La stagione 1985-86 fu per la Juventus l’ultima con Trapattoni allenatore e la penultima di Michel Platini in campo con la maglia bianconera. Soprannominato “le Roi”, il francese era arrivato a Torino nell'estate del 1982 al tramonto del Mondiale spagnolo vinto dall’Italia, appropriandosi dello scettro di miglior realizzatore della serie A per i suoi tre primi campionati e spodestando così dal trono il precedente capocannoniere Roberto Pruzzo, “O' Rey di Crocefieschi” (il quartiere di Genova dove è nato). Per vedere una tripletta di Michel, però, si dovette attendere sino al 20 ottobre 1985, quando allo stadio "Comunale" la Vecchia Signora sconfisse il Bari per 4-0, inanellando la settima vittoria consecutiva in tutte le gare da lei disputate dall'inizio dell'anno ed uguagliando in tal modo il suo precedente record risalente alla stagione 1976-77, conclusa con le conquiste dello scudetto (51 punti accumulati dai bianconeri sui 60 disponibili, quando ancora ne venivano assegnati due per ogni successo) e della prima coppa UEFA vinta a Bilbao.
La squadra pugliese allenata da Bruno Bolchi quella domenica si presentò al cospetto della Juventus con un atteggiamento sin troppo prudente, comprovato dalle marcature a uomo sull’avversario diretto scelte dal suo tecnico in quasi tutte le zone del campo. Madama, campione d'Europa in carica e prossima a diventarlo anche del mondo, iniziò da subito un vero e proprio tiro al bersaglio verso la porta difesa da Pellicanò. Riuscì a raccogliere i risultati di quanto seminato quando ormai si era giunti al termine della prima frazione di gioco: un lancio di Cabrini dalla metà campo sfuggì in maniera goffa al controllo del barese Sola, lasciando la possibilità a Platini di scoccare un destro imparabile. Tacconi, spettatore non pagante per tutta la durata dell'incontro, dovette compiere un unico intervento in un’ora e mezza di gioco, una semplice uscita di pugno per anticipare un tentativo di conclusione di Rideout su un cross effettuato da Sclosa.
Un’autorete di Gridelli aprì le danze nella ripresa, consentendo alla Juventus di camminare sul velluto per tutta la restante parte della gara. Sfortunato protagonista per gli ospiti, il difensore venne sostituito di lì a poco da Bolchi con Carboni, senza che la mossa potesse sortire effetti particolari nel prosieguo dell'incontro. Platini, nel frattempo, continuò il suo show: al 63’ Mauro indirizzò verso l’area di rigore barese un pallone che, grazie ad un velo di Serena, arrivò al francese il quale con una finta rientrò di destro liberandosi di Loseto per poi trafiggere Pellicanò col piede sinistro. Scirea dovette abbandonare il campo a causa di una fastidiosa tendinite divenuta insopportabile col trascorrere dei minuti; Favero andò così ad occupare il ruolo di libero rimasto vacante, con il neo entrato Pioli che si francobollò a Bivi, autore di una partita anonima tanto quanto il compagno di reparto Rideout, tenuto a bada da Brio.
Quando ormai mancavano pochi minuti al termine dell’incontro un cross di Cabrini divenne preda nuovamente del numero dieci bianconero dopo uno scontro di gioco tra Pacione (subentrato a Laudrup) e Pellicanò, che impedì ad entrambi di impossessarsene: stavolta la soluzione vincente scelta dal fuoriclasse fu una mezza rovesciata, con la quale indirizzò la palla nella porta rimasta sguarnita.
Autore di una prestazione eccellente, nell’intervista post-gara Platini si mostrò prudente sul futuro di Madama nel campionato: “Questi record non hanno importanza. Adesso ci aspettano partite difficilissime e sarà proprio in occasione di quelle verifiche che dovremo confermare tutte le nostre doti”.
La Vecchia Signora in estate si era rifatta completamente il look, tanto da rendere difficilmente ipotizzabile la possibilità che Trapattoni riuscisse ad amalgamare molti elementi nuovi in così poco tempo: arrivarono contemporaneamente Massimo Mauro, Lionello Manfredonia, Michael Laudrup e Aldo Serena, con l’attaccante di Montebelluna che prese il posto di Paolo Rossi trasferitosi al Milan. Sbancando Udine la domenica successiva Madama portò il numero delle vittorie consecutive iniziali ad otto, per poi cadere a Napoli il 3 novembre 1985 in occasione del confronto diretto tra l’asso transalpino e il futuro re del calcio: Diego Armando Maradona.
I timori di Platini avrebbero avuto un loro riscontro a stagione inoltrata, visto che la Juventus sarebbe stata raggiunta dalla Roma di Eriksson a due sole giornate dalla conclusione del campionato. L’ombra dello spareggio sembrava essere ormai sempre più lunga, quando il 20 aprile 1986 accadde che un incredibile harakiri dei giallorossi in casa contro il Lecce spianò la strada verso il ventiduesimo tricolore agli uomini di Trapattoni, usciti nel frattempo vittoriosi dall’incontro al “Comunale” con il Milan. Giunse così un altro trionfo per la Vecchia Signora, per la gioia dei milioni di tifosi bianconeri sparsi per il mondo e la rabbia di chi, come Franco Zeffirelli, proprio non riusciva a digerirne i successi.
Proprio in occasione dell’incontro con il Bari dalla curva Filadelfia stracolma di sostenitori juventini comparvero striscioni e si levarono cori irriverenti nei confronti del regista fiorentino, condannato pochi giorni prima dal tribunale a pagare una multa di trentadue milioni di lire (risarcimento danni e multa) per le calunnie rivolte al club torinese. L’Avvocato Agnelli, intervistato durante l’intervallo di quella gara, si disse dispiaciuto per l’accaduto. La stima che nutriva verso l’uomo era nota a tutti, tanto quanto il disappunto per le sue considerazioni in ambito sportivo. Così come ebbe modo di sostenere in una delle dichiarazioni passate ormai alla storia: “È un grande regista. Ma quando parla di calcio non lo sto nemmeno a sentire
La squadra pugliese allenata da Bruno Bolchi quella domenica si presentò al cospetto della Juventus con un atteggiamento sin troppo prudente, comprovato dalle marcature a uomo sull’avversario diretto scelte dal suo tecnico in quasi tutte le zone del campo. Madama, campione d'Europa in carica e prossima a diventarlo anche del mondo, iniziò da subito un vero e proprio tiro al bersaglio verso la porta difesa da Pellicanò. Riuscì a raccogliere i risultati di quanto seminato quando ormai si era giunti al termine della prima frazione di gioco: un lancio di Cabrini dalla metà campo sfuggì in maniera goffa al controllo del barese Sola, lasciando la possibilità a Platini di scoccare un destro imparabile. Tacconi, spettatore non pagante per tutta la durata dell'incontro, dovette compiere un unico intervento in un’ora e mezza di gioco, una semplice uscita di pugno per anticipare un tentativo di conclusione di Rideout su un cross effettuato da Sclosa.
Un’autorete di Gridelli aprì le danze nella ripresa, consentendo alla Juventus di camminare sul velluto per tutta la restante parte della gara. Sfortunato protagonista per gli ospiti, il difensore venne sostituito di lì a poco da Bolchi con Carboni, senza che la mossa potesse sortire effetti particolari nel prosieguo dell'incontro. Platini, nel frattempo, continuò il suo show: al 63’ Mauro indirizzò verso l’area di rigore barese un pallone che, grazie ad un velo di Serena, arrivò al francese il quale con una finta rientrò di destro liberandosi di Loseto per poi trafiggere Pellicanò col piede sinistro. Scirea dovette abbandonare il campo a causa di una fastidiosa tendinite divenuta insopportabile col trascorrere dei minuti; Favero andò così ad occupare il ruolo di libero rimasto vacante, con il neo entrato Pioli che si francobollò a Bivi, autore di una partita anonima tanto quanto il compagno di reparto Rideout, tenuto a bada da Brio.
Quando ormai mancavano pochi minuti al termine dell’incontro un cross di Cabrini divenne preda nuovamente del numero dieci bianconero dopo uno scontro di gioco tra Pacione (subentrato a Laudrup) e Pellicanò, che impedì ad entrambi di impossessarsene: stavolta la soluzione vincente scelta dal fuoriclasse fu una mezza rovesciata, con la quale indirizzò la palla nella porta rimasta sguarnita.
Autore di una prestazione eccellente, nell’intervista post-gara Platini si mostrò prudente sul futuro di Madama nel campionato: “Questi record non hanno importanza. Adesso ci aspettano partite difficilissime e sarà proprio in occasione di quelle verifiche che dovremo confermare tutte le nostre doti”.
La Vecchia Signora in estate si era rifatta completamente il look, tanto da rendere difficilmente ipotizzabile la possibilità che Trapattoni riuscisse ad amalgamare molti elementi nuovi in così poco tempo: arrivarono contemporaneamente Massimo Mauro, Lionello Manfredonia, Michael Laudrup e Aldo Serena, con l’attaccante di Montebelluna che prese il posto di Paolo Rossi trasferitosi al Milan. Sbancando Udine la domenica successiva Madama portò il numero delle vittorie consecutive iniziali ad otto, per poi cadere a Napoli il 3 novembre 1985 in occasione del confronto diretto tra l’asso transalpino e il futuro re del calcio: Diego Armando Maradona.
I timori di Platini avrebbero avuto un loro riscontro a stagione inoltrata, visto che la Juventus sarebbe stata raggiunta dalla Roma di Eriksson a due sole giornate dalla conclusione del campionato. L’ombra dello spareggio sembrava essere ormai sempre più lunga, quando il 20 aprile 1986 accadde che un incredibile harakiri dei giallorossi in casa contro il Lecce spianò la strada verso il ventiduesimo tricolore agli uomini di Trapattoni, usciti nel frattempo vittoriosi dall’incontro al “Comunale” con il Milan. Giunse così un altro trionfo per la Vecchia Signora, per la gioia dei milioni di tifosi bianconeri sparsi per il mondo e la rabbia di chi, come Franco Zeffirelli, proprio non riusciva a digerirne i successi.
Proprio in occasione dell’incontro con il Bari dalla curva Filadelfia stracolma di sostenitori juventini comparvero striscioni e si levarono cori irriverenti nei confronti del regista fiorentino, condannato pochi giorni prima dal tribunale a pagare una multa di trentadue milioni di lire (risarcimento danni e multa) per le calunnie rivolte al club torinese. L’Avvocato Agnelli, intervistato durante l’intervallo di quella gara, si disse dispiaciuto per l’accaduto. La stima che nutriva verso l’uomo era nota a tutti, tanto quanto il disappunto per le sue considerazioni in ambito sportivo. Così come ebbe modo di sostenere in una delle dichiarazioni passate ormai alla storia: “È un grande regista. Ma quando parla di calcio non lo sto nemmeno a sentire
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5 commenti:
Ero allo stadio in via del mare quel 27 aprile 1986, festeggiando il 22 scudetto della storia bianconera. Ricordo il gran caldo e la gran gioia. Dopo la partita, nel viaggio di ritorno ci fermammo in una stazione di servizio e passò il pullmann dei campioni d'Italia. Bei momenti, grande squadra, fine di un ciclo. Poi arrivò il decennio dei Magrin, Zavarov e della Fiat in Russia. Nonostante tutto un periodo meno mortificante rispetto a quello attuale figlio della farsa del 2006. Ciao Thomas
“Mortificante”.
Hai scelto la parola giusta, Antonio. Concordo.
Quando l’ho letta dal cellulare, mentre facevo una passeggiata in compagnia di un amico, ho sorriso.
Nel primo pomeriggio avevo preparato il pezzo che ho inserito poco fa, e per esprimere lo stato d’animo di noi sostenitori juventini avevo scelto di scrivere questa frase: “altre diciannove partite di campionato e i tifosi bianconeri, visto l’attuale stato d’animo generale, sapranno di che morte dovranno morire.”
Mentre mi documentavo per questo articolo ho trovato due interviste dell’Avvocato Agnelli e del fratello Umberto, rilasciate nell’intervallo della gara col Bari.
Te le faccio leggere, alla luce di quello che hai scritto nel tuo commento.
Gianni Agnelli: “è effettivamente possibile che si stia riaprendo un ciclo, dal momento che il collettivo bianconero è giovane”.
Umberto Agnelli: “Mi sembra difficile formulare una previsione del genere, perché il calcio è cambiato e i giocatori, In virtù dello svincolo, adesso si muovono maggiormente. E' indubbio, però, che il tasso di classe della formazione di Trapattoni è molto elevato e Platini non è sicuramente il solo a contare su elevati requisiti dal punto di vista tecnico. Ci sono le premesse, insomma, per un futuro ricco di soddisfazioni. Sia per la società, sia per i tifosi”.
Poi accadde quello che hai raccontato.
Il calcio è bello perché è strano, sfugge spesso alle regole più banali, quelle che sembrano sicure e indiscutibili.
Un abbraccio e buona serata, Antonio
Grazie per essere passato a trovarmi e complimenti ancora per l’analisi del momento della Juve che ho letto sul tuo blog
Antonio, ho rivisto ora la mia risposta al tuo commento.
Mi sono dimenticato, nel citarli le parole degli Agnelli, di aggiungere il mio pensiero sul fatto che eri presente allo stadio in quel famoso 27 aprile: ti invidio moltissimo…
;-)
A presto!
Grazie per l'appendice di informazione che mi hai inserito. Non le conoscevo, e se le conosccevo le avevo dimenticate (l'età incalza), ma dimostrano come le valutazioni devono essere sempre ben considerate quando si esprime una critica alla squadra del cuore. Dalle ceneri del 2006, per quanto mi riguarda, c'era la consapevolezza immediata di una dirigenza ignara delle conoscenze del calcio. Oggi, intendo dall'avvento di Andrea, almeno c'è qualcuno che di calcio mastica qualcosa. Come tifosi si fa fatica a vedere la Juve impoverita da certi obbiettivi e dalla forza di mercato modesta visti i nomi acquistati e quelli in odor di trasferimento. La pazienza ha un limite per chi è stato abituato "male". Ma questo è il momento di riflettere se esiste o meno una reale ricostruzione. Ovvio che partendo da quest'anno "zero", occorre avere ancora una proroga di pazienza.
Anche se non lascio commenti, passo sempre dal tuo blog che trovo piacevole, lucido nell'esposizione e competente. Inoltre trovo gli interventi lasciati dagli altri in sintonia e rispetto della nostra passione.
Un caro saluto.
Non la ricordavo neanch’io, Antonio.
Sai, quando vado a leggere un po’ di notizie su queste partite finisco per aprire il cassetto della memoria e trovarci dentro un po’ di tutto.
La nuova Juve? Ho fiducia in Andrea Agnelli.
Per lui sono disposto ad aspettare ancora. Così come non farò mancare le critiche quando lo riterrò (personalmente) necessario.
Ora, però, mi sembra francamente troppo presto.
Ad agosto sembrava che quest’anno dovesse essere un incubo, peggio dello scorso. Invece per diversi mesi siamo rimasti con il rimpianto per non aver comprato una punta di peso. Come se le altre cose (tutte migliorabili) andassero comunque bene così, per adesso.
Mi manca la Juventus.
La mia, la nostra Juventus.
Più di una vittoria.
Quella può essere anche frutto del caso.
Per quello cerco sempre di guardare oltre i piedi, i Floro Flores, i pareggi, i Motta che non vanno, e evidenzio tutto ciò che ha (o può avere) un futuro. Perché ora stiamo costruendo il domani, e continuiamo a guardare al passato, confrontando due formazioni (e due società) neanche lontanamente paragonabili tra loro.
Tutto questo genera frustrazione. Quella che ho anch’io.
Se riprendo a correre oggi, dopo essere rimasto fermo sei mesi, non posso pensare di iniziare da dove avevo lasciato. E’ un concetto semplice. Forse troppo. Ma chi ha fatto sport sa che non si inventa nulla, che tutto è frutto del sacrificio, della programmazione, anche di un po’ di fortuna.
Con tanti soldi si risolverebbero tutti i problemi?
No, se ne eliminerebbero tanti. Ma per vincere ci vuole altro.
Basta chiedere all’attuale Real Madrid, tanto per fare un esempio: hanno speso da fare schifo, ma il Barcellona costruito in casa non fa altro che umiliarlo…
Ti giro i complimenti, di cuore. Sai che sono sinceri
Così come ti ringrazio per quelli che hai fatto agli altri
Un abbraccio
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