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sabato 9 ottobre 2010

La Juve da Eugenio Canfari ad Andrea Agnelli


"Chiamatemi Andrea".
Così l’ultimo degli Agnelli, il nuovo Presidente della Juventus, si era presentato ai tifosi bianconeri a Pinzolo, sede del ritiro estivo della squadra. Era il 7 luglio scorso.
Edoardo, Giovanni, Umberto (il padre) e poi lui, Andrea, pronto a raccogliere la pesante eredità in nome di un amore che unisce il cognome della sua famiglia alla storia della Vecchia Signora.

Un legame che dura da 87 anni, da riannodare e rinforzare. Anche se questa volta non si è trattato di "continuare", ma di "ripartire", di costruire da zero una società distrutta nei suoi ultimi quattro anni di vita.
23 presidenti e 2 comitati di gestione: questi sono freddi i numeri che riepilogano il susseguirsi dei cambi nella poltrona più importante dei massimi vertici del club.

Ma guardando "oltre", c’è molto di più: senso di appartenenza, classe, stile.
In occasione della nascita della società Eugenio Canfari, uno dei suoi fondatori e primo Presidente, pronunciò queste (famose) parole: "Chi indossa la nostra divisa, le rimarrà fedele malgrado tutto e la terrà come prezioso ricordo".

Da Eugenio al fratello Enrico, passando per Dick, Olivetti, Dusio, Catella, Boniperti, sino ad arrivare agli ultimi tre: Franzo Grande Stevens, Giovanni Cobolli Gigli, Jean Claude Blanc.
A volte basta elencare pochi nomi per spiegare molte cose.

Ai tifosi che a Pinzolo gli urlavano "tu sei la Juve", Andrea Agnelli rispose "la Juve siete voi".
A loro aveva già scritto una lettera, pubblicata nel sito internet del club il 18 giugno. Il metodo più diretto e moderno per arrivare dritto all’obiettivo. E negli angoli non ancora setacciati dal web, ci pensarono la televisione e - il giorno immediatamente successivo - la carta stampata a diffonderne i contenuti.
Un segnale forte e chiaro. Destinato non soltanto a chi ama i colori bianconeri.

Alla richiesta "fatti restituire i due scudetti che sono nostri", sorrise, continuando a firmare autografi. Questo rappresenta il punto più delicato del nuovo corso bianconero. Qualcosa si è mosso, con lo stesso Presidente che si è esposto - in prima persona - sempre di più col trascorrere del tempo. Adesso si attendono notizie sulla revoca dello scudetto assegnato a tavolino all’Inter, per poi proseguire il cammino. Nel solco tracciato dalle parole presenti in alcuni punti della seconda lettera da lui scritta ai tifosi (1° ottobre).

"Compraci Krasic o Dzeko".
Il serbo, alla fine è arrivato. Per il bosniaco non è ancora detta l’ultima parola.
"Se sto bene sono più forte. Non sono secondo a nessuno, il modulo di Del Neri favorisce gli attaccanti d’area come me". Così parlò Amauri il giorno stesso, caricato dalla visita del massimo esponente della società e dalle notizie di mercato che davano come ancora lontani alcuni tra gli obiettivi che la Juventus si stava prefissando per il reparto offensivo (lo stesso Dzeko, Pazzini, Benzema e Gilardino). C’era ancora più di un mese a disposizione per provare a comprare qualche pezzo da novanta il quel settore: visto l’ostracismo di Dieter Hoeness (il direttore sportivo del Wolfsburg) si decise - alla fine - di puntare su Quagliarella, lasciando andare via Trezeguet e rimandando l’investimento oneroso nelle prossime sessioni di calciomercato.

Dove la squadra potrebbe essere ritoccata in più zone del campo. I segnali positivi visti in questo primo scorcio di stagione devono essere presi come un buon auspicio per il futuro. Ma c’è ancora da lavorare, tanto, per tornare ad essere "quelli di prima". Seguendo la strada tracciata da Andrea Agnelli e dal suo staff.
Proprio come disse (ancora) Eugenio Canfari: "L'anima juventina è un complesso modo di sentire, un impasto di sentimenti, di educazione, di bohemien, di allegria e di affetto, di fede alla nostra volontà di esistere e continuamente migliorare".
Appunto.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

sabato 2 ottobre 2010

Tra Milano e Napoli, la Juve cerca "nuove" vittorie


Il pallone era stato sistemato a dovere, non rimaneva che calciare la punizione. Del Piero lo stava fissando, alla ricerca della giusta concentrazione, mentre la barriera era colma di maglie bianconerazzurre che si muovevano in continuazione. Al fischio di Paparesta, ecco partire la breve rincorsa dell’attaccante: tiro, goal. Stupendo. Una corsa veloce verso lo spicchio dei tifosi juventini presenti al "Meazza", mostrando loro la linguaccia in segno di gioia. Ci provò, nello stesso modo, anche Recoba, quando l’incontro ormai stava per volgere alla sua naturale conclusione. Ma il palo e la mancata deviazione sottomisura di Cambiasso non mutarono il risultato finale: 2-1.

Era il 12 febbraio 2006 quando la Vecchia Signora, con questa vittoria, si scrollava di dosso l’Inter in campionato, forte di un vantaggio di 12 punti che aveva il sapore di un "saluti e baci". L’unico metodo per fermare l’ennesima marcia trionfale della Juventus era quello di provocare un qualcosa di imponderabile, inimmaginabile, straordinario. Un evento simile ad un "terremoto".
Quello che poi, alla fine, accadde.

A distanza di quattro anni e tanti rimpianti, la verità sta venendo a galla, con il contorno delle sue sfumature più nascoste. Le udienze del processo di Napoli forniscono sempre più materiale per trasferire a tutti gli sportivi di qualsiasi "fede" una corretta informazione su quanto avvenne in quel periodo. Quella che sulla rete internet, da tempo, molti appassionati (non tutti addetti ai lavori) avevano già messo a disposizione, dopo una ricostruzione che aveva richiesto una pazienza certosina.

Una mano sul mouse, e l’altra sul cuore, è dovere dei professionisti del giornalismo fare luce su questi episodi, e raccontarli alla vasta platea dei loro lettori con onestà. Quella intellettuale, quella "vera". Concedendo, a notizie di una simile portata, gli spazi "congrui"che meritano. Se poi, piaccia o non piaccia, qualcuno decide di astenersi dal farlo, quella è un’altra storia. Lontana dalla realtà dei fatti.

Milos Krasic, nella scorsa sessione di calciomercato estivo, rifiutò il passaggio al Manchester City per accasarsi a Torino, sponda bianconera. Soltanto tre giorni dopo aver affrontato i Citizens si ritroverà di fronte l’Inter, a Milano. Un’altra società con la quale non aveva neppure accennato a discutere di un suo possibile trasferimento, dato che la Juventus si era già fatta avanti con lui. Nonostante, oltretutto, i tentativi di convincimento dell’amico (e compagno di nazionale) Dejan Stankovic.

Quindi: Krasic non ha accettato sia la proposta di andare a giocare in Premier League, rinunciando a maggiori possibilità di guadagno al servizio dello sceicco Mansour bin Zayed Sultan Al Nahyan, che quella di militare nella squadra che la scorsa stagione aveva vinto il campionato di serie A, la Champions League e la coppa Italia.
Perché? "Storia, vittorie e prestigio della Juventus sono qualcosa di incredibile, unico". Parole sue.

"Non posso nascondere di essere dispiaciuto per il mio mancato passaggio alla Juventus. Fino all’ultimo ho creduto che il Wolfsburg e il club bianconero riuscissero a trovare un accordo, soprattutto quando tra i due club si è aperta la trattativa per Diego. Purtroppo non è andata come avrei voluto" (Edin Dzeko, settembre 2010, intervista rilasciata al settimanale tedesco "Kicker").
C’è ancora qualcuno che subisce il fascino della Vecchia Signora, e non si tratta di calciatori di secondo piano. Anche se nel recente passato hanno trovato maggiore risalto le notizie dei rifiuti (reali?) di alcuni giocatori (Borriello, Di Natale, Burdisso) ad indossare la maglia bianconera.

Krasic sta diventando, poco alla volta, il simbolo di una squadra rinnovata, figlia di una società che cerca di riallacciare il presente al proprio passato. Andrea Agnelli scrive ai tifosi bianconeri, ma sa benissimo che le sue lettere non vengono lette soltanto da loro. Sono messaggi: alcuni chiari, altri da decifrare. Chi doveva capire, ha capito.

Da Milano (domani) a Napoli (ieri, nelle aule del tribunale) è (ri)partita la rincorsa della società per tornare ad essere se stessa. Con un Presidente a cui il cognome Agnelli, mano a mano che il passa tempo, sembra calzare sempre più a pennello anche in ambito calcistico. E’ presto per dare giudizi definitivi. Si può dire, al momento, che la strada intrapresa sembra essere quella giusta. Tanto sul rettangolo di gioco quanto fuori. Dove "la Juventus continuerà a farlo (il proprio lavoro, ndr) nelle sedi competenti perché le ragioni di tutti siano ascoltate e valutate con pari dignità". Senza proclami, ma con fermezza.

Per continuare a scrivere la sua storia. Un qualcosa di "unico" . Per rimettere le cose al loro "giusto posto", con la Juventus che "torna" a fare la Juventus. Come nei momenti in cui, con una linguaccia, salutava tutti quelli che si trovavano a 12 punti di distacco già a febbraio, con tredici giornate di campionato ancora da disputare. Nonostante, in passato, chiedessero di "mettere Collina".

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

domenica 1 agosto 2010

1° agosto: il giro di boa del calciomercato



Il consiglio della FIGC ha diramato in modo ufficiale le date del calciomercato estivo. L'inizio è fissato per il giorno 1 luglio, mentre il termine è stato fissato il 31 agosto alle ore 19.00.
Il che vuol dire che oggi, 1° agosto, siamo esattamente al "giro di boa".
Manca ancora un mese alla fine di questa sessione. Poi, si partirà con gli effettivi a disposizione in quel momento. Per altri acquisti e cessioni i battenti si riapriranno in quella invernale (3 gennaio - 31 gennaio 2011).
Ma cosa succedeva all’alba del 1° luglio scorso?

La Juventus attendeva il sì per Marco Motta: dopo averlo ottenuto dallo stesso calciatore si cercava l’intesa (poi trovata) con l’Udinese. Riallacciati i buoni rapporti dopo le tensioni dell’affare (saltato) Gaetano D’Agostino, l’operazione che portò Simone Pepe alla corte della Vecchia Signora (la prima della nuova era Agnelli) aveva contribuito ad un primo riavvicinamento tra le due società.
L’arrivo di Marotta a Torino e gli addii di Gasparin (per i friulani), Alessio Secco ed il parziale allontanamento di Jean Claude Blanc hanno fatto il resto.

Marcello Lippi veniva insultato, al tramonto dell’infelice spedizione sudafricana, nella sua Toscana (prima all’isola del Giglio, poi all’Elba); Brasile e Argentina dovevano ancora essere eliminate da Olanda e Germania; Berlusconi (da Panama) prometteva di rimanere in sella al suo Milan per altri 25 anni (il tempo utile per distanziare chi ha vinto meno di lui…); tra l’Inter e il Real Madrid calava il gelo nella trattativa per la cessione di Maicon alle merengues, mentre Moratti fissava il prezzo per Balotelli ad Arsenal e Manchester City (40 milioni di euro); la Lega A si riuniva in assemblea per la prima volta dopo la scissione con quella che poi è diventata la Lega B; Giovanni Petrucci (presidente del CONI) si dichiarava d’accordo sia con Crimi (Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio con delega allo Sport) che con Abete (presidente della FIGC) sul metodi di rilancio del calcio italiano (i due, invece, non andavano d’amore e d’accordo), prima ancora di indicare Berlusconi e Moratti come "esempi da seguire"; Cesare Prandelli aveva appena sottoscritto il contratto che lo legherà alla nazionale azzurra (giovane e multietnica) per i prossimi 4 anni.

E per la Juventus, oltre a Motta?
Già concretizzati gli altri acquisti presenti ad oggi, deciso da tempo il trasferimento di Molinaro allo Stoccarda, mentre Cannavaro sbarcava negli Emirati Arabi per essere accolto con tutti gli onori di casa da Mark Bell (d.g. dell’Al Ahli) si parlava delle cessioni di quei giocatori dai contratti "pesanti" e importanti che avrebbero permesso di sbloccare il mercato bianconero.
Tiago aveva chiesto tempo prima di dare una risposta positiva all’Atletico Madrid per la proposta di spalmare il suo contratto biennale (da 2,8 milioni) in triennale, mentre ormai le società - tra di loro - erano sostanzialmente d’accordo; per Fabio Grosso, sempre con gli spagnoli, si parlava di un rinvio ai giorni successivi per una eventuale chiusura dell’accordo.
Zebina e Camoranesi si trovavano nella stessa situazione di oggi: con una valigia in mano.

La prossima potrebbe essere una settimana decisiva per diversi movimenti, sia in entrata che in uscita: è dai primi di luglio che si "dice così". E mentre sul versante acquisti qualche occasione nel frattempo si è presentata (ottima - ingaggio permettendo - quella di Rafael Marquez, svincolato dal Barcellona) e si dibatte ancora su "Krasic o Dzeko" (grazie, Abete…), più passa il tempo e prima arriverà il momento di agire: "cessioni o non cessioni" di quei calciatori che manifestano un grande amore (non ricambiato) verso la Juventus.
Anche se purtroppo non sarà possibile usare una delle migliori armi di convincimento in simili situazioni: quella di dimostrare tutto questo affetto non comodamente seduti in tribuna o sulla panchina, bensì direttamente in campo, seguendo le rigide disposizioni di Del Neri. Quelle che impongono continui "su e giù" per le fasce (stile Marco Motta o Davide Lanzafame) sino allo sfinimento fisico.
Qualche dubbio sull’effettiva convenienza nel restare in bianconero, forse, allora comparirebbe.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

lunedì 12 luglio 2010