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martedì 11 settembre 2012

Il Genoa di Bagnoli conquista Liverpool


"Dicono che il Liverpool non è più quello di una volta, ma neanche le squadre italiane lo sono. Una volta chi veniva qua con un 2-0 si sparava in difesa. Impossibile schiodarlo. Ma adesso giocano e il Genoa un goal lo subisce quasi sempre. E poi questo sarà il miglior Liverpool di tutta la stagione". Le parole pronunciate da Ian Rush prima dell'incontro disputato tra i Reds e i rossoblù il 18 marzo 1992 erano intrise di quello spirito battagliero che da sempre anima il club inglese.

Reduce da un brillante quarto posto in serie A ottenuto nella stagione precedente, nella gara di andata dei quarti di finale della coppa U.E.F.A. il Genoa era riuscito a piegare gli avversari per due reti a zero allo stadio Luigi Ferraris (4 marzo). I goals erano stati messi a segno da Fiorin e Branco. Era stato proprio il terzino brasiliano a sigillare la vittoria con una delle sue ormai classiche punizioni, colpendo il pallone con le ultime tre dita del piede sinistro, accanto alla valvola, per spedirlo sotto la traversa dopo avergli impresso una traiettoria carica di effetto.

L'Anfield, la casa del Liverpool, in ambito europeo era rimasto inviolato dal lontano 6 novembre 1973, allorquando la Stella Rossa si era unita al Ferencvaros e al Leeds United nel ristrettissimo novero delle compagini in grado di espugnarlo. L'appuntamento con la storia, quindi, era fissato per il 18 marzo. Il Grifone si apprestava a vivere - finalmente - una serata degna del suo blasone, accompagnata da aspettative che avevano generato un altissimo livello di tensione. Lo stesso Branco, stimolato a più riprese sull'argomento, alla fine era sbottato: "Ragazzi, mica è la guerra del Golfo".

Superati - in rigoroso ordine cronologico - Real Oviedo, Dinamo e Steaua Bucarest, il Genoa poteva permettersi di perdere di misura per accedere alle semifinali del torneo. Graeme Souness, tecnico degli inglesi con un passato da grande giocatore (anche alla Sampdoria), aveva chiesto ai suoi centrocampisti Barnes e McManaman di costringere sulla difensiva Eranio e Branco, i rispettivi dirimpettai sulla linea mediana del campo. Conquistato il pallone, avrebbero poi dovuto rifornire di munizioni i due attaccanti: Saunders e - appunto - Rush, quest'ultimo recuperato dopo l'ennesima operazione al menisco.

Osvaldo Bagnoli, dal canto suo, non intendeva certamente partire battuto: "L'Ajax di Cruyjff e il Liverpool dei tempi d'oro sono le squadre che, dal '70 a oggi, più mi hanno colpito. Ma favorito, oggi, è il mio Genoa. Giocheremo come sappiamo. Senza paura. Sempre che l'emozione di essere qui, in un tempio del calcio, non ci blocchi proprio sul più bello". Dopo aver guidato il Verona sino a raggiungere lo storico scudetto nella stagione 1984/85, il tecnico milanese era arrivato sotto la Lanterna nel corso dell'estate del 1990 in sostituzione di Franco Scoglio. In pochi mesi di lavoro era riuscito a creare una squadra in grado di giocare a memoria, difficile da buttare giù al primo colpo.

Anche il Liverpool se n'era dovuto accorgere: dopo un avvio di chiaro stampo inglese, al 27’ Aguilera aveva portato in vantaggio i rossoblù, concludendo con un diagonale imparabile un'azione partita dai piedi di Onorati e portata avanti da Ruotolo. Sfiorato il raddoppio con Eranio e salvato più volte da Braglia, all'inizio della ripresa aveva poi subito la rete del momentaneo pareggio ad opera di Rush (di testa, su azione nata da un calcio d'angolo). A chiudere il discorso qualificazione, in mezzo ad una vera e propria bolgia, aveva pensato ancora una volta Aguilera: un triangolo tra Eranio e Skuhravy aveva tagliato a fette la retroguardia dei Reds, consentendo alla piccola punta uruguaiana di trovarsi di fronte a Hooper e trafiggerlo nuovamente. Due a uno, match virtualmente finito. Una curiosità: la seconda rete di Aguilera era stata messa a segno esattamente nello stesso minuto in cui aveva realizzato l'altra nel corso della prima frazione di gioco (al 27’).

In un clima di assoluta sportività tanto sugli spalti quanto sul campo di gioco (nessun ammonito tra i presenti) il Genoa era riuscito nell'impresa di qualificarsi espugnando l'Anfield. Da uomo umile quale era, nonostante la felicità per il successo appena conseguito, Bagnoli aveva preferito mantenere un profilo basso: "Non vorrei che qualcuno si demoralizzasse, ma abbiamo vinto solo una partita, se finissimo qua non avremmo conquistato niente. Comunque è stata una prestazione da 10 e lode".
Il cammino della sua squadra si sarebbe poi concluso in semifinale, contro l'Ajax vincitore della coppa U.E.F.A.. Lo stesso club che, tre anni dopo, avrebbe conquistato la Champions League battendo nella finalissima il Milan di Fabio Capello.
Nonostante i tentativi messi in atto dal presidente Aldo Spinelli per trattenere il tecnico per la stagione successiva ("E' la nostra mamma. Due anni fa l'avevo in testa, ora ce l'ho anche nel cuore. Vorrei che restasse con noi l'anno del centenario"), Bagnoli a fine anno prese la strada di Milano, per andare a sedersi sulla panchina dell'Inter.

Eranio, Aguilera, Braglia, Branco, Skuhravy, Bortolazzi... poco alla volta si sarebbe sciolto un gruppo in grado di regalare il sorriso ad una tifoseria che attendeva da troppo tempo una soddisfazione simile. La punta dell'iceberg di quel periodo fu proprio la gara di Liverpool. In fondo Rush non aveva tutti i torti: "Il Genoa un goal lo subisce quasi sempre".
Vero. Però ne segnava pure parecchi...

Articolo pubblicato su Lettera43

mercoledì 19 gennaio 2011

Aquilani, Del Piero e la Juve del futuro prossimo

La Juventus contro il Bari ha ripreso a vincere in campionato dopo le ultime due sconfitte subite in altrettante gare. La classifica della serie A ha assunto adesso un aspetto decisamente migliore rispetto a quello che mostrava la domenica precedente, dato che ora i bianconeri si ritrovano a ridosso della zona-Champions League e sono nuovamente in mezzo ad un gruppone dove il Milan, nonostante Ibrahimovic, per una giornata ha rallentato il passo pareggiando contro il Lecce.

Il successo casalingo allo stadio "Olimpico", però, ha provocato reazioni diverse in alcuni dei protagonisti in maglia bianconera. Basta leggere le dichiarazioni dei goleador di giornata per rendersene conto.
Da una parte c’è Aquilani: "Non illudiamoci: scudetto è una parola che bisognerebbe dimenticare. Il nostro obiettivo è il quarto posto. Milan, Inter e Roma hanno qualcosa in più. E’ inutile negarlo, qui non ci sono più Zidane e Nedved". Dall’altra Del Piero: "Come non abbiamo mai parlato di scudetto, non indichiamo il quarto posto come traguardo massimo. Tutto è ancora apertissimo: tre vittorie consecutive possono cambiare le prospettive di qualsiasi squadra. La Juve ha le qualità e le capacità necessarie per fare un bel campionato".

In mezzo alle opinioni discordanti dei due compagni di squadra c’è la Juventus "no limits" di Luigi Del Neri, quella del bicchiere "mezzo pieno" per le diciotto partite successive alla sconfitta interna rimediata in campionato contro il Palermo (23 settembre 2010), salvo poi toccare con mano che la parte "vuota" non era in realtà poca cosa.

Aquilani è arrivato da qualche mese alla corte della Vecchia Signora. Romano e romanista, l’ha conosciuta come avversaria con la maglia giallorossa, "annusandola" in più di un’occasione dopo essersi ritrovato in momenti diversi al centro di una possibile trattativa di mercato tra le due società. Una di queste risale all’estate del 2008 prima del suo trasloco in Inghilterra, quando la precedente dirigenza bianconera si era messa alla ricerca di un giocatore in grado di colmare la casella vuota del regista in mezzo al campo. La rosa dei candidati era ristretta a quattro calciatori: lo stesso Aquilani, il nerazzurro Dejan Stankovic, lo spagnolo Xabi Alonso e il mediano Christian Poulsen. Come andò a finire lo sanno tutti: si decise di puntare sul biondo danese (allora in forza al Siviglia), che due anni dopo lasciò il posto proprio all’attuale centrocampista bianconero, con il quale finì per scambiare anche maglia (quella del Liverpool).
Recentemente intervistato da Fabrizio Salvio (per "Sportweek", il settimanale della "Gazzetta dello Sport"), alla domanda "La Juve vista da dentro è diversa da quella che giudicava stando alla Roma?", ha risposto: "Sono cambiati gli uomini, a partire dai dirigenti. Ho trovato solo persone a posto, pulite. E, quanto a peso politico, non godiamo di protezione arbitrale".

Del Piero è cresciuto, come molti tifosi juventini suoi coetanei, con il poster di Michel Platini in cameretta. Ha sognato da bambino di ripeterne le gesta, sino a quando ne ha preso la maglietta numero "10" e ha iniziato a scrivere lui stesso una fetta importante di storia bianconera (più di 17 anni non sono uno scherzo…). E’ arrivato in una Juventus che stava uscendo dal letargo degli anni successivi all’addio al calcio del fuoriclasse francese per trovarsi catapultato in serie B dopo aver fatto parte di una squadra stratosferica. Adesso si ritrova in una formazione decisamente più debole, che lui stesso ha aiutato in tante occasioni ad uscire fuori da situazioni difficili. Legge gli andamenti degli ultimi campionati di serie A e si rende perfettamente conto che tre successi consecutivi non ti garantiscono uno scudetto, ma ti cambiano decisamente le prospettive. Basta vedere come si è delineata la classifica dopo aver battuto il Bari arrivando da due disfatte (contro il Parma e il Napoli). Certo, il problema è vincerle, tre di fila. Cosa che quest’anno, anche nel momento in cui Madama era in ottime condizioni, non è mai capitato. La prossima (delicata) sfida contro la Sampdoria potrà dare un’immediata risposta alle speranze di Del Piero e ai dubbi di Aquilani.

Domenica si ripartirà da Genova, laddove Del Neri il quarto posto riuscì a centrarlo la scorsa stagione alla guida dei blucerchiati. La sua Juventus, ora, ha conquistato un punto in più di quanti ne aveva totalizzato quella allenata da Ciro Ferrara. Certo, si tratta soltanto di una magra consolazione: gli obiettivi (e gli obblighi) sono altri.
Mentre la società si è messa alla ricerca di una punta a prezzo di saldo (necessità diventata impellente dopo l’infortunio occorso a Quagliarella), nel frattempo la sua formazione si riprende il (platonico) titolo di attacco più prolifico della serie A, in coabitazione con il Milan.
Su questo punto, invece, è nato un caso curioso: da tre giorni a questa parte (a partire da lunedì 17 gennaio) la versione cartacea della "Gazzetta dello Sport" indica come 34 le reti realizzate dai rossoneri in questo campionato, a differenza delle 35 presenti nel sito dello stesso quotidiano (tante quante quelle della Juventus).
Semplice distrazione o permangono ancora dei dubbi sulla convalida del goal in fuorigioco del milanista Strasser nella gara di Cagliari nel giorno dell’Epifania?

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com