sabato 28 giugno 2014

L'Italia torna a casa fra l'indifferenza generale


Tra le molteplici reazioni che gli appassionati italiani potevano mostrare nei confronti dei calciatori azzurri rientrati con largo anticipo dal mondiale brasiliano, l'indifferenza era l'unica difficilmente prevedibile. Riflettendoci a mente fredda, poi, si è rivelata anche la più efficace. A cosa sarebbe servito, in effetti, sprecare soldi per comprare ortaggi da scagliare contro quei ragazzi nel momento stesso in cui sarebbero scesi dalle scalette dall'aereo? Una volta, in casi simili, si usava fare così. Ma i tempi sono cambiati, ora risparmiare qualche soldo è un'impresa. Perché, quindi, sprecarli in quel modo? I conti, oltretutto, Prandelli e i suoi uomini li avevano già regolati tra loro durante la pausa della gara giocata contro l'Uruguay.

Uno dei principali obiettivi dell'ormai ex commissario tecnico era quello di riavvicinare gli appassionati di calcio italiani alla propria nazionale. A ragion veduta si può dire che ha fallito nel suo intento. Ovviamente non tutto il lavoro svolto è da buttare via, ma un atteggiamento troppo tenero degli addetti ai lavori - forse - non si è rivelato utile neanche a lui. Delle tremende e feroci polemiche che hanno accompagnato le epopee dei vari Lippi, Bearzot, Sacchi, Zoff e via discorrendo in questi quattro anni non si è vista neanche l'ombra. Le qualificazioni agli europei del 2012 e ai mondiali tutt'ora in corso sono state sin troppo agevoli, ottenute contro avversari obiettivamente deboli. Lo stesso europeo, viceversa, si era trasformato in una bella esperienza.

I campanelli d'allarme, però, erano suonati da tempo. Si è semplicemente fatto finta di non ascoltarli. C'è una sostanziale differenza tra il cambiare ogni tanto le proprie idee, sintomo di una mentalità aperta e pronta a cogliere ogni segnale buono per migliorare, e lo stravolgere la propria mentalità. Prandelli ha impostato per due anni un certo tipo di lavoro, poi di fronte alle tensioni provocate dalla prima importante manifestazione alla quale ha partecipato (l'europeo, appunto) lo ha poi azzerato quasi totalmente per trovare una soluzione meno rischiosa (il 3-5-2 che aveva dato garanzie, in serie A, ai vari Conte e Mazzarri). Terminato il torneo è ripartito dal progetto iniziale, per ripetere successivamente lo stesso errore in Brasile.

Marcello Lippi, massacrato dalla critiche in Sudafrica per non aver portato con sé Balotelli e Cassano, non aveva sbagliato le scelte operate per l'attacco. L'unico errore evidente che aveva compiuto, ammesso dallo stesso allenatore con obiettività, è stato quello di aver lasciato a casa Giuseppe Rossi. A distanza di quattro anni, siamo sicuri che anche stavolta non sarebbe servito?

Non arruolare per il torneo brasiliano neppure un centravanti abile a muoversi in area di rigore come se si trovasse a casa sua non si è rivelata un'idea lungimirante. Il fatto di aver piazzato Chiellini là davanti negli ultimi minuti della partita giocata contro l'Uruguay, peraltro in inferiorità numerica, ne è stata la prova più evidente.

Nella rosa a disposizione di Lippi nel mondiale vinto 2006 figuravano questi attaccanti: Toni, Del Piero, Totti, Gilardino, Inzaghi, Iaquinta. Quattro anni prima Trapattoni aveva convocato queste punte per la spedizione azzurra in Giappone e Corea del Sud: Vieri, Del Piero, Totti, Inzaghi, Montella, Delvecchio. Fermiamoci qui. In buona sostanza: in Italia non ci sono più gli attaccanti che germogliavano una volta. Detto questo, sarebbe bello se anche gli addetti ai lavori che hanno creato il circo mediatico intorno a Balotelli facessero un bagno d'umiltà nel riconoscere i propri sbagli. Non si chiedono, in definitiva, le dimissioni di nessuno: a quello hanno già pensato Prandelli e Abete. Ma un bagno d'umiltà sì. Almeno quello.

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2 commenti:

Giuliano ha detto...

si potrebbero fare subito due cose: 1) smetterla con quelle amichevoli dalla Nazionale che si giocano in 20 contro 22. A cosa servono? direi agli agenti dei calciatori e agli sponsor personali, ed è davvero una vergogna che tutti ci si prestino senza dire niente. 2) un provvedimento che metta un tetto al limite di giocatori in rosa, come si fa già per l'UEFA: diciamo per esempio 25 per squadra, e poi si va a pescare dalle giovanili. Anche nella Primavera ci sono tanti stranieri, mi si obietterà, e qui si va a toccare il vero punto dolente: da noi i bambini non giocano più a pallone per strada e nei prati, perché non ci sono più prati e le strade sono pericolose (il mondo di oggi è a misura di automobile, non di bambino). Altrove invece giocano ancora come si era sempre fatto, e difatti Uruguay e Costarica (che insieme fanno metà della Lombardia, come abitanti...), Colombia e Cile, hanno tanti bravi giocatori.
Si può aggiungere la pochezza della nostra classe dirigente, in ogni settore: anche nel calcio non si fa più formazione, quando si parla di crisi bisognerebbe sempre dire che prima di tutto una crisi a livello manageriale (per i manager crisi di idee e di preparazione culturale, per tutti gli altri crisi di denaro...)
Poi, è vero, Prandelli è andato in confusione e non è la prima volta che gli capita (il caso Paletta è esemplare: lo si convoca d'improvviso, lo si fa subito titolare, e poi al primo errore lo si fa fuori: che senso ha?). Ma prendersela con Prandelli e mettersi a sproloquiare su Balotelli non serve a molto. La domanda è: riusciremo a qualificarci per i prossimi Mondiali? Sarà dura, se si continua così.
E infine, come mai nessuno indica Moratti tra i responsabili? Una volta si giocava con Oriali, Altobelli, Bergomi; oggi di interista c'era solo Balotelli e mi viene da pensare che la scuola calcio della Pinetina sia stata deleteria (provo a immaginare: Balotelli cresciuto da Ancelotti, o meglio ancora dal vecchio Trap...)
Dopo aver letto delle liti in spogliatoio, il paragone è con il 1974, con Balotelli al posto di Chinaglia, eccetera.

Thomas ha detto...

"Da noi i bambini non giocano più a pallone per strada e nei prati, perché non ci sono più prati e le strade sono pericolose (il mondo di oggi è a misura di automobile, non di bambino)": nel libro di Gianluca Vialli("The italian job"), l'ex attaccante della Juve riporta un colloquio avuto tempo prima con Ferguson. Parlavano prorio di questo tema

Un abbraccio!!!