, che non riesce a coprire tutti gli spazi e ad "aggredire" con lo spirito giusto gli avversari.

Sono poche le squadre che possono beneficiare di un centrocampo simile, in grado - anche - di mascherare e nascondere nel rettangolo di gioco quelle lacune che si erano già (intra)viste al termine della scorsa sessione di calciomercato estivo.

Salvo ripensamenti dell’ultimo minuto giocheranno nuovamente tutti e quattro, a Bologna, nonostante il pensiero della diffida (con il conseguente rischio squalifica, nel caso di un’ammonizione comminata nella gara odierna) che agita i pensieri di Marchisio e dell’ambiente bianconero.

Ma Del Neri, su questo punto, è stato chiaro: "la diffida non incide affatto perché per me, ora, la partita più importante è quella contro il Bologna. Al resto penserò a tempo debito".
Il riferimento, ovvio, è al prossimo impegno esterno della Vecchia Signora, quello che la vedrà impegnata sabato 30 ottobre a San Siro contro il Milan nell’anticipo serale della nona giornata di campionato.

Senza l’infortunio occorso a Grygera durante la partita col Salisburgo (sarà Motta a sostituirlo), la squadra che scenderà in campo oggi allo stadio "Renato Dall'Ara" di Bologna sarebbe potuta essere esattamente la stessa che conquistò i tre punti domenica scorsa contro il Lecce. Quella che poi vide l’ingresso di Del Piero soltanto a partita in corso, in una gara dove poi non mancò di lasciare il suo segno (realizzò la rete numero 178 in serie A con la maglia della Juventus).

La Vecchia Signora dovrà affrontare ancora 13 gare (comprese quelle di Europa League) da oggi sino alla sosta prevista per il periodo natalizio, in questo ultimo tour de force del 2010.
Con un occhio (naturalmente) di riguardo verso il campionato, si è deciso di limitare comunque il turnover, per non perdere di vista la strada più sicura, quella che regala qualche garanzia e sulla quale continuare a lavorare in vista della ripresa del calciomercato invernale.

Dove, con l’acquisto mirato di qualche nuovo elemento, si cercherà di consentire a Del Neri di puntare ad un qualcosa di più di una semplice continuità: "Ora serve continuità. Basta alti e bassi, basta incertezze".
Così si è espresso ieri l’allenatore bianconero nella consueta conferenza stampa della vigilia.

Su sedici reti segnate dalla Juventus in questo campionato, sette sono arrivate proprio dai quattro centrocampisti titolari: Marchisio (2), Krasic (3), Felipe Melo (1) e Aquilani (1).
E’ in quel settore che si vincono (e si perdono) le partite. Ed è da lì che è partita la (ri)costruzione della Vecchia Signora. Nel corso della passata, terribile stagione, le gare dei bianconeri erano spesso precedute da dubbi e incertezze sul modulo più adatto da utilizzare visti i giocatori in rosa, con la presenza di quel Diego che sembrava "imporre" l’utilizzo del centrocampo a "rombo" (4-3-1-2) piuttosto di quello a "trapezio" (4-2-3-1).

Se è vero come è vero che la scorsa stagione più che ricordata deve essere semplicemente dimenticata, già da questi primi mesi si può notare una mano sicura dietro la predisposizione in campo e l’atteggiamento mostrato a gara in corso dalla Juventus.
Tanto è vero che più che parlare del classico 4-4-2 di Del Neri, ora si discorre sulla qualità (mista alla quantità) di quattro giocatori dei quali l’allenatore ha capito la possibile convivenza. E produttività.

Da qui, da dove ora iniziano a crescere le prime certezze, riparte la Juventus verso il suo unico e vero obiettivo stagionale: tornare ad essere se stessa.

PROBABILI FORMAZIONI:
Bologna (4-1-4-1): Viviano; Garics, Portanova, Britos,Cherubin; Radovanovic; Buscé, Ekdal, Mudingayi, Paponi; Di Vaio.
A disposizione: Lupatelli, Moras, Rubin, Casarini, Mutarelli, Ramirez, Gimenez.

Juventus (4-4-2): Storari; Motta, Bonucci, Chiellini, De Ceglie; Krasic, Melo, Aquilani, Marchisio; Quagliarella, Amauri.
A disposizione: Manninger, Legrottaglie, Sissoko, Pepe, Martinez, Del Piero, Iaquinta.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

domenica 12 settembre 2010

Sei goals per un punto

Nonostante il calo degli abbonamenti, lo stadio Olimpico si riempie in occasione della gara con la Sampdoria. E’ l’esordio a Torino della Juventus in questo campionato, c’è curiosità per vederla dal vivo e voglia di conoscere i nuovi arrivati. Tra loro manca Aquilani, in panchina.

Del Neri ripropone esattamente l’undici iniziale della sconfitta di Bari. Di Carlo è costretto a rinunciare a Pazzini e Guberti, ma preferisce non cambiare il modulo utilizzato nelle sue prime gare a Genova: 4-3-1-2, con Koman dietro le due punte Pozzi e Cassano. Proprio il barese si sistema largo sulla sinistra, guidando, da quella posizione, tutte le manovre blucerchiate.

La Juventus è lenta, macchinosa; la Sampdoria pungente. Proprio sui piedi di Cassano capita la prima vera occasione della gara: cross di Semioli, appoggio di Dessena, l’attaccante “schiaccia” la palla d’esterno senza creare pericoli. Del Piero risponde poco dopo, dribblando avversari e ignorando Quagliarella, libero, per concludere la propria azione con un tiro fuori porta.

Ma è la Sampdoria ad essere più pericolosa, grazie alle invenzioni del barese e ad un’ingenuità di Felipe Melo, che scivola a centrocampo, perdendo palla, e lasciando lo spazio a Palombo per lanciare Pozzi in profondità: fermato da Storari quando ormai erano uno di fronte all’altro. Situazione simile e identico risultato, con Cassano protagonista, qualche minuto dopo.

Krasic è isolato sulla destra (tranne qualche minuto in cui ha fatto inversione di fascia con Pepe), Marchisio è avulso dal gioco. Il centrocampo bianconero, nonostante la superiorità numerica e il disagio di Koman nel ricoprire il ruolo di Guberti, soffre. Appare naturale l’arrivo del primo goal della Sampdoria, con il solito Cassano a smistare dalla fascia sinistra al centro, dove Pozzi tira a botta sicura: 1-0.
I fantasmi del recente passato, primi avversari della nuova Juventus di Del Neri, sembrano tornare. E’ Marchisio, dopo aver ricevuto un assist di testa di Krasic, ad allontanarli: botta (rabbiosa) di destro, e pareggio.

Chi era rimasto alla periferia della partita, ora entra in gioco: a inizio ripresa, su cross dello stesso serbo, segna Pepe (azione confusa sulla linea di porta) dopo un “quasi” autogoal di Gastaldello. Cresce la Juventus, grazie anche alle incursioni di Krasic. Ma è Cassano, sempre lui, a dettare, questa volta, un passaggio di ritorno a Palombo: tiro ad occhi chiusi e 2-2. Dopo aver rimontato e superato la Sampdoria, ora sono i bianconeri a farsi raggiungere.

Inizia la girandola delle sostituzioni, e visto che le fasce difensive della Juventus sono il suo punto debole, mentre Cassano continua a maramaldeggiare dalle parti di Motta, Di Carlo inserisce Marilungo, che fa altrettanto con De Ceglie sull’altro lato. Accerchiati, i bianconeri si ritraggono. Giusto il tempo di segnare con Quagliarella (ribattuta sotto porta su palo di Pepe), che Pozzi - ancora lui - infila di testa il 3-3 finale. Poi, solo un tentativo, verso il termine della gara, di Iaquinta (subentrato a Krasic), sventato da Curci.

Esattamente ventotto anni fa, il 12 settembre 1982, la Juventus perdeva per l’ultima volta la partita di apertura del campionato, prima della recente sconfitta di Bari. Capitò proprio contro la Sampdoria, a Genova, dove la rete segnata da Mauro Ferroni regalò l’1-0 ai blucerchiati. Si trattò dell’unica marcatura di tutta la carriera del difensore in serie A. Quella gara bagnò l’esordio in Italia Michel Platini.
Undici anni dopo, nello stesso giorno, toccò a Del Piero, a Torino, contro il Foggia.

Questo 12 settembre, molto probabilmente, non passerà alla storia. C’è stato l’esordio in bianconero di Aquilani, talmente breve da ricordarne soltanto il numero di maglia. Quattro goals subiti nelle prime due partite di campionato, un punto su sei disponibili. Si ricominciava da zero, sotto tutti i punti di vista. Un pareggio ha spostato di poco la valutazione di questa squadra: tanto era un cantiere prima, in fase di calciomercato estivo, quanto lo è adesso, che il campionato è ormai iniziato.

Si giocherà nuovamente giovedì sera, in Europa League, sempre all’Olimpico, contro il Lech Poznan. Per poi andare a Udine domenica prossima. Ci sarà da soffrire: questa squadra ancora non ha un’identità, e non offre garanzie. In campionato qualche risultato imprevisto simile a quelli degli anticipi di ieri sera del Milan e della Roma potrebbero permetterle di rimanere agganciata al treno delle prime. Ma si tratta di casualità: poi inizieranno a vincere.
Sarebbe l’ora che iniziasse a farlo anche la Juventus.

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giovedì 22 luglio 2010

Marchisio indica la strada per la nuova Juve



"Pensiamo a noi stessi e non al divario con l’Inter o altri avversari. Dobbiamo fare gruppo perché dall’anno della serie B pian piano si è persa l’identità, la voglia di combattere, lo spirito Juve".
Nelle parole di Claudio Marchisio, pronunciate nel corso dell’ultima intervista rilasciata nei (suoi) primi giorni di ritiro, c’è la sintesi del recente passato, del presente e del prossimo futuro della Vecchia Signora: da quanto si è perso (e non è stato fatto) durante l’immediato periodo post Farsopoli, all’analisi della situazione attuale sino ad arrivare agli obiettivi da raggiungere.
Tra i quali, il primo, è quello di tornare ad essere "la" Juventus. Nel minor tempo possibile.
"La Juventus è stata un esempio per il mio Manchester United. Facevo vedere ai miei giocatori le videocassette della squadra di Lippi e dicevo: non guardate la tattica o la tecnica, quella ce l’abbiamo anche noi, voi dovete imparare ad avere quella voglia di vincere" (Sir Alex Ferguson)

Proprio Marchisio segnò un bellissimo goal nell’incontro con i nerazzurri nel girone di andata del campionato appena concluso, a Torino, il 5 dicembre 2009. Quello fu l’ultimo momento positivo di una stagione calcistica che già dalla successiva gara (con conseguente eliminazione) in Champions League, contro il Bayern Monaco, mostrò le crepe di un progetto che di concreto non aveva nulla.

"E’ un piacere immenso ricordare che tutto "il meglio" del calcio è passato dalla Juve" (Umberto Agnelli).
Storari, Motta, Bonucci, Martinez, Pepe, Lanzafame.
Come inizio.
Non c’è più Nedved; Trezeguet e Camoranesi potrebbero aver terminato la loro avventura in maglia bianconera; quella che sta per iniziare dovrebbe essere l’ultima stagione di Del Piero a Torino; Chiellini si spera possa rimanere alla corte della Vecchia Signora, prolungando il suo contratto e rifiutando le offerte proveniente da Inghilterra e Spagna così come accadde l’estate del ritorno in serie A, quando sembrava in procinto di accasarsi al Manchester City.
C’è ancora tempo per aggiungere a questa squadra giocatori di livello tecnico superiore. Sino al 31 agosto.
Ma è arrivata l’ora di farlo.

Il vero "gap" che la Juventus dovrà colmare non è quello che la divide, attualmente, dall’Inter (in Italia) e dal Barcellona (in Europa), quanto quello che la separa da quanto è stata "bella" in passato, a quanto è stata “brutta” (troppo, per essere vera) sino a ieri.

"Programmare" e non "progettare"; "vincere" e poi - forse - "divertire"; "dominare" (in campo) e non essere continuamente "schiacciati" (nella propria metà campo); non guardare gli altri ma pensare a se stessi, a tornare ad essere i migliori.
Come sostiene Marchisio.

La nuova dirigenza non prenderà decisioni "popolari" o "impopolari", ma semplicemente investirà (e già lo sta facendo) sul mercato quelle che sono le idee (e i soldi) della società. Sarà il campo, poi, ad emettere il verdetto definitivo.
Dzeko, Krasic, Aogo, Elia… I tifosi possono tranquillamente concentrarsi sui nomi dei singoli giocatori: chi sta costruendo la nuova Juventus opterà per l’acquisto di elementi funzionali alle caratteristiche della squadra che si ha intenzione di affidare a Del Neri.

"La vera gara tra noi e le milanesi sarà tra chi arriverà prima: noi a mettere la terza stella, loro la seconda" (Gianni Agnelli)
Si torni presto a vincere. E a scrivere nuovamente una storia ferma al 2006.
Per quello che è accaduto prima di quella data, qualcosa potrà succedere soltanto quando la Juventus tornerà ad essere se stessa anche fuori dal rettangolo di gioco.
Non soltanto "vigilando", ma anche "agendo".
Dando la possibilità ai sostenitori bianconeri di tornare ad esercitare - semplicemente - il loro ruolo di "tifosi", e non di avvocati difensori di una società che - di fatto - è scomparsa quattro anni fa.
Sembra strano, ma è la semplice realtà.
E chi non è juventino non può capire.

"La Juve è qualcosa di più di una squadra, non so dire cosa, ma sono orgoglioso di farne parte" (Gaetano Scirea)

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com
Ringrazio l'amico Sandro Scarpa per aver pubblicato l'articolo anche qui Juvenews.net
Ps: Sandro, mi hai fatto provare una sensazione da "ritorno a casa"... zebrabianconera10 ti abbraccia