sabato 6 novembre 2010

Sanguin, il petardo e la vittoria a tavolino del Cesena sulla Juve

La storia è fatta di corsi e ricorsi, di episodi che a volte - nel momento stesso in cui si verificano - sembrano assumere un valore insignificante, salvo poi entrare di diritto nella galleria dei ricordi difficili da dimenticare.
Uno di questi accadde il 22 novembre del 1987 a Torino, in una domenica (apparentemente) qualsiasi, nella quale era previsto lo svolgimento della partita tra la Juventus ed il Cesena, valida per la nona giornata del girone di andata del campionato di serie A.
Una "grande" squadra contro una "piccola", la Vecchia Signora del calcio italiano abituata da sempre a lottare per il titolo contro una società che tradizionalmente fa della salvezza il suo scudetto.

Quella che si era presentata ai nastri di partenza del campionato 1987-88 era una Juventus decisamente inferiore rispetto ai consueti livelli di eccellenza: al termine della stagione precedente, già orfana di Giovanni Trapattoni (trasferitosi all'Inter), aveva dovuto tristemente salutare anche Michel Platini.
Per compensare l'enorme vuoto lasciato dalla partenza del francese, Boniperti aveva deciso di sfidare l'impossibile provando a sostituire Michel con un serio professionista come Marino Magrin, cui venne affidato il compito di rifornire l'acquisto-monstre del mercato estivo, il bomber gallese Ian Rush, che nei sette anni trascorsi a Liverpool aveva vinto tutto e segnato più di duecento gol con i "Reds".
Com'era prevedibile, la scelta dell'ex atalantino si sarebbe rivelata un azzardo, e la stagione della Juve (quella dei novant'anni dalla fondazione) fu deludente, con la squadra lontana dagli obiettivi che contavano, vuota di contenuti e al tempo stesso piena di polemiche. Una battuta dell'Avvocato Agnelli, pronunciata a campionato in corso (1° marzo 1988), può servire più di ogni altra considerazione a disegnare il quadro di quel particolare momento storico della Vecchia Signora: "Per salvare questa Juve non basterebbe tutto l'entusiasmo che si è creato intorno a Tomba".

E anche quel fatidico 22 novembre non si sottrasse ad un destino che per la Juventus, in quel campionato, sembrava già scritto.
Un petardo lanciato dagli spalti dello stadio "Comunale" scoppiò accanto al tunnel posto sotto la curva Filadelfia, nel momento in cui le due formazioni stavano raggiungendo gli spogliatoi per l'intervallo della partita.
Il centrocampista dei romagnoli Sanguin, a causa del trauma uditivo subìto dopo l’episodio in questione, non fece rientro sul rettangolo di gioco per riprendere il match.
A nulla valse la doppietta realizzata da Sergio Brio, cui rispose il cesenate Rizzitelli a quindici minuti dal termine dell'incontro. Il risultato non venne omologato e il Cesena presentò reclamo al giudice sportivo Barbè, che decise per la vittoria a tavolino per 2-0 a favore dei romagnoli.

Già nell'immediato dopo partita scoppiarono forti polemiche, con la Juventus convinta che Sanguin avesse accentuato gli effetti provocati dello scoppio, approfittando dell'accaduto per influenzare la decisione del giudice sportivo e guadagnare preziosi (quanto insperati) punti-salvezza.
Antonio Cabrini, a pochi passi dal giocatore avversario in quei concitati momenti, intervistato pronunciò queste parole: "Eravamo in cinque lì vicino, ma soltanto Sanguin si è sentito male. Il suo comportamento è stato esagerato".
Con l'intervento in prima persona dell'avv. Chiusano, legale (e vicepresidente) della Juventus e di Giampiero Boniperti, la società torinese provò con tutte le proprie forze a ribaltare il primo verdetto negativo, ma né la Disciplinare né la Caf (gli ultimi due gradi di giudizio) cambiarono idea: nonostante la vittoria ottenuta sul campo, la tanto temuta e "potentissima" Juventus venne quindi sconfitta in sede giudiziaria, e fu così costretta ad accettare il ribaltamento del risultato a favore del Cesena.

Il silenzio stampa imposto ai giocatori da Boniperti venne disatteso soltanto da Stefano Tacconi, che si limitò a dire: “Al prossimo petardo ci provo anch'io a buttarmi a terra".
Ad ogni vittoria, all’epoca dei fatti, venivano assegnati due punti (al posto dei tre attuali): con quelli la Juventus avrebbe potuto evitare lo spareggio per accedere alla coppa UEFA, disputato a fine stagione contro il Torino (23 maggio 1988), in virtù della medesima posizione in classifica (la sesta) ottenuta da entrambe le squadre.
La Vecchia Signora tuttavia vinse, ai rigori (4-2), dopo che i tempi regolamentari e i supplementari si erano conclusi con un nulla di fatto. Sergio Brio, ironia della sorte, sbagliò il penalty.

Una nota conclusiva: l’arbitro di quel famoso Juventus-Cesena, nonché autore del referto dell’episodio dello scoppio del petardo che – così come redatto – mise in difficoltà la linea difensiva della società torinese, era Romeo Paparesta, padre di Gianluca Paparesta.
La storia, come detto, è fatta di corsi e ricorsi.
A volte anche di curiose coincidenze.

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8 commenti:

marco99 ha detto...

Un fatto che non ricordavo, anche se allora già seguivo la mia juve.
un abbraccio

Thomas ha detto...

L'esempio lampante di come la Juventus (non) comandava.
Vinceva sul campo.
E quando non le riusciva, perdeva.
Punto.
A differenza di quello che hanno voluto far credere al popolino in questi quattro anni...
Un abbraccio, amico mio.
A presto ;-)

Giuliano ha detto...

me l'ero proprio dimenticata, pensa che ho perfino letto Sanguin alla francese...Ormai, a leggere le formazioni si fa così! viene automatico, Sanguin et Bigon, due francesi - o no?
:-)

Thomas ha detto...

In un certo senso... Sì!
;-)

Un abbraccio e grazie!

Ps: ringrazio anche la redazione di "TuttoJuve.com" per aver pubblicato il pezzo nel sito (http://www.tuttojuve.com/?action=read&idnotizia=33477)

JUVE 90 ha detto...

alla fine c'è più gusta a vincere lo spareggio con il Torino. O no? :)

Thomas ha detto...

Sì, indubbiamente.
Ma ti assicuro che avessi avuto tra le mani Sanguin prima che battessero quei rigori...
;-)

Un abbraccio!

Anonimo ha detto...

I like it very much!

Thomas ha detto...

Thank you ;-)