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domenica 10 luglio 2011

La Juventus e la settimana dei Rossi

Verso la fine dello scorso gennaio Massimo Moratti, alla luce delle dichiarazioni di Andrea Agnelli in merito alle polemiche legate al terremoto calcistico del 2006 ("Questo argomento mi annoia. Hanno chiesto tempo e ne hanno avuto molto. Ora mi aspetto delle risposte riguardo al nostro esposto. Posso dire solo questo"), definì il Presidente bianconero "Giovin Signore", dispiacendosi di averlo annoiato con le proprie parole.

Trascorsi cinque mesi e qualche spicciolo di giorni, e dopo aver letto i punti più scottanti delle 72 pagine della relazione scritta dal procuratore federale Stefano Palazzi, ora può stare tranquillo: quel pericolo non esiste più. Anzi: alle sue parole, adesso, l’uomo che guida la Vecchia Signora presterà ancora più attenzione di quanto non abbia (già) fatto nel passato.
Se sul rettangolo di gioco il divario tecnico tra i club appare ancora evidente (con due settimi posti consecutivi alle spalle per i torinesi c’è poco da sorridere e molto da lavorare), fuori da quell’ambito Madama ha iniziato a far sentire forte la propria voce.

Questa, per la Juventus, doveva essere la settimana decisiva per effettuare un blitz a Madrid con l’obiettivo di catturare l’argentino Aguero: col trascorrere delle giornate si è trasformata in quella dei Rossi. Guido e Giuseppe.

Il primo, nominato commissario straordinario della FIGC nel mese di maggio del 2006, è tornato alle luci della ribalta dopo la pubblicazione dell’opera di Palazzi, dove è stato richiesto all’Inter di togliere lo smoking bianco dell’onestà ed è stata girata alla prossima riunione del consiglio federale (prevista per il 18 luglio) la patata bollente della decisione definitiva sulla revoca dello scudetto attribuito ai nerazzurri "in segreteria". Nel 2006, ai tempi di Guido Rossi.

L’altro Rossi, Giuseppe, è stato accostato con sempre maggiore insistenza alla Vecchia Signora proprio nei momenti in cui l’incendio delle polemiche bianconerazzurre era ormai divampato ovunque. Giuseppe Marotta ha confermato l’approccio verso il giocatore, allargando - però - il campo degli interessamenti ad una platea più vasta di calciatori tenuti sotto osservazione e controllo. Nel frattempo si continua a vociferare di un viaggio in Spagna dei dirigenti juventini previsto per la prossima settimana (stavolta a Villarreal) per chiudere la pratica relativa all’attaccante di qualità da consegnare ad Antonio Conte.

A partire dallo scorso giovedì Madama ha dato il via alla preparazione estiva a Bardonecchia: la prima rete messa a segno nella partitella in famiglia a fine seduta porta la firma - manco a dirlo - di Del Piero.
Così come era nelle previsioni, l’affluenza dei tifosi è sensibilmente aumentata con l’avvicinarsi del week end: tra un passato da riscrivere, un presente incerto ed un futuro pieno di aspettative, l’amore dei sostenitori verso la loro Vecchia Signora è l’unica certezza che regna intorno al mondo bianconero.

Poco più di un anno fa, domenica 11 luglio 2010, Madama affrontò nel primo test dall’inizio del ritiro estivo di Pinzolo la Rappresentativa del Trentino: terminò 6-0 per gli uomini di Del Neri, i protagonisti principali furono Trezeguet (autore di una doppietta) e il brasiliano Diego, per il quale - dopo una stagione in bianconero alle spalle - si discuteva ancora del dualismo sul rettangolo di gioco con Del Piero. Soltanto un nubifragio, abbattutosi al trentesimo minuto della ripresa, costrinse i seimila spettatori presenti sugli spalti ad abbandonare le tribune, in concomitanza con la sospensione della gara.

La punta sognata e agognata per il reparto offensivo, in quei momenti, era Edin Dzeko, bosniaco in forza (allora) al Wolfsburg per il quale Marotta doveva fronteggiare due ostacoli: l’imprevista (e improvvisa) riduzione dei giocatori extracomunitari tesserabili per i club italiani (passati da due a uno) e l’interessamento per l’attaccante da parte del Manchester City guidato da Roberto Mancini ed il Chelsea di Carlo Ancelotti (che, nel frattempo, sognava anche Fernando Torres). Per superare l’offerta delle società straniere c’era un’unica strada: sfoltire la rosa per reperire i fondi indispensabili per sbloccare la trattativa, cominciando proprio dalla cessione di Diego per poi continuare con quelle di Sissoko e Felipe Melo.
La storia, ormai nota, racconta che nel successivo mese di gennaio del 2011 Dzeko andò effettivamente ai "Citizens" e Torres raggiunse i "Blues".

Tornando alla stretta attualità, la maglia numero 21 della Juventus, vedova di Zidane, finalmente ritrova un padrone dai piedi nobili, quell’Andrea Pirlo di cui tutti - compagni e sostenitori bianconeri - hanno apprezzato subito le qualità. Amauri viene incitato ad andarsene da Torino dai tifosi presenti a Bardonecchia, mentre Iaquinta inaugura la stagione degli infortuni e Conte viene coccolato da chi - per mesi - ha richiesto il suo arrivo sulla panchina di Madama.

Nell’attesa che il mercato consegni al nuovo allenatore altra benzina da mettere nel motore Juventus, non resta che fare gli auguri di buon compleanno a Luciano Moggi, il Direttore.
Con un invito: quello di continuare a lottare e non mollare. Mai.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com


mercoledì 27 ottobre 2010

Quanto è bella la Juventus "antipatica"...


Nell'attesa di tornare a vincere qualche competizione, la Juventus ha ripreso a fare paura.
E' bastato che quella squadra che in estate suscitava pochi entusiasmi e molti dubbi trovasse una sua "quadratura" in campo, perché tutti iniziassero a spaventarsi. Pur con gli evidenti limiti che ancora persistono.

"Tutti" chi? Quelli che non sono juventini, che appartengono all'altra "parte" dell'Italia calcistica. O di qua o di là, non si scappa.
Krasic cade a terra senza essere toccato dall'avversario e gli viene concesso un rigore? E' un Simulatore. Con la "S" maiuscola. Non per una singola partita, ma da qui all'eternità.

Anche se a Manchester, nella gara contro il City valida per l'Europa League, lo ammonirono per lo stesso motivo ed in una situazione simile e poi si scoprì che il penalty c'era? Sì, naturalmente.
E pazienza se ha la faccia da bravo ragazzo, se non prende a cazzotti il mondo intero una volta uscito dal rettangolo di gioco o se non si diverte a sfasciare le macchine dopo essersi ubriacato.

Non è mica tanto furbo, poi, questo Krasic: ma chi glielo ha fatto fare di rinunciare a tutti quei soldi che gli offriva lo sceicco Mansour bin Zayed Sultan Al Nahyan per andare a giocare in Premier League? Chi glielo ha detto di rispettare l’impegno verbale preso con Marotta ad inizio della scorsa estate sapendo benissimo che se la Juventus avesse potuto avrebbe preferito portare Dzeko e non lui a Torino? Ma poi, era proprio il caso di noleggiare - pagandolo di tasca propria - un volo privato soltanto per non mancare al suo primo allenamento davanti ai tifosi bianconeri nel consueto vernissage estivo a Villar Perosa? Anche se poi lo avrebbe dovuto sostenere in un campo a parte, solo soletto mentre i compagni si esibivano di fronte alle televisioni e ai fotografi?

Non è una persona seria, il serbo. Anzi: secondo qualcuno è solamente "serbo". Come Ivan Bogdanov, l'ultrà che guidò un manipolo di connazionali nel tentativo (riuscito) di impedire il regolare svolgimento dell'incontro Italia-Serbia che si sarebbe dovuto giocare lo scorso 12 ottobre a Genova.
Oddio, a pensarci bene: immaginiamo per un momento cosa sarebbe potuto accadere se in quella (bruttissima) serata "l'uomo nero" Ivan avesse esibito al mondo intero una sciarpa, un distintivo o comunque un altro simbolo che potesse ricondurre in un qualsiasi modo a Krasic o alla stessa Juventus... Apriti cielo...

A proposito di cielo: era proprio in quella direzione che Malesani si rivolse domenica a Bologna per ottenere Giustizia poco prima che Viviano respingesse il rigore calciato da Iaquinta. Dove non arriva quella sportiva, quando c'è di mezzo la Juventus è doveroso che intervenga quella divina. Anche in questo caso: la giustizia con la "G" maiuscola. Senza dover più scomodare Guido Rossi, Auricchio, Baldini, Moratti, Zeman, Inter, intercettazioni e via discorrendo.
Perchè pur di fermarla ci si appella un pò a tutto. E a tutti.

La Vecchia Signora quando si presenta al tavolo dei vincitori non si accontenta dell'aperitivo o degli antipasti: si prende tutto. I suoi non sono cicli, sono dittature. Dal quinquennio d'oro degli anni trenta del secolo scorso sino ai primi anni del duemila, da Combi-Rosetta-Caligaris a Buffon-Zambrotta-Chiellini, passando per Zoff-Gentile-Cabrini, Sivori-Charles-Boniperti e Rossi-Platini-Boniek. Dimenticando (o non potendoli citare tutti) altri protagonisti di storie che - unite tra loro - hanno costruito una leggenda.

Se alla Juventus accosti il nome di un Agnelli, poi, il gioco è fatto: "ecco che stanno tornando. Di nuovo. Chi non muore si rivede. Bisogna fermarli subito, aggredirli, fargli capire che stavolta sarà diverso, che il passato non torna più".

Molte cose, è assodato, sono mutate nel corso del tempo. Non c'è più Luciano Moggi, la Triade è stata sgretolata e con lei lo squadrone che aveva costruito, così come sono state cancellate le ultime vittorie conquistate sul campo.
Ma è anche vero che sono finiti i tempi di Cobolli Gigli, l'addio di Blanc non è più un miraggio, Nedved è tornato per dare nuovamente il suo contributo alla causa bianconera e adesso c'è un Presidente che parla e scrive a tutti sostenitori.

Non esistono più tifosi di serie "C", ma solo appassionati a cui il massimo esponente del club ha chiesto di essere chiamato per nome. C'è una Juventus ancora troppo debole per sedersi al tavolo dei vincitori, ma già abbastanza convinta delle proprie idee da suscitare le prime reazioni degli avversari: scompare la simpatia, quella che solitamente viene riservata ai perdenti, e d’incanto torna l’antipatia.
E prima di prendersi le doverose (e auspicate) rivincite, i tifosi bianconeri scoprono quanto è bello ritrovarsi uniti con la società contro tutti. Come una volta.

Con tanti ringraziamenti all’altra "parte" dell’Italia calcistica per aver fatto provare loro nuovamente queste sensazioni.
Ironia della sorte: la Juventus ancora non ha vinto nulla, ma i suoi sostenitori stanno già iniziando a godere.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

mercoledì 2 giugno 2010

Con quelle facce un pò così...

Direttamente dal blog di Roberto Beccantini

Ricapitolando: il professor Guido Rossi, ex commissario straordinario della Figc ai tempi di Calciopoli, ospite vip di Massimo Moratti al Bernabeu di Madrid in occasione di Bayern-Inter, finale di Champions League, la sera del 22 maggio. Cinque giorno dopo a Roma, di pomeriggio, presentazione di un libro del giornalista Pablo Llonto («I Mondiali della vergogna») sull’epopea settantottina del general Videla e di capitan Passarella. Tutti a palazzo Valentini. Tutti chi? L’autore e il prefatore, Giuseppe Narducci in persona. Proprio lui, uno dei pm del processo di Napoli. Sin qui, nulla da dire. Liberissimo, Narducci, di «interrogare» qualsiasi argomento: e poi il libro, credetemi, è un piccolo gioiello. Sul serio. Racconta e «respira» l’aria che tirava, non l’aria fritta dei telegiornali d’epoca. Il bello viene dopo. In sala fra gli ospiti, Massimo Moratti, argentino d’antica vocazione, dalla «Comuna Baires» di Milano in poi. Vicino a lui, il tenente colonnello Attilio «Non ricordo» Auricchio, il carabiniere delle intercettazioni e dei brogliacci. Il cardine dell’indagine che ha portato la Juventus in serie B e restituito Carraro alla solita poltrona.

Premesso che Narducci, Auricchio e Moratti sono liberi cittadini - e, incontrandosi, non hanno infranto alcuna legge: al diavolo i complottisti - molti «pazienti» juventini - e, per fortuna, anche non rari «ricoverati» interisti - mi hanno scritto domandandomi se fosse proprio il caso che Narducci incontrasse Moratti e Auricchio, seduto vicino al presidente, confabulasse con lui (lui Moratti).

Naturalmente, non era proprio il caso. Come non era proprio il caso che Guido Rossi accettasse l’invito madrileno del suo ex presidente. Ma siamo in Italia, la Betlemme dei conflitti di interesse e del disinteresse per la decenza. L’Inter è uscita «pulita» da Calciopoli 1, non altrettanto da Calciopoli 2, il cui sbobinamento è in corso d’opera. Ignoro cosa si siano detti Moratti e Auricchio. Ballano i nastri di Giacinto Facchetti, nel 2006 curiosamente trascurati o occultati. Al posto di Moratti, avrei declinato l’invito. Al posto di Auricchio, pure. E al posto di Narducci, non ve lo dico...

Scherzi a parte. Il fatto che pure qualche interista sia arrossito, fa sperare in un Paese migliore, capace di resistere alle vedove dei vecchi regimi e alla vaselina dei nuovi. Piaccia o non piaccia, il petroliere dovrà testimoniare a Napoli. Piaccia o non piaccia, Narducci si fidò di Auricchio e dichiarò in pubblico che di telefonate fra Moratti e i designatori, manco l’ombra. Piaccia o non piaccia, Auricchio non considerò rilevanti le «grigliate» di Facchetti, dipendente di Moratti. Per questo, sarebbe stato opportuno evitare triangoli così scaleni, così ambigui