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venerdì 27 settembre 2013

Juve, con il Chievo regali e fair play

 
Proprio nella settimana in cui il consiglio di amministrazione del club ha approvato un progetto di bilancio che conferma il miglioramento dell’andamento economico della società, la Juventus ha rischiato di cadere rovinosamente nella seconda gara consecutiva disputata contro una formazione veronese. Dietro ad un identico risultato, però, si nascondono due storie diverse.
 
La vittoria interna ottenuta la scorsa domenica contro la squadra guidata da Mandorlini era stata raddrizzata nell'arco di una sola frazione di gioco, per poi terminare con un vero e proprio tiro al bersaglio verso la porta del malcapitato Rafael. Alla resa dei conti gli unici argomenti di discussione erano rimasti legati al primo goal in maglia bianconera messo a segno dallo spagnolo Llorente e all'uscita dal campo di un Pirlo nervoso per la sua sostituzione.
 
Nel successo del "Bentegodi" contro il Chievo, invece, l'andamento della partita ha rispecchiato fedelmente quanto sostenuto da Antonio Conte nella consueta conferenza stampa che ha preceduto l'incontro: "Sarà molto, molto difficile quest’anno riconfermarsi in Italia. Ma molto, molto difficile". Ne sa qualcosa il Napoli, che non è riuscito ad andare oltre un pareggio interno contro quel Sassuolo che soltanto tre giorni prima era stato preso a pallonate dall'Inter. E' risaputo che i turni infrasettimanali spesso nascondono insidie e brutte sorprese dietro ad ogni angolo. Le formazioni vengono smontate e rimontate più volte in poco tempo, col risultato di non riuscire quasi mai ad ottenere gli stessi risultati. Prova ne sia, ad esempio, che dal ritorno a Torino di Conte la Juventus è riuscita a vincere tre partite di fila quando in programma c'è stato un turno infrasettimanale soltanto una volta su sette. 
 
Lo stesso tecnico bianconero ne aveva discusso con i giornalisti pochi giorni fa: "È inevitabile che dobbiamo continuare a fare dei cambi, cercando di allenare chi viene fermato da queste rotazioni perché, come dico sempre, bisogna unire l’allenamento alla partita". Per completare il filotto di successi alla Juventus mancherebbe ancora una gara, il derby previsto per l'ora di pranzo della prossima domenica. Forse la partita meno indicata tra quelle previste nel calendario. In mezzo ai mugugni di Pirlo e a qualche indecisione di troppo di Buffon, Madama dovrà sfruttare al meglio le ore che la separano dall'incontro con i granata per ritrovare quella concentrazione che le consentirebbe di partire alla pari contro l'avversaria di turno. Senza, quindi, finire nuovamente sotto di una rete per poi dover rincorrere il successo sperperando energie in un periodo così affollato di impegni.
 
In un mondo del calcio dove tutto si crea e si consuma alla velocità della luce, prima di chiudere definitivamente la saracinesca sulla quinta giornata di campionato vale la pena spendere una parola sulla sportività mostrata dal Chievo in occasione del goal regolare annullato a Paloschi contro la Juventus: chapeau.
 
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martedì 5 febbraio 2013

Finito il gennaio nero della Juventus

Dopo aver concluso nel peggiore dei modi il mese di gennaio con l'eliminazione dalla Coppa Italia, la Juventus non è riuscita a risolvere il suo ormai cronico problema offensivo neanche durante questa sessione invernale del calciomercato. Ufficializzato con largo anticipo l'arrivo dello spagnolo Llorente (bianconero a tutti gli effetti dal prossimo 1° luglio), resta viva la curiosità di capire quanto sarà determinante l'apporto che potrà fornirle il neo acquisto Anelka nel prosieguo della stagione.

"I campioni di un certo calibro non si spostano a gennaio", aveva ripetuto più volte Antonio Conte in questi giorni. Citando poi, a mero titolo esemplificativo, un ristretto elenco di grandi calciatori tra i quali non figurava il nome di Mario Balotelli. Non è dato sapere se si sia trattato di un semplice lapsus, di una dimenticanza voluta oppure del reale pensiero del tecnico juventino. Eppure il nome dell'ex giocatore del Manchester City nelle ultime ore era stato sulla bocca di tutti. Fatto sta che il suo esordio in maglia rossonera contro l'Udinese è coinciso con una doppietta personale nell'ambito della partita più chiacchierata del fine settimana calcistico.

"Abbiamo fatto quello che si poteva fare, si poteva fare meglio e si poteva fare peggio. Non mi considero e non mi consideravo favorito per lo scudetto prima del mercato, non mi considero tuttora favorito per lo scudetto neanche dopo il mercato", ha poi affermato - sempre sullo stesso argomento - l'allenatore bianconero. Le sue considerazioni sono state talmente vaghe da far pensare ad un'unica visione dell'attuale situazione in casa juventina: le fortune di Madama, almeno per quanto riguarda i prossimi mesi, continueranno a dipendere dalle capacità del tecnico leccese di far rendere al massimo il gruppo a sua disposizione dallo scorso fine agosto.

Falcidiata da infortuni e squalifiche, la Juventus ha trovato dentro se stessa la forza per continuare la propria marcia in testa alla classifica. Gli scudetti si costruiscono (e conquistano) poco alla volta, espugnando campi difficili come quelli di Verona e sconfiggendo avversari rognosi come il Chievo. Raggiunta in vetta alla serie A per poche ore dal Napoli la Vecchia Signora ha affrontato col piglio giusto la gara contro i gialloblù di Corini, portandosi in vantaggio per 2-0 ed evitando di perdere la concentrazione ed il controllo del match dopo la rete messa a segno da Thereau. Lontano dallo stadio "Bentegodi" Walter Mazzarri, fresco vincitore col suo Napoli nell'anticipo serale, aveva giurato che non avrebbe seguito alla televisione la gara dei bianconeri. La giustificazione addotta era stata quella di voler rimanere concentrato nella preparazione alla prossima sfida esterna contro la Lazio. Se poi abbia mantenuto o meno fede alla parola data è un altro discorso, in cuor suo il tecnico dei campani probabilmente immaginava che la Juventus difficilmente sarebbe tornata da Verona a mani vuote.

Prima dello scontro al vertice del "San Paolo", previsto per il 1° marzo, ci saranno ancora tre giornate di campionato. Nella prossima la Vecchia Signora ospiterà la Fiorentina, l'unica squadra che l'ha realmente messa in difficoltà dal punto di vista del gioco durante il girone di andata. Tra le due contendenti allo scudetto, però, chi sembra rischiare di più in questo frangente sembra essere il Napoli: la squadra di Petkovic arriva infatti da due sconfitte consecutive, dopo aver pagato lo sforzo del doppio impegno nella coppa nazionale contro la stessa Juventus prima o poi dovrebbe iniziare a riprendere confidenza con la vittoria in serie A.

Gli uomini di Mazzarri andranno a Roma col vento in poppa, rinforzati grazie agli ultimi acquisti invernali (Armero, Calaiò e Rolando) e con quindici punti in più in classifica rispetto alla scorsa stagione. Il loro problema è che anche la squadra di Conte viaggia più veloce rispetto ad un anno fa (quarantasette punti contro gli attuali cinquantadue).
E che il mese di gennaio è finalmente finito...

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martedì 17 aprile 2012

Di Carlo, Correnti e quel Como-Juventus del 1975...

"Bisogna stabilire una volta per tutte questa regola perché non può essere applicata una volta ogni tanto e su chi vogliono loro. Ciascuno di noi, durante e dopo le partite, magari non si rende conto di quello che dice. Si sputa fuori una parola ma lo fanno anche gli altri. La regola deve essere uguale per tutti".
Domenico Di Carlo, allenatore del Chievo, ha sfogato in questo modo la propria rabbia verso la squalifica di un turno affibbiata dal giudice sportivo ad un suo giocatore, Sergio Pellissier, reo di aver pronunciato «espressioni blasfeme» negli spogliatoi dello stadio "Bentegodi" al termine della recente gara disputata contro il Milan.

Di Carlo, al pari di Davide Lanzafame (all'epoca in forza a Parma), è stato una delle prime vittime mietute dal giro di vite imposto dal consiglio federale della Figc lo scorso 9 febbraio 2010: "L'arbitro avrà la facoltà di punire con il cartellino rosso la bestemmia detta dal giocatore in campo" aveva dichiarato solennemente Giancarlo Abete, il presidente della federazione. E se il direttore di gara non si dovesse accorgere di nulla? Nessun allarmismo, in suo soccorso ci sarà sempre l'uso delle telecamere.

Va da sé che il problema della corretta applicazione di questa norma resta attuale ed ha origini lontane nella storia del calcio nostrano: l'episodio più celebre - citato con frequenza ogni qualvolta ne accade uno simile - risale al 1975, e capitò nel corso di un Como-Juventus disputato alla seconda giornata del campionato di serie A (12 ottobre).

Claudio Correnti, ex colonna della squadra lombarda, a distanza di trentacinque anni esatti da quegli attimi li ha nuovamente raccontati al quotidiano "Corriere di Como": "Fu un episodio increscioso, il primo in assoluto in Italia. Noi del Como eravamo in vantaggio sulla Juve per due reti a una. Mancava un minuto alla fine della partita. Io incitavo i miei compagni a tenere la palla in attesa del fischio di chiusura. Scanziani la buttò in tribuna e lì per lì gliene dissi di tutti i colori e bestemmiai". L'arbitro Menegali, sentite chiaramente le imprecazioni di Correnti, decise di assegnare un calcio di punizione a favore dei bianconeri, che riuscirono a pareggiare grazie ad una deviazione involontaria di Fontolan (autore del momentaneo vantaggio) sul tiro scagliato da Cuccureddu.

Apriti cielo (verrebbe da dire, visto l'argomento): al termine della gara da una parte Beniamino Cancian, il tecnico dei padroni di casa, non riuscì a placare la sua ira ("Tutti bestemmiamo in campo, non è una bella cosa, ma succede sempre così. E noi dobbiamo perdere una vittoria ormai acquisita soltanto perché l'arbitro ci fischia una punizione contro perché uno tira un moccolo! E' una cosa che non sta né in cielo né in terra. C'è da tirare qualche moccolo adesso, non prima"), mentre dall'altra, in casa juventina, Carlo Parola preferì abbassare i toni delle polemiche ("E' il destino, non il miracolo. Le partite durano novanta minuti, e c'è posto per il goal prima che chiudano. Poi, a Como noi ci siamo abituati e in particolare Cuccureddu: già in amichevole aveva segnato nel finale con una leggera deviazione. Non ha fatto che ripetersi").

Erano anni in cui lo scudetto diventava un affare privato tra i club torinesi: in quella stagione lo vinsero i granata, precedendo i bianconeri campioni d’Italia in carica che si rifecero poi nelle due successive edizioni.

Tornando alla gara di Como, Correnti ha confessato inoltre di averla passata liscia ("L’arbitro Menegali mi disse che avrebbe anche dovuto espellermi e, quindi, mi andava ancora bene") e di essere stato sostanzialmente d'accordo con l'atteggiamento rigido tenuto dalla Figc contro chi si macchia di simili comportamenti: "Sì, lo condivido. Questo è un valore perché adesso la regola e la relativa sanzione valgono per tutti. Ai miei tempi, invece, venivano puniti solo alcuni, come il sottoscritto. Se la norma fosse stata applicata senza guardare in faccia ad alcuno, le partite sarebbero finite con cinque o sei giocatori per parte in campo...".

Dai buoni propositi ai fatti concreti la strada da percorrere è impervia: nella sostanza accade spesso che viene deciso di aggirarla, evitando di arrivare a destinazione per poi vagare senza meta intorno al problema. Per questo motivo stride con la situazione attuale (descritta da Di Carlo) la soddisfazione espressa dal presidente del Coni Giovanni Petrucci negli istanti successivi la riforma voluta e attuata nel febbraio del 2010: "Abete, che mi ha chiamato subito, ha dimostrato ancora una volta di essere un presidente di spessore. Sono grato a lui e al mondo del calcio. L'arbitro ora, con delle regole certe, saprà quello che deve fare. Era quello che auspicavo. Non è una guerra santa, ma una questione di rispetto e di etica".

Dal 1975 al 2012, però, le cose non sembrano essere cambiate così tanto.

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lunedì 23 maggio 2011

Chiuso un capitolo, ora se ne apre un altro


Andrea Pirlo saluta il Milan con le lacrime agli occhi, e va ad abbracciare una Vecchia Signora che negli ultimi tempi ha fatto soltanto piangere i suoi tifosi.
Nella serata che avrebbe dovuto sancire il passaggio di consegne tra Del Neri e Mazzarri, in curva Scirea campeggiava lo striscione profetico "Antonio Conte il nostro allenatore".

Per il resto, Juventus - Napoli ha riproposto scenari visti più volte quest’anno: Del Piero che predica nel deserto, una marcatura ad opera di Matri, una squadra nuovamente incapace di non subire goals (soprattutto in casa: con trentuno reti al passivo è stata la peggior difesa del campionato tra le mura amiche), Chiellini che dimostra maggiore incisività in attacco rispetto ad alcune insicurezze in fase difensiva.

Va da sé che Buffon è riuscito a limitare i danni e che il Palermo, perdendo in casa contro il Chievo, non ha sfruttato l’occasione per superare i bianconeri in classifica: da settimi, così come si erano piazzati anche lo scorso anno, sarebbero scivolati in ottava posizione. Come dire: di male in peggio, senza che comunque ne potesse venire stravolto il senso della stagione.

E’ stata la settimana delle sfuriate dirigenziali in casa juventina, preannunciate domenica scorsa dopo la sconfitta di Parma, laddove Madama ha buttato al vento l’occasione di giocarsi (concretamente) sino all’ultima giornata la qualificazione alla prossima Europa League. Del Neri aveva già le valigie in mano prima ancora che l’arbitro fischiasse l’inizio di quella gara; alla sua conclusione, il bersaglio delle loro critiche si è poi spostato sui giocatori, così come era già accaduto in passato.

Dopo la disfatta di Lecce (20 febbraio), infatti, Andrea Agnelli aveva tuonato una prima volta contro i calciatori ("Dopo la gara non si sono nemmeno dovuti fare la doccia"); lunedì scorso ha quindi completato l’opera: "C’è tanta delusione perché alla fine di questo campionato è emerso che una serie di giocatori arrivati non hanno capito cos’è la Juventus e i giocatori che avevamo lo hanno dimenticato". Si tratta dello stesso concetto espresso poche ore prima (al "Salone Internazionale del Libro" di Torino) da Pavel Nedved, che nel frattempo promuoveva a pieni voti Antonio Conte nella sua nuova versione da allenatore.

E così, mentre ieri mattina lo stesso presidente bianconero puntava il mirino verso la Figc per la lentezza mostrata in merito all’esposto presentato più di un anno fa (10 maggio 2010) con la richiesta di revoca dello scudetto assegnato all’Inter nel 2006, in tarda serata Del Piero sintetizzava con poche parole, chiare, il perché di un’annata disastrosa: "Le difficoltà sono state superiori alle nostre capacità in campo".

La stagione è finita male, proprio così come era iniziata. La sconfitta patita a Bari portava con sé un presagio per nulla piacevole: soltanto nel lontano 1982 Madama aveva perso alla gara d’esordio in serie A. A partire dall'inizio del 2011 è riuscita ad abbattere i principali record negativi che le erano sfuggiti lo scorso campionato.

In quella Juventus di ventinove anni fa giocavano sei calciatori italiani che si erano appena laureati campioni del mondo in Spagna, oltre ai fuoriclasse Platini e Boniek. Quando si parla di "made in Italy" bisogna considerare anche la qualità, oltre alla carta d’identità. E gli stranieri, quando vengono chiamati ad integrare una rosa di giocatori nostrani, devono possedere quel qualcosa in più che giustifichi il loro arrivo sotto la Mole.

Allontanati Camoranesi, Diego, Giovinco e Trezeguet, è venuta poi a mancare quella tecnica all’interno della rosa a disposizione di Del Neri andata perduta con le loro partenze.
"I grandi giocatori vengono sostituiti con grandi giocatori, al Milan è sempre così", diceva sabato scorso Allegri, rispondendo ai dubbi dei tifosi milanisti sulla prossima campagna acquisti della società rossonera.
Accadeva anche alla Juventus una cosa simile, sino al 2006.

La Vecchia Signora è rimasta nuovamente fuori dai margini del calcio che conta e adesso, dopo l’ennesimo fallimento, vede aumentare il gap che la distanzia dagli altri club italiani.
Poco importa il margine da recuperare verso quelli europei, dato che il prossimo anno potrà misurarsi con quelle realtà soltanto attraverso la disputa di qualche amichevole.

Svuotato il sacco delle cose negative, adesso è arrivato il momento di riprovare a "costruire". Andrea Pirlo sarà il primo mattone della nuova casa bianconera: sul talento non si discute, così come sulla personalità.
Il campo dirà se l’opportunità di prenderlo a costo zero e puntare (anche) su di lui per il nuovo centrocampo juventino si sarà rivelato un affare.
Dato il benvenuto all’ex rossonero, si attende ora l’arrivo dei fuoriclasse promessi dal club ai suoi sostenitori. Di Pazienza, ora, è rimasto solo il nome dell’altro (probabile) nuovo acquisto juventino.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com


Ecco le parole di Andrea Agnelli, intervenuto al convegno "la Juventus ieri, oggi e domani" (Torino, 22 maggio 2011). Il video è stato realizzato dagli amici del sito "www.ju29ro.com".

sabato 14 maggio 2011

Il "piano di rilancio" della Juve e i 200 milioni di euro


Nell'ultima gara di campionato la Juventus ha subito un'altra rimonta dopo essere passata in vantaggio per due reti a zero, la terza in tre mesi: lo scorso 12 marzo accadde a Cesena, il 23 aprile a Torino contro il Catania per finire a lunedì scorso (9 maggio), sempre allo stadio "Olimpico", con il Chievo. A quanto pare a questa squadra non bastano Del Piero e Matri per vincere: quello che loro creano, gli altri distruggono.

Nelle partite prese in considerazione i due attaccanti hanno realizzato tre goals a testa, senza che ciò servisse per portare a casa quei sei punti in più che ora consentirebbero alla Vecchia Signora di trovarsi in classifica davanti a Udinese, Roma e Lazio nella corsa al quarto posto. Partendo, oltretutto, dal vantaggio derivante dai risultati ottenuti nei confronti diretti, ulteriore prova di una formazione che in questa stagione si è spesso comportata da "grande" contro le "grandi" e da "piccola" con le "piccole". "Ciofeca" di Gattuso a parte.

I giocatori hanno recentemente fatto gruppo intorno al proprio allenatore, quel Luigi Del Neri che si trova sulla graticola da mesi e che ciononostante conservava fino a poche ore fa buone possibilità di una conferma alla guida della Juventus anche per il prossimo campionato. Sino all'incontro col Chievo, ovviamente: da quel momento in poi la percentuale in tal senso si è (quasi) azzerata.

Una difesa, quella dei calciatori juventini, costruita con le parole più che con i fatti: se al tecnico di Aquileia si possono imputare errori di diversa natura e durata nell'arco della sua permanenza sotto la Mole, nell'attimo di follia che ha consentito ai gialloblù di Pioli di segnare due goals in un minuto a Buffon c'è stata una buona dose di compartecipazione da parte di chi si trovava in quegli istanti in campo. Non si è trattato dell'unico "scivolone" dei bianconeri avvenuto nel corso della gara, ma ha rappresentato comunque il momento decisivo per le sorti del match. La successiva rete per gli ospiti incredibilmente fallita da Uribe ha impedito loro di ottenere un successo che non avrebbe sostanzialmente intaccato il rammarico dei tifosi della Vecchia Signora per l'ennesima vittoria buttata al vento.

Madama nella prossima stagione cambierà nuovamente allenatore, alla ricerca della persona giusta cui affidare la guida di una rosa che necessariamente verrà cambiata, se non stravolta, rispetto all'attuale. Che poi si voglia chiamare quest'operazione "progetto", "piano ambizioso", "correzione", "rivoluzione" o "evoluzione", poco cambia. L'importante è la "sostanza", quella che è mancata negli ultimi anni dietro a (quasi) tutti gli interventi della società, così come della proprietà. L'unico pezzo del club che - considerando anche quanto accaduto recentemente - non è ancora mutato.

Ad oggi i sostenitori bianconeri stanno assistendo sconcertati al comportamento di un club che cambia pelle e connotati ogni estate, salvo ritrovarsi nella primavera successiva al punto di partenza. Lo scorso 15 aprile 2010, giusto per fare un esempio, alla vigilia di Inter-Juventus di campionato disputato al "Meazza" e vinto dai nerazzurri col risultato di 2-0, la "Gazzetta dello Sport" in prima pagina titolò: "Juve, 200 milioni per lo scudetto". Di Benitez si diceva che avesse nove giorni di tempo a disposizione per accettare il progetto (ancora...) triennale della Vecchia Signora. Nel caso in cui la sua risposta fosse stata negativa, erano già pronte due alternative: Prandelli e Allegri. Mascherano e Dzeko (o Torres), invece, erano le soluzioni possibili indicate dal quotidiano per rinforzare la squadra.
Quello che accadde nella realtà dei fatti, è ormai cosa nota.

Giovedì 12 maggio 2011, sempre il giornale in questione ha riportato la notizia: "Juve da 200 milioni". Il "piano di rilancio" (questo è nuovo... ) prevede adesso un percorso di quattro anni, e i giocatori sui quali la società punterà forte saranno Pirlo (a parametro zero), Fernando, Pastore e Pinilla (oppure uno fra Tevez, Aguero e Benzema). Sull'allenatore c'è ancora incertezza, anche se i nomi più accreditati sono quelli dei soliti noti: Villas Boas, Antonio Conte o Mazzarri.

A differenza di quanto accaduto nel corso degli ultimi due anni il tecnico bianconero che ha iniziato la stagione ha poi avuto modo di completarla. Questo non è servito a risollevare le sorti di un'annata che la Vecchia Signora ha visto compromettersi proprio a partire dalla gara interna disputata contro il Parma, il suo prossimo avversario, nel giorno dell'Epifania. Le parole pronunciate da Del Neri negli attimi successivi all'incontro con il Chievo rendono l'idea della rassegnazione di un ambiente che ora ha davvero poco (nulla) da chiedere a questo campionato: "Ci manca l'esperienza, l'equilibrio. Falliamo gli appuntamenti emotivi e finiamo vittima di situazioni paradossali".

"Siamo un enorme cantiere dove quasi tutto è cambiato, dall'autista del pullman ai vertici amministrativi e tecnici. Abbiate pazienza, aspettateci", disse Marcello Lippi nel lontano 1994, all'alba di un nuovo ciclo di vittorie bianconere. Dietro a quella Juventus c'erano due Agnelli, Giovanni e Umberto, e al suo timone un trio composto da Luciano Moggi, Roberto Bettega e Antonio Giraudo.
L'amore verso il club da parte della proprietà e la massima competenza di chi la guidava: questa era la ricetta vincente.
Con i 200 milioni di euro (o 120, 100...) si fanno solo i titoli da prima pagina.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

venerdì 7 gennaio 2011

Per la Juve è giunta l'ora di voltare pagina

Ed ecco il "patatrac": in sole due partite la Juventus ha messo in soffitta quanto di buono aveva combinato nella prima parte della stagione per tornare a vestire i panni della società dedita alla beneficenza dello scorso campionato, allorquando distribuiva punti e sorrisi a tutte le avversarie che incontrava lungo il proprio percorso. Di colpo sono comparsi nuovamente i fantasmi del recente passato, quelli che Del Neri ha cercato di scacciare sin dal momento del suo arrivo a Torino.
Nell’incontro disputato ieri contro il Parma era stato già duro per i bianconeri assorbire il contraccolpo psicologico dell’infortunio patito da Quagliarella, non ci voleva certo "l’altro" Felipe Melo, il fratello cattivo dell’ottimo giocatore ammirato negli ultimi mesi del 2010, a complicare la situazione con la sua espulsione dopo pochi minuti dall’inizio della gara. E meno male che qualche giorno addietro, il 2 gennaio, dalle pagine del sito della società ammetteva: "Non credo sia da tutti, dopo una stagione negativa, riuscire a riconquistare la società e i tifosi. Per me è stata una sfida e sono orgoglioso di essere riuscito a vincerla". Un successo durato poco, ora si dovrà rimettere in gioco.

Dopo una serie positiva di 18 risultati utili consecutivi per la Vecchia Signora è arrivata una sconfitta. La si può accettare con un minimo di serenità? No.
Prima o poi sarebbe capitata, ovviamente. Ma è giunta nei "tempi" e nel "modo" più sbagliato.
Non così, in casa e contro il Parma, dopo aver gettato al vento due punti nella precedente gara di Verona con il Chievo ed in prossimità di una partita delicatissima come quella che i bianconeri dovranno affrontare a Napoli al cospetto della squadra di Mazzarri. Senza dimenticare che in quel gruppone di incontri privo di insuccessi ci sono tanti, troppi pareggi.
Mettendo da parte le sensazioni negative di questi momenti ed analizzando soltanto i numeri di Madama, bisogna riconoscere che senza il goal subito da Pellissier nei minuti di recupero dell’ultima gara pre-natalizia adesso la Juventus si troverebbe a sei punti di distanza dal Milan capolista, vale a dire lo stesso margine che le ha consentito per diverso tempo di sperare di raggiungere a fine anno un qualcosa di più di una posizione utile per accedere alla prossima Champions League.

Certo, da lì a cullare sogni di scudetto la strada sarebbe stata lunga. Per arrivare ad un obiettivo simile avrebbe dovuto preparare una sessione di mercato invernale con i fiocchi, così come sosteneva lo stesso Del Neri alla vigilia della gara contro il Parma: "Abbiamo il dovere di cercare una soluzione per migliorare questo gruppo: il mercato non è questione solo di innesti, ma di inserimento di giocatori che possano aggiungere qualità". Con la sconfitta subita contro i ducali il distacco dalla prima in classifica è aumentato sino ad arrivare a otto punti, ma quello che preoccupa maggiormente è l’intasamento che si è nuovamente creato nelle zone alte, laddove la Juventus rischia seriamente di allontanarsi se non riuscirà a tornare dal "San Paolo" nel posticipo di domenica sera con i tre punti in mano. In un reparto offensivo bianconero che ad oggi continua ad essere il più prolifico della serie A (è difficile che l’Inter nelle due gare da recuperare riesca a segnare dieci goals...) verrà poi a mancare per la restante parte della stagione Fabio Quagliarella, il suo miglior realizzatore (auguri per una completa guarigione).

Nella settimana che ha preceduto la vittoria casalinga contro il Cesena (3-1, 7 novembre) aveva fatto scalpore l’assenza di Buffon alle foto di gruppo della squadra. In quel momento nacque una querelle fastidiosa che - a conti fatti - ha rappresentato l’unica vera spina nel fianco di un ambiente come quello bianconero che con il cambio della società e l’arrivo del tecnico di Aquileia ha ritrovato serenità e convinzione nei propri mezzi. Diceva Marchisio, pochi giorni addietro: "Con Del Neri abbiamo voltato pagina, ci ha insegnato a non ripetere gli errori del passato". Lo stesso allenatore, dal canto suo, confessava: "L’anno che si chiude per me è stato entusiasmante, adesso dobbiamo provare a vincere tutte le partite che ci restano".

Spesso il Presidente Andrea Agnelli fa esplicito riferimento ai "-27 punti" che separavano in classifica la Vecchia Signora dall’Inter vincitrice dello scudetto al termine della scorsa stagione. Quello è stato il punto di partenza della sua gestione, ed è giusto ricordarlo a chi pensava che in sei mesi e con investimenti economici limitati si potessero cancellare di colpo gli effetti negativi del terremoto calcistico del 2006 e dei quattro anni del "progetto" di Jean Claude Blanc.
Da qui ad accettare con serenità quanto sta accadendo in questi ultimi giorni, però, la strada è lunga.
Benvenuto a Luca Toni, nella speranza che riesca a fornire il suo personale contributo affinchè la Vecchia Signora possa tornare il più vicino possibile alla vetta della classifica.
Ma l’augurio più grande è che a Torino si riprenda a parlare presto anche delle stelle del futuro, non solo di quelle del passato.
Perché l’obiettivo non deve essere soltanto quello di ottenere un risultato "nell’immediato", quanto costruire un qualcosa di grande per il "domani". Tradotto: è importante vedere la posizione che verrà raggiunta a fine anno dai bianconeri, ma lo è ancora di più tornare ad essere "la Juventus". Tra le due cose non c’è paragone.
I primi mesi, escluse alcune gare, sono stati buoni. Ma la storia continua ad essere ferma al 2006.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

domenica 19 dicembre 2010

Del Neri, la Juve ed i particolari importanti


Guardando la classifica dall’alto verso il basso e scorrendo il calendario, si può vedere come il Milan - in questa stagione - abbia già affrontato Juventus, Napoli, Lazio, Roma e Palermo, vale a dire le cinque formazioni più vicine ai rossoneri nelle primissime posizioni. In questi scontri diretti gli uomini di Allegri hanno accumulato due vittorie, due sconfitte ed un pareggio. Un po’ poco, almeno per ora, per una squadra che dovrebbe dominare il campionato.

La disfatta nell’anticipo di ieri contro i giallorossi coincide - guarda caso - con una gara nella quale Ibrahimovic non è riuscito a mettere il suo nome nel tabellino dei marcatori, a differenza di Borriello che, con il classico goal dell’ex, ha permesso alla Roma di sbancare Milano.
Lo svedese, viceversa, aveva segnato nelle altre quattro partite: inutile ai fini del risultato finale quello realizzato contro la Juventus; decisivo in occasione del pareggio in trasferta contro la Lazio (1-1, 22 settembre), nel 2-1 finale contro il Napoli allo stadio "San Paolo" (25 ottobre) e nel vantaggio sul Palermo prima dell’ultima marcatura di Robihno a "San Siro" (3-1, 10 novembre).
Se in più dovessimo aggiungere il derby contro l’Inter (14 novembre), basterebbe annotare l’ennesima rete vincente di Ibrahimovic nell’1-0 finale.

A leggere i numeri relativi alle partite dei rossoneri, acquista ancora più peso la dichiarazione di Giuseppe Marotta di pochi giorni fa: "Milan più forte? Il campionato è ancora lungo, ma se il Milan è Ibra-dipendente noi puntiamo di più sull'organizzazione di squadra, tanto che abbiamo mandato in goal tanti giocatori diversi".
Alla Juventus che ancora detiene il primato del miglior attacco della serie A (31 reti segnate in 16 gare disputate) si chiede oggi la terza vittoria consecutiva dopo le ultime due ottenute contro il Catania e la Lazio. In questa stagione sarebbe una novità assoluta, e capiterebbe proprio nel momento giusto: nella trasferta in Sicilia gli uomini di Del Neri dovevano dare una risposta importante ai rossoneri dopo il loro 3-0 interno sul Brescia, e ne venne fuori un successo in un campo rimasto imbattuto per quasi un anno (dal 13 dicembre 2009); contro i biancocelesti c’era un secondo posto in classifica da agguantare ed un Diavolo da non far scappare, ed ecco la volata finale di Krasic per una vittoria che definire emozionante è dire poco; contro il Chievo si presenta adesso l’opportunità di avvicinarsi ulteriormente al Milan in classifica, proprio quando si parlava della squadra di Allegri come la sicura vincitrice del titolo (platonico) di campione d’inverno.

Fa piacere pensare che la rincorsa della Vecchia Signora sia coincisa con la sua ultima sconfitta, quella subita lo scorso 23 settembre. Sempre Marotta, nel corso di una recente intervista trasmessa su "Juve Channel", nel rispondere alla domanda "L’entusiasmo la sorprende?" (riferita, ovviamente, all’ambiente bianconero), ha dichiarato: "Lo sento, è palpabile. Tutto è cominciato con la sconfitta interna contro il Palermo: è una rarità essere chiamati sotto la curva dopo un ko. E’ una cultura diversa nel calcio italiano sempre esasperato. La gente crede nel progetto Agnelli". Per i tifosi juventini, quelli che vengono ripetutamente dipinti dagli organi di informazione come brutti, cattivi e "squalificati", è una dolce musica per le loro orecchie.

Complice l’eliminazione dall’Europa League, adesso Del Neri avrà più tempo per "poter lavorare con calma su quei particolari che sono importanti nel nostro modo di vedere il calcio". Un vantaggio verso le rivali nelle prime posizioni in classifica. Milan compreso, ovviamente. Che si troverà a dover affrontare il Tottenham nella gara di ritorno valida per gli ottavi di finale della Champions League il 9 marzo 2011, pochi giorni dopo aver disputato la partita di campionato contro la Juventus allo stadio "Olimpico" di Torino (si svolgerà - con ogni probabilità - il sabato precedente).

E mentre le squadre impegnate nelle manifestazioni europee riprenderanno i loro cammini il prossimo febbraio, l’Inter torna da Abu Dhabi con una Coppa del Mondo in più, ma - probabilmente - con un allenatore in meno. Tanto tuonò su Benitez, che alla fine l’allenatore esplose: accusato dal mondo intero di tutto quanto di negativo è capitato ai nerazzurri in questi primi mesi della stagione, ha saputo aspettare il momento giusto per rispondere a tono, togliendosi tutti i sassolini dalle scarpe. Non si è dimenticato neanche di Rui Faria, il preparatore atletico e collaboratore di Mourinho, che poco più di due settimane fa aveva ironizzato sul suo operato: "L’ultima stagione ha portato tituli e autostima. Di spremuto, forse c’è solo una cosa. Da un punto di vista scientifico, la causa principale di questi infortuni può essere la preparazione. Perché è l’unica cosa cambiata rispetto all’anno scorso: giocatori, medici e calcio italiano sono gli stessi. E poi, scusi, prepararsi significa anche recuperare. Se una squadra è un po’ stanca te ne accorgi a inizio stagione: programmi la preparazione con questo obiettivo. Com’è possibile dopo 5 mesi parlare di squadra stanca? È il contrario: se fosse stata stanca, 5 mesi sarebbero stati sufficienti per recuperare" .
Nell’esplosione di Benitez nell’immediato dopo gara, c’è stato spazio per affrontare anche questo argomento: "Voglio capire cosa fanno i giocatori. Questi ragazzi arrivano da due anni senza fare palestra e per compensare il lavoro atletico ci vanno, e allora nascono i problemi e gli infortuni".
Un bell’ambiente, non c’è che dire. A quanto pare Mourihno non era l’unico tecnico a non essere "pirla" nella Milano nerazzurra. Qualcuno se ne sta accorgendo soltanto adesso.

Questo è un altro vantaggio psicologico per gli uomini di Del Neri rispetto ad una delle avversarie dirette. Da sfruttare. Cominciando da Verona, se possibile.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

sabato 18 dicembre 2010

Quando dalla nebbia del Bentegodi spuntò Trezegol

Luigi Del Neri era infuriato, la sera del 19 gennaio 2003: il suo Chievo e la Juventus stavano disputando il match valido per la diciassettesima giornata di quella stagione immersi nella nebbia. Seduto sulla panchina continuava a ripetere: “Pazzesco, pazzesco”. Tanto dalle tribune dello stadio “Bentegodi” di Verona quanto dalla televisione non si vedeva praticamente nulla. A completare (e complicare) la situazione ci si misero anche i fumogeni accesi sugli spalti e lanciati a bordo campo. Nei primi 45 minuti di gioco il coro "Vergogna, vergogna" fece da colonna sonora all’incontro.
Dal grigiore generale sbucò fuori David Trezeguet: gli bastarono soltanto undici minuti per battere Lupatelli, dopo aver anticipato un gruppetto di giocatori formato da Montero, D'Anna e Moro che si erano avventati su un pallone rimasto vagante in area di rigore, a seguito di una punizione battuta da Del Piero e non trattenuta dal portiere clivense. La prodezza del francese rappresentò l'ennesima dimostrazione delle sue qualità da goleador: nel repertorio di un attaccante che "vedeva" la porta come lui, era compresa anche la capacità di segnare in situazioni di estrema difficoltà simili a quella incontrata a Verona.
Del Piero, direttamente da calcio di rigore assegnato per una trattenuta di Moro su Nedved, al 20’ portò il risultato sul 2-0 per i bianconeri.

Quando la prima frazione di gioco stava volgendo al termine, si alzò il vento che permise di spazzare via la nebbia ed i fumogeni che avevano avvolto sino ad allora lo stadio, ponendo fine a quel martirio. Nella ripresa le due squadre poterono giocare a viso scoperto: da una parte i padroni di casa, che prima di quell’incontro avevano fatto il pieno di autostima con una serie di quattro vittorie e due pareggi nelle ultime sei gare disputate; dall’altra i detentori dello scudetto, sfavoriti secondo i pareri degli esperti per il successo finale, che avrebbero lasciato il titolo di campione d’inverno al Milan del brasiliano Rivaldo, fresco campione del mondo nell’edizione disputata in Corea del Sud e in Giappone.
Marcello Lippi non si arrendeva all’ipotesi di lasciare via libera verso il tricolore ai rossoneri: “Siamo tutti vicini, la compagnia è buona. Lo svantaggio è così esiguo da essere irrilevante a questo punto della stagione. Noi ci crediamo e lotteremo gomito a gomito con le altre”. Con una geniale intuizione aveva “inventato” un nuovo ruolo per Gianluca Zambrotta: da centrocampista laterale destro a terzino sinistro. Il giocatore, dopo un primo periodo di apprendistato, rispose alla grande. Liberando, di fatto, lo spazio sulla linea mediana a Camoranesi, che quella sera andava ad aggiungersi ad un terzetto composto da Antonio Conte, Davids e Nedved.

Un altro il rigore per la Juventus, fischiato per un fallo di Lanna su Camoranesi, venne calciato da Del Piero sulla traversa. Due penalties, esattamente come era accaduto nell’incontro disputato a Verona dalle due formazioni nella stagione precedente (27 gennaio 2002). Il fantasista si rifece dopo pochi minuti, ispirando un contropiede che portò Trezeguet a fissare il risultato sul 3-0 per Madama. Del Neri si giocò tutti i cambi a sua disposizione quando ancora mancavano venti minuti alla conclusione della partita: il tempo necessario per assistere al goal di Cossato, che però si fece male e uscì dal campo, lasciando la sua squadra in dieci uomini. Per un breve lasso di tempo: Bierhoff perse le staffe, insultò l’arbitro Racalbuto e venne espulso ad un quarto d’ora dalla fine della gara.
Moro (ancora lui), l’esterno difensivo dei padroni di casa, entrò in contatto con Di Vaio (subentrato a Del Piero): rigore, il terzo della serata. Questa volta andò dal dischetto Trezeguet, che prima di calcare dovette assistere allo “sciopero” del portiere Lupatelli: applaudì l’arbitro per l’assegnazione del tiro dagli undici metri e si appoggiò al palo, lasciando – di fatto – lo specchio della porta totalmente libero al francese. A fine partita dichiarò: “Mi ero messo sul palo per un momento di relax: nel mio gesto non c' era polemica, stavo solo pensando a dove Trezeguet avrebbe potuto tirare”. Sta di fatto che i compagni e lo stesso arbitro dovettero intervenire per convincerlo a smetterla con quella sceneggiata. Che, ovviamente, non distrasse l’attaccante bianconero: goal, tripletta personale e partita chiusa sul 4-1.
Eroe della serata, Trezeguet dichiarò: “Ho un contratto che mi lega alla Juventus fino al 2005, che intendo rispettare. Non lascio la barca in questo momento, non vado da nessuna parte. I tifosi bianconeri possono stare tranquilli”. La “barca”, col senno di poi, non l’avrebbe lasciata per situazioni ancora più delicate.
La Juventus, dopo quella gara, continuò la corsa sul Milan, che raggiunse e superò, distanziandolo – a fine campionato – di ben undici punti. Per i bianconeri si trattò del ventisettesimo titolo vinto (su un totale di ventinove). Cinque giorni dopo la partita disputata allo stadio “Bentegodi”, Madama ed il suo popolo avrebbero salutato per l’ultima volta l’Avvocato Gianni Agnelli.

A Luigi Del Neri, al termine dell’incontro, chiesero un parere sulle condizioni climatiche nelle quali erano state costrette a giocare le formazioni: “Non tocca a me il compito di giudicare queste cose, c'è una persona preposta e se la partita è stata disputata vuol dire che secondo chi doveva decidere si poteva giocare. E poi non voglio trovare scuse alla nostra sconfitta”. Quella sera il tecnico si dimostrò un galantuomo.
A distanza di sette anni tornerà a Verona a braccetto di una Vecchia Signora.

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mercoledì 20 gennaio 2010

Il difficile momento bianconero, Totò e la "Banda degli onesti"…


Non si può sempre vincere: le sconfitte fanno parte integrante dello sport, così come della vita. Si va avanti a momenti, a cicli: sia positivi, che negativi. Quando arrivano i tempi bui, una volta preso atto, non rimane che rimboccarsi le maniche e costruire, poco alla volta, un nuovo “futuro”. In quei frangenti a nulla serve buttare all’aria – ogni anno – quello che si è cercato di creare nei mesi precedenti. In casa Juventus, se si vuole finalmente dare corpo ad un “programma” serio, si facciano scelte decise (anche onerose) puntando su persone di spessore (calcistico). Ad ogni livello. E si vada avanti per quella strada, tenendo duro nelle difficoltà. Con i fatti, non solo con le parole dei CDA.
Bettega è rimasto solo al timone di una nave che sta affondando. Il comandante francesce “tridimensionale” (Blanc), dopo averla fatta speronare, è scappato con una scialuppa di salvataggio. Mantenendo onori e lasciando gli oneri a quello “con i capelli bianchi”. Quello che sino poco tempo fa veniva isolato a guardare le partite dalle tribune dell’Olimpico e che adesso è stato richiamato per salvare il salvabile. La persona che ha messo la propria faccia in un mese più di quanto abbiano fatto gli altri in tre anni e mezzo. Perché un conto è parlare di bilanci sani, accordi commerciali, progetti e idee sui nuovi Ronaldinho da costruire in casa, un altro è affrontare le telecamere quando sai che dall’altra parte ci sono milioni di tifosi inferociti. Per errori, oltretutto, commessi da altri. I jolly degli esoneri degli allenatori, adesso, stanno terminando.
Secco prende la macchina per andare a Parma e riportare Lanzafame alla casa madre, e torna con una piadina romagnola. Si richiama Paolucci in un contesto ancora tutto da capire: non tanto per le sue qualità, quanto perché – una volta recuperati gli infortunati in quel settore – diventa difficile capirne la sua collocazione. Da decifrare anche la situazione di Iaquinta: (forse) bisognerebbe chiedere lumi allo staff medico. Quello che non apre le raccomandate (e manco se le aspetta) e riesce a trasformare le punture di un’ape (Cannavaro) in altro (doping), scatenando ironie e sospetti da parte di chi non ha (e non avrà mai) in simpatia la Juventus. Nonostante i numerosi tentativi - in quella direzione - dell’attuale dirigenza e della proprietà.
Gennaro Sardo potrà raccontare ai nipotini di aver segnato un goal storico contro quella che una volta era una squadra gloriosa, ma oggi ne è solo un lontano ricordo. Due “buffetti” di Del Piero e Cannavaro (al portiere del Chievo) sono gli unici pericoli portati dai bianconeri in una gara giocata su campo (?) impraticabile. Gara fisica, in cui si è esaltato (troppo) Granoche: tre indizi (Grygera, Cannavaro e Zebina) fanno una prova. Non per l’arbitro Valeri: l’attaccante andava allontanato dal campo. Ci ha pensato Di Carlo, il suo allenatore, ad evitargli guai peggiori. Una cura-Montero gli sarebbe servita da insegnamento più di quanto non avrebbe potuto fare un’espulsione. Commentare le partite dei bianconeri delle ultime settimane diventa un esercizio (quasi) ripetitivo: si imposta un articolo su una sconfitta, si cambiano solo gli attori. E si lascia fisso il nome del migliore tra i peggiori: Chiellini, il futuro capitano. Degno erede dei (suoi) grandi predecessori.
Felipe Melo continua a giocare (e sbagliare) in un ruolo non suo; si sta penalizzando il talento di Marchisio spostandolo in tutte le posizioni del centrocampo; Diego si impegna ma non riesce ad incidere. Con l’arrivo di Candreva (benvenuto) ci si augura di aver trovato il giocatore giusto da “inserire nel posto giusto”. Sbrogliando la matassa di incomprensioni tattiche di cui il centrocampo bianconero è pieno. Ci si è dovuti anche concentrare sulla coppa d’Africa per gufare il Mali, nella speranza restituisse Sissoko prima del termine della manifestazione. Operazione riuscita: tifare a favore, di questi tempi, non porta nulla. Fare il contrario, a quanto pare, sì. Ma non è un bel vivere.
John Elkann assiste silenzioso al disarmo dei bianconeri, il fratello Lapo parla ma ne prende le distanze: le macchine e gli occhiali assorbono in toto i loro pensieri. Meglio ascoltare gli inviti dei milioni di sostenitori e lasciare in mano all’ultimo Agnelli rimasto, Andrea, quello che era il giocattolo di famiglia. Non garantirebbe alla Juventus un ritorno immediato alla vittoria: però la passione e l’amore con la quale verrebbe gestita basterebbe ai tifosi per potersi concentrare nuovamente (soltanto) sul calcio giocato. E’ la storia, oltretutto, che parla: il binomio vincente non è “Juventus-Fiat”, ma “Juventus-Agnelli”. In ricordo di Gianni, l’Avvocato, e per manifestare il loro dissenso per quanto sta accadendo, i tifosi si ritroveranno il 23 gennaio a Torino: chi non riuscirà ad esserci (come il sottoscritto) con il cuore marcerà pacificamente con loro da Piazzale Caio Mario sino sotto la Curva Sud dello stadio Olimpico.
Dopo, inizierà la partita: Juventus-Roma, Ferrara contro Ranieri, il “nuovo” che non ha funzionato contro il “vecchio” che non funzionava. E che si sta fregando le mani: se il sorpasso è cosa già avvenuta, l’allungo potrebbe essere la massima goduria. Nel mezzo, il Napoli: un punticino contro il Palermo in casa è bastato per lasciare la Juventus a quota 33. “Dica trentatré”: a Verona non ha risposto nessuno…
Nel posticipo della domenica, il derby di Milano: là dove si deciderà questo scudetto. L’elegante e sorridente Leonardo contro l’arrogante e minaccioso Mourinho. L’allegria del Milan contro il nervosismo dell’Inter, quello scoppiato prima ancora che la partita abbia avuto inizio: c’è da capirli, sono comparsi i veri avversari. La Juventus si è rivelata “l’anti” di se stessa; il Milan, preso a pallonate e umiliato 4-0 nella stracittadina d’andata, si è ripreso sino a diventare una squadra vera. Due attacchi fortissimi a confronto, come quello che potrebbe trovare la stessa Juventus sabato sera: Vucinic, Totti e Toni. Gli ultimi due, già soprannominati “To-To”.
“To-to”, variante del nome d’arte di Antonio de Curtis, Totò, il principe della risata. Da lunedì scorso (18 gennaio) la “Gazzetta dello Sport” ha iniziato una raccolta intitolata al grande attore di origini napoletane, da poter acquistare in abbinamento al quotidiano. Il primo dvd è intitolato “La Banda degli onesti”. Un altro modo, per il giornale rosa, di celebrare i successi dell’Inter…


Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

martedì 19 gennaio 2010

Nel marasma generale, un pò di nostalgia dei metodi del Trap....

Questo brutto campo ci ha penalizzato.
Avevamo molte assenze.
Fiducia in Ferrara? Galliani ha spiegato come il Milan è venuto fuori dalla crisi, ossia attraverso la fiducia e la compattezza del gruppo. Questo è quello che cercheremo di fare anche noi.
In fondo quella di questo periodo non è la vera Juve. La vera Juve è quella di inizio campionato, quando nelle prime partite eravamo in testa alla classifica.


Questo è un piccolo sunto delle dichiarazioni di Bettega, dopo la sconfitta con il Chievo.
Oh mamma, non mi si starà blanchesizzando anche Bobbygol?
Preferisco stendere un pietoso velo sulle prime due considerazioni, visto che già prima della partita avevo qui scritto che le assenze non sarebbero potute diventare una scusa in caso di sconfitta.
Parliamo quindi della frase riferita alla conferma di Ferrara. La decisione è stata presa, d’accordo o non d’accordo è una decisione, e come tale va rispettata.
Tante possono essere le motivazioni: ritroviamo lo stile Juve; si crede veramente in Ferrara; un cambio sarebbe troppo oneroso; nessuna alternativa convince; c’è già un accordo con un nuovo tecnico per il prossimo giugno; etc.
Non è questo il luogo per individuarle, qui è il riferimento al Milan che non convince.
Il Milan ha come noi cambiato allenatore, ha fatto a meno di due pezzi da novanta come Maldini e Kakà, ha dovuto rigenerare Ronaldinho e assimilando nuovi schemi ha cercato di trovare un proprio modo di giocare. Certo non la si può definire una grande squadra, ed ha impiegato un po’ di tempo ad ingranare – forse anche di più di quello che ci si aspettasse – ma poi ha trovato una propria identità.
Insomma quello che successe anche al Cagliari lo scorso anno, dopo un avvio disastroso. Ci si conosce un po’, si studia, si prova, si oliano i meccanismi e “successivamente” si diventa una squadra. Non il contrario. E se una squadra non riesce neppure a fare 3 passaggi consecutivi dopo ben 6 mesi, forse c’è poco da trovare la compattezza. Io smetto di essere speranzosa, e penso che ci sia qualcosa che non va. (Ma questo credo che Bettega faccia solo finta di non saperlo.)
Altro punto. E’ vero siamo stati anche primi in classifica. Si all’inizio, quando c’è sempre un outsider che parte a razzo e nelle prime 4/5 giornate fa sognare i propri tifosi e poi, alla fine del girone d’andata, naviga intorno all’ottavo/decimo posto. C’è stato l’anno dell’Atalanta, quello del Chievo, quello dell’Udinese. Questo è stato l’anno della Sampdoria ….e della Juve!
E poi, visto che Bettega ci tiene a dire che il calcio non si vede con i numeri ma con gli occhi, andiamo a rivederla quella Juve vera, quella vincente.
A parte i pareggi: incolore con la Fiorentina e buono con il Genoa, l’unica vittoria convincente, è quella con la Sampdoria. Passando però per Palermo, dove avevamo già visto le avvisaglie di quella Juve che abbiamo tutti sotto gli occhi ora.
Nelle altre gare, quelle con il Chievo, la Lazio, il Livorno, il Bologna (anche qui pari!) ed il Siena è Buffon a salvare letteralmente il risultato. Si dice che sia un portiere che da solo fa 15-20 punti a stagione. Quest’anno ha completato il bonus già nelle prime dieci giornate.
E’ vero, con la Roma (in disarmo, alla vigilia delle dimissioni di Spalletti) abbiamo giocato abbastanza bene, ma non dimentichiamo che sempre Buffon appena prima della fine del primo tempo ha fermato Totti già sicuro del 2-1, e quest’anno andando sotto di un gol, non abbiamo mai – mai! - vinto una partita.
Insomma una Juve che avrà pure fatto un po’ di punti, ma non ha mai convinto.
Certo Ferrara non è il (solo) problema, anche i giocatori hanno i loro torti ….e allora che nostalgia del vecchio Trap, lui si che sarebbe stato in grado di trattarli tutti come uno Strunz qualsiasi e farli rigare dritti.


Questo articolo è di Roberta. Tutti gli altri, li puoi trovare nella sua rubrica Una signora in bianconero

domenica 17 gennaio 2010

Tutta colpa di quel goal a freddo...

Lo confesso: per un attimo ho avuto paura di pareggiare.
Sarebbe andato contro la volontà del progetto-simpatia della proprietà: durante l’incontro mi sono poi tranquillizzato.

Mea culpa gigantesco: in estate avevo pronosticato la Juventus come una delle (due) favorite nella lotta per lo scudetto.
C’era ancora Cristiano Zanetti, ma non è una giustificazione.
Ho sbagliato, e il fatto che fosse il pensiero di molti non mi consola.

Mi raccomando: ora fate un altro bel CDA... Non ne vedo l'ora...
Bravo Elkann, ti sei divertito.
Ora, però, vai a giocare con le macchinine…

Ps: il primo (e unico) goal lo hanno fatto loro...