Nel
suo libro “Juventus. Quei derby che una signora non dimentica”,
pubblicato nel 2007, Roberto Beccantini - noto giornalista sportivo e
tifoso bianconero - aveva riportato un curioso aneddoto legato ad una
confessione rilasciata tempo prima da Dino Zoff: “Quando prendevo
un gol da Platini in Nazionale o in allenamento non mi lamentavo né
mi incavolavo mai. Sono gol che un portiere deve accettare. Perché?
Non sono imparabili, sono perfetti”.
Passano
gli anni, Madama saluta o dà il benvenuto a nuovi fuoriclasse, ma la
storia si ripete. Buffon, all'alba del primo campionato disputato
dalla Vecchia Signora dentro la sua nuova casa (2011/12), per
celebrare la grandezza di un altro maestro nelle punizioni, Andrea
Pirlo, diventò addirittura mistico: “Quando
Andrea mi ha detto che sarebbe venuto alla Juve, la prima cosa che ho
detto è stata "Meno male". Credo che un giocatore del suo
livello e del suo valore, per lo più gratis, sia stato l'affare del
secolo. E ieri quando l'ho visto giocare ho pensato "Dio c'è",
perché è veramente imbarazzante la sua bravura calcistica".
Davanti
a quella classe anche Michel Platini lo scorso 18 giugno 2013 si era
tolto pubblicamente il cappello: “Stiamo parlando di un grande
giocatore, perché dà un valore aggiunto alle sue squadre sia per
tecnica che per organizzazione. La sua sfortuna è che nella storia
rimangono più nella mente dei tifosi i grandi goleador perché le tv
fanno vedere soprattutto i gol. Nella Juve infatti ci si ricorda di
più di Del Piero che di altri. È lo stesso problema di portieri,
difensori e centrocampista di fatica. È un giocatore eccezionale,
con grandi qualità e devo dire che lo ammiro moltissimo. Mi tolgo il
cappello di fronte a lui”.
Ultimo
tra gli ultimi, ma solo in ordine cronologico, anche Luigi Garlando,
prima firma della “Gazzetta dello Sport”, nel celebrare l'opera
d'arte con la quale Pirlo ha regalato la qualificazione ai quarti di
Europa League alla Juventus, sulla rosea ha scritto: “L'habitat
naturale di Andrea Pirlo è il Pallone d'Oro. Non l'ha mai vinto?
Colpa di chi vota, mica sua”. Amen.
Finite
le celebrazioni, per i bianconeri adesso è arrivato il momento di
rimboccarsi le maniche e portare a compimento due missioni
all'interno di una stagione, quella che porterà molti di loro a
partecipare ai mondiali brasiliani, sempre più densa di impegni.
Aumenta
il numero dei minuti accumulati nelle gambe dalla truppa di Conte,
iniziano ad affiorare con frequenza sempre maggiore gli infortuni,
ogni tanto fioccano alcune squalifiche, ed ecco che Madama inizia a
tirare la cinghia, facendo ricorso a qualche ragazzo della sua
Primavera (Romagna e Matiello a Firenze, giusto per fare un esempio).
Il
prossimo appuntamento in campionato è a Catania, laddove in
campionato la Juventus non perde dal lontano 27 settembre 1964.
All'epoca dei fatti vinsero i padroni di casa per 3-1, la Vecchia
Signora era guidata in panchina da Heriberto Herrera. Quella stagione
si concluse con un quarto posto in serie A, un successo in coppa
Italia (il quinto per i bianconeri), ed una finale di Coppa delle
Fiere, la mamma della vecchia Coppa Uefa (e la nonna dell'attuale
Europa League), persa contro gli ungheresi del Ferencvaros
nella gara secca disputata allo stadio “Comunale” di Torino.
A
questo punto, vista e considerata qualche ipotetica analogia col
passato, per Madama è meglio cercare di portare a casa un'altra
vittoria in campionato...
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