Il 26 novembre del 2011 un titolo a nove
colonne della "Gazzetta dello Sport" annunciava il sorpasso compiuto
dalla Juventus sul Milan nella corsa all'acquisto di Carlos Alberto Tévez. L'offerta della società bianconera - stando a
quanto affermava il quotidiano - sembrava ammontare a quattro milioni di euro
netti al giocatore per la restante parte di quella stagione (da gennaio a
giugno), per poi salire sino a nove per i successivi tre anni di contratto.
Kiavash Joorabchian, l'agente del
calciatore, aveva ammesso il contatto con il club torinese, salvo tirare fuori
i nomi di altre due società interessate al suo assistito: Corinthians e Inter.
Il Milan, però, sino a quel momento restava in pole position nelle preferenze
dell'argentino. Il caso ha voluto che proprio quella sera la nuova Juventus di Antonio Conte affrontasse la Lazio a
Roma, in una gara valevole per il campionato di serie A, nello stesso stadio
dove Tévez ha appena conquistato il suo primo trofeo con la maglia bianconera. Nel
novembre del 2011 Madama vinse con il risultato di 1-0, grazie ad un gol di Simone Pepe. Nell'attesa di recuperare
pienamente il centrocampista, ancora infortunato, i suoi compagni questa volta
ne hanno rifilato quattro al club di Lotito.
Un vecchio aforisma recita che
"quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito". Mentre i
bianconeri si trovavano in America a proseguire la seconda parte della
preparazione estiva Antonio Conte aveva invitato i detrattori della sua Juventus
a guardare oltre i risultati negativi conseguiti in quel periodo: "Se in
futuro il presidente mi chiederà di vincere la Guinness International Champions
Cup, imposterò il lavoro e la preparazione in maniera diversa. Ma al momento
preferisco concentrarmi su Supercoppa, campionato e Champions League".
La Juventus è stata preparata e oliata
dal suo mentore in vista degli impegni reali e importanti della stagione, non
dei semplici tornei estivi. Per quanto importanti fossero (e sono) dal punto di
vista commerciale ed economico. Anche Gianluigi
Buffon, dopo aver sollevato nella veste di capitano la Supercoppa Italiana,
ha tenuto a precisare questo concetto: "Le grandi squadre e i grandi
giocatori si vedono quando conta, quando la posta in palio è alta, e non nelle
tournée. Sono felice di questo trofeo, il primo che conquistiamo in una gara
secca davanti ai nostri tifosi".
La sintesi della finale si può
racchiudere in poche parole: troppa Juventus per questa Lazio, troppo largo il
risultato per promuovere senza riserve i bianconeri o bocciare definitivamente
i biancocelesti in vista del campionato ormai alle porte.
Nell'album dei ricordi del primo
appuntamento ufficiale della stagione, come solitamente accade in Italia,
resteranno cose belle ed altre meno belle: dall'ospitalità della Roma, che
lascia a disposizione degli uomini di Conte il proprio campo di allenamento, ai
“buu” razzisti indirizzati ai calciatori di colore della Juventus provenienti
dalla curva laziale.
Col senno del poi va detto che Lotito
probabilmente aveva ragione quando si lamentava del cambio di sede della
finale, della mancata opportunità di giocarla a Pechino: in questo modo avrebbe
evitato una figuraccia memorabile alla Lazio davanti ai propri tifosi. In
compenso, però, avrebbe avuto l'opportunità di mostrare con orgoglio al mondo
cinese la sportività di Klose e Petkovic, laddove ancora ricordano la fuga del
Napoli prima della premiazione della scorsa edizione.
Si parla di due tesserati di origine
straniera, ovviamente.
La cultura della sconfitta in Italia non
esiste ancora.
4 commenti:
Hai pienamente ragione Thomas. In questo paese non esiste proprio la cultura della sconfitta, e questo in ogni campo, non solo in quello propriamente sportivo. E' un atteggiamento tipicamente italiano, ahimè, quello di attribuire ogni fallimento ad eventi esterni, di accampare sempre scuse, di offendere e non rispettare chi vince accettandone ed applaudendone la superiorità. Gli stranieri, in questo, sono molto spesso migliori di noi, decisamente.
quando vedo Lichtsteiner, è più forte di me, mi viene in mente Braccio di Ferro
:-)
ma quello vero, Popeye quello di Segar e dei cartoni di Max Fleischer: invito tutti a cercarli, magari su youtube. L'andatura è quella, l'agilità anche, quando si arrabbia con mezzo mondo diventa identico...
è un po' più bello, questo va detto - ma qui ci vuole poco
:-)
basta anche la foto che hai messo in apertura...
Hai ragione Giuliano!! Ora che mi ci hai fatto pensare hai proprio ragione. :-))
Giuliano, sei un mito... ;-)
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