giovedì 13 settembre 2012

Nazionale, i dubbi di Prandelli


"Vincere l'Europeo avrebbe fatto bene, ma avrebbe tolto l'equilibrio a qualcuno: non siamo ancora pronti a vincere, quando lo saremo vinceremo e rivinceremo ancora, senza alti e bassi né disagi". Con queste parole Cesare Prandelli aveva messo la parola "fine" alla recente spedizione della nazionale agli Europei di calcio disputati in Ucraina e Polonia.

La batosta rimediata nella finalissima di quella manifestazione contro la Spagna (0-4, il 1° luglio 2012) non aveva reso omaggio al lavoro svolto dal commissario tecnico nei primi due anni del suo mandato, visto e considerato che dall'inizio (incerto) sino alla gara conclusiva il torneo era diventato un crescendo di soddisfazioni ed emozioni. Poi, giunti sul più bello, ecco il tracollo (di gioco e risultato) al cospetto dei campioni in carica.

Nella pratica dei fatti, tra l'Italia che aveva vinto brillantemente il girone di qualificazione e quella che aveva cominciato l'Europeo si notava una chiara frattura: la prima cercava spesso il fraseggio a centrocampo ed una manovra di gioco armoniosa, disponendosi con un collaudato 4-3-1-2; l'altra si era arroccata in un 3-5-2 (nella sua versione più prudente) che metteva in discussione sin dalle fondamenta tutte le lezioni impartite ai giocatori sino a quel momento.

Prandelli, a Cracovia, aveva spiegato i motivi della scelta iniziale: "Dopo la qualificazione ci sono stati infortuni e cali di rendimento che hanno modificato i piani". A Criscito, inoltre, non era stata concessa la possibilità di partecipare alla manifestazione. L'assenza forzata di Barzagli aveva spinto il c.t. a promuovere la soluzione di un arretramento di De Rossi in difesa, privando in questo modo la zona nevralgica del campo di un suo pezzo da novanta.

"Non è un problema di modulo, ma di volontà, di cuore", ripeteva il tecnico ai cronisti presenti in sala stampa prima della gara contro l'Irlanda, quella che aveva decretato il ritorno all'amato 4-3-1-2 con il conseguente avanzamento del giallorosso nel settore di sua competenza.
Passato il gironcino per il rotto della cuffia (e grazie al mancato "biscotto" tra Spagna e Croazia), l'Italia aveva spiccato definitivamente il volo verso la finale, vincendo e convincendo contro Inghilterra e Germania.

Tralasciando l'amichevole agostana contro gli stessi inglesi, utile soltanto a far esordire qualche nuovo elemento, si arriva così alla stretta attualità. Dove, per affrontare in trasferta la Bulgaria nella prima gara delle qualificazioni al prossimo mondiale del 2014, Prandelli ha deciso di ripartire dal 3-5-2. Più che una nazionale vice campione d'Europa quella azzurra vista a Sofia è sembrata una squadra alle prime armi (e alle prime convocazioni). Doveva essere la gara di Giovinco, numero dieci di maglia ma non di fatto, è diventata - invece - la partita nella quale il romanista Osvaldo è riuscito ad evitare all'Italia un tracollo inaspettato alla vigilia.

Dopo il pareggio per 2-2 nella gara d'esordio, nel successivo incontro con Malta la piccola punta bianconera è uscita dall'undici titolare ed è stato abbandonato nuovamente il 3-5-2 per tornare al 4-3-1-2. Il motivo di questo ulteriore cambio? Parola al c.t.: "Un'alternativa possibile (il 3-5-2, ndr.) solo se ho a disposizione tutti gli juventini, e comunque la brutta serata in Bulgaria non è figlia del modulo, forse abbiamo anche forzato troppo negli allenamenti".

Allo stadio "Braglia" di Modena l'Italia ha raccolto i primi tre punti del suo cammino senza convincere più del dovuto. Le premesse, considerando il modo in cui Prandelli aveva messo le mani avanti prima della contesa, non erano state le migliori: "Non sarà facile segnare tanti goals, rispetto molto il nostro prossimo avversario, che ha perso 1-0 con l’Armenia. E’ una squadra equilibrata. Mi andrebbe bene vincere anche con pochi gol, però giocando bene". Sul campo, poi, le reti messe a segno all'inizio ed alla fine del match (Destro e Peluso) non hanno nascosto le lacune di una formazione che - nel tentativo di mettere l'avversario alle corde - ha concluso l'incontro virando sul 4-3-3, spostando sulla fascia il giocatore posizionato dietro alle punte nello schema usato in precedenza.

Anche su questo argomento Prandelli ha voluto (e dovuto) fornire una spiegazione: "Nella ripresa siamo stati molto più ordinati, e con l'ingresso di Insigne ci siamo schierati larghi. Torno su un vecchio discorso, non voglio trequartisti ma calciatori che sappiano attaccare lo spazio. In Armenia tra un mese avremo maggiore brillantezza".
Oltre, si spera, alle idee più chiare su quale vestito far indossare a questa squadra.

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1 commento:

Unknown ha detto...

Il problema è ovviamente Pandelli troppo di palazzo e poco da campo...