"Scrivetelo pure e sotto ci metto la firma: a me nessuno ha regalato niente, ringrazio il Signore, ma qui ci sono arrivato solo col sudore". Con queste parole Fabrizio Ravanelli concluse un pomeriggio da leoni, quello che lui e la sua Juventus vissero allo stadio "Ennio Tardini" di Parma l’8 gennaio 1995.
Nel corso della quindicesima giornata del campionato di serie A una Vecchia Signora incerottata e malconcia andò a fare visita ai ducali allenati da Nevio Scala. In palio, oltre ai tre punti, c’era pure il primato in classifica, quando ancora mancavano tre gare alla conclusione del girone d'andata.
Priva del talento di Roberto Baggio e dei muscoli di Jürgen Kohler, Madama rischiò seriamente di dover fare a meno anche del carisma di Gianluca Vialli: a causa di uno scontro involontario col compagno di squadra Torricelli, avvenuto durante l’ultimo allenamento, si era infatti procurato un lieve trauma distorsivo al ginocchio sinistro. Alla fine strinse i denti e partì col resto del gruppo, pur di non mancare all’appuntamento con la delicata trasferta. Lippi poté quindi proporre l’ormai abituale tridente offensivo, con Del Piero sempre più a proprio agio nel ruolo di sostituto del Divin Codino, lasciando a Fusi e a Ferrara il compito di guidare il reparto difensivo e a Paulo Sousa quello di dirigere il traffico nel centrocampo, aiutato - nel compito - da Alessio Tacchinardi. Antonio Conte completava la linea mediana bianconera.
Proprio nel cuore del rettangolo di gioco, laddove si vincono le partite, il Parma perse l’incontro prima ancora che lo stesso avesse avuto inizio: Scala rinunciò inspiegabilmente a Gabriele Pin, uomo d’ordine in mezzo ad una selva di corridori, lasciando che Crippa e Dino Baggio si alternassero nel sostituirlo in quelle che abitualmente erano le sue mansioni, con Minotti e Sensini pronti ad aggiungersi ai due compagni in fase di interdizione. Il suicidio tattico venne completato con la decisione di passare alla difesa con cinque giocatori, abbandonando il classico 3-5-2 e schierando al cospetto della Juventus un tridente offensivo composto da Zola, Branca e Asprilla. A quest’ultimo ordinò di iniziare largo a destra, qualche metro più avanti rispetto alla zona dove operavano i centrocampisti gialloblù. Il tecnico dei padroni di casa, quindi, aveva optato per la scelta di affrontare la Vecchia Signora utilizzando le sue stesse armi, snaturando - così - le caratteristiche della propria squadra.
Madama aveva ormai assimilato la mentalità di Marcello Lippi, giunto in estate a Torino per volontà della Triade (così era soprannominata la nuova dirigenza juventina) con il compito di dare una forte identità alla squadra indipendentemente dai giocatori schierati di volta in volta, e con l’obiettivo dichiarato di riportarla al successo nel minor tempo possibile.
In una prima frazione di gioco che non regalò molte emozioni, la Juventus aggredì subito i padroni di casa: Del Piero, Vialli e Ravanelli, in rigoroso ordine cronologico, provarono a portare in vantaggio i bianconeri con tre conclusioni nell’arco di due soli minuti.
Paulo Sousa si impadronì velocemente del centrocampo, mentre Torricelli limitò agevolmente le intenzioni di Asprilla costringendolo, con il suo dinamismo, a continui ripiegamenti difensivi. Da una sua incursione nacque il primo episodio importante della gara: così come gli era capitato in allenamento con Vialli, entrò in contatto con Bucci, venutosi a trovare solo di fronte a lui nell’area di rigore parmense. Nell’urto il portiere ebbe la peggio e fu costretto ad uscire dal campo, sostituito da Giovanni Galli.
I primi quarantacinque minuti si chiusero a reti inviolate, senza che il Parma riuscisse a creare seri pericoli a Peruzzi, fatto salvo un tentativo isolato di Branca sventato dal numero uno bianconero.
Al 12’ della ripresa il risultato si sbloccò: una combinazione tra Asprilla e Dino Baggio offrì al centrocampista della nazionale lo spazio per calciare un diagonale vincente. Passata in svantaggio Madama aggiunse alla solita mole di gioco anche la concretezza, riuscendo a pervenire al pareggio dopo soli quattro minuti in maniera insolita: un innocuo traversone di Paulo Sousa entrò direttamente nella porta dei padroni di casa dopo un contrasto tra Couto e Galli (uscito per agguantare la sfera), senza che si rendesse necessario l’intervento di Ravanelli, appostato in zona per deviare la traiettoria.
Il Parma subì il colpo, arretrando timidamente verso la propria metà campo. Lippi, nel frattempo, aveva già disegnato una Juventus d’assalto: fuori Fusi e dentro Jarni, con Torricelli spostato a destra e Carrera avvicinato a Ferrara al centro delle retroguardia. Il centrocampo, che già poteva beneficiare in fase di contenimento dei continui rientri dei tre attaccanti, potè così avvalersi delle sovrapposizioni di entrambi i laterali difensivi.
Lo stesso Torricelli, dopo aver imbrigliato Asprilla e messo la museruola a Branca, continuò a spingersi in avanti per aiutare i compagni a trovare il goal del 2-1. Da una delle sue sortite offensive nacque (al 25’) l'azione del raddoppio: il terzino consegnò un pallone sulla fascia a Vialli, abile a crossare velocemente verso Ravanelli che raccolse l’invito con un perfetto colpo di testa in tuffo, con cui anticipò l’intervento di Sensini e trafisse Galli. Una rete "alla Bettega", tanto per citare un simbolo della storia bianconera.
Due minuti dopo la punta ricambiò il favore a Vialli, offrendogli un assist in area di rigore parmense, in posizione defilata: steso da Apolloni, l’attaccante riuscì a procurarsi il calcio di rigore per il 3-1 finale. Fu lo stesso Ravanelli a calciarlo. La sostituzione di Marocchi per Paulo Sousa e la successiva espulsione (per doppia ammonizione) di Couto non modificarono l’esito della gara, ormai avviata a concludersi con una netta vittoria per la Juventus.
Nel dopo partita, davanti ai taccuini, uno sconsolato Nevio Scala ammise con onestà le sue colpe: "Penso di aver sbagliato tutto, a partire dalla formazione iniziale fino al non essere intervenuto dalla panchina per correggere la situazione in campo. Ho peccato di presunzione, sono il responsabile numero uno della sconfitta contro la Juve". Lippi, ovviamente, si mostrò soddisfatto del risultato e del gioco messo in mostra dai suoi uomini: "Una squadra è vera nel momento in cui riesce a prescindere dai campioni singoli che ne fanno parte. Se la Juve, che è già vincente pur essendo ancora in crescita, ha fatto quel che ha fatto, lo si deve all’acquisizione di una precisa personalità".
La Juventus avrebbe avuto la certezza matematica di aver conquistato il suo ventitreesimo tricolore il 21 maggio 1995, proprio nella gara del girone di ritorno contro il Parma, disputata allo stadio "Delle Alpi" di Torino e vinta col risultato di 4-0. Ravanelli fu ancora protagonista assoluto dell’incontro, segnando sia la rete d’apertura che quella di chiusura della partita. La corsa con le braccia aperte e la faccia nascosta dalla maglietta con cui festeggiava ogni sua marcatura rappresentavano alla perfezione l’immagine di una Vecchia Signora che dopo anni di insuccessi aveva finalmente ripreso a divertirsi.
E a vincere.
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