Poco prima dell'inizio del novecento Sir Arthur Conan Doyle, il papà di Sherlock Holmes, scrisse: “Una volta eliminato l'impossibile ciò che rimane, per quanto improbabile, dev'essere la verità”.
La frase sembra calzare a pennello per la misteriosa morte di Donato “Denis” Bergamini, centrocampista del Cosenza scomparso il 18 novembre del 1989 all’età di ventisette anni.
La storia, quella rimasta “ufficiale” per molto tempo, è tristemente nota: il giocatore si buttò sotto un camion in corsa in prossimità di Roseto Capo Spulico, lungo la strada statale 106 Jonica che collega la stessa Cosenza a Taranto. Questa era la versione risultante dalla prima inchiesta svolta dalla Procura della Repubblica di Castrovillari, alla quale in pochi credettero. Chi aveva avuto modo di conoscerlo si oppose con forza a questa ipotesi, non ritenendola plausibile.
In generale, erano (e sono) troppi i punti interrogativi rimasti in sospeso intorno a quanto accadde tanto in quel pomeriggio quanto nei giorni precedenti la tragedia. Domizio, il padre del calciatore, in più di un'occasione ha ricordato una telefonata ricevuta dal figlio lunedì 13 novembre, mentre la famiglia si trovava nell'abitazione di Boccaleone, piccola frazione del comune di Argenta: una volta conclusa, lo vide estremamente preoccupato.
Anche Michele Padovano, ex compagno di squadra con il quale Bergamini divideva la stanza nei ritiri, parlò di un episodio analogo avvenuto in sua presenza.
Il nipote del calciatore, Denis (di nome e di fatto), figlio della sorella Donata, nello scorso mese di ottobre 2011 raccontò: "Ho scoperto su Facebook che c’era un gruppo di ultrà del Cosenza, con oltre tremila aderenti, che chiedeva la verità su mio zio. Li ho contattati e in seguito abbiamo chiamato l’équipe della trasmissione ‘Chi l’ha visto?’. Da lì si è rimesso in moto tutto".
La perizia recentemente eseguita dai carabinieri del Ris di Messina ha accertato che le ferite subite da Bergamini sono state provocate in un momento precedente rispetto al trascinamento del corpo da parte dell'autoarticolato. La catenina, l'orologio e le scarpe indossate dalla vittima sono rimaste intatte anche dopo l'accaduto. Riaperta sempre dalla Procura di Castrovillari l'inchiesta sulla morte del calciatore per omicidio volontario a carico di ignoti (prima fu chiusa per "suicidio"), la speranza è che molti di quei punti interrogativi riescano ora a trovare delle risposte esaustive.
In ordine sparso: esiste un collegamento tra quanto accaduto a Bergamini e le successive morti di Domenico Corrente e Alfredo Rende, dipendenti del Cosenza, sulla stessa statale 106? Perché il giocatore abbandonò in tutta fretta, in quel fatidico pomeriggio, il cinema nel quale si trovava con i compagni per raggiungere l'ex fidanzata Isabella Internò? Qual era il vero ruolo della ragazza in tutta questa storia? Perché, stando a quanto lei stessa ha successivamente confessato, l'atleta sarebbe voluto improvvisamente fuggire prendendo un traghetto da Taranto? Cosa si nasconde dietro la vicenda dell'acquisto della Maserati ad opera di Denis? E nel rapporto tra lui e Padovano, per il quale è stata chiesta recentemente la condanna ad otto anni e otto mesi di carcere a seguito di un'indagine su un traffico di droga? Come mai ci sono state incongruenze nei racconti resi dalla Internò e da Mario Infatino (il proprietario del bar presso il quale si recò per telefonare e avvertire della tragedia)?
Queste domande, e molte altre ancora, da diverso tempo sono oggetto del lavoro dell'avvocato Eugenio Gallerani, il legale della famiglia Bergamini.
“È un errore gravissimo quello di formulare ipotesi prima di avere tutti gli indizi. Distorce il giudizio”. Lo scrisse Sir Arthur Conan Doyle. Sempre lui.
Non aveva tutti i torti.
Articolo pubblicato su
La frase sembra calzare a pennello per la misteriosa morte di Donato “Denis” Bergamini, centrocampista del Cosenza scomparso il 18 novembre del 1989 all’età di ventisette anni.
La storia, quella rimasta “ufficiale” per molto tempo, è tristemente nota: il giocatore si buttò sotto un camion in corsa in prossimità di Roseto Capo Spulico, lungo la strada statale 106 Jonica che collega la stessa Cosenza a Taranto. Questa era la versione risultante dalla prima inchiesta svolta dalla Procura della Repubblica di Castrovillari, alla quale in pochi credettero. Chi aveva avuto modo di conoscerlo si oppose con forza a questa ipotesi, non ritenendola plausibile.
In generale, erano (e sono) troppi i punti interrogativi rimasti in sospeso intorno a quanto accadde tanto in quel pomeriggio quanto nei giorni precedenti la tragedia. Domizio, il padre del calciatore, in più di un'occasione ha ricordato una telefonata ricevuta dal figlio lunedì 13 novembre, mentre la famiglia si trovava nell'abitazione di Boccaleone, piccola frazione del comune di Argenta: una volta conclusa, lo vide estremamente preoccupato.
Anche Michele Padovano, ex compagno di squadra con il quale Bergamini divideva la stanza nei ritiri, parlò di un episodio analogo avvenuto in sua presenza.
Il nipote del calciatore, Denis (di nome e di fatto), figlio della sorella Donata, nello scorso mese di ottobre 2011 raccontò: "Ho scoperto su Facebook che c’era un gruppo di ultrà del Cosenza, con oltre tremila aderenti, che chiedeva la verità su mio zio. Li ho contattati e in seguito abbiamo chiamato l’équipe della trasmissione ‘Chi l’ha visto?’. Da lì si è rimesso in moto tutto".
La perizia recentemente eseguita dai carabinieri del Ris di Messina ha accertato che le ferite subite da Bergamini sono state provocate in un momento precedente rispetto al trascinamento del corpo da parte dell'autoarticolato. La catenina, l'orologio e le scarpe indossate dalla vittima sono rimaste intatte anche dopo l'accaduto. Riaperta sempre dalla Procura di Castrovillari l'inchiesta sulla morte del calciatore per omicidio volontario a carico di ignoti (prima fu chiusa per "suicidio"), la speranza è che molti di quei punti interrogativi riescano ora a trovare delle risposte esaustive.
In ordine sparso: esiste un collegamento tra quanto accaduto a Bergamini e le successive morti di Domenico Corrente e Alfredo Rende, dipendenti del Cosenza, sulla stessa statale 106? Perché il giocatore abbandonò in tutta fretta, in quel fatidico pomeriggio, il cinema nel quale si trovava con i compagni per raggiungere l'ex fidanzata Isabella Internò? Qual era il vero ruolo della ragazza in tutta questa storia? Perché, stando a quanto lei stessa ha successivamente confessato, l'atleta sarebbe voluto improvvisamente fuggire prendendo un traghetto da Taranto? Cosa si nasconde dietro la vicenda dell'acquisto della Maserati ad opera di Denis? E nel rapporto tra lui e Padovano, per il quale è stata chiesta recentemente la condanna ad otto anni e otto mesi di carcere a seguito di un'indagine su un traffico di droga? Come mai ci sono state incongruenze nei racconti resi dalla Internò e da Mario Infatino (il proprietario del bar presso il quale si recò per telefonare e avvertire della tragedia)?
Queste domande, e molte altre ancora, da diverso tempo sono oggetto del lavoro dell'avvocato Eugenio Gallerani, il legale della famiglia Bergamini.
“È un errore gravissimo quello di formulare ipotesi prima di avere tutti gli indizi. Distorce il giudizio”. Lo scrisse Sir Arthur Conan Doyle. Sempre lui.
Non aveva tutti i torti.
Articolo pubblicato su
1 commento:
Questa è una storia importante, e terribile; e purtroppo non è la sola.
(Quanto a noi qui, autori e commenteurs di questo blog, forse è ora di cominciare a dire qualche bestialità...Siamo troppo seri, troppo noiosi, finisce che ti tolgono il finanziamento pubblico)
:-)
Posta un commento