Lavorerà a contatto con persone per le quali gli ultimi due (dei ventinove) scudetti erano asterischi; salvo poi colorarli di tricolore, dare loro una forma diversa e provare sentimenti di nostalgia: che bello sarebbe arrivare a trenta. Più facile riprendendosi quello che è stato vinto da altri ma gentilmente regalato (Inter) o gettato dalla finestra del “palazzo”. Prima si mandano le persone alla gogna (mediatica) e davanti ai giudici (extra-sportivi, dopo aver subito le condanne in quell’ambito); poi si spera che ne escano indenni, per avere il diritto (sportivo) di reclamarne i successi. Nel frattempo si conclude l’anno con 5 sconfitte nelle ultime 6 partite ufficiali: addio alla Champions League (ma chi ci credeva? Si chiedeva almeno di passare i gironcini), un caro saluto allo scudetto (qui un po’ di speranza c’era), una serie di incertezze tattiche (rombo o trapezio, a centrocampo?) e tecniche (ora dove lo mettiamo Melo? E Diego?). Con la complicazione dei continui infortuni, che di certo non hanno aiutato.
Fine anno: si cerca di riparare agli errori estivi, alle mancanze insorte ad avvio stagione o ad acquistare (in anticipo) rinforzi per gli anni a venire. Gente che viene (o torna), altri che se vanno o che se ne vorrebbero andare. E, intanto, iniziano a lanciare i primi messaggi: chi vuol capire, capisca.
Beckham torna: lo si sapeva, lo voleva lui (giocare di nuovo nel Milan per prepararsi al meglio per i prossimi mondiali) e lo desiderava la moglie (Milano è molto chic). E così i rossoneri si affidano sempre più a vecchie glorie, continuando – intanto - ad acquistare (o puntare) giovanissime promesse: Adiyiah, Hottor e Benedidic (quest’ultimo quattordicenne). Nell’undici di base, tranne Pato, Flamini, Thiago Silva e Huntelaar (giocatori già “pronti”) mancano però le “vie di mezzo” tra le due generazioni. Vedremo. Rientra Toni, alla Roma: forse troppo tardi per far parte della comitiva azzurra di Lippi, così come per una corsa scudetto sull’Inter a cui Ranieri, sotto sotto, dimostra di credere. Un terzo posto a due punti di distanza può lasciar spazio a qualche sogno di troppo: la (nuova) vicinanza con Gian Paolo Montali (e le sue idee per il futuro) ha già lasciato il segno. Così come proverà a vincere Spalletti in terra di Russia: uno dei dieci esonerati (follia) di questo primo scorcio di stagione che emigra all’estero aggiungendosi ai vari Capello, Ancelotti, Roberto Mancini, Trapattoni, Tardelli… Un patrimonio tecnico (e di tecnici) che se ne va. Tra le migliori nuove leve, così come indicato dallo stesso Capello, ci sono Giampaolo (senza lavoro) e Allegri (al Cagliari, tredicesimo in classifica). Se Prandelli deciderà prima o poi di fare il “salto” in nazionale, mister di primissimo livello, da noi, ne rimarranno ben pochi. L’Inter cerca di rinforzarsi ancora: non tanto per la serie A (non ce n’è bisogno), quanto per la Champions League. La speranza è quella di passare gli ottavi di finale una volta per tutte. Poi, nel caso capitasse di nuovo il Barcellona, di superare ogni tanto la metà campo avversaria. Come segno di fiducia a Balotelli si è richiamato Pandev, una delle “voglie” espresse da Oriali giorni fa. Le altre (difficili o impossibili) si chiamano Hamsik, De Rossi e Marchisio. Comunque vada, potrà stare tranquillo: stavolta non sarà necessario giocherellare con i passaporti. Gente che se ne vorrebbe andare: Mourinho, il solito, quello che in un anno è riuscito a dare della “prostituzione intellettuale” alla stampa sportiva italiana, ad inventarsi un interesse nei suoi confronti da parte del Real Madrid (grazie al quale ha scucito qualche soldino in più all’attento Moratti) e a non fare meglio di Roberto Mancini (la qualità del gioco è peggiorata, in Europa i risultati sono gli stessi). Passata la voglia della Spagna, è tornata (forse non se n’era mai andata) quella dell’Inghilterra: ha un contratto con i nerazzurri sino al 2012, ma cosa importa? Ottima l’idea di andare a vedere dal vivo il Chelsea nella partita contro il Fulham: non gliene fregava nulla dell’incontro (i Blues li conosce a memoria), a lui interessava saggiare l’umore del pubblico e della stampa inglese nei suoi confronti. Anche lì ha fatto spendere bene il suo ex-patron Abramovič (320 milioni di euro in tre anni non sono pochi), ed è pure pronto a prendersi qualche merito se Ancelotti lo eliminerà: non sarà l’italiano ad aver guidato meglio la squadra (quasi interamente) già allenata dal portoghese, ma il merito andrà a lui per avergliela preparata. Capacità di saper manipolare la realtà: chapeau. Fino a quando ci sarà chi continua a permetterglielo…
Collina non ne può più: sì alla moviola. Perché? “Perché non fa piacere a un arbitro sentirsi etichettato prima della gara come quello che potrebbe favorire la Juve perché poco esperto”. Ecco spiegato il motivo delle tante cenette intime con Meani: dividiamo le accuse con il Milan, non lasciamo sola la Juventus. A meno che non si tratti di andare in serie B. D’altronde i rossoneri hanno già dato due volte in passato: come diceva l’avvocato Prisco, “la prima pagando, l’altra gratis”.
Nel mercato di riparazione è difficile comprare: colpi come quelli di Sissoko o Davids riescono poche volte. Ma la Juventus deve cercare di cambiare registro, e di costruire sin da ora la squadra del futuro. Non si aspetti troppo: se c’è qualche idea realizzabile, non si tentenni. Tempo se n’è già perso abbastanza. Anche quando il campionato cadetto aveva concesso la possibilità di far crescere qualche giovane valido: il solo Marchisio è l’unico risultato di un periodo che andava sfruttato meglio. Errori ne sono stati fatti da tutti e in tutti gli ultimi anni: piangere sul latte versato, non porta a nulla. Conta solo rimboccarsi le maniche, in silenzio, e darsi da fare per restituire alla Juventus una società ed una squadra che non evochi più nostalgie ogni qualvolta si pensa al passato, ma solo orgoglio e la speranza concreta di competere in tutte le manifestazioni sino in fondo. Senza scendere dal carro già a dicembre. In questo senso è emblematico il lungo abbraccio tra Bettega e Ferrara al momento del loro incontro dopo la nomina del primo a vicedirettore generale. Passato, presente e futuro della Juventus. Resta solo da capire se si trattava di un saluto caloroso o di un addio.
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