Nei giorni precedenti l'incontro col Genoa un giornalista fece vedere a Sergej Aleinikov il suo taccuino, nel quale aveva disegnato uno schema della Juventus evidenziando la posizione da lui occupata in campo a seguito dell'assenza di Tricella e del conseguente arretramento di Daniele Fortunato nel ruolo di libero: centrocampista centrale, davanti alla difesa. "E' contento?", gli chiese. In tutta risposta il bielorusso si fece prestare la penna e si "spostò" più avanti: "Anch'io ho voglia di goal, anche se non ne ho mai segnati molti in carriera".
Il calcio italiano aveva iniziato nel modo peggiore la stagione 1989-90, quella che anticipava i secondi campionati mondiali disputati nel nostro paese: il 3 settembre 1989 Gaetano Scirea aveva perso la vita in un incidente stradale in Polonia. A Dino Zoff, confermato come tecnico alla guida della Vecchia Signora, in quell’occasione non venne a mancare soltanto l'allenatore in seconda della squadra, quanto - piuttosto - un amico vero. Per il popolo juventino era semplicemente "Gai", un campione inimitabile dentro e fuori dal rettangolo di gioco.
Il già citato Aleinikov andava a far compagnia all’altro sovietico, l'ucraino Aleksandr Zavarov, in una squadra che vedeva il suo terzetto straniero (il limite massimo tesserabile all'epoca) completato dal piccolo attaccante portoghese Rui Barros. Quella era una Juventus che, sulla carta, difficilmente avrebbe potuto competere sino in fondo al torneo per aggiudicarsi lo scudetto. Dopo un inizio stentato, però, in quella formazione successe quel "qualcosa" che anche i soloni del calcio non riescono mai a prevedere in anticipo: si creò quell'alchimia capace di trasformare una buona squadra in un gruppo vincente.
Il 22 ottobre 1989 la Vecchia Signora scese in Liguria, ospite del Genoa di Franco Scoglio, nel rinnovato "Luigi Ferraris" che proprio in quei giorni iniziava a mostrarsi in tutta la sua nuova bellezza dopo il completamento della ristrutturazione, in vista degli ormai prossimi campionati del mondo. La squadra del presidente Aldo Spinelli aveva puntato forte su un trio di uruguaiani (Perdomo, Paz, Aguilera), visto che non aveva potuto raggiungere uno degli obiettivi dichiarati nel calciomercato estivo: Sergej Aleinikov. Guarda caso.
La sconfitta finale del Genoa maturò proprio dal non aver potuto applicare la tattica in cui era particolarmente abile, il pressing sui portatori di palla avversari: gli uomini di Zoff aggredirono i grifoni in lungo e in largo per tutto il rettangolo di gioco, raccogliendo da subito i frutti di una gara affrontata con il piglio della grande squadra. Grazie ad una stupenda rovesciata sottomisura, istintiva come lo erano molte delle sue giocate, Salvatore "Totò" Schillaci portò in vantaggio la Juventus indirizzando in rete un cross proveniente da una punizione di De Agostini, la cui traiettoria era stata deviata dalle precedenti sponde di testa di Galia e del terzino destro Napoli. Pato Aguilera dopo pochi minuti – anche lui di testa - riportò la situazione in parità.
In tribuna, ad assistere alla partita, c'era Azeglio Vicini, commissario tecnico della nazionale italiana. Era venuto per osservare dal vivo tanto i giocatori già presenti nel suo gruppo quanto altri che nutrivano speranze di farne parte. Tra i quali, ovviamente, non poteva mancare l'attaccante siciliano della Juventus. "Vedrete Schillaci, sorprenderà tutti": così Giampiero Boniperti, presidente bianconero, aveva presentato il calciatore al palcoscenico della serie A ad inizio stagione. Per non deludere nessuno, a seguito di una bella triangolazione con Aleinikov proprio la punta siglò la sua personale doppietta con un tiro di destro in diagonale: 2-1.
Nel tentativo di appoggiare la palla in calcio d’angolo Daniele Fortunato fu l’autore del più classico tra gli autogoal, deviando – di testa, ovviamente - nella porta difesa da Tacconi un cross del genoano Fiorin. A fine gara il portiere bianconero confessò il contenuto della chiacchierata avuta col difensore negli attimi immediatamente successivi all’episodio: “Scherzosamente mi sono complimentato per la deviazione imparabile che aveva effettuato. Alla fine della partita, poi, è venuto a ringraziarmi”.
Il "professore" Franco Scoglio, squalificato, dopo aver assistito alla prima frazione di gara in tribuna d'onore si spostò nel corso della ripresa in quella di fronte, vuota perché non ancora aperta al pubblico. Aveva capito le difficoltà in cui versava la sua squadra, con la difesa retta dal solo Signorini e che mostrava i suoi punti deboli nelle deludenti prestazioni offerte da Perdomo e Caricola. L'allenatore genoano conosceva bene Schillaci, per averlo allenato a Messina. Aveva provato – tempo addietro - a portarlo con sé sotto la Lanterna, ma l'allora presidente Massimino si era rifiutato di farlo partire: se ne sarebbe privato solo al cospetto di un'offerta irrinunciabile da parte di una grande squadra.
Una deviazione di Aleinikov (raccogliendo un pallone scagliato in area da Marocchi) portò la Juventus nuovamente in vantaggio. Il successivo rigore calciato da Aguilera e parato da Tacconi chiuse definitivamente l’incontro. Ironia della sorte, furono proprio il centrocampista e Schillaci, fortemente voluti in passato dal Genoa, a decidere l’esito della gara.
Quella stagione, considerando le premesse iniziali, risultò poi essere ottima. A seguito del ribaltone targato Luca Cordero di Montezemolo Dino Zoff sarebbe però stato costretto ad abbandonare la Juventus a fine anno.
Nel momento dei saluti, dopo che Zoff e i suoi ragazzi avevano aggiunto nella bacheca bianconera una Coppa Italia e una coppa UEFA, oltre ad aver ottenuto il terzo posto in classifica (in coabitazione con l’Inter), è bello immaginare che lassù, da qualche parte, anche Gaetano Scirea stesse festeggiando le vittorie del suo amico.
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