“La testa dell’allenatore è pronta per l’esecuzione, quando non ci sono i risultati”. Parole e musica (triste) di André Villas Boas, tecnico portoghese di quel Chelsea sconfitto a Leverkusen dai padroni di casa lo scorso mercoledì di Champions League col risultato finale di 1-2.
Su di lui i Blues in estate hanno deciso di puntare forte: 15 milioni di euro, per la precisione, vale a dire l’importo della clausola rescissoria che legava l’allenatore al Porto, il suo precedente club, con il quale la scorsa stagione ha fatto incetta di trofei nazionali ed europei. Roma, Juventus e Inter dovettero abbandonare anzitempo l’idea di accettare una scommessa troppo cara per un campionato come quello italiano che non può più permettersi certi lussi.
“Devo tutto a Bobby Robson. Il divorzio da Mourinho? Dovevo seguire la mia ambizione”. Alla vigilia della finale dell’Europa League conquistata ai danni dello Sporting Braga si smarcò in questo modo, netto e deciso, dall’ombra dello “Special One”, lui che venne definito “Two”, il numero due, proprio perché stava dimostrando con i fatti di poter proseguire con le proprie gambe una carriera da predestinato. Da stretto collaboratore a suo avversario, il passo ormai era stato compiuto. Con il beneplacito del vecchio José, che poche ore prima aveva recapitato un messaggio di complimenti a Domingos Paciência, l’altro mister di quella sfida.
“Un pensiero particolare va a Pep Guardiola. Lui per me è una continua fonte d’ispirazione, e lo sa. Per questo gli dedico questa vittoria”. Bastò poco a Villas Boas, nei momenti immediatamente successivi il trionfo di Dublino dello scorso 18 maggio, per chiudere momentaneamente la querelle con l’ex maestro.
Le difficoltà riscontrate anche in Premier League hanno fatto risuonare nuovamente le voci sul possibile ritorno al Chelsea di Guus Hiddink. Va ricordato che, per motivi differenti, non sono comunque mancate polemiche anche sul recente operato di altri suoi illustri colleghi: Arsène Wenger (Arsenal), Alex Ferguson (Manchester United) e Roberto Mancini (Manchester City).
Su quest’ultimo, poi, pesa come un macigno la frase pronunciata dal patron del Napoli De Laurentiis dopo la sconfitta subita dagli inglesi allo stadio “San Paolo”: “Visto? Non si fa tutto con i soldi”.
In quei casi, chi “paga” è sempre il tecnico. Che avrà comunque un’intera stagione per rifarsi, magari vincendo il campionato, sempre che i Citizens non riescano a rimanere in corsa anche nell’attuale edizione della Champions League.
Il calcio molte volte è imprevedibile, può bastare poco per cambiare il corso della storia: quella del Milan stellare di Arrigo Sacchi iniziò grazie alla nebbia calata su Belgrado nel corso di una partita che stava vedendo i rossoneri in svantaggio di un goal. La ripetizione della stessa consentì poi al Diavolo il passaggio del turno dopo la disputa della lotteria dei calci di rigore.
Mentre gli eterni rivali “spagnoli” Guardiola (Barcellona) e Mourinho (Real Madrid) rischiano di fare incetta di titoli anche quest’anno (Bayern Monaco permettendo), sabato prossimo in Italia Edy Reja e Antonio Conte si affronteranno a viso scoperto per giocarsi la momentanea leadership della serie A.
Lo scorso 19 settembre l’allenatore dei biancocelesti arrivò a Formello per rassegnare le proprie dimissioni, salvo rinunciarvi su richiesta di Lotito e dei giocatori. Nell’arco di quasi due mesi si è ritrovato in vetta alla classifica, in compagnia di una Vecchia Signora che ha ripreso confidenza con l’alta quota.
Di mesi ne sono passati ventiquattro dal momento in cui Antonio Conte sfiorò la panchina della Juventus (dopo un incontro infruttuoso con Jean Claude Blanc), per poi aggiudicarsela a seguito dell’ennesima rivoluzione bianconera. Lui stesso, nel merito, era stato profetico i primi giorni di novembre del 2008: “Di sicuro, se entro 3 o 4 anni non sarò arrivato ad alti livelli, lascerò perdere”.
La sua ricetta per vincere è semplice: “Un grande allenatore lo fa una grande società e grandi giocatori, sono loro i protagonisti assoluti”.
Da quest’orecchio, però, i presidenti non ci sentono bene.
Oppure, semplicemente, fingono di non sentire.
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Su di lui i Blues in estate hanno deciso di puntare forte: 15 milioni di euro, per la precisione, vale a dire l’importo della clausola rescissoria che legava l’allenatore al Porto, il suo precedente club, con il quale la scorsa stagione ha fatto incetta di trofei nazionali ed europei. Roma, Juventus e Inter dovettero abbandonare anzitempo l’idea di accettare una scommessa troppo cara per un campionato come quello italiano che non può più permettersi certi lussi.
“Devo tutto a Bobby Robson. Il divorzio da Mourinho? Dovevo seguire la mia ambizione”. Alla vigilia della finale dell’Europa League conquistata ai danni dello Sporting Braga si smarcò in questo modo, netto e deciso, dall’ombra dello “Special One”, lui che venne definito “Two”, il numero due, proprio perché stava dimostrando con i fatti di poter proseguire con le proprie gambe una carriera da predestinato. Da stretto collaboratore a suo avversario, il passo ormai era stato compiuto. Con il beneplacito del vecchio José, che poche ore prima aveva recapitato un messaggio di complimenti a Domingos Paciência, l’altro mister di quella sfida.
“Un pensiero particolare va a Pep Guardiola. Lui per me è una continua fonte d’ispirazione, e lo sa. Per questo gli dedico questa vittoria”. Bastò poco a Villas Boas, nei momenti immediatamente successivi il trionfo di Dublino dello scorso 18 maggio, per chiudere momentaneamente la querelle con l’ex maestro.
Le difficoltà riscontrate anche in Premier League hanno fatto risuonare nuovamente le voci sul possibile ritorno al Chelsea di Guus Hiddink. Va ricordato che, per motivi differenti, non sono comunque mancate polemiche anche sul recente operato di altri suoi illustri colleghi: Arsène Wenger (Arsenal), Alex Ferguson (Manchester United) e Roberto Mancini (Manchester City).
Su quest’ultimo, poi, pesa come un macigno la frase pronunciata dal patron del Napoli De Laurentiis dopo la sconfitta subita dagli inglesi allo stadio “San Paolo”: “Visto? Non si fa tutto con i soldi”.
In quei casi, chi “paga” è sempre il tecnico. Che avrà comunque un’intera stagione per rifarsi, magari vincendo il campionato, sempre che i Citizens non riescano a rimanere in corsa anche nell’attuale edizione della Champions League.
Il calcio molte volte è imprevedibile, può bastare poco per cambiare il corso della storia: quella del Milan stellare di Arrigo Sacchi iniziò grazie alla nebbia calata su Belgrado nel corso di una partita che stava vedendo i rossoneri in svantaggio di un goal. La ripetizione della stessa consentì poi al Diavolo il passaggio del turno dopo la disputa della lotteria dei calci di rigore.
Mentre gli eterni rivali “spagnoli” Guardiola (Barcellona) e Mourinho (Real Madrid) rischiano di fare incetta di titoli anche quest’anno (Bayern Monaco permettendo), sabato prossimo in Italia Edy Reja e Antonio Conte si affronteranno a viso scoperto per giocarsi la momentanea leadership della serie A.
Lo scorso 19 settembre l’allenatore dei biancocelesti arrivò a Formello per rassegnare le proprie dimissioni, salvo rinunciarvi su richiesta di Lotito e dei giocatori. Nell’arco di quasi due mesi si è ritrovato in vetta alla classifica, in compagnia di una Vecchia Signora che ha ripreso confidenza con l’alta quota.
Di mesi ne sono passati ventiquattro dal momento in cui Antonio Conte sfiorò la panchina della Juventus (dopo un incontro infruttuoso con Jean Claude Blanc), per poi aggiudicarsela a seguito dell’ennesima rivoluzione bianconera. Lui stesso, nel merito, era stato profetico i primi giorni di novembre del 2008: “Di sicuro, se entro 3 o 4 anni non sarò arrivato ad alti livelli, lascerò perdere”.
La sua ricetta per vincere è semplice: “Un grande allenatore lo fa una grande società e grandi giocatori, sono loro i protagonisti assoluti”.
Da quest’orecchio, però, i presidenti non ci sentono bene.
Oppure, semplicemente, fingono di non sentire.
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5 commenti:
chissà se i delusi di questa estate dopo la rinuncia al portoghese ci hanno pensato in questi giorni ....chelsea in crisi nera e Juve, per ora, in vetta alla classifica....
comunque io non credo che Villas Boas dal nuovo messia del calcio sia diventato un caprone tutto in un momento....le vittorie e le sconfitte dipendono sempre da tanti fattori
roberta
“comunque io non credo che Villas Boas dal nuovo messia del calcio sia diventato un caprone tutto in un momento....le vittorie e le sconfitte dipendono sempre da tanti fattori”: questo è esattamente il senso dell’articolo.
Buongiorno, Roberta.
E buon sabato.
A me, sinceramente, Villas Boas piace parecchio. Lo dico ora che i risultati non gli stanno dando ragione. A volte basta un “niente” per cambiare il volto ad una stagione, per non parlare di un’intera carriera.
Quanto ha fatto lo scorso anno in Portogallo è stato un qualcosa di eccezionale: la fortuna aiuta, sì, ma non così tanto.
Quello che a me dà fastidio sono le mode, i messia creati ad arte per vendere notizie e poi mollati nel dimenticatoio.
Non avesse avuto quella clausola rescissoria da 15 milioni di euro, l’avrei desiderato fortemente per la nostra Juve. Ma visto che l’etichetta sulla giacca c’era, è stato un bene che se ne sia andato in Inghilterra.
Su Conte nutrivo speranze e dubbi allo stesso tempo. Dopo aver visto la prima gara allo “Juventus Stadium” dal vivo, posso assicurarti che non l’avrei cambiato con nessun allenatore del mondo.
E’ vero che il Parma partecipò alla nostra festa, ma ti assicuro che – osservata dall’alto – la squadra aveva un’impostazione tattica ben definita dopo soli due mesi di lavoro. Un blocco di granito, nonostante tutte le incertezze che si porta dietro da anni.
E che ancora mostra, e mostrerà.
In bocca al lupo a Villas Boas: “Anche i ricchi piangono”, ogni tanto.
;-)
Ci sentiremo presto
Non condividevo gli eccessive peana che sentivo a maggio si questo allenatore e non condivido ora chi all'improvviso lo dipinge per una sciagura (non è il caso di quest'articolo, ovviamente...) Bisogna dire anche che il chelsea da qualche anno non è più lo stesso chelsea che ci eliminò dalla champions il 2008...
d'accordo su tutto. A me viene anche da pensare a Lippi, quando si fanno questi discorsi: i suoi fallimenti, l'Inter e il mondiale 2010, non so fino a che punto siano addebitabili a lui. Sull'Inter sorvolerei (secondo me c'era di tutto, all'Inter, in quegli anni: calcioscommesse compreso), sul Mondiale 2010 pesano soprattutto tre fattori: vecchi campioni usurati, nessun ricambio pronto e mancanza d'esperienza internazionale(vedi Montolivo e Marchisio), scarso fisico di alcuni (vedi Criscito, sempre travolto dai suoi avversari). Il terzo fattore direi Lippi, qui qualche colpa Lippi ce l'ha: ma se tutte le squadre italiane giocano con undici stranieri...
E rimango sempre del parere che probabilmente il capolavoro del Trap è la Fiorentina. Mai più vista, fino a Prandelli, la Fiorentina nei primissimi posti.
Vilas Boas ce lo troveremo ancora contro.
@JUVE 90: hai detto bene, Sante: gli eccessi.
Sono quelli che non condivido, in ogni campo.
Sì, concordo: il Chelsea, nonostante il salvadanaio pieno, da due anni a questa parte è andato indietro come i gamberi.
@Giuliano: Lippi viene ancora ricordato con dispiacere dalle parti di Appiano Gentile.
Come se gli insuccessi di quell’esperienza fossero stati colpa sua…
Sul mondiale 2010, concordo in pieno.
Sul Trap, ricordo di averlo ammirato quando scelse di allenare il Cagliari: al di là dei risultati (negativi), guadagnò un’infinità di punti nella stima che nutro per lui.
Lui alla Fiorentina? Pensa a cosa ha rappresentato lui per noi, per 13 lunghissimi anni. Ed ha avuto anche il coraggio di andare là…
Un grandissimo uomo, altro che storie…
Un abbraccio a tutti!!!
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