martedì 20 agosto 2013

La cultura della sconfitta non esiste

 
Il 26 novembre del 2011 un titolo a nove colonne della "Gazzetta dello Sport" annunciava il sorpasso compiuto dalla Juventus sul Milan nella corsa all'acquisto di Carlos Alberto Tévez. L'offerta della società bianconera - stando a quanto affermava il quotidiano - sembrava ammontare a quattro milioni di euro netti al giocatore per la restante parte di quella stagione (da gennaio a giugno), per poi salire sino a nove per i successivi tre anni di contratto. 
 
Kiavash Joorabchian, l'agente del calciatore, aveva ammesso il contatto con il club torinese, salvo tirare fuori i nomi di altre due società interessate al suo assistito: Corinthians e Inter. Il Milan, però, sino a quel momento restava in pole position nelle preferenze dell'argentino. Il caso ha voluto che proprio quella sera la nuova Juventus di Antonio Conte affrontasse la Lazio a Roma, in una gara valevole per il campionato di serie A, nello stesso stadio dove Tévez ha appena conquistato il suo primo trofeo con la maglia bianconera. Nel novembre del 2011 Madama vinse con il risultato di 1-0, grazie ad un gol di Simone Pepe. Nell'attesa di recuperare pienamente il centrocampista, ancora infortunato, i suoi compagni questa volta ne hanno rifilato quattro al club di Lotito.
 
Un vecchio aforisma recita che "quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito". Mentre i bianconeri si trovavano in America a proseguire la seconda parte della preparazione estiva Antonio Conte aveva invitato i detrattori della sua Juventus a guardare oltre i risultati negativi conseguiti in quel periodo: "Se in futuro il presidente mi chiederà di vincere la Guinness International Champions Cup, imposterò il lavoro e la preparazione in maniera diversa. Ma al momento preferisco concentrarmi su Supercoppa, campionato e Champions League".
 
La Juventus è stata preparata e oliata dal suo mentore in vista degli impegni reali e importanti della stagione, non dei semplici tornei estivi. Per quanto importanti fossero (e sono) dal punto di vista commerciale ed economico. Anche Gianluigi Buffon, dopo aver sollevato nella veste di capitano la Supercoppa Italiana, ha tenuto a precisare questo concetto: "Le grandi squadre e i grandi giocatori si vedono quando conta, quando la posta in palio è alta, e non nelle tournée. Sono felice di questo trofeo, il primo che conquistiamo in una gara secca davanti ai nostri tifosi".
 
La sintesi della finale si può racchiudere in poche parole: troppa Juventus per questa Lazio, troppo largo il risultato per promuovere senza riserve i bianconeri o bocciare definitivamente i biancocelesti in vista del campionato ormai alle porte.
Nell'album dei ricordi del primo appuntamento ufficiale della stagione, come solitamente accade in Italia, resteranno cose belle ed altre meno belle: dall'ospitalità della Roma, che lascia a disposizione degli uomini di Conte il proprio campo di allenamento, ai “buu” razzisti indirizzati ai calciatori di colore della Juventus provenienti dalla curva laziale.
 
Col senno del poi va detto che Lotito probabilmente aveva ragione quando si lamentava del cambio di sede della finale, della mancata opportunità di giocarla a Pechino: in questo modo avrebbe evitato una figuraccia memorabile alla Lazio davanti ai propri tifosi. In compenso, però, avrebbe avuto l'opportunità di mostrare con orgoglio al mondo cinese la sportività di Klose e Petkovic, laddove ancora ricordano la fuga del Napoli prima della premiazione della scorsa edizione.
Si parla di due tesserati di origine straniera, ovviamente.
La cultura della sconfitta in Italia non esiste ancora.
 
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4 commenti:

Danny67 ha detto...

Hai pienamente ragione Thomas. In questo paese non esiste proprio la cultura della sconfitta, e questo in ogni campo, non solo in quello propriamente sportivo. E' un atteggiamento tipicamente italiano, ahimè, quello di attribuire ogni fallimento ad eventi esterni, di accampare sempre scuse, di offendere e non rispettare chi vince accettandone ed applaudendone la superiorità. Gli stranieri, in questo, sono molto spesso migliori di noi, decisamente.

Giuliano ha detto...

quando vedo Lichtsteiner, è più forte di me, mi viene in mente Braccio di Ferro
:-)
ma quello vero, Popeye quello di Segar e dei cartoni di Max Fleischer: invito tutti a cercarli, magari su youtube. L'andatura è quella, l'agilità anche, quando si arrabbia con mezzo mondo diventa identico...
è un po' più bello, questo va detto - ma qui ci vuole poco
:-)
basta anche la foto che hai messo in apertura...

Danny67 ha detto...

Hai ragione Giuliano!! Ora che mi ci hai fatto pensare hai proprio ragione. :-))

Thomas ha detto...

Giuliano, sei un mito... ;-)