domenica 11 luglio 2010

Nasce la Juve della meritocrazia di Del Neri


"Il problema di fondo è che in una squadra come la Juve tutti possono giocare al posto degli altri. E allora tutti devono conquistarsi il posto"
Si chiama (e così la chiama) "meritocrazia". Per Luigi Del Neri, nuovo tecnico bianconero, questo è il "credo" che accompagnerà il viaggio della Vecchia Signora nella nuova annata calcistica.

E’ la prima Juventus di Andrea, l’ultimo degli Agnelli. Potrebbe diventare (anche) quella di Marotta, se lo stesso direttore generale riuscirà a costruire e completare - da qui al prossimo 31 agosto (data della chiusura di questa sessione del calciomercato) - una rosa altamente competitiva. E’, almeno per ora, la Juventus di Luigi Del Neri.

Rimasto vittima (e carnefice) di un’annata deludente, al pari della sua squadra di club, in questi primi giorni di lavoro Diego non è accompagnato dalle attenzioni e dalle speranze che gli sono state riservate la scorsa estate. E mentre i reduci dall’infelice spedizione delle rispettive nazionali in Sudafrica devono ancora aggregarsi al gruppo, ad oggi la stella bianconera più luminosa in quel di Pinzolo continua ad essere quella di Alessandro Del Piero (18ma stagione, la sua, a Torino).

"A lui spetterà il delicato compito di riportare cultura e disciplina sportiva nello spogliatoio" (lettera di Andrea Agnelli ai tifosi, 18 giugno 2010)
Ma adesso è arrivato il momento di Del Neri, del "sergente di ferro", del "dittatore-democratico", di quell’allenatore che godrà (almeno per adesso lo si può dire) di una protezione e di un appoggio da parte della società sicuramente maggiori di quelli che erano stati concessi ai suoi recenti predecessori (Ranieri, Ferrara e Zaccheroni).

Stanco di assistere al predominio delle squadre milanesi in Italia ed in Europa, il presidente Vittorio Catella, nel lontano 1964, affidò la gestione della prima squadra bianconera in mano ad Heriberto Herrera, paraguaiano, profeta del "movimiento" (l’antenato del calcio totale), l’allenatore che - ironicamente - venne definito "il ginnasiarca".
Anche lui fu considerato, all’epoca, un sergente di ferro. Anche allora c’era una disciplina da riportare in seno alla squadra, elemento fondamentale per costruire un gruppo in cui - comunque - i giocatori di maggior talento avrebbero dovuto garantire quel "qualcosa in più" indispensabile per tornare a primeggiare.

Omar Sivori, ad esempio, invece emigrò - di lì a poco - al Napoli: le nuove regole erano troppo strette per chi affrontava gli avversari con i calzettoni abbassati alle caviglie e dribblava le imposizioni e gli allenamenti duri così come faceva con i difensori rivali. Si creò una Juventus "umile ed operaia, solida e compatta", che poco piaceva agli Agnelli (Gianni ed Umberto), ma che divenne un punto importante da cui ripartire per costruire quella che - di lì a pochi anni - sarebbe diventata la Juventus di Boniperti prima, e Trapattoni (anche) poi. Uno scudetto vinto nel 1967 ed una Coppa Italia nel 1965 furono le uniche vittorie di questo periodo di "transizione".

"Non ci è precluso nulla, abbiamo tutti i mezzi per inseguire tutti gli obiettivi, anche se poi alla fine vince una sola squadra. Non c’è risultato che non si possa raggiungere se hai una identità di gioco e la giusta mentalità, come ci ha ricordato Andrea Agnelli, il nostro Presidente"
Da quattro anni a questa parte la Juventus ha perso, lentamente, la propria identità. In campo e fuori.
Nelle parole di Del Neri, il "Comandante" (così come lo chiamato alcuni suoi calciatori), e (indirettamente) in quelle di Andrea Agnelli, c’è una ricetta semplice per riprenderla al più presto. Il difficile, sarà farlo.

Nell’attesa che diventi presto (anche) la Juventus di Marotta.
Ciò significherebbe che oltre alla "quantità" è stata aggiunta (altra) qualità.
Magari a breve.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

3 commenti:

JUVE 90 ha detto...

Riportare un po' di ordine nello spogliatoio è fondamentale dopo che quest'anno è successo di tutto. E la cessione di un elemento come Camoranesi può aiutare non poco in questo senso

Giuliano ha detto...

Ci vorrebbe il Mantova in serie A...
:-)
(se inizi con Heriberto, un bel ricordo d'obbligo - chissà se qualcuno ha conservato quel palo)

(ma guarda che se manchi per un po' di tempo e ti so perso in cose belle sono solo contento!)
(ho indovinato?)
:-)

Thomas ha detto...

@JUVE 90: pensavo proprio a lui, mentre scrivevo… :-)

@Giuliano: quella Juve “umile ed operaia, solida e compatta" spesso mi incuriosisce. Non avendola “vissuta”, ogni tanto leggo o guardo qualcosa (nel merito).
Anche se io sono per il giusto mix di “qualità e quantità”.
E la qualità, comunque, viene sempre al primo posto

“ho indovinato?”: no ;-)
Saltuariamente mi piace “sforare”, nello spazio commenti (e non solo), su quello che faccio nella vita di tutti i giorni.
Mi piace la serietà, non la “seriosità”.
Stiamo parlando di calcio: il gioco più bello del mondo, sì… Ma pur sempre un gioco.
Girando tra i vari siti/blog/forum, mi rendo conto che spesso ci si dimentica di questo aspetto.
E’ – e deve essere – un divertimento per tutti: seguirlo, praticarlo, parlarne insieme.
Poi ci si arrabbia (diciamo incazza…) pure, d’accordo.
Ma per me rimane sempre una passione. Cerco, nel limite del possibile, di non andare mai sopra le righe.
E con chi passa a trovarmi, come faccio da sempre, mi fa piacere discutere anche delle cose più banali: se esco con gli amici, mangio una pizza, vado a correre e/o altre cose simili.
Quelle “troppo” personali, le lascio fuori. Anche perché penso siano… “fuori posto” :-)

Un abbraccio!