martedì 17 aprile 2012

Di Carlo, Correnti e quel Como-Juventus del 1975...

"Bisogna stabilire una volta per tutte questa regola perché non può essere applicata una volta ogni tanto e su chi vogliono loro. Ciascuno di noi, durante e dopo le partite, magari non si rende conto di quello che dice. Si sputa fuori una parola ma lo fanno anche gli altri. La regola deve essere uguale per tutti".
Domenico Di Carlo, allenatore del Chievo, ha sfogato in questo modo la propria rabbia verso la squalifica di un turno affibbiata dal giudice sportivo ad un suo giocatore, Sergio Pellissier, reo di aver pronunciato «espressioni blasfeme» negli spogliatoi dello stadio "Bentegodi" al termine della recente gara disputata contro il Milan.

Di Carlo, al pari di Davide Lanzafame (all'epoca in forza a Parma), è stato una delle prime vittime mietute dal giro di vite imposto dal consiglio federale della Figc lo scorso 9 febbraio 2010: "L'arbitro avrà la facoltà di punire con il cartellino rosso la bestemmia detta dal giocatore in campo" aveva dichiarato solennemente Giancarlo Abete, il presidente della federazione. E se il direttore di gara non si dovesse accorgere di nulla? Nessun allarmismo, in suo soccorso ci sarà sempre l'uso delle telecamere.

Va da sé che il problema della corretta applicazione di questa norma resta attuale ed ha origini lontane nella storia del calcio nostrano: l'episodio più celebre - citato con frequenza ogni qualvolta ne accade uno simile - risale al 1975, e capitò nel corso di un Como-Juventus disputato alla seconda giornata del campionato di serie A (12 ottobre).

Claudio Correnti, ex colonna della squadra lombarda, a distanza di trentacinque anni esatti da quegli attimi li ha nuovamente raccontati al quotidiano "Corriere di Como": "Fu un episodio increscioso, il primo in assoluto in Italia. Noi del Como eravamo in vantaggio sulla Juve per due reti a una. Mancava un minuto alla fine della partita. Io incitavo i miei compagni a tenere la palla in attesa del fischio di chiusura. Scanziani la buttò in tribuna e lì per lì gliene dissi di tutti i colori e bestemmiai". L'arbitro Menegali, sentite chiaramente le imprecazioni di Correnti, decise di assegnare un calcio di punizione a favore dei bianconeri, che riuscirono a pareggiare grazie ad una deviazione involontaria di Fontolan (autore del momentaneo vantaggio) sul tiro scagliato da Cuccureddu.

Apriti cielo (verrebbe da dire, visto l'argomento): al termine della gara da una parte Beniamino Cancian, il tecnico dei padroni di casa, non riuscì a placare la sua ira ("Tutti bestemmiamo in campo, non è una bella cosa, ma succede sempre così. E noi dobbiamo perdere una vittoria ormai acquisita soltanto perché l'arbitro ci fischia una punizione contro perché uno tira un moccolo! E' una cosa che non sta né in cielo né in terra. C'è da tirare qualche moccolo adesso, non prima"), mentre dall'altra, in casa juventina, Carlo Parola preferì abbassare i toni delle polemiche ("E' il destino, non il miracolo. Le partite durano novanta minuti, e c'è posto per il goal prima che chiudano. Poi, a Como noi ci siamo abituati e in particolare Cuccureddu: già in amichevole aveva segnato nel finale con una leggera deviazione. Non ha fatto che ripetersi").

Erano anni in cui lo scudetto diventava un affare privato tra i club torinesi: in quella stagione lo vinsero i granata, precedendo i bianconeri campioni d’Italia in carica che si rifecero poi nelle due successive edizioni.

Tornando alla gara di Como, Correnti ha confessato inoltre di averla passata liscia ("L’arbitro Menegali mi disse che avrebbe anche dovuto espellermi e, quindi, mi andava ancora bene") e di essere stato sostanzialmente d'accordo con l'atteggiamento rigido tenuto dalla Figc contro chi si macchia di simili comportamenti: "Sì, lo condivido. Questo è un valore perché adesso la regola e la relativa sanzione valgono per tutti. Ai miei tempi, invece, venivano puniti solo alcuni, come il sottoscritto. Se la norma fosse stata applicata senza guardare in faccia ad alcuno, le partite sarebbero finite con cinque o sei giocatori per parte in campo...".

Dai buoni propositi ai fatti concreti la strada da percorrere è impervia: nella sostanza accade spesso che viene deciso di aggirarla, evitando di arrivare a destinazione per poi vagare senza meta intorno al problema. Per questo motivo stride con la situazione attuale (descritta da Di Carlo) la soddisfazione espressa dal presidente del Coni Giovanni Petrucci negli istanti successivi la riforma voluta e attuata nel febbraio del 2010: "Abete, che mi ha chiamato subito, ha dimostrato ancora una volta di essere un presidente di spessore. Sono grato a lui e al mondo del calcio. L'arbitro ora, con delle regole certe, saprà quello che deve fare. Era quello che auspicavo. Non è una guerra santa, ma una questione di rispetto e di etica".

Dal 1975 al 2012, però, le cose non sembrano essere cambiate così tanto.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

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3 commenti:

Giuliano ha detto...

quello che non dicono mai è che il fatto avvenne poco oltre la metà campo: vale a dire, se quelli del Como stavano solo un po' attenti...
L'altra cosa da dire è che Cuccureddu aveva una potenza micidiale, penso che solo Gigi Riva gli stesse alla pari, come violenza e velocità del pallone.
Mi ricordo sempre i rigori di Cuccureddu: palla dritta in faccia al portiere, ma a trecento all'ora! (ne ha segnati molti, basta consultare i tabellini: poi hanno cominciato a capire, e a parare, ma negli anni '70 non c'era ancora la possibilità di registrare e rivedere ogni partita)
Insomma, in gran parte questa storia della bestemmia è una montatura, come accade spesso con la Juve.
Però è divertente, e hai fatto bene a raccontarla perché è una storia che si ripete ancora oggi, come hai ben sottolineato.

MauryTBN ha detto...

A me questa delle bestemmie sembra una regola assurda. Sicuramente non si tratta di un bel gesto, ma se andassimo a vedere tutti gli insulti e le imprecazioni proferite dai giocatori bisognerebbe dare 15 cartellini rossi a partita. Se la bestemmia è brutta, di sicuro un "vaffa" all'arbitro non è un gesto carino ed educativo, nonostante sia ampiamente tollerato. Perchè le bestemmie sì e gli insulti alle madri e gli inviti ad andare a quel paese no?? Sotto questo aspetto il calcio è veramente messo malissimo, io ho avuto il piacere di giocare 10 anni a pallamano...lì non puoi neanche pensare di contestare l'arbitro o di imprecare verso i compagni/avversari, basta dire "Ma che fallo hai visto??" e il cartellino rosso è assicurato.

Thomas ha detto...

@Giuliano: grazie ;-)
Si', e' una storia ancora attuale, tipica di un'Italia del pallone (e non solo) dove si decide di applicare un qualcosa (che c'e' gia') dall'oggi al domani facendo cadere dall'alto il provvedimento, salvo poi "dopodomani" tornare alla stessa situazione di "ieri"...

Cuccureddu? Ricordo ancora un suo goal allo stadio "Olimpico" di Roma... :-)

Bellissimo commento, il tuo.
Come spunto per una riflessione tra noi (espressione abusata e "mal" usata, in questi giorni), riporto questo commento di De Sciglio (Milan): "Il goal non convalidato a Muntari ha pesato, pero' ora basta".
Ecco, ora chi lo dice ad Allegri?

@MaurtyTBN: non sapevo che avessi giocato a pallamano :-)

Il problema e' quello che hai citato tu: si e' dovuti arrivare sino al punto di scrivere una regola che concepisse la possibilita' di bestemmiare proprio perche' non si e' riusciti ad imporre l'educazione (ed il rispetto) che vige nella pallamano.

Un abbraccio ad entrambi!