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mercoledì 31 agosto 2011
domenica 28 agosto 2011
La Juventus tra lo sciopero e l'esordio col Parma
Per un calcio italiano che continua a fare la conta dei suoi problemi e che misura ripetutamente la distanza che lo separa da chi l’ha superato nel corso degli ultimi anni in termini di competitività, credibilità, audience e spettacolarità, non poteva certo mancare lo sciopero come ciliegina finale su una torta indigesta.
Il fatto, poi, che venga (spesso) utilizzata quella parola per definire lo slittamento della prima giornata della serie A provoca ancora più rabbia in quei tifosi innamorati del pallone costretti da tempo a sopportare e subire passivamente ogni tipo di delusioni e decisioni, e che poche volte vengono realmente ricompensati da "quel mondo" per la loro passione.
Cresce il disgusto tra gli amanti di questo sport, inizia il tam tam tra i sostenitori delle varie squadre per organizzare forme di protesta unitarie, un intero paese si indigna per quanto accaduto, e quando capita sotto mano la prima occasione per dare una dimostrazione di tutto ciò uno stadio intero si riempie di tifosi pronti ad acclamare i loro beniamini: è accaduto a Napoli, dove gli striscioni contro i milionari scioperanti hanno fatto da cornice ad un’amichevole tra il club campano e il Palermo di Maurizio Zamparini. L’ingresso era gratuito, c’erano 60.000 persone festanti sugli spalti, non sono mancati i fuochi d’artificio, una benedizione ad opera del cardinale Sepe e la presentazione del nuovo acquisto Goran Pandev. A Milano, intanto, altre 8.000 (paganti) erano presenti a Monza per studiare la nuova Inter di Gasperini, un migliaio si trovavano nel centro sportivo di Casteldebole per l’amichevole del Bologna, e via discorrendo. Il risultato? Di questo passo verrà ingoiato presto anche l’ennesimo boccone amaro.
"Ripartiamo da zero, ripartiamo dalle ceneri". Queste parole potrebbero essere usate come slogan per sintetizzare la situazione attuale, in realtà Gianluigi Buffon le ha pronunciate pochi giorni fa per mettere in chiaro ciò che ormai è noto a tutti da tempo: i settimi posti collezionati da Madama nelle ultime due stagioni sconsigliano proclami e impongono realismo.
Verso la metà del mese di luglio, durante il ritiro di Bardonecchia, raccolta la richiesta di aiuto da parte di Antonio Conte che individuò in lui, Del Piero e Pirlo quei campioni carismatici e vincenti in grado di prendersi le maggiori responsabilità nei momenti difficili all’interno del gruppo bianconero, lanciò la carica: "Il fatto che gli ultimi due campionati dicano che ci sono sei squadre più forti della Juve deve far scattare dentro di noi la molla giusta per tornare ad essere competitivi e dimostrare che prima è stata soltanto sfortuna".
Sottinteso che due fallimenti consecutivi non possono essere addebitati alla sola malasorte, anche lo stesso portiere juventino ha vissuto di recente una situazione personale particolarmente difficile a Torino. Risale allo scorso 14 maggio una dichiarazione di John Elkann che, rispondendo ad una domanda circa le probabilità della permanenza sotto la Mole del giocatore posta da uno studente durante il convegno "Crescere tra le righe" (organizzato alle porte di Siena), disse: "Buffon? E’ un anno e mezzo che non sta giocando". Il portavoce del numero uno di Fiat ed Exor si affrettò a precisare che alla frase mancava la parola "purtroppo", il numero uno bianconero prese atto della sostanza della stessa: passata la tempesta si è poi "risposato" con la Vecchia Signora, continuando - così - il matrimonio decennale con il club.
Quelli erano i momenti che precedevano la gara disputata dalla Juventus al "Tardini" contro il Parma di Giovinco, penultima tappa del martirio, monopolizzati dalle ferme convinzioni di Luigi Del Neri ("Non c’è la controprova che agendo in modo diverso le cose sarebbero cambiate"), alle quali susseguirono - racimolata la decima sconfitta in serie A - le parole di resa di Chiellini: "Non siamo mai stati una squadra".
L’analisi più dura, però, fu quella del Presidente Andrea Agnelli: "C’è tanta delusione perché alla fine di questo campionato è emerso che una serie di giocatori arrivati non hanno capito cos’è la Juventus e i giocatori che avevamo lo hanno dimenticato".
Più che la semplice presa di coscienza del settimo posto conclusivo, agli uomini di Conte sono queste le considerazioni che dovranno servire da monito (e da stimolo) per iniziare al meglio la loro nuova avventura. Che, con ogni probabilità, comincerà nel nuovo stadio torinese proprio (e ancora) contro il Parma. Sciopero permettendo, ovviamente.
Tra i cinquanta campioni bianconeri scelti dai tifosi ai quali sono state dedicate altrettante stelle presenti nell’impianto che verrà inaugurato a breve, figura anche il nome di Gaetano Scirea. Anni fa, dopo aver festeggiato in discoteca con i compagni la conquista del sedicesimo scudetto della Vecchia Signora, il libero uscì dal locale all’alba per cercare un’edicola. Ne vide una accanto alla fermata di un tram, dove gli operai attendevano il mezzo per andare a lavorare. Lui indossava ancora l’abito da sera, e per pudore e rispetto verso quelle persone fece marcia indietro e tornò a casa.
Nel descrivere Scirea la moglie raccontò che in molte occasioni il marito tornava a casa con persone sconosciute: "Mariella, questi signori hanno fatto centinaia di chilometri per venire a vedere la Juve e ho pensato che dovevano pur mangiare qualcosa".
Non serve aggiungere altro. Chi vuol capire, capisca.
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venerdì 19 agosto 2011
Conte e la Juventus al trofeo "L. Berlusconi"
Giunto a Torino, sponda juventina, nell’ormai lontano 1996, il croato Alen Boksic si trovò ad affrontare per la prima volta il Milan con i suoi nuovi compagni in occasione del trofeo "Luigi Berlusconi". L’appuntamento, fissato per il giorno 21 agosto, avrebbe messo di fronte la squadra campione d’Italia (i rossoneri) con i freschi vincitori della Champions League (i bianconeri).
Interrogato sul suo livello di conoscenza circa la tradizionale rivalità tra i due club nei momenti precedenti la gara, l’attaccante rispose: "Abbastanza, visto che si tratta pur sempre di una sfida storica, anche se arriva ad agosto. Diciamo che è la meno amichevole fra le amichevoli d’estate".
Come due avversari che si rispettano ma non si amano, pronti a duellare dall’inizio alla fine della stagione per contendersi i principali titoli nazionali ed internazionali, Juventus e Milan si scambiarono i veloci convenevoli di rito per poi affrontarsi a viso aperto sul campo: come confermato dallo stesso Boksic si trattò di una partita che si trasformò - col trascorrere dei minuti - in battaglia.
"La voglia di far bene è superiore a quanto possiamo dare in questo momento. I falli più duri hanno avuto inizio dopo un’ora di gioco, quando eravamo meno lucidi", ammise il rossonero Boban una volta terminato l’incontro.
Non a caso la rete decisiva venne realizzata da Stefano Eranio, entrato proprio al posto di Boban qualche istante prima del fischio finale. Il trofeo andò quindi al Milan, ma entrambe le contendenti uscirono ammaccate dallo scontro.
Un fallo commesso da Del Piero su Savicevic provocò una reazione sconsiderata del giocatore rossonero: in difesa del talento bianconero arrivò Antonio Conte, che si beccò lo stesso cartellino rosso sventolato dall’arbitro davanti al naso del montenegrino. Il prezzo da pagare fu altissimo per entrambi: due giornate di squalifica comminate dal giudice sportivo, da scontare in campionato. L’attuale allenatore juventino dovette così saltare l’esordio di Madama a Reggio Emilia (8 settembre), salvo poi ottenere uno sconto dalla Disciplinare ed essere nuovamente a disposizione di Lippi per la successiva gara casalinga contro il Cagliari.
Nella lista dei cattivi non finirono per un soffio Edgar Davids (all’epoca al Milan) e Paolo Montero, venuti pericolosamente a contatto durante la sfida con la compartecipazione di Angelo Di Livio.
Nella Juventus campione d’Europa in carica, stravolta da un mercato che aveva visto tra gli altri la partenza per l’Inghilterra (destinazione Premier League) dei due pezzi da novanta Vialli e Ravanelli, Marcello Lippi aveva provato ad inserire il gioiello Zidane nel cuore di un centrocampo a tre posizionato dietro il nuovo tridente offensivo, dove - rispetto al recente passato, come titolare - era rimasto il solo Del Piero.
Così parlò lo stesso Lippi, prima dell’incontro: "Per noi sarà partita vera e soprattutto sarà un’importante verifica. Vedremo se il processo di integrazione dei nuovi sta andando avanti, se certi equilibri sono presto raggiungibili. Bisogna provare se giocatori dalle determinate caratteristiche tecniche possano coesistere". Con il trascorrere del tempo, una volta iniziata la stagione, l’allenatore spostò il fantasista francese qualche metro più avanti, libero di divertirsi e divertire: a seguito di quella mossa la sua (nuova) Juventus spiccò definitivamente il volo.
In casa rossonera, con la squadra affidata ad un Tabarez che non arrivò poi a mangiare il panettone (venne sostituito dal rientrante Arrigo Sacchi), in quei giorni fece scalpore il grido d’allarme lanciato da Adriano Galliani in merito ai problemi del calcio nostrano: "Qui facciamo la fine del basket, sorpassato, e di molto, da quello greco. Un esempio: Vieira. Se l’avessimo venduto in Italia avremmo preso tutti i soldi tra quattro o cinque anni. Invece è arrivato l’Arsenal, ha offerto il doppio dell’ingaggio al giocatore e a noi ha chiesto: quanto? Cinque milioni di dollari. Hanno firmato l’assegno e i soldi sono già in banca. 128 società professionistiche sono troppe, non ci sono neanche in un Paese come gli Stati Uniti che ha quattro sport importanti come basket, football, baseball e hockey ghiaccio". A distanza di quindici anni da quelle dichiarazioni, lo stesso vice presidente vicario del Milan ha chiuso il cerchio sull’argomento, parlando di un calcio italiano diventato "da ristorante di lusso a pizzeria".
Domenica sera il trofeo "Luigi Berlusconi" giungerà alla sua ventunesima edizione: ad oggi le vittorie dei rossoneri sono undici, mentre ai bianconeri (che lo scorso agosto posero fine ad un digiuno che durava da cinque anni) sono andate le restanti nove. Il Milan ha affrontato squadre diverse dalla Juventus in tre occasioni (dal 1992 al 1994): le avversarie furono Inter, Real Madrid, Bayern Monaco. La minore affluenza di pubblico in quelle gare ed il maggiore fascino della sfida con la Vecchia Signora convinsero il Diavolo a chiederle di diventare l’unica (ed esclusiva) contendente: il vero derby d’Italia, in fondo, è quello. Indirettamente lo ha ammesso recentemente anche Andrea Agnelli: "Noi abbiamo vinto 29 scudetti, il Milan 18 e l’Inter non so…".
Conclusa anche l’amichevole "meno amichevole" dell’estate, l’attenzione della truppa di Conte si concentrerà sul fine settimana successivo, quando finalmente riprenderà il campionato di serie A. Il Milan partirà nuovamente in pole position, forte della vittoria ottenuta nella scorsa stagione e di un’ossatura di squadra rimasta pressoché inalterata rispetto alla precedente, fatto salvo il trasferimento di Andrea Pirlo proprio a Torino (quella di domenica sarà, per lui, la prima volta a "San Siro" con la maglia bianconera).
Dall’arrivo di Antonio Conte per Madama sembrano essere finiti i tempi dei proclami, tanto che lo stesso tecnico ha celato le ambizioni del club dietro le parole "zitti, pedalare, lavorare".
Nell’attesa (e nella speranza) che arrivino presto anche i risultati positivi, se non altro c’è qualcuno che si ricorda (e ricorda) come si ragionava tempo fa alla Juventus.
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Interrogato sul suo livello di conoscenza circa la tradizionale rivalità tra i due club nei momenti precedenti la gara, l’attaccante rispose: "Abbastanza, visto che si tratta pur sempre di una sfida storica, anche se arriva ad agosto. Diciamo che è la meno amichevole fra le amichevoli d’estate".
Come due avversari che si rispettano ma non si amano, pronti a duellare dall’inizio alla fine della stagione per contendersi i principali titoli nazionali ed internazionali, Juventus e Milan si scambiarono i veloci convenevoli di rito per poi affrontarsi a viso aperto sul campo: come confermato dallo stesso Boksic si trattò di una partita che si trasformò - col trascorrere dei minuti - in battaglia.
"La voglia di far bene è superiore a quanto possiamo dare in questo momento. I falli più duri hanno avuto inizio dopo un’ora di gioco, quando eravamo meno lucidi", ammise il rossonero Boban una volta terminato l’incontro.
Non a caso la rete decisiva venne realizzata da Stefano Eranio, entrato proprio al posto di Boban qualche istante prima del fischio finale. Il trofeo andò quindi al Milan, ma entrambe le contendenti uscirono ammaccate dallo scontro.
Un fallo commesso da Del Piero su Savicevic provocò una reazione sconsiderata del giocatore rossonero: in difesa del talento bianconero arrivò Antonio Conte, che si beccò lo stesso cartellino rosso sventolato dall’arbitro davanti al naso del montenegrino. Il prezzo da pagare fu altissimo per entrambi: due giornate di squalifica comminate dal giudice sportivo, da scontare in campionato. L’attuale allenatore juventino dovette così saltare l’esordio di Madama a Reggio Emilia (8 settembre), salvo poi ottenere uno sconto dalla Disciplinare ed essere nuovamente a disposizione di Lippi per la successiva gara casalinga contro il Cagliari.
Nella lista dei cattivi non finirono per un soffio Edgar Davids (all’epoca al Milan) e Paolo Montero, venuti pericolosamente a contatto durante la sfida con la compartecipazione di Angelo Di Livio.
Nella Juventus campione d’Europa in carica, stravolta da un mercato che aveva visto tra gli altri la partenza per l’Inghilterra (destinazione Premier League) dei due pezzi da novanta Vialli e Ravanelli, Marcello Lippi aveva provato ad inserire il gioiello Zidane nel cuore di un centrocampo a tre posizionato dietro il nuovo tridente offensivo, dove - rispetto al recente passato, come titolare - era rimasto il solo Del Piero.
Così parlò lo stesso Lippi, prima dell’incontro: "Per noi sarà partita vera e soprattutto sarà un’importante verifica. Vedremo se il processo di integrazione dei nuovi sta andando avanti, se certi equilibri sono presto raggiungibili. Bisogna provare se giocatori dalle determinate caratteristiche tecniche possano coesistere". Con il trascorrere del tempo, una volta iniziata la stagione, l’allenatore spostò il fantasista francese qualche metro più avanti, libero di divertirsi e divertire: a seguito di quella mossa la sua (nuova) Juventus spiccò definitivamente il volo.
In casa rossonera, con la squadra affidata ad un Tabarez che non arrivò poi a mangiare il panettone (venne sostituito dal rientrante Arrigo Sacchi), in quei giorni fece scalpore il grido d’allarme lanciato da Adriano Galliani in merito ai problemi del calcio nostrano: "Qui facciamo la fine del basket, sorpassato, e di molto, da quello greco. Un esempio: Vieira. Se l’avessimo venduto in Italia avremmo preso tutti i soldi tra quattro o cinque anni. Invece è arrivato l’Arsenal, ha offerto il doppio dell’ingaggio al giocatore e a noi ha chiesto: quanto? Cinque milioni di dollari. Hanno firmato l’assegno e i soldi sono già in banca. 128 società professionistiche sono troppe, non ci sono neanche in un Paese come gli Stati Uniti che ha quattro sport importanti come basket, football, baseball e hockey ghiaccio". A distanza di quindici anni da quelle dichiarazioni, lo stesso vice presidente vicario del Milan ha chiuso il cerchio sull’argomento, parlando di un calcio italiano diventato "da ristorante di lusso a pizzeria".
Domenica sera il trofeo "Luigi Berlusconi" giungerà alla sua ventunesima edizione: ad oggi le vittorie dei rossoneri sono undici, mentre ai bianconeri (che lo scorso agosto posero fine ad un digiuno che durava da cinque anni) sono andate le restanti nove. Il Milan ha affrontato squadre diverse dalla Juventus in tre occasioni (dal 1992 al 1994): le avversarie furono Inter, Real Madrid, Bayern Monaco. La minore affluenza di pubblico in quelle gare ed il maggiore fascino della sfida con la Vecchia Signora convinsero il Diavolo a chiederle di diventare l’unica (ed esclusiva) contendente: il vero derby d’Italia, in fondo, è quello. Indirettamente lo ha ammesso recentemente anche Andrea Agnelli: "Noi abbiamo vinto 29 scudetti, il Milan 18 e l’Inter non so…".
Conclusa anche l’amichevole "meno amichevole" dell’estate, l’attenzione della truppa di Conte si concentrerà sul fine settimana successivo, quando finalmente riprenderà il campionato di serie A. Il Milan partirà nuovamente in pole position, forte della vittoria ottenuta nella scorsa stagione e di un’ossatura di squadra rimasta pressoché inalterata rispetto alla precedente, fatto salvo il trasferimento di Andrea Pirlo proprio a Torino (quella di domenica sarà, per lui, la prima volta a "San Siro" con la maglia bianconera).
Dall’arrivo di Antonio Conte per Madama sembrano essere finiti i tempi dei proclami, tanto che lo stesso tecnico ha celato le ambizioni del club dietro le parole "zitti, pedalare, lavorare".
Nell’attesa (e nella speranza) che arrivino presto anche i risultati positivi, se non altro c’è qualcuno che si ricorda (e ricorda) come si ragionava tempo fa alla Juventus.
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lunedì 15 agosto 2011
Le prime tappe della nascita della Juve di Conte
Leggendo tutto d’un fiato il grido d’allarme che Antonio Conte lanciò lo scorso 27 luglio dalla lontana Raleigh, durante il ritiro estivo in America della Vecchia Signora, si rischia di pensare semplicemente ad una richiesta (lecita) da parte di un allenatore alla propria dirigenza affinché completi al più presto la campagna acquisti, per metterlo nelle condizioni di poter lavorare al meglio con un gruppo ben definito di calciatori in vista degli impegni della prossima stagione.
Soltanto scomponendo le sue dichiarazioni in tre parti (le principali) risulta più semplice leggere (e capire) le reali necessità del tecnico bianconero in quei momenti: "La squadra è in costruzione, ci servono altri giocatori"; "La società sa bene cosa dobbiamo fare sul mercato e interverrà sicuramente"; "Per essere competitivi abbiamo bisogno di diversi innesti".
Cosciente del fatto che "bisogna fare i conti con le leggi di mercato. Ognuno vorrebbe tutto e subito, non si può avere fretta", Conte tracciò l’identikit degli uomini che avrebbe voluto arruolare alla causa juventina: "Chissenefrega del top-player, a me vanno benissimo i "bass-player". L’importante è che arrivino buoni giocatori e che abbiano fame".
Nelle ore successive si sparse la notizia dell’accordo ormai raggiunto con la Roma per l’arrivo di Mirko Vucinic alla corte di Madama, materializzatosi - poi - qualche giorno dopo. Nel frattempo Mohamed Sissoko salutava Torino per accodarsi alla compagnia di giocatori prelevati da Leonardo per il suo nuovo Paris Saint-Germain.
In precedenza, al termine della prima sgambata stagionale della Vecchia Signora contro la Rappresentativa Val di Susa (15 luglio), accanto alle frasi di rito ("Non è ancora il mio calcio, ma la disponibilità dei ragazzi è totale"), l’allenatore bianconero ammonì l’ambiente: "Cerchiamo di lavorare, è un cammino duro e difficile, c’è però tanto entusiasmo e dobbiamo giocare su questo". Anche se si trattò di una semplice amichevole (e quindi da prendere col beneficio d’inventario), alcuni aspetti della nuova creatura di Conte balzarono subito agli occhi: la classe cristallina di Pirlo, la buona partenza di Marchisio, la prestazione positiva del giovane De Silvestro e diversi disagi (tattici) mostrati da Krasic.
Nel giorno del suo quarantaduesimo compleanno (31 luglio), in relazione allo stato di preparazione della squadra trascorso quasi un mese di allenamenti, dichiarò: "Io ero più pessimista, avevo messo in preventivo delle scoppole perché non eravamo pronti per giocare certe amichevoli e invece abbiamo fatto una tournée (americana, ndr) decorosa".
Negli istanti che anticiparono l’impegno contro il Cuneo (5 agosto), Marotta tranquillizzò pubblicamente il tecnico: "Conte pretende una rosa competitiva, cercheremo di accontentarlo perché la Juve vuole tornare a vincere". Finiti i novanta minuti di gioco, arrivò subito la risposta dell’allenatore: "Il mercato? Il direttore sa cosa manca. Ho letto ottomila nomi, ne bastano molti di meno. Pochi, idee chiare".
Prudentemente (e correttamente), nonostante il clima di festa che si respirava a Villar Perosa (nel consueto vernissage estivo, 11 agosto) che spinse John Elkann a parlare di un ritorno "alle vecchie abitudini: vincere", anche in quell’occasione il tecnico preferì mantenersi più cauto: "Il nostro obiettivo è diventare competitivi da subito".
Lo 0-0 con il quale Madama ha pareggiato a Salerno contro il Betis Siviglia (13 agosto) è stato preceduto da un nuovo richiamo a notare le lacune presenti nella rosa bianconera da parte di Conte: "Difesa, centrocampo, attacco, c’è ancora da lavorare molto in tutti i reparti". Le difficoltà che avrebbe incontrato la sua squadra (cosa che effettivamente è accaduto) contro gli spagnoli, sembravano non preoccuparlo: "Sono curioso, ma non più di tanto. La verifica è quotidiana durante gli allenamenti, non mi aspetto di vederla solo in partita".
Dopo i sofferti novanta minuti di gioco disputati contro gli spagnoli, confermò quanto anticipato il giorno precedente: "Io sto provando a cambiare mentalità della Juve e resto ottimista anche perché in certe fasi abbiamo messo in difficoltà il Betis".
Lo stadio "Arechi" ha visto Madama disputare un’altra amichevole estiva lo scorso 7 agosto 2009, sempre con avversari provenienti dalla Liga spagnola: si trattò del Villarreal di Giuseppe Rossi, l’attaccante cercato a più riprese in questa sessione di calciomercato dalla Vecchia Signora. L’incontro terminò con una brutta sconfitta per 4-1 per la squadra allora allenata da Ferrara, che così commentò, a caldo, l’esito del match: "E’ un brutto schiaffo che ci farà bene". In realtà quello fu il primo di una lunga serie, che portò la Juventus a posizionarsi al settimo posto in classifica alla conclusione di una stagione durante la quale si assistette ad un nuovo cambio alla guida della panchina bianconera con l’arrivo di Alberto Zaccheroni.
Ancora Antonio Conte, sempre dopo l’amichevole disputata contro il Betis: "Ringrazio il pubblico per l’entusiasmo, sappiano però che ci vuole pazienza e lo dico perchè stando nel calcio da tanto tempo è difficile cambiare dall’oggi al domani una squadra reduce da due settimi posti".
Questo è il prezzo da pagare per le continue rivoluzioni a cui la squadra è stata sottoposta negli ultimi anni.
E rappresenterà, nel prossimo futuro, uno degli ostacoli più difficili che il nuovo tecnico dovrà superare dal momento del suo ritorno a Torino.
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Soltanto scomponendo le sue dichiarazioni in tre parti (le principali) risulta più semplice leggere (e capire) le reali necessità del tecnico bianconero in quei momenti: "La squadra è in costruzione, ci servono altri giocatori"; "La società sa bene cosa dobbiamo fare sul mercato e interverrà sicuramente"; "Per essere competitivi abbiamo bisogno di diversi innesti".
Cosciente del fatto che "bisogna fare i conti con le leggi di mercato. Ognuno vorrebbe tutto e subito, non si può avere fretta", Conte tracciò l’identikit degli uomini che avrebbe voluto arruolare alla causa juventina: "Chissenefrega del top-player, a me vanno benissimo i "bass-player". L’importante è che arrivino buoni giocatori e che abbiano fame".
Nelle ore successive si sparse la notizia dell’accordo ormai raggiunto con la Roma per l’arrivo di Mirko Vucinic alla corte di Madama, materializzatosi - poi - qualche giorno dopo. Nel frattempo Mohamed Sissoko salutava Torino per accodarsi alla compagnia di giocatori prelevati da Leonardo per il suo nuovo Paris Saint-Germain.
In precedenza, al termine della prima sgambata stagionale della Vecchia Signora contro la Rappresentativa Val di Susa (15 luglio), accanto alle frasi di rito ("Non è ancora il mio calcio, ma la disponibilità dei ragazzi è totale"), l’allenatore bianconero ammonì l’ambiente: "Cerchiamo di lavorare, è un cammino duro e difficile, c’è però tanto entusiasmo e dobbiamo giocare su questo". Anche se si trattò di una semplice amichevole (e quindi da prendere col beneficio d’inventario), alcuni aspetti della nuova creatura di Conte balzarono subito agli occhi: la classe cristallina di Pirlo, la buona partenza di Marchisio, la prestazione positiva del giovane De Silvestro e diversi disagi (tattici) mostrati da Krasic.
Nel giorno del suo quarantaduesimo compleanno (31 luglio), in relazione allo stato di preparazione della squadra trascorso quasi un mese di allenamenti, dichiarò: "Io ero più pessimista, avevo messo in preventivo delle scoppole perché non eravamo pronti per giocare certe amichevoli e invece abbiamo fatto una tournée (americana, ndr) decorosa".
Negli istanti che anticiparono l’impegno contro il Cuneo (5 agosto), Marotta tranquillizzò pubblicamente il tecnico: "Conte pretende una rosa competitiva, cercheremo di accontentarlo perché la Juve vuole tornare a vincere". Finiti i novanta minuti di gioco, arrivò subito la risposta dell’allenatore: "Il mercato? Il direttore sa cosa manca. Ho letto ottomila nomi, ne bastano molti di meno. Pochi, idee chiare".
Prudentemente (e correttamente), nonostante il clima di festa che si respirava a Villar Perosa (nel consueto vernissage estivo, 11 agosto) che spinse John Elkann a parlare di un ritorno "alle vecchie abitudini: vincere", anche in quell’occasione il tecnico preferì mantenersi più cauto: "Il nostro obiettivo è diventare competitivi da subito".
Lo 0-0 con il quale Madama ha pareggiato a Salerno contro il Betis Siviglia (13 agosto) è stato preceduto da un nuovo richiamo a notare le lacune presenti nella rosa bianconera da parte di Conte: "Difesa, centrocampo, attacco, c’è ancora da lavorare molto in tutti i reparti". Le difficoltà che avrebbe incontrato la sua squadra (cosa che effettivamente è accaduto) contro gli spagnoli, sembravano non preoccuparlo: "Sono curioso, ma non più di tanto. La verifica è quotidiana durante gli allenamenti, non mi aspetto di vederla solo in partita".
Dopo i sofferti novanta minuti di gioco disputati contro gli spagnoli, confermò quanto anticipato il giorno precedente: "Io sto provando a cambiare mentalità della Juve e resto ottimista anche perché in certe fasi abbiamo messo in difficoltà il Betis".
Lo stadio "Arechi" ha visto Madama disputare un’altra amichevole estiva lo scorso 7 agosto 2009, sempre con avversari provenienti dalla Liga spagnola: si trattò del Villarreal di Giuseppe Rossi, l’attaccante cercato a più riprese in questa sessione di calciomercato dalla Vecchia Signora. L’incontro terminò con una brutta sconfitta per 4-1 per la squadra allora allenata da Ferrara, che così commentò, a caldo, l’esito del match: "E’ un brutto schiaffo che ci farà bene". In realtà quello fu il primo di una lunga serie, che portò la Juventus a posizionarsi al settimo posto in classifica alla conclusione di una stagione durante la quale si assistette ad un nuovo cambio alla guida della panchina bianconera con l’arrivo di Alberto Zaccheroni.
Ancora Antonio Conte, sempre dopo l’amichevole disputata contro il Betis: "Ringrazio il pubblico per l’entusiasmo, sappiano però che ci vuole pazienza e lo dico perchè stando nel calcio da tanto tempo è difficile cambiare dall’oggi al domani una squadra reduce da due settimi posti".
Questo è il prezzo da pagare per le continue rivoluzioni a cui la squadra è stata sottoposta negli ultimi anni.
E rappresenterà, nel prossimo futuro, uno degli ostacoli più difficili che il nuovo tecnico dovrà superare dal momento del suo ritorno a Torino.
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domenica 14 agosto 2011
venerdì 12 agosto 2011
La Juventus degli Agnelli riparte da Villar Perosa
"Ha visto la nuova Juventus per la prima volta. Che giudizio può darne? E Del Piero? Può essere l’erede di Baggio, che lei paragonò a Raffaello?". Sino a questo punto, nulla di particolare: la domanda che l’intervistatore pose all’Avvocato Agnelli nel lontano 10 agosto 1995 era del tutto simile ad altre migliaia alle quali aveva già risposto in precedenza. Fu la sua replica a passare alla storia del calcio: "Eh, Del Piero: è come il Pinturicchio".
La tradizionale amichevole in famiglia disputata dalla Juventus a Villar Perosa continuò a far parte della storia bianconera proprio per volontà dello stesso Avvocato, nonostante la Triade (così venne denominata la dirigenza scelta dal fratello Umberto per guidare la Vecchia Signora) avesse mostrato l’intenzione di cancellarla dall’elenco delle gare da programmare per l’estate.
Quello fu il giorno nel quale l’Avvocato ammise candidamente ai cronisti il passaggio di Michael Schumacher alla Ferrari ("Penso sia già preso"), per poi divertirsi a scherzare in pubblico con Marcello Lippi, l’allenatore che era riuscito nell’intento di guidare Madama al successo in campionato (al suo primo tentativo) dopo molte stagioni di digiuno. Indicando il petto, gli disse: "Mi ha fatto molto piacere rivedere lo scudetto, grazie". Proseguì, usando un tono volutamente ironico, svelandogli un dubbio che lo aveva assalito: "Senta, Lippi: quando era arrivato alla Juventus, Vialli era grasso come un tacchino, tutto gonfio. Adesso è magro, bello, corre e segna. Come avete fatto?".
Una decina d’anni dopo la località piemontese abbracciò l’ultima creatura che concluse quello straordinario ciclo di conquiste: era il 17 agosto 2005, le luci della ribalta andarono tutte su Luciano Moggi, direttore generale al comando di una truppa che a fine campionato collezionò la bellezza di 91 punti, (stra)vincendo il ventinovesimo tricolore della propria storia.
Nell’occasione si lasciò scappare qualche confessione di mercato (l’accordo siglato con Balzaretti e l’arrivo di Abbiati - via Milan - come rimborso dei rossoneri per l’infortunio alla spalla occorso a Buffon durante il trofeo "L. Berlusconi") per poi tirare una stilettata ai cugini granata: "La città di Torino non può sostenere due squadre: basta vedere quanta gente va allo stadio. Comunque l’immagine del Toro è grande". Un goal realizzato dal giovane Zammuto permise ai ragazzini della Primavera di battere i più famosi (e celebrati) campioni della prima squadra.
A distanza di pochi giorni (il 27 agosto) proprio a Villar Perosa Andrea Agnelli si unì in matrimonio con Emma Winter, alla presenza della piccola Baya, la loro bambina venuta al mondo da appena tre mesi.
Dopo lo scoppio del terremoto calcistico avvenuto nella primavera del 2006 Madama disputò il 16 agosto una partita contro il Piacenza nel consueto vernissage estivo. Non mancò neanche quella volta il bagno di folla dei giocatori bianconeri in mezzo a quei tifosi che non li avevano mai (mai) abbandonati. Nel corso della gara si udì un sostenitore riprendere un altro con queste parole: "Non applaudire l’arbitro, se ti beccano ci mandano in C".
I fratelli Elkann (John e Lapo) arrivarono al campo a bordo di un’Alfa Gta con tanto di cuore bianconero sulla carrozzeria. Una volta scesi dal mezzo, toccò a Lapo lanciare il grido di battaglia: "I campioni che hanno deciso di rimanere? Samurai. Penso che la fedeltà sia la parte più importante e in un momento come questo la dimostrazione di lealtà rende questi giocatori dei samurai". A ruota, lo seguì John: "Ricominciamo dal carattere, è la nostra arma principale".
E così, mentre la squadra pareggiava 0-0 con gli ospiti ed il presidente onorario Franzo Grande Stevens si preoccupava di tranquillizzare gli amanti della Vecchia Signora ("Come si è visto in questi giorni la nostra è una squadra molto competitiva. Abbiamo vinto il trofeo Moretti e abbiamo battuto anche l’Inter"), il presidente Cobolli Gigli mostrava ancora qualche certezza sulla possibilità di evitare la discesa nell’inferno della serie B ("Siamo convinti di avere ragione a chiederlo, sarebbe una scelta di equità e giustizia").
Il successivo 31 agosto il consiglio di amministrazione della Juventus decise di ritirare il ricorso presentato al Tar del Lazio.
Riconquistata la serie maggiore, il 22 agosto 2007 Madama tornò nuovamente a Villar Perosa per giocare l’amichevole contro la Biellese (vinta 4-0). John Elkann stavolta scelse una Cinquecento come mezzo per presentarsi all’appuntamento, indossando la maglia bianconera numero 10: "Me l’hanno regalata. Non prenderò il posto di Del Piero. Siamo tornati dove ci compete, abbiamo la potenzialità per vincere".
A discutere del resto, a raccontare sogni che divennero ben presto progetti, pensò Jean Claude Blanc: "Noi vogliamo diventare un modello per tutti, a ogni livello. Vogliamo raggiungere il massimo nella gestione, nell’organizzazione, nell’informazione, essere un esempio con i nostri tifosi, con le nostre strategie commerciali, con i metodi di allenamento, con tutto".
Sei reti del giovane Pasquato, in forza (temporaneamente) alla prima squadra, aiutarono la formazione di Claudio Ranieri (fresca vincitrice della gara d’andata del preliminare di Champions League contro l’Artmedia Bratislava) a sconfiggere i ragazzi della Primavera (col risultato finale di 8-0) nell’appuntamento previsto per il 23 agosto del 2008.
Ancora Blanc, a distanza di un campionato: "Questa è una Juventus con grandi campioni e tanti giovani ed è esattamente il progetto sul quale stiamo lavorando da due anni". Dalla parte dei "grandi" giocò Giuseppe Giovinco, il fratello del già conosciuto Sebastian, mentre insieme ai ragazzi allenati da Maddaloni fece la sua comparsa Filippo Boniperti, nipote di Giampiero.
La Vecchia Signora in versione "brasiliana" guidata da Ciro Ferrara realizzò tre reti nella partitella in famiglia dell’11 agosto 2009, nel bel mezzo di un’estate trascorsa all'insegna della speranza per i tifosi juventini di aver ridotto ulteriormente il "gap" che separava Madama dall’Inter. Nel merito, ad una domanda rivoltagli dai giornalisti John Elkann rispose: "Parlatene con la Lazio" (i biancazzurri avevano appena sconfitto i nerazzurri nella finale di Supercoppa italiana disputata a Pechino).
Niente di eclatante, soprattutto se paragonato a quanto disse a proposito del club nerazzurro a distanza di un anno (il 24 agosto 2010), pochi mesi dopo la nomina di Andrea Agnelli come Presidente della società: "Non hanno mai saputo perdere, ma soprattutto non hanno ancora imparato a vincere". Rincarò la dose il cugino: "Moratti dovrebbe imparare a gioire dei suoi successi, le sue parole sono state assolutamente inutili". Il patron interista, che i giorni precedenti si era lasciato scappare una frase che aveva irritato i massimi vertici bianconeri ("Meglio essere multietnici che comprare le partite"), una volta ascoltato le parole provenienti da Villar Perosa si mostrò meravigliato dal tono e dalla durezza di quelle risposte, sostenendo di non aver mai citato la Juventus.
Mentre Libertazzi segnava due delle cinque reti con le quali la squadra di Del Neri sconfiggeva i giovani di Bucaro, il neoacquisto Krasic aveva raggiunto i nuovi compagni pagando di tasca propria un volo privato. Nel corso della festa in famiglia, intanto, si era sparsa la voce di un possibile acquisto del friulano Di Natale.
Il resto è storia recente, che non va in prescrizione: come il palmarès, il desiderio di ottenere finalmente giustizia, di tornare a vincere, di riabbracciare gli ultimi due scudetti conquistati sul campo, come il piacere di riprovare la sensazione di sentirsi guidati da chi ha veramente a cuore le sorti della Juventus.
Quella di non spezzare definitivamente il legame che unisce la Vecchia Signora a Villar Perosa rappresentò, da parte dell’Avvocato, una scelta condivisibile, anche alla luce del fatto che oggi rimane ancora un esponente di quella dinastia alla guida del club: Andrea, l’attuale Presidente, così come chiede di essere chiamato dai tifosi bianconeri.
Piaccia o non piaccia, per gli avversari resta, semplicemente, un Agnelli.
Articolo pubblicato su
mercoledì 10 agosto 2011
Andrea, sì. Ma Agnelli... Continua a (ri)scrivere la storia, Presidente
La Juventus ha presentato ricorso al Tribunale nazionale arbitrale per lo sport (Tnas) contro la mancata revoca dello scudetto stagione della 2005-'06, decisa lo scorso 18 luglio dal Consiglio federale. Lo ha annunciato il presidente bianconero Andrea Agnelli, nel corso di una conferenza stampa.
«La Juventus è abituata a giocare e vincere sul campo. Questa partita, invece, si gioca fuori dal campo, a Roma. Per questo abbiamo deciso di far partire da qui la nostra battaglia legale, dopo la decisione della Figc di non decidere sul nostro esposto». Il presidente della Juve ha spiegato così le ragioni che lo hanno spinto a convocare la conferenza stampa proprio nella capitale per annunciare le prossime iniziative legali del club bianconero. Non solo il ricorso al Tnas, ma anche degli esposti al procuratore regionale del Lazio presso la Corte dei Conti, al Prefetto di Roma ed al ministero dell'Intero, al delegato sul controllo della gestione presso il Coni ed, infine, all'executive commitee dell'Uefa. «Dal 2006 abbiamo pagato a caro prezzo l'affidamento alla giustizia sportiva - ha aggiunto Agnelli - ma i fatti emersi al processo di Napoli, ed elaborati dal procuratore Palazzi, hanno mostrato una disparità di trattamento per noi inaccettabile. Siamo favorevoli ad un tavolo per un dialogo sereno, ma non se questo serve solo a lavare coscienze sporche ed a insabbiare il passato».
«Il titolo 2005-2006 lo abbiamo vinto sul campo con 91 punti, qualcun altro se l'è visto recapitare con un atto amministrativo. È stato definito lo scudetto degli onesti: al più, è lo scudetto dei prescritti», ha continuato Agnelli. Il presidente bianconero ha poi spiegato «metterò la parola fine nel giorno in cui riporteremo quei due scudetti nella nostra bacheca. Sono nostri». «Per riavere lo scudetto 2004-2005 occorre un provvedimento importante che non può che arrivare da un giudice penale. Attendiamo l'esito dei procedimenti di Napoli», spiega poi l'avvocato Luigi Chiappero. «Lo scudetto 2005-2006 è slegato dai procedimenti di Napoli, venne toccato perchè si doveva rendere concreta la sanzione relativa alla stagione precedente. Il titolo 2005-2006 è della Juventus: il primo passaggio» per arrivare a questo obiettivo «è la revoca» del tricolore assegnato all'Inter.
(Fonte: La Stampa)
domenica 7 agosto 2011
Antonio Conte e la speranza di un cambiamento positivo
La Supercoppa italiana che lo scorso anno aprì ufficialmente la stagione calcistica nostrana se la contesero Inter e Roma: la spuntarono i nerazzurri nel prato verde del "Meazza" per 3-1 (21 agosto 2010). Il mattatore della serata fu Samuel Eto’o (autore di una doppietta), seguito a ruota da un incontenibile Wesley Sneijder.
Qualche ora prima dell’incontro Francesco Totti aveva virtualmente assegnato il pallone d’oro all’olandese (ricambiando i complimenti da lui ricevuti in precedenza a mezzo stampa), dichiarando: "Se non se lo aggiudica quest’anno in cui l’Inter finora ha vinto tutto… Senza contare che con l’Olanda è arrivato anche alla finale del mondiale".
Era trascorsa poco più di una settimana da quando Mario Balotelli aveva preso un volo diretto a Manchester per raggiungere Roberto Mancini - il suo ex allenatore - ed iniziare insieme a lui una nuova avventura nel City.
Il club dello sceicco Mansour bin Zayed Al Nahyan aveva confezionato una campagna acquisti da favola, sborsando una cifra superiore ai novanta milioni di euro per catturare i vari Kolarov, David Silva, Yaya Touré, Jerome Boateng.
A loro aggiunse, a distanza di poco tempo, lo stesso Balotelli e James Milner.
In quei momenti Mancini assegnò il ruolo di favorita per la successiva edizione della Premier League al Chelsea guidato dall’amico Carlo Ancelotti; a ruota l’avrebbero seguito lo United e i Citizens. Fermo restando la terza posizione raggiunta dalla sua squadra, a conti fatti il tecnico di Jesi sbagliò soltanto l’ordine d’arrivo delle prime due classificate.
In Italia, intanto, Massimo Moratti chiudeva la porta a Mascherano, ne lasciava socchiusa un’altra all’olandese Kuyt (richiesto da Benitez) e si mostrava sicuro sul futuro di un giovane talento nerazzurro: "Coutinho ci divertirà".
Mancavano ancora una decina di giorni alla chiusura ufficiale di quella sessione estiva di calciomercato, e le duellanti del "Meazza" sembravano rappresentare quanto di meglio potesse offrire il nostro paese in materia di calcio.
A Barcellona i segnali della frattura tra Ibrahimovic e Guardiola continuavano ad essere sempre più numerosi, tanti quanti furono gli inviti che i tifosi del Milan rivolsero a Klaas-Jan Huntelaar per togliersi gentilmente dalle scatole e lasciare spazio nel reparto offensivo rossonero al possibile arrivo dello svedese.
Nella Torino bianconera era atterrato con un volo proveniente da Mosca Milos Krasic ("Juve? It’s a dream. It’s my dream team", furono le sue prime parole) ed erano stati allacciati i contatti per l’arrivo di Aquilani, il giocatore (ritenuto) ideale da sistemare in cabina di regia nella squadra affidata a Luigi Del Neri. L’accordo prevedeva un prestito con diritto di riscatto dal Liverpool, anche perché il budget disponibile per fare la spesa era ormai esaurito. Ai tifosi, che lamentavano un eccesso di "quantità" al posto della "qualità" da loro attesa, veniva fatto notare che in Europa (in quei frangenti) soltanto Manchester City e Real Madrid avevano investito più di Madama. Preso il serbo, in automatico caddero le candidature dell’olandese Elia e del brasiliano Bastos, accostati più volte alla Vecchia Signora durante la scorsa estate.
Da una Supercoppa italiana all’altra, in finale - questa volta a Pechino - l’Inter si è trovata di fronte il Milan del caro nemico Ibrahimovic, trionfatore dell’ultimo scudetto.
Sneijder ha messo a segno il goal del momentaneo vantaggio iniziale dei nerazzurri in quella che potrebbe essere la sua ultima partita con quella maglia. Caso vuole che il suo esordio in Italia coincise proprio con un derby della Madonnina: accadde il 29 agosto 2009, e la squadra allora guidata da Mourinho chiuse la gara con un perentorio 4-0. A Samuel Eto’o stavolta non è rimasto che guardare lo svedese alzare il primo trofeo stagionale, ulteriore segno - probabilmente - della fine di un predominio calcistico all’interno dei confini italici.
Se per l’olandese si parla con sempre più insistenza (al netto delle smentite di rito) di un trasferimento (pure per lui) al City di Mancini, anche le certezze della permanenza all’Inter dell’attaccante camerunense iniziano a vacillare.
Mario Balotelli, trascorso un anno in Inghilterra diviso tra infortuni, freccette, multe, goals e polemiche di varia natura, si è reso conto che a Manchester non sta bene e che la città non gli piace. Si riprende così a parlare di un suo ipotetico ritorno a Milano, sponda rossonera, in compagnia (forse) di Alberto Aquilani, nel frattempo rientrato a Liverpool e in predicato di essere il benedetto "Mister X" di cui Galliani si diverte a parlare da mesi.
Lo stesso vice presidente vicario del Milan ha recentemente evidenziato il declassamento del nostro campionato da ristorante di lusso a pizzeria, nella quale capita anche che qualche cliente scappi nel momento in cui gli viene presentato il menù delle partite stagionali, salendo su uno scooter guidato da un ragazzino sconosciuto fermato all’improvviso. Analizzati mali, malesseri e difficoltà della serie A, Galliani ha poi indicato nella costruzione degli stadi di proprietà uno degli strumenti indispensabili per rilanciare le società italiane e riproporle ai massimi livelli in Europa.
Il primo nel nostro paese sarà proprio quello della Juventus, ed è talmente tanta la voglia di scoprirlo da parte dei diretti protagonisti da spingere il suo allenatore a confessarlo apertamente una volta letto il calendario delle prime gare della prossima stagione: "… più di ogni altra, non vedo l’ora di giocare la sfida contro il Parma, alla seconda giornata, nel nostro nuovo stadio".
Stadio nuovo, vita vecchia: questa è la speranza dei tifosi bianconeri. A tre settimane dalla ripresa dei giochi, con un calciomercato da completare sia in entrata che in uscita, interrogato sulla concorrenza che vedrà coinvolti alcuni tra i suoi giocatori sulla linea mediana del campo lo stesso Conte ha ammesso: "Ci sono centrocampisti molto bravi, e lo devono essere tutti perché la Juve deve tornare a essere la Juve: altrimenti resterà una provinciale".
Tracciata definitivamente le linea di partenza, adesso non resta che fare dei passi in avanti.
Per far sì che qualcosa, in positivo, stavolta cambi davvero.
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Qualche ora prima dell’incontro Francesco Totti aveva virtualmente assegnato il pallone d’oro all’olandese (ricambiando i complimenti da lui ricevuti in precedenza a mezzo stampa), dichiarando: "Se non se lo aggiudica quest’anno in cui l’Inter finora ha vinto tutto… Senza contare che con l’Olanda è arrivato anche alla finale del mondiale".
Era trascorsa poco più di una settimana da quando Mario Balotelli aveva preso un volo diretto a Manchester per raggiungere Roberto Mancini - il suo ex allenatore - ed iniziare insieme a lui una nuova avventura nel City.
Il club dello sceicco Mansour bin Zayed Al Nahyan aveva confezionato una campagna acquisti da favola, sborsando una cifra superiore ai novanta milioni di euro per catturare i vari Kolarov, David Silva, Yaya Touré, Jerome Boateng.
A loro aggiunse, a distanza di poco tempo, lo stesso Balotelli e James Milner.
In quei momenti Mancini assegnò il ruolo di favorita per la successiva edizione della Premier League al Chelsea guidato dall’amico Carlo Ancelotti; a ruota l’avrebbero seguito lo United e i Citizens. Fermo restando la terza posizione raggiunta dalla sua squadra, a conti fatti il tecnico di Jesi sbagliò soltanto l’ordine d’arrivo delle prime due classificate.
In Italia, intanto, Massimo Moratti chiudeva la porta a Mascherano, ne lasciava socchiusa un’altra all’olandese Kuyt (richiesto da Benitez) e si mostrava sicuro sul futuro di un giovane talento nerazzurro: "Coutinho ci divertirà".
Mancavano ancora una decina di giorni alla chiusura ufficiale di quella sessione estiva di calciomercato, e le duellanti del "Meazza" sembravano rappresentare quanto di meglio potesse offrire il nostro paese in materia di calcio.
A Barcellona i segnali della frattura tra Ibrahimovic e Guardiola continuavano ad essere sempre più numerosi, tanti quanti furono gli inviti che i tifosi del Milan rivolsero a Klaas-Jan Huntelaar per togliersi gentilmente dalle scatole e lasciare spazio nel reparto offensivo rossonero al possibile arrivo dello svedese.
Nella Torino bianconera era atterrato con un volo proveniente da Mosca Milos Krasic ("Juve? It’s a dream. It’s my dream team", furono le sue prime parole) ed erano stati allacciati i contatti per l’arrivo di Aquilani, il giocatore (ritenuto) ideale da sistemare in cabina di regia nella squadra affidata a Luigi Del Neri. L’accordo prevedeva un prestito con diritto di riscatto dal Liverpool, anche perché il budget disponibile per fare la spesa era ormai esaurito. Ai tifosi, che lamentavano un eccesso di "quantità" al posto della "qualità" da loro attesa, veniva fatto notare che in Europa (in quei frangenti) soltanto Manchester City e Real Madrid avevano investito più di Madama. Preso il serbo, in automatico caddero le candidature dell’olandese Elia e del brasiliano Bastos, accostati più volte alla Vecchia Signora durante la scorsa estate.
Da una Supercoppa italiana all’altra, in finale - questa volta a Pechino - l’Inter si è trovata di fronte il Milan del caro nemico Ibrahimovic, trionfatore dell’ultimo scudetto.
Sneijder ha messo a segno il goal del momentaneo vantaggio iniziale dei nerazzurri in quella che potrebbe essere la sua ultima partita con quella maglia. Caso vuole che il suo esordio in Italia coincise proprio con un derby della Madonnina: accadde il 29 agosto 2009, e la squadra allora guidata da Mourinho chiuse la gara con un perentorio 4-0. A Samuel Eto’o stavolta non è rimasto che guardare lo svedese alzare il primo trofeo stagionale, ulteriore segno - probabilmente - della fine di un predominio calcistico all’interno dei confini italici.
Se per l’olandese si parla con sempre più insistenza (al netto delle smentite di rito) di un trasferimento (pure per lui) al City di Mancini, anche le certezze della permanenza all’Inter dell’attaccante camerunense iniziano a vacillare.
Mario Balotelli, trascorso un anno in Inghilterra diviso tra infortuni, freccette, multe, goals e polemiche di varia natura, si è reso conto che a Manchester non sta bene e che la città non gli piace. Si riprende così a parlare di un suo ipotetico ritorno a Milano, sponda rossonera, in compagnia (forse) di Alberto Aquilani, nel frattempo rientrato a Liverpool e in predicato di essere il benedetto "Mister X" di cui Galliani si diverte a parlare da mesi.
Lo stesso vice presidente vicario del Milan ha recentemente evidenziato il declassamento del nostro campionato da ristorante di lusso a pizzeria, nella quale capita anche che qualche cliente scappi nel momento in cui gli viene presentato il menù delle partite stagionali, salendo su uno scooter guidato da un ragazzino sconosciuto fermato all’improvviso. Analizzati mali, malesseri e difficoltà della serie A, Galliani ha poi indicato nella costruzione degli stadi di proprietà uno degli strumenti indispensabili per rilanciare le società italiane e riproporle ai massimi livelli in Europa.
Il primo nel nostro paese sarà proprio quello della Juventus, ed è talmente tanta la voglia di scoprirlo da parte dei diretti protagonisti da spingere il suo allenatore a confessarlo apertamente una volta letto il calendario delle prime gare della prossima stagione: "… più di ogni altra, non vedo l’ora di giocare la sfida contro il Parma, alla seconda giornata, nel nostro nuovo stadio".
Stadio nuovo, vita vecchia: questa è la speranza dei tifosi bianconeri. A tre settimane dalla ripresa dei giochi, con un calciomercato da completare sia in entrata che in uscita, interrogato sulla concorrenza che vedrà coinvolti alcuni tra i suoi giocatori sulla linea mediana del campo lo stesso Conte ha ammesso: "Ci sono centrocampisti molto bravi, e lo devono essere tutti perché la Juve deve tornare a essere la Juve: altrimenti resterà una provinciale".
Tracciata definitivamente le linea di partenza, adesso non resta che fare dei passi in avanti.
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