Il primo giocatore bulgaro a sbarcare in serie A fu Nikolaj Stefanov
Iliev. Lo aveva ingaggiato il Bologna nel 1989, su esplicita richiesta
di Luigi Maifredi. Il tecnico non aveva dato peso a quanto era accaduto
in occasione di una gara di Coppa dei Campioni tra il Milan ed il
Vitosha Sofia, la squadra nella quale militava il difensore. In quella
partita avrebbe dovuto francobollare Marco Van Basten, ma la punta
rossonera riuscì a segnare la bellezza di quattro reti (6 ottobre 1988).
Andrà meglio con il secondo, avranno pensato con ogni probabilità in
Bulgaria all’epoca in cui il campionato italiano era considerato
l’ombelico del mondo calcistico. E avranno pure tirato un sospiro di
sollievo nell’apprendere la notizia del trasferimento di Hristo
Stoichkov, pallone d’Oro nel 1994, alla corte del Parma di Calisto
Tanzi. Il quale, tirato in ballo in merito all’esplosione dei costi
sostenuti dai club in quel particolare periodo storico, aveva
allontanato con fermezza le accuse mosse alla sua società di mettere con
troppa frequenza mano al portafogli: “Non è solo il calcio italiano
a spendere cifre folli. In Europa tutti stanno spendendo più di quanto
facciamo noi: Germania e Inghilterra aprono aste insostenibili. E’ tutto
il mondo che deve darsi una regolata. Ha ragione il presidente della
Repubblica Scalfaro quando censura le spese pazze del pallone: noi siamo
i primi ad essere d’accordo sulla necessità di un ridimensionamento“.
Hristo Stoichkov, dunque. Per chi possedeva una buona memoria non
doveva essere stato difficile ricordare le dichiarazioni che lo stesso
attaccante aveva rilasciato qualche mese prima del suo arrivo nello
Stivale in merito al livello tecnico della serie A: “Il vostro campionato non è il più importante del mondo. Ora i migliori stranieri giocano in Spagna“.
Naturalmente era da lì che proveniva, dal Barcellona formato “Dream
Team”. Lo aveva voluto fortemente Johan Cruijff, leggenda vivente del
football olandese, con il quale i rapporti si erano incrinati
irrimediabilmente nel corso del tempo: “E’ un invidioso. Mi ha fatto la guerra perché io, da giocatore, ho vinto tutto a Barcellona. E lui ben poco“.
In cuor suo immaginava di restare in Catalogna ancora per molti anni.
Fresco di Pallone d’Oro aveva giurato amore eterno ai blaugrana: “Credo
proprio che continuerò a vestire i colori del Barcellona fino alla
conclusione della carriera. Ho appena prolungato il contratto fino al
’98, ormai difficilmente mi lasceranno andare“. In realtà l’abbandono fu più facile del previsto.
Guai, poi, a chi osava mettere in dubbio la legittimità della
conquista del trofeo di miglior calciatore del Vecchio Continente: “Due
anni fa Van Basten mi soffiò il Pallone d’Oro giocando alla grande una
sola partita, quella dei quattro gol al Goteborg. Di regola si tiene
invece conto di quello che uno ha fatto durante tutto l’ anno… E
lasciamo perdere Usa ‘ 94. Avevo già dichiarato che Dio è bulgaro e che
Quiniou, l’arbitro di Italia-Bulgaria, è francese. Confermo: Dio è
sempre bulgaro e Quiniou purtroppo resta francese”.
A Parma, una volta salutati i tifosi che lo aspettavano adoranti al
“Tardini” per il primo caloroso abbraccio, corresse leggermente il tiro:
“Forse Dio non è più bulgaro, ma l’arbitro resta francese. Però con quelli italiani mi troverò bene“.
Con i difensori avversari e con la serie A, invece, ebbe qualche
problema di ambientamento. Le prime parole pronunciate sul suolo
italiano mostravano una fiducia che andava di pari passo con il suo
immenso talento: “Il mio primo obiettivo? Vincere lo scudetto. Una
squadra che in tre anni ha fatto tre finali europee, vincendone due, può
farcela. Io non prometto goals, ma successi“.
Di questo era convinto anche il tecnico del Parma, Nevio Scala: “Lavoreremo insieme, parleremo insieme. Con Stoichkov sono garantiti bel calcio e spettacolo“.
Stefano Tanzi, il figlio del patron, si era invece mostrato
meravigliato per l’entusiasmo che aveva contagiato l’ambiente gialloblù:
“Sono stupito e soddisfatto anch’io. Se la città ha risposto così
significa che in questi anni abbiamo fatto bene: abbiamo un Pallone
d’Oro, a fine anno speriamo di averne un altro: Zola“.
A fine stagione, invece, il bulgaro tornò al Barcellona. Non aveva
promesso molte reti, e infatti ne segnò soltanto cinque in campionato.
Credeva di restare al Barcellona fino al 1998, ma in quel caso i fatti
gli diedero ragione: fece ritorno al “Camp Nou” rimasto orfano di
Cruijff, per poi accasarsi nuovamente al CSKA Sofia. Dall’amata Bulgaria
iniziò una carriera da giramondo del pallone. Anche nella sua nuova
veste di allenatore, nella quale ha dimostrato di non aver ancora
imparato l’arte della diplomazia.
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4 commenti:
Però aveva un grande talento!!!
Un grandissimo talento, concordo in pieno.
Mi piaceva da impazzire, anche se aveva (e ha tuttora) una lingua... ;-)
Un abbraccio!
Stoichkov mi rimanda a un altro bulgaro, Bojinov. L'ho visto in tv poco tempo fa, mi è venuto in mente che quando era da noi e non gli fu rinnovato il prestito c'era chi si era lamentato...
In effetti, sembrava lanciato sulle orme di Stoichkov; a vederlo oggi ci si chiede che cosa lo avrà frenato: la pastasciutta o i bigné?
:-)
Anche qualche infortunio, Giuliano.
Ma sono d'accordo con te: gli avevo prospettato tutto un'altro genere di carriera...
;-)
Un abbraccio!!!
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