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domenica 13 febbraio 2011

Juventus e Inter: ora spazio al campo

Adesso è arrivato il momento del campo, giudice supremo di tutti i risultati. Lì si affronteranno Juventus-Inter, in una gara che sino a qualche anno fa rappresentava il punto di incontro della forte rivalità tra i due club, mentre ora è diventato una delle occasioni nelle quali entrambe le società entrano in rotta di collisione. Importante, ma non l’unica.

Alla luce delle parole pronunciate da Andrea Agnelli durante la conferenza stampa del 29 gennaio scorso ("Moratti mi annoia sul tema Calciopoli"), le successive risposte di Massimo Moratti ("Il Giovin Signore… Non volevo annoiarlo… Mi dispiace") e di Ernesto Paolillo, amministratore delegato dell’Inter ("Ogni volta a parlare per primi non siamo stati noi, ricordo che a parlare per primi sono altri, ricordo che per aver risposto prima della partita di Torino, della Juve, sono stato tacciato di voler fomentare la tifoseria, noi non fomentiamo niente, vedo che altri stanno iniziando a fomentarla prima della partita Juve-Inter"), hanno dato il via ad una sequela di dichiarazioni destinate ad interrompersi soltanto con il fischio d’inizio della partita da parte di Paolo Valeri, l’arbitro designato per la gara.

Dopo, ovviamente, si riprenderà a discutere sullo stesso tema. Nell’attesa che arrivino riscontri all’esposto presentato dal Presidente bianconero in merito alla revoca dello scudetto assegnato al club milanese nel 2006, basato sulla successiva scoperta di una rete di contatti tra i tesserati della società nerazzurra ed esponenti del settore arbitrale che portò il club torinese a scrivere sul proprio sito: "E’ convinzione della Juventus, pertanto, che venga meno il presupposto della decisione assunta dal Commissario Straordinario della Federcalcio nel 2006: l’inesistenza, cioè, di «comportamenti poco limpidi» addebitabili alla squadra che risultò prima classificata dopo la penalizzazione delle altre" (10 maggio 2010).
Si tratta di un passato, questo, che "non" annoia mai, da riscrivere, che non può essere cancellato con una semplice scrollata di spalle. E’ una ferita aperta che non si rimarginerà sino a quando i fatti processati all’epoca non verranno nuovamente giudicati con equità e con gli strumenti (e le prove) attualmente a disposizione.

Poi c’è il campo. Il Milan vince nell’anticipo del pomeriggio di questa venticinquesima giornata contro il Parma di Amauri, Giovinco e di tutti quegli ex juventini che avranno pure scoperto nella città emiliana la località dei loro sogni, ma ciò non toglie che ora si trovano a pochi punti dalla zona retrocessione. I rossoneri preparano la fuga verso il tricolore attendendo curiosi l’esito della sfida tra bianconeri e nerazzurri allo stadio "Olimpico" di Torino. Se Madama riuscirà a riversare sul rettangolo di gioco tutti i buoni propositi della vigilia, ecco che la formazione allenata da Allegri potrà continuare tranquilla la propria marcia solitaria. Fermo restando che tra non molto dovranno passare pure loro da Torino in una gara che faranno bene a non sottovalutare, visto il risultato di quella del girone di andata.

La vittoria esterna del Napoli (a Roma) consente alla società partenopea di avvicinarsi al Milan e di allontanare le altre contendenti alle prime tre posizioni utili per accedere alla prossima Champions League senza dover passare attraverso i preliminari. Viceversa, la sconfitta dei giallorossi impedisce alla formazione di Ranieri di smuoversi da quota 39 punti, restando così ad una lunghezza soltanto dalla Juventus attualmente ottava in classifica. Al di là di ogni aspetto puramente sentimentale ed emotivo legato alla rivalità tra bianconeri e nerazzurri, la partita di stasera è molto importante anche ai fini di un ritorno della Vecchia Signora verso le zone più nobili della serie A.

Nell’incontro disputato con l’Inter il 3 ottobre scorso al "Meazza" (3 ottobre 2010) Del Neri cercò, attraverso l'utilizzo di alcuni accorgimenti tattici, di creare un argine come protezione per la sua difesa dalle incursioni di Maicon: "Praticamente un 4-5-1", disse a fine partita, "Volevo limitare l’azione di Maicon e in questo senso Quagliarella è stato bravissimo, così come Marchisio che in un ruolo non proprio suo è stato perfetto. Per me la chiave più importante della gara è proprio lì. Maicon è straordinario, decisivo, dovevo trovare una soluzione per evitare guai da quella parte".
Nella partita odierna il tecnico bianconero - assente Quagliarella - con ogni probabilità sposterà sulla fascia sinistra Chiellini, davanti al quale opererà nuovamente Marchisio.

Gli incroci pericolosi, comunque, non mancheranno in tutte le zone del campo. Sarà così anche sull’altro versante, laddove sarà Krasic - che ad ottobre fece trascorrere una bruttissima serata a Chivu - a vedersela con Javier Zanetti. Per quanto riguarda il resto: sono numeri, schemi, parole, considerazioni varie che verranno superate soltanto dal risultato finale. Il punto dal quale la Juventus ripartirà domenica prossima contro il Lecce, alla ricerca di una migliore posizione in classifica e di se stessa, l’obiettivo più difficile da raggiungere per la nuova gestione di Andrea Agnelli.
Con una consapevolezza: quella che il bonus "Calciopoli" è già stato usato.
Male.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

martedì 25 gennaio 2011

giovedì 16 settembre 2010

Tre passi

Sappiate inoltre che io, come tutti voi, sono in vigile attesa di conoscere le decisioni definitive della giustizia sportiva che dovrà dimostrare, di essere uguale per tutti in qualsiasi momento storico. Ecco perché farò sempre sentire la voce della Juventus in FIGC, in Lega Calcio e in ogni altra sede”.
Con queste parole Andrea Agnelli rassicurò i tifosi riguardo alla partita che la Juve sta tutt’ora giocando non in campo, bensì nelle aule dei tribunali.
E oggi un primo piccolo risultato è stato raggiunto, la FIGC ha acquisito tutte le registrazioni telefoniche inerenti il procedimento su calciopoli. Parliamo di 228 cd, 170 mila telefonate!
Si proprio quelle che “piacesse o meno non esistevano”.

Ovviamente, a questo punto, il primo passo che ci aspettiamo dalla FIGC è la revoca dello scudetto assegnato all’Inter. Scudetto assegnato per “motivi etici” alla squadra, che non solo ha eluso le regole falsificando un passaporto per permettere ad un suo giocatore extracomunitario di giocare, ma che comunque “ha telefonato”!
In ogni modo, una volta ascoltate le telefonate (e per questo ci auguriamo di non dover attendere le calende greche) ci aspettiamo finalmente una giusta sentenza.
Niente giustizia sommaria, o vendetta, solamente una giusta sentenza.
Certo, lo so che invece debbo aspettarmi l’arrivo di tonnellate e tonnellate di sabbia e prescrizioni a gogò. Però non voglio subito, cinicamente, far scomparire quel piccolissimo barlume di speranza che la notizia dell’acquisizione ha riacceso.

Il secondo passo, dipenderà dai risultati di una vera inchiesta.
Le telefonate dell’allora presidente dell’Inter, Facchetti, con i suoi “4-4-4”, e i “…lì non devono fare sorteggi..” non appaiono poi così diverse da quelle di Moggi. Anzi!!!
E quindi tre sono i possibili scenari.
1) L’inchiesta stabilisce che Facchetti era un burlone, e quelle telefonate le ha fatte solo per scherzo, mentre il tono di Moggi è ben più minaccioso, e allora il processo del 2006 ha fatto il suo onesto lavoro. (!)
2) Quelle telefonate – tutte - erano in realtà, non solo usuali, ma anche consentite e quindi non esisteva per nessuno alcuna violazione. Allora si pretendono sia la restituzione degli scudetti 28 e 29, che, come minimo (ma solo come minimo), le scuse ufficiali.
3) Quelle telefonate – tutte - benché non “illeciti” (che non sono mai stati provati), erano comunque “cattive abitudini” e vanno sanzionate. Quindi la Juventus ha già pagato e che ora paghi chi non fu punito a tempo debito. (Ma qui - sob! - ritorniamo alle prescrizioni a cui accennavo prima!).

Tranne nel caso che il risultato fosse quello del punto 1, indipendentemente dal “tutti innocenti” o “tutti colpevoli” ci sarebbe un ulteriore passo da fare.
Ed è proprio qui che voglio arrivare, perché questa è la domanda che tutti ci siamo fatti.
“Chi e perché ha deciso che le uniche telefonate da prendere in considerazione fossero quelle di Moggi e Giraudo?”
Se effettivamente Facchetti era solo un buontempone, è ovvio, e giusto, che le sue telefonate non siano state “attenzionate” e l’impegno si sia profuso nella ricerca del vero colpevole.(!) Ma se, invece, anche l’allora presidente dell’Inter ed altri suoi colleghi avevano la brutta abitudine di telefonare, chi e perché ha deciso di non considerare le loro conversazioni?
Complotto o semplice incapacità? Macchinazione od errore? Inganno od inettitudine?
Non ha importanza, chi ha ordito o sbagliato paghi.
Perché qualcuno che ha ordito o sbagliato c’è sicuramente stato.

Articolo pubblicato su Juvenews.net


Questo articolo è di Roberta. Tutti gli altri, li puoi trovare nella sua rubrica Una signora in bianconero

mercoledì 1 settembre 2010

Alla Juventus vincere non è importante. E' l'unica cosa che conta

Hai voglia di trascorrere il pomeriggio a premere il tasto "F5" sul pc di casa…
Aggiorni in continuazione le pagine internet dei siti e dei forum più informati in materia di calciomercato, nell'attesa che - da un momento all'altro - appaia la notizia dell'acquisto di Giampaolo Pazzini da parte della Juventus. Circola il nome di Borriello, ma - a prima vista - sembra trattarsi di una "copertura", messa lì a nascondere il vero affare. Figurati, poi, se "quello" rifiuta la Vecchia Signora...

Ti immagini, credi, pensi, sei convinto che il "colpo" arriverà, anche all'ultimo minuto. E chissenefrega se rimani in tensione per una giornata intera. Anzi: a pensarci bene, c'è anche più gusto. Così si chiuderebbe degnamente una campagna acquisti all'insegna della ricostruzione della squadra.

Invece niente: la punta di peso (fisico e specifico) che avrebbe dovuto rinforzare il reparto offensivo della Juventus non è arrivata. Nella giornata di ieri ci sono stati acquisti di "contorno", niente più. E ora? Avanti con Amauri, quando avrà recuperato dall'infortunio. E con Iaquinta.
Quando riprenderà a giocare. Ovviamente...

Lo scorso anno era stato diverso: l'estate aveva regalato, ai più, sogni di scudetto e la consapevolezza di aver colmato buona parte del "gap" tecnico con l'Inter; l'autunno aveva fatto uscire le prime (gravi) insicurezze; l'inverno era diventato un incubo; a maggio ci si è risvegliati pieni di lividi dopo aver preso "schiaffi" in continuazione e aver regalato punti e soddisfazioni a tutti, indistintamente. In Italia e in Europa, sia in quella "grande" che in quella "piccola".

Ora si doveva ripartire da zero, nuovamente. Ovunque: in campo e fuori.
Il calcio è fatto di cicli, e quelli non nascono per caso. Ci vogliono, principalmente, investimenti oculati, capacità di programmazione e competenze. Ai massimi livelli.

Tra il tramonto dell'epoca del trio Sivori-Boniperti (calciatore)-Charles e l’alba della Juventus del Boniperti dirigente, quella che dominò per quindici anni in Italia e - verso la fine del suo periodo - vinse tutto quello che poteva in Europa e nel mondo, si dovettero attendere dieci anni.
Tra quest’ultima e l’inizio della Vecchia Signora "targata" Triade, ne passarono otto.

Bisogna saper aspettare, ovvio. Facile a parole, un po’ meno con i fatti.
Anche perché la conclusione dell’ultimo periodo vittorioso non è stata dettata da cause "naturali", ma è derivata dai noti episodi iniziati nel maggio del 2006.

La maggior parte dei tifosi, in questi quattro anni, prima ancora che nell’operato della dirigenza non si è più riconosciuta nella proprietà bianconera.
L’esasperazione del sostenitore juventino non deriva (sol)tanto dalla mancanza di successi, quanto dal progressivo decadimento societario, sotto tutti i punti di vista.

Ad Andrea Agnelli e al suo nuovo staff dirigenziale può essere imputato, ad oggi, una campagna acquisti che non ha portato a Torino "almeno" un giocatore di spessore elevato, il cosiddetto "campione", che potesse far presagire - da subito - l’intenzione di tornare ad altissimi livelli nel minor tempo possibile.
Al netto di operazioni di mercato che ora il campo di gioco, giudice supremo, valuterà come positive o meno. Perché qualche dubbio non sussiste solo nel reparto offensivo.

Fair play finanziario, consigli di amministrazione, quotazioni in borsa, minori introiti derivanti dalla mancata partecipazione alla prossima Champions League, monte stipendi dei giocatori da alleggerire… Chi più ne ha più ne metta. Il tifoso capisce tutto, ma non gli si può chiedere di condividere tutto.

Sarà una stagione all’insegna delle difficoltà, ripeterlo aiuterà a sopportare meglio i momenti negativi: almeno questa volta non si potrà dire di essere stati illusi da qualcuno.
Il calcio è strano: il terzo posto ottenuto da Claudio Ranieri al suo primo anno in bianconero fu visto come un buon risultato, tenuto conto del fresco ritorno dall’inferno della serie B (altro che purgatorio…); la seconda posizione dell’anno successivo, invece, venne considerato alla stregua di un fallimento vero e proprio.
Tanto è vero che portò al suo esonero a due giornate dalla fine.
Arrivarci, la prossima stagione, secondi…

Alla Juventus vincere non è importante. E' l'unica cosa che conta”. Lo disse Giampiero Boniperti.
Il vero punto di arrivo è quello: si gioca per vincere.
Soprattutto quando ti chiami Juventus.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

martedì 20 luglio 2010

Dossier calciopoli Parma - Juve 1-1


Mi unisco a molti blog, siti e forum, che stanno facendo girare questo bellissimo articolo, tratto da Il Blog dell'Uccellino di Del Piero.
Mi limito a riportare l'introduzione di Mimmo Celsi, direttamente dal sito
Tutto Juve.com, invitandovi a visitare il blog per approfondire i contenuti.
Buona lettura


Lavoriamo da mesi alla ricerca delle risposte riguardo alle indagini su "calciopoli" svolte dai carabinieri, e grazie alle informative ottenute, alle telefonate che il dottor Penta gentilmente ci ha concesso, e una serie di contatti personali, siamo riusciti a farci un quadro completo della storia.
La preoccupazione di tutti noi era rivolta a capire quale fossero le principali motivazioni dei capi d’accusa, e su quali telefonate si basassero le colpe più gravi della famosa cupola o associazione a delinquere che dir si voglia. E scopriamo magicamente che le telefonate trascurate e considerate irrilevanti, invece si rivelino essere non solo di fondamentale importanza, ma anche di sostegno a smontare la tesi accusatoria fin qui sostenuta nel processo sportivo ed in quello penale. Addirittura, con una serie d’intrecci storici e testimonianze varie, veniamo a conoscenza che alcune delle conversazioni telefoniche utilizzate nei dibattimenti processuali, vedessero come protagonisti personaggi che fanno delle millanterie e delle cattiverie gratuite regole comunicative e di accreditamento, che risultano poi però smantellabili non solo dai CC ma anche dai PM, questi ultimi poi, se avessero messo cura nella ricerca delle prove e nella garanzia di equità, cosa che ricordo e una caratteristica peculiare del loro ruolo, avrebbero forse evitato tanti processi e tante ore di dibattimento.
Ma ancora peggio è scoprire che la FIGC e il procuratore Palazzi, hanno in mano queste telefonate da tempo, e bastava una attenta ricerca ed ascolto, e non una maniacale scelta, delle intercettazioni, per dimostrare come il calcio dell’epoca fosse si malato, ma non avesse un solo “sistema” ascrivibile al Moggi, ma una serie di sistemi tutti forti e paralleli che cercavano di portare acqua al proprio mulino, e dai quali forse proprio Moggi cercava di difendersi coma si evince in una famosa telefonata con Tosatti.
È qui che un gruppo di persone quindi decide di lavorare a dimostrare questa nostra teoria e lo fa partendo dalla partita che dimostrerebbe come De Santis fosse arbitro della “cupola”, ma che invece con pochi riscontri si scoprirebbe avverso alla Juve, la famosa Parma Juve del 6 gennaio 2005, momento in cui si parla di “sdoganamento” nuove sim svizzere e altre cose facilmente controbattibili.
Vi lascio al dossier scritto da Antonio Corsa con la mia collaborazione.

sabato 17 luglio 2010

La storia è fatta di corsi e ricorsi

(vignetta di Claudio Rugge)

Si avvicina il primo impegno ufficiale (29 luglio, andata terzo turno preliminare di Europa League), e ora si conoscono i nomi delle due squadre che si contendono la possibilità di incontrare la Juventus: Shamrock Rovers (Irlanda) e Bnei Yehuda (Israele).

Per partecipare alla Coppa UEFA del 1999-2000 i bianconeri dovettero affrontare - nell’ordine - Ceahlăul Piatra Neamţ (1-1 all’andata, con goal di Tacchinardi, 0-0 a Cesena), il Rostov (4-0 in trasferta, 5-1 in casa) e il Rennes (2-0 e 2-2, in Francia). Non c’erano i preliminari, ma la vecchia Coppa Intertoto, che la Juventus si aggiudicò insieme a Montpellier e West Ham.
Anche allora - come oggi - la Vecchia Signora doveva ripartire da un’annata fallimentare (quella precedente: 1998-99). Corsi e ricorsi storici. Perché la storia è fatta di cicli, e a volte "ritornano".

"Se il problema di questa squadra sono io, come pare da quando ho detto che a fine stagione me ne sarei andato da Torino, e' meglio che io mi faccia da parte".
Così parlò Marcello Lippi dopo la sconfitta interna per 4-2 della Juventus contro il Parma di Alberto Malesani, nella stagione incriminata.
Si trattava del periodo più basso della prima Juve Lippiana, quella del tridente Del Piero-Vialli-Ravanelli che conquistò l’Italia e l’Europa nel giro di due anni, così come quella (anche) di Zidane e Boksic che raggiunse la vetta del calcio mondiale in quel di Tokyo.
L’incontro coi parmensi segnò la fine della sua avventura in bianconero, con le dimissioni subito accettate. Dopo, arrivò Ancelotti.

Dalle polemiche con l’Inter nella stagione 1997-98 al suo addio comunicato con largo anticipo, proprio per raggiungere i nerazzurri l’anno successivo. Si era "rotto" qualcosa già da subito nello spogliatoio (e qualcosa di grosso accadde proprio prima dell’incontro col Parma), mentre sul campo si infortunò, nel novembre del 1998, Alessandro Del Piero. A Udine.

Una stagione nata sono una cattiva stella, e iniziata nel lontano 26 luglio del 1998, allorchè Zdenek Zeman si eresse a paladino dello sport pulito, pronunciando la famosa frase: "il calcio deve uscire dalla farmacia e dagli uffici finanziari, se vuol tornare ad essere sport".
Quello fu solo un antipasto.
Dopo pochi giorni, continuò: "mi hanno sbalordito le esplosioni muscolari di Vialli e Del Piero".

Il resto, è storia. Che è fatta di corsi e ricorsi.
E mentre Gianni Paglia, presidente dello Zagarolo calcio (serie D) vuole comprare il polpo Paul per "sapere in anticipo le sorti della mia squadra. Mi eviterebbe stress e sorprese" e Antonio Percassi si presenta al ritrovo dei tifosi atalantini (erano in 12.000) su una diligenza trainata da quattro cavalli (…), il calcio ritrova le sue "certezze": la Juventus che prova a tornare ad essere "la" Juventus e Zeman che riparte dal suo Foggia, in prima divisione. Un ritorno al passato, in compagnia di Pasquale Casillo e del direttore sportivo Giuseppe Pavone.

Non ci voleva quel Benítez: la panchina dell’Inter si era liberata dal peso ingombrante di Josè Mourihno, la sua prima Champions League da allenatore sembrava un obiettivo finalmente raggiungibile. E invece Moratti ha preferito far cadere la sua scelta sul tecnico spagnolo.
Pazienza, anche se ora - per arrivare ai massimi vertici del calcio europeo partendo da così lontano - ci vorranno, occhio e croce, una trentina d’anni. Anche senza Luciano Moggi.

La Juventus tornerà a vincere prima di tutto questo tempo. E sarà un boccone duro da digerire. Non solo per lui.
Ma la storia è fatta di corsi e ricorsi.
C’è chi è nato vincente, e chi no.
Basta rendersene conto. E non prendersela con gli altri.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

martedì 22 giugno 2010

"Piaccia o non piaccia"... Ruggiero Palombo!!! Finalmente...


(Fonte: ju29ro.com)

La panacea di tutti i mali arbitrali? Collina. Quel Collina che quell'anno, il 2004-05, non visse certo uno dei suoi campionati migliori, come abbiamo sentito proprio in una telefonata tra l'arbitro di Viareggio e la Fazi, o in qualche telefonata con Bergamo. Però tutti volevano Collina. Lo voleva Facchetti che abbiamo sentito prima dire a Mazzei: "Ma lì non devono fare sorteggi", per poi suggerire un escamotage basato sui "preclusi" in modo da ottenere Collina per Inter-Juve. Dalle parole di Facchetti si ricava l'impressione che sulla sponda nerazzurra fossero convinti che erano possibili dei magheggi con i sorteggi, e Mazzei fatica a convincere Facchetti che quello che chiede non è fattibile.
Cose più o meno simili doveva pensare Ruggiero Palombo, vicedirettore della Gazzetta dello Sport e grande accusatore del sistema Moggi e dei suoi presunti sorteggi truccati. Grazie alle intercettazioni "sfuggite" ora scopriamo che anche lui, come Facchetti, voleva Collina e, in una telefonata del 7 marzo 2005, rimprovera a Bergamo di non averlo inserito nella griglia di Roma-Juventus. Le spiegazioni logiche di Bergamo sono accolte con scetticismo da Palombo che dice: "Ma perché, non hai mai avuto tre arbitri con l'incompatibilità su una cosa che quello può arbitrare solo il sabato? Dai su...", portando Bergamo a rispondere: "No, no, no, noi non abbiamo mai fatto tre partite... scusami, ma perché ci volete far fare degli imbrogli? Io non posso fare una griglia con Collina che va ad arbitrare il sabato automaticamente perché ho due partite sole".
Mentre Pesciaroli, del Corriere dello Sport, aveva capito bene il sistema di composizione delle griglie, avendolo studiato e avendone compreso la base statistica, a Milano il metodo con cui venivano composte le griglie non era ben chiaro a tutti, oppure vi era un radicato pregiudizio verso i designatori e gli arbitri che non si chiamassero Collina.
Ci occupiamo di questa telefonata non perché abbia rilevanza nel processo di Napoli, ma perché la Gazzetta, per ammissione di Auricchio, è stata ampiamente utilizzata come riscontro e formazione delle prove ed è interessante, quindi, valutarne l'equidistanza, la competenza e conoscenza delle regole, come in questo caso sulle griglie, che nel processo prima avevano un ruolo solo per la famosa griglia Bergamo-Moggi ed ora si sono arricchite di altre grigliate fatte da tutti, da Facchetti in giù. La Gazzetta è quasi un testimone dell'accusa nel processo di Napoli, un testimone anomalo, ma presente sin dai riferimenti contenuti nelle informative degli investigatori.
La telefonata tra Bergamo e Ruggiero Palombo è interessante ascoltarla dopo aver letto cosa è riportato nell'informativa dell'aprile 2005, da pagina 310 in poi. Nella telefonata/lite, con parole di fuoco, avvenuta il 6 marzo tra Carraro e Bergamo, la Gazzetta è citata da Bergamo quando rimprovera Carraro di averli delegittimati e preparato già la sostituzione con Collina "perché l’ha scritto la Gazzetta, perché Lei ha incontrato Collina". Inoltre Bergamo dice a Carraro che lui con Racalbuto ci aveva parlato, dopo una prima telefonata con Carraro, ma Racalbuto "è arrivato in campo in condizioni proibitive... perché l’hanno delegittimato già dal giorno avanti!". Il 5 marzo, per esempio, Galdi sulla Gazzetta aveva scritto l'articolo "Fischia il portafortuna della Juve", nel quale si analizzava lo score dell'arbitro con la Juve e con la Roma (più o meno simili), ma si ricordava anche il precedente di Racalbuto fermato un turno dopo Cagliari-Juventus 1-1 nel quale l'arbitro era stato accusato dai cagliaritani «Ai giocatori della Juve consentiva di dire qualunque cosa, mentre noi venivamo respinti a male parole». Nell'articolo di Galdi è anche gettato lì, senza spiegazioni, un "sorteggio che si è avvalso delle «palline» della serie C perché le altre erano da tempo già state inviate a Firenze".

Nella telefonata in questione Palombo non dà del Lei a Bergamo, come farà un anno dopo nella puntata di Matrix su Calciopoli, mentre ritroviamo il solito Bergamo ascoltato in tutte le telefonate pubblicate. Pur davanti ad un interlocutore polemico e saccente, Bergamo è paziente e diplomatico, non perde la calma, fornisce tutte le spiegazioni, non viene creduto, e allora rispiega perché Collina in quella griglia non lo poteva inserire. Bergamo fa presente al suo interlocutore, che gli rimprovera di non aver fatto in modo che ci fosse Collina e non Racalbuto, che, se hanno voluto quelle regole per la composizione delle griglie e per il sorteggio (che non hanno voluto i designatori), loro devono rispettarle sempre "Non posso io a tre metterne due perché è un imbroglio. Se no le regole cosa facciamo, le aggiriamo proprio noi che siamo designatori? E come facciamo?".

E' una telefonata importante. Sancisce la fine della rubrica che Bergamo e Pairetto avevano deciso di tenere sulla Gazzetta per commentare gli episodi della giornata. Palombo esordisce comunicando a Bergamo che hanno deciso di non far loro scrivere più nulla, per evitar loro la gogna. Poi nel corso della telefonata continua a pontificare che il sorteggio non si deve fare, che il doppio designatore è morto, chiarisce di aver parlato con Carraro, che la linea sino a fine stagione è di dare fiducia ai designatori, ma che poi a fine stagione si cambia registro. Un Palombo a tutto campo, che sembra non conoscere benissimo i criteri di composizione delle griglie, ma che vuole ugualmente insegnare il mestiere a Bergamo. Un Palombo che stride un po' rispetto a quello del "Palazzo di vetro", o dell'editoriale "Pallina al centro" dopo la deposizione di Manfredi Martino.

Anche Galdi, sulla Gazzetta, insiste sui concetti espressi da Palombo a Bergamo, scrivendo, il 7 marzo: "Certo è facile trincerarsi dietro il fatto che il fischietto di Viareggio era «impegnato», in realtà l'Uefa «consiglia» di non utilizzare un direttore di gara impegnato in Champions, ma non lo vieta, tanto che il tedesco Herbert Fandel - chiamato a dirigere domani sera a San Siro Milan-Manchester United - sabato ha diretto Hamburger SV-Bayer 04 Leverkusen di Bundesliga e lo stesso Pisacreta - che era a Roma - sarà assistente di Collina".
Poi ribadisce l'8 marzo: "Resta, però, sempre il quesito: perché non c'era Collina nell'urna? Domenica Pairetto ha affidato alle agenzie il suo pensiero. Bergamo è sulla stessa lunghezza d'onda: per la «raccomandazione» dell'Uefa a non impegnare arbitri designati in Champions nelle due giornate precedenti alla partita europea. Un consiglio che i designatori prendono per legge, ma che spesso è disattesa: lo stesso Collina lo scorso anno - domenica 4 aprile 2004 - ha diretto Inter-Juventus per la 28a giornata di campionato e il martedì successivo (6 aprile) ha diretto Monaco-Real Madrid di Champions League. C'è poi Pisacreta chiamato a far da assistente proprio a Collina dopo Roma-Juventus di sabato. [...] Quello dell'Uefa è un consiglio che la Federazione tedesca, quella che ospiterà i prossimi Mondiali, disattende con una certa puntualità. Ultimi, in ordine di tempo, Merk e Fandel, che sabato hanno diretto Bayern Monaco-Werder Brema e Amburgo-Bayer Leverkusen e ora arbitreranno rispettivamente Juve-Real e Milan-Manchester United".
Vengono citati casi di arbitri stranieri che hanno diretto il sabato, mentre Collina avrebbe potuto essere estratto per la partita della domenica, se inserito nella griglia. Viene citato Pisacreta, ma gli assistenti non venivano estratti bensì designati e, quindi, era possibile designarli per il sabato. Viene ricordato il precedente di Collina del 2004, ma è la dimostrazione che, se inserito nella griglia, poteva accadere, come l'anno prima, che non venisse estratto per una partita del sabato ma per quella della domenica, contravvenendo alla "raccomandazione" dell'Uefa.

In quel Roma-Juventus si verificarono diversi episodi ma, come al solito vennero evidenziati solo quelli a favore della Juve. Riviviamoli: il primo gol della Juve è irregolare, Cannavaro segna di testa ma è in fuorigioco (lo rileva solo la moviola, la dinamica dell'azione non lo evidenzia e nessuno della Roma protesta); "L'errore è soprattutto del guardalinee Pisacreta", scrive Olivero Giovanni Battista sulla Gazzetta. "Al 25' Racalbuto non vede due falli da rigore nella stessa azione: nell'area giallorossa Dellas abbraccia Ibrahimovic e De Rossi cintura Cannavaro. Al 30' Dacourt duro su Blasi: rischia il rosso e se la cava col giallo", lo scrive la Gazzetta, che aggiunge "Al 41' episodio-chiave: Ibrahimovic riceve palla in fuorigioco (Pisacreta non se ne accorge), passa a Zalayeta che subisce il netto fallo di Dellas. Racalbuto fischia il rigore tra le proteste della Roma. In discussione non è il fallo, ma la posizione di Zalayeta: l'impressione è che il contatto avvenga qualche centimetro fuori area. [...] Nella ripresa al 20' sbaglia l'altro guardalinee Ivaldi: assist di Camoranesi e facile gol di Ibrahimovic che è in linea con il pallone e quindi in posizione regolare". Errore sul primo gol della Juve, "impressione" sul rigore, ma anche errori a favore della Roma, come un rigore non fischiato contro e le mancate espulsioni di Cufrè, per un pugno sul viso di Del Piero a gioco fermo, e di Dacourt. Errori attribuiti agli assistenti, i migliori, ma sulla graticola ci finiscono soprattutto Racalbuto, che paga con otto turni di stop, e i designatori.
Queste considerazioni, pure scritte dalla Gazzetta, sull'informativa non ci sono. C'è, invece: "Il favoritismo degli arbitri nei confronti della Juventus è notorio nell’ambiente e soprattutto, fatto questo ancora più grave, è risaputo anche dal presidente federale Carraro", ed ancora Carraro che dice: "Le dico mi raccomando..se c’è un dubbio per carità che che che che il dubbio non sia a co... a favore della Juventus dopo di che succede... gli dà quel rigore lì!?". Ancora una volta Carraro che chiede, nel dubbio, di pendere dalla parte dell'avversaria della Juve. Carraro che vede solo quel rigore e non gli errori a favore della Roma.

Il giorno dopo la telefonata tra Palombo e Bergamo, Maurizio Galdi scrive sulla Gazzetta che i designatori sono stati convocati dalla FIGC: "Collina è la persona invocata da tutti come deus ex machina per risolvere i problemi di una categoria... [...] I designatori, che fin qui lo hanno impiegato 19 volte, riservandogli un solo big match del campionato (Juventus-Roma dell'andata), non avrebbero potuto puntare su di lui per disinnescare Roma-Juventus, la partita che da luglio 2004 si sapeva per i noti motivi essere la più a rischio del campionato: Collina aveva diretto Juventus-Siena la settimana precedente e dunque non poteva arbitrare la Juve (questa bislacca regola effettivamente esiste) due volte di seguito. «In quella griglia doveva starci e fu sorteggiato perché era la stessa griglia del derby Inter-Milan» confessa candidamente Pairetto. Senza aggiungere, ma lo facciamo noi al suo posto, che si trattò, quella sì, di una vera sciocchezza".
E noi chiediamo: perché mai, visto che tutti volevano Collina, fu una sciocchezza inserirlo in una griglia nella quale c'era il derby di Milano?

A proposito della rubrica che Bergamo e Pairetto tenevano sulla Gazzetta dello Sport, per chi non lo sapesse veniva concordata con l'allora capo ufficio stampa della FIGC, Antonello Valentini, il quale sentiva Bergamo, con cui decideva gli argomenti, e infine preparava i pezzi. E anche lui amava discutere di griglie e designazioni. Qui di seguito lo potete ascoltare mentre catechizza Bergamo sulla necessità di designare Collina per Juve-Milan. Insomma come per la Nazionale siamo tutti commissari tecnici, così dietro le quinte del calcio erano tutti designatori e pretendevano di suggerire la loro ricetta.

13 dicembre 2004 - Telefonata tra Valentini e Bergamo: ascolta direttamente dal sito "ju29ro.com"

Questa che vi proponiamo in audio è la famosa telefonata tra Carraro e Bergamo del 6 marzo 2005, non inedita e inclusa nell'informativa dell'aprile 2005: ascolta direttamente dal sito "ju29ro.com"

Dunque, per la seconda volta quell'anno, almeno per quel che siamo riusciti a sapere dalle intercettazioni, troviamo il Presidente Federale intento a discutere col designatore dell'arbitro di una partita della Juve. La prima volta era capitato il 26 novembre 2004, ricordate? Prima di Inter - Juve, il 26 novembre 2004, quando Carraro si raccomandò affinché nel dubbio Rodomonti non fischiasse per la Juve, proprio mentre nelle stesse ore Facchetti faceva pressione su Mazzei e Bergamo perché voleva Collina. E quella partita, ricordiamo, finì 2-2, con l'Inter che riuscì a raggiungere il pareggio in extremis, e con Pairetto e Rosetti che in seguito giudicarono quell'arbitraggio filo-Inter.
Questa telefonata è simile a quella pre Inter-Juve, l'unica differenza è nel fatto che stavolta, invece che prima, arriva dopo la partita. Ma il succo è lo stesso: Carraro ricorda a Bergamo che quando la Juve incontra la Roma, così come era capitato per l'Inter, e Collina non viene designato, il designatore deve istruire l'arbitro a fischiare nel dubbio contro la Juve.
Alla faccia della cupola moggiana.

martedì 15 giugno 2010

Ma che bella letterina, sig. Palazzi...



(Fonte: blog.ju29ro.com )

Riportiamo testualmente uno stralcio della lettera inviata dal Procuratore Federale Stefano Palazzi a Christian Vieri, che ha avuto la malaugurata idea di chiedere copia delle motivazioni dell'archiviazione dell'indagine sui pedinamenti:

"...Per quanto riguarda la richiesta di copia della motivazione del procedimento di archiviazione adottato da questa Procura, superate le preclusioni derivanti dalla pendenza delle indagini penali, a giudizio di Questo Ufficio non è, in ogni caso, possibile rilasciarne copia, in considerazione del contenuto dello stesso, che riguarda una molteplicità di soggetti le cui posizioni sono, da una parte, autonome rispetto a quella del Suo assistito mentre, dall'altra parte, sono intimamente connesse con la stessa.
Ne consegue che il rilascio di copia integrale della motivazione de qua potrebbe determinare conseguenze pregiudizievoli a carico di terzi e, d'altra parte, l'apposizione degli omissis necessari comporterebbe uno stravolgimento e una difficile intelleggibilità del contenuto dell'atto..."
P.S. ecco la copia della lettera originale nel caso non crediate a quanto abbiamo scritto.

martedì 8 giugno 2010

Qui non molla nessuno...


L’Associazione Giùlemanidallajuve comunica di aver sollecitato, con missiva datata 3 giugno 2010, Uefa, Fifa, Coni e Figc - ciascuno per le sue competenze - ad attivarsi al fine di determinare la sproporzione della pena inflitta alla società Juventus FC Spa. A seguito di tutte le novità scaturite dai vari procedimenti di Giustizia Ordinaria, la Figc viene inoltre esortata, mediante provvedimento in autotutela, alla revocazione dei provvedimenti sportivi dell’estate 2006 con conseguente riammissione al titolo di campione d’Italia 2004/2005 e 2005/2006 per la società Juventus.
Il Procuratore Federale, Dott. Stefano Palazzi, viene infine diffidato, anche ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 328 co. 2° C.P., ad intraprendere tutte le opportune e doverose iniziative al fine di verificare le discutibili posizioni riconducibili ad altri club di calcio. In mancanza, l’Associazione Giùlemanidallajuve adirà le competenti autorità giudiziarie ed amministrative.
(Fonte: GiùLeManiDallaJuve )

mercoledì 2 giugno 2010

Con quelle facce un pò così...

Direttamente dal blog di Roberto Beccantini

Ricapitolando: il professor Guido Rossi, ex commissario straordinario della Figc ai tempi di Calciopoli, ospite vip di Massimo Moratti al Bernabeu di Madrid in occasione di Bayern-Inter, finale di Champions League, la sera del 22 maggio. Cinque giorno dopo a Roma, di pomeriggio, presentazione di un libro del giornalista Pablo Llonto («I Mondiali della vergogna») sull’epopea settantottina del general Videla e di capitan Passarella. Tutti a palazzo Valentini. Tutti chi? L’autore e il prefatore, Giuseppe Narducci in persona. Proprio lui, uno dei pm del processo di Napoli. Sin qui, nulla da dire. Liberissimo, Narducci, di «interrogare» qualsiasi argomento: e poi il libro, credetemi, è un piccolo gioiello. Sul serio. Racconta e «respira» l’aria che tirava, non l’aria fritta dei telegiornali d’epoca. Il bello viene dopo. In sala fra gli ospiti, Massimo Moratti, argentino d’antica vocazione, dalla «Comuna Baires» di Milano in poi. Vicino a lui, il tenente colonnello Attilio «Non ricordo» Auricchio, il carabiniere delle intercettazioni e dei brogliacci. Il cardine dell’indagine che ha portato la Juventus in serie B e restituito Carraro alla solita poltrona.

Premesso che Narducci, Auricchio e Moratti sono liberi cittadini - e, incontrandosi, non hanno infranto alcuna legge: al diavolo i complottisti - molti «pazienti» juventini - e, per fortuna, anche non rari «ricoverati» interisti - mi hanno scritto domandandomi se fosse proprio il caso che Narducci incontrasse Moratti e Auricchio, seduto vicino al presidente, confabulasse con lui (lui Moratti).

Naturalmente, non era proprio il caso. Come non era proprio il caso che Guido Rossi accettasse l’invito madrileno del suo ex presidente. Ma siamo in Italia, la Betlemme dei conflitti di interesse e del disinteresse per la decenza. L’Inter è uscita «pulita» da Calciopoli 1, non altrettanto da Calciopoli 2, il cui sbobinamento è in corso d’opera. Ignoro cosa si siano detti Moratti e Auricchio. Ballano i nastri di Giacinto Facchetti, nel 2006 curiosamente trascurati o occultati. Al posto di Moratti, avrei declinato l’invito. Al posto di Auricchio, pure. E al posto di Narducci, non ve lo dico...

Scherzi a parte. Il fatto che pure qualche interista sia arrossito, fa sperare in un Paese migliore, capace di resistere alle vedove dei vecchi regimi e alla vaselina dei nuovi. Piaccia o non piaccia, il petroliere dovrà testimoniare a Napoli. Piaccia o non piaccia, Narducci si fidò di Auricchio e dichiarò in pubblico che di telefonate fra Moratti e i designatori, manco l’ombra. Piaccia o non piaccia, Auricchio non considerò rilevanti le «grigliate» di Facchetti, dipendente di Moratti. Per questo, sarebbe stato opportuno evitare triangoli così scaleni, così ambigui

mercoledì 26 maggio 2010

L'addio di Mourihno e il calcio italiano dopo il 2006...



Ha un fascino particolare, Mourinho. Per un motivo o per l’altro, attira a sé tutti: amici e nemici, ammiratori e critici, i giocatori alle proprie dipendenze e quelli avversari. E vince. Tanto. Ha capito quando era il momento di venire all’Inter; viceversa, potrebbe aver individuato l’attimo giusto per un addio anticipato.
Andrà al Real Madrid: questa volta non è una bufala. Bisogna solo attendere che Moratti trovi un accordo con il "vero" Florentino Pérez (lasciando perdere i suoi imitatori). Poi, sarà Spagna.
Se ne va da un campionato che non ama: è abituato a imporre la sua cultura calcistica, fatta di provocazioni, dubbi, sospetti, scosse nervose e tensioni. Il problema è che l’Italia, in questo, è maestra: mentre in Inghilterra e in Portogallo sono aspetti poco curati, da noi rappresentano il "cibo quotidiano". Troppo simili, gli italiani e lui, perché si potesse sentire a proprio agio. I successi, in questo senso, non hanno aiutato. Anzi: gli hanno dato la possibilità di andarsene via prima rispetto a quanto concordato. Da vincente.

"Tripletta", in un’annata iniziata male: la Juventus, in campionato, con quelle quattro vittorie iniziali sembrava un avversario veramente temibile; i nerazzurri - in quel di Pechino - avevano lasciato alla Lazio il primo trofeo stagionale (la Supercoppa Italiana). Nulla di particolare, per carità. Briciole, rispetto a quanto raccolto da quel momento in poi. Due soli punti di distacco dai bianconeri nelle prime quattro giornate della serie A, allorquando la squadra di Ciro Ferrara sembrava fosse, pur con limiti di gioco abbastanza evidenti, figlia legittima di un calciomercato estivo ricco di stelle e stelline, con il contorno di giocatori - tra i quali Cannavaro e Grosso - che avrebbero dovuto considerare il campionato come l’ideale trampolino di lancio verso il loro ultimo Mondiale. Alla quinta tappa, proprio quando i bianconeri a Marassi, contro il Genoa, avevano fatto (intra)vedere segni di un bel gioco che non si è (quasi) mai più rivisto, ecco l’aggancio. Per il sorpasso, bastava attendere pochi giorni.
Il resto, è storia attuale. Adesso, a onor del vero, superata.

La Juventus di Blanc e John Elkann conclude il suo ciclo di quattro anni, mostrando un’immagine perfetta per l’idea all’origine del suo concepimento: una squadra perdente con il sorriso sulle labbra. Spopolano, in questi giorni in internet, le foto dei giocatori bianconeri sorridenti nella tournée americana post-campionato: la Statua della Libertà e le cascate del Niagara come sfondo di un gruppo di ragazzi ritratti mentre si trovano in vacanza. Dopo aver perso, tanto per cambiare, le uniche due partite disputate: quelle contro i Red Bulls di New York e la Fiorentina.

Mentre Andrea Agnelli cercherà di ricostruire la Vecchia Signora (quasi) da zero, l’Inter affronterà la nuova stagione senza la sua "guida" in panchina. Quell’allenatore che è riuscito, piaccia o non piaccia, a cambiare la mentalità di una società dal DNA debole: dietro alle sconfitte e agli acquisti inutili degli anni precedenti il 2006, non c’entrano le persone sotto processo a Napoli; viceversa, le attuali vittorie sono figlie di quella farsa. Conquistare scudetti in Italia - da quel momento in poi - è stato (relativamente) facile, per lui quanto per il suo predecessore; in Europa lo scoglio da superare era rappresentato da quegli ottavi di finale diventati, ormai, un appuntamento fisso per gli sfottò dei tifosi avversari. E’ lì che l’allenatore portoghese "ci ha messo del suo". Oltrepassati quelli, sono giunti sino in fondo. Dove non arrivavano i meriti di Mourinho, Milito, Eto’o, Sneijder e della difesa nerazzurra "all’italiana", ci hanno pensato gli arbitri. "Furti" (anche) all’estero, quando capitava alla Juventus. "Errori umani", nel contesto di imprese già diventate epiche, ora che accadono all’Inter.

E’ un Roberto Mancini "diverso", rispetto al 2006, quello che si è presentato all’udienza della giornata di ieri del processo penale di Napoli. Non solo nel taglio di capelli. Altro che "sistema": tutte le accuse da lui lanciate nel passato, si è "scoperto" ora che sono state il frutto di una banale "foga agonistica". Che, unita al sentimento popolare, hanno distrutto la Juventus. Quindici minuti: tanto è durata la sua deposizione. Il tempo dell’intervallo di una normale partita di calcio. Era l’ultimo teste dell’accusa: anche questo è stato favorevole alla difesa.
Proprio Mancini era stato il primo a fruire (anche con effetto retroattivo) delle disgrazie capitate ai bianconeri: il pm Capuano gli ha chiesto, semplicemente, di spiegare cosa ci fosse dietro a quei violenti attacchi verbali di quattro anni fa, e a quelle insinuazioni che sembravano corroborate da chissà quali prove. La mancanza di un controesame delle difese è stato l’evidente segno della totale mancanza di "consistenza" della sua deposizione.

Più si va avanti con questo processo, maggiore è la rabbia dei tifosi juventini per quello che è accaduto nel maggio del 2006. Se nel passato fossero state immediatamente a disposizione quelle intercettazioni che - con cadenza quasi quotidiana - vengono ora estratte dal cilindro (o dai cd) di quelle all’epoca considerate "irrilevanti", sarebbe stato oggettivamente più difficile distruggere la Juventus.

Con i "se" ed i "ma", però, si costruisce la storia dei perdenti. Inutile girarci intorno.
In effetti, la storia dell’Inter "vincente" ha inizio proprio nel 2006.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

lunedì 24 maggio 2010

John, ne valeva la pena?


Mentre girovagavo su internet, mi sono imbattuto in questo bellissimo articolo, scritto da Del Re (qui il link sul sito di GIU'leMANIdallaJUVE).
Il minimo che potessi fare, era riportarlo nel mio blog. Complimenti vivissimi all'autore.


Un Agnelli torna alla Presidenza della Juventus. Così come il padre Umberto, anche Andrea ha nel destino il dovere di rilanciare le sorti del gioiello di famiglia; egli, il padre, ci riuscì per ben due volte, in due ere calcistiche ben distinte.

Ad Andrea va un caloroso “in bocca al lupo”, viste le premesse elkaniane di quello che fino a due giorni fa era il “projettò” e che alla resa dei conti si è rivelato il più grande imbarazzo della storia juventina ultracentenaria.

Ma il presente articolo non è dedicato all’erede Agnelli che la tifoseria bianconera ha sempre sostenuto e fortemente voluto; no, il presente articolo è indirizzato a mò di lettera aperta all’altro erede Agnelli, quello “per caso”, il diafano John Jacob Philip Elkann, il cosiddetto nipote dell’Avvocato.

Già, colui che in soli quattro anni è riuscito a disintegrare la storia del club come e meglio avrebbe potuto fare il più feroce degli antijuventini, che so: uno Zeman o un Moratti qualsiasi.

Qui ed ora è perfettamente inutile stare a ricordare la storia di tale scempio: ad esempio quando e perché il padre di Leone e Oceano decise di cooptare Jean Claude Blanc nel CDA Juve, novello cavallo di troia per il ribaltone farsopolista, oppure come si fosse rifiutato di difendere i suoi straordinari dirigenti, che, nuove inter-cettazioni alla mano, risultavano nuotare più o meno con stile insieme a tutti gli altri pesci dello stagno pallonaro italiota, santi subitanei compresi; inutile anche soffermarsi sulla sua totale inettitudine che portò alla scelta di un gruppo dirigente non adeguato per qualità imprenditoriali, sportive, di comunicazione e di rispetto verso coloro che sostengono il “core business” bianconero: i suoi tifosi.

Qui ed ora voglio solo chiedere al protetto del quadrumvirato Montezemolo – Grande Stevens –Sant’Albano – Gabetti se, a distanza di quattro schifosissimi anni, visto quanto ha prodotto, e non solo a Torino, ma in proporzione direttamente inversa anche a Milano, sponda nerazzurra, ne valesse davvero la pena.

Ingegnere, valeva la pena sacrificare quel piccolo fastidioso asset della Exor per riequilibrare a Suo favore i delicati rapporti di forza all’interno della famiglia? Soprattutto visto che a quattro anni di distanza la Juve torna in mano al suo “legittimo reggente”, al quale era stata così volgarmente strappata.

Ingegnere, valeva la pena tentare questo “putsch” in salsa ferrarista, visto l’esito catastrofico dello stesso? Mi spiego meglio: il suo capo tutor, Montezemolo, Le avrà spiegato che la ribalta mediatica sportiva è un mezzo di propaganda straordinario; ma Le avrà spiegato anche che lo è solo ed esclusivamente se si ottengono risultati. Le ha spiegato, e lui dopo Italia ’90 e l’anno successivo alla Juve dovrebbe saperlo meglio di chiunque altro, che le sconfitte comportano mediaticamente l’effetto contrario? Soprattutto se tali sconfitte sono condite da tutti i record negativi pensabili ed immaginabili, siano essi sportivi che di bilancio?

Ingegnere, valeva la pena lasciare che dall'interno della società venissero dichiarate tante falsità sull’operato manageriale della Triade, al solo fine di dimostrare la bontà delle scelte da Lei intraprese in quel Maggio 2006? Mi rispiego meglio: valeva la pena raccontare la fandonia dell’insostenibilità dei bilanci dell’ex (purtroppo!) AD Giraudo rispetto a quelli simpatici del nuovo (purtroppo!) AD Blanc? Oppure avallare la denuncia contro gli ignoti Moggi, Giraudo e Bettega alla Procura di Torino per false comunicazioni sociali? Le ricordo che il giudice ha assolto con formula piena i suddetti.

Ingegnere, valeva la pena dichiarare che la Juventus sarebbe stata una società nuova, trasparente, onesta e simpatica, sostenibile sul piano sportivo e soprattutto finanziario? Mi ri-rispiego: per essere onesti e simpatici, nonché trasparenti Lei aveva promesso che mai e poi mai tre uomini soli avrebbero avuto tutto il potere nelle loro mani; ma allora mi spieghi perché Blanc ha ricoperto per tre anni sia il ruolo di AD che di DG e da quest’anno persino quello di Presidente. Ma soprattutto mi spieghi perché ad oggi la Juve onesta e simpatica, non quella vera e vincente pre 2006, ma la Sua, quella ridanciana e perdente, abbia l’ex (per fortuna!) Presidente, l’AD ed il DG tutti indagati per reati finanziari; senza contare che anche uno dei Suoi tutor è sotto processo per la questioncina “Equity Swap”.

In fine, e concludo, Ingegnere, valeva la pena farsi odiare in maniera così viscerale da un quinto del popolo italiano? Crede davvero che l’aver ricondotto questo ignobile surrogato della nostra Juventus nelle legittime mani di Suo cugino Andrea attenuerà quel senso di giusto disprezzo che ogni juventino vero proverà sempre nei suoi confronti?

John, ne valeva la pena?


Ps: così... solo per scrivere altre due righe in croce...
Riporto giusto il contenuto di questa intercettazione fresca fresca...
Roma, 24 mag (Il Velino) - La sera del 12 maggio 2005, al termine della partita Cagliari-Inter (1-1), l’arbitro Paolo Bertini chiama il designatore Paolo Bergamo per lamentarsi delle pressioni di Giacinto Facchetti prima dell’inizio dell’incontro. “Sa, questa è la tredicesima partita, eh? - dice l’ex calciatore all’arbitro negli spogliatoi -. Per ora siamo in perfetta parità: quattro perse, quattro vinte e quattro pareggiate. Eh, sa, per l’Inter non è che sia un grande score…”. “Non è stato piacevole - commenta Bertini con Bergamo -. A volte è imbarazzante una premessa del genere…”

BERGAMO - Pronto?
BERTINI - Sei a letto, Paolo eh?
BERGAMO - No, se… Allora?
BERTINI - Com’è andata, che mi dici?
BERGAMO - Mah, ho visto l’ultima mezz’ora perché m’avevano avvertito di questo fallo di mano che… no, non è mica espulsione comunque…
BERTINI - Quella non è espulsione!?
BERGAMO - No… non è mica… una chiara occasione da rete…
BERTINI - Ma poi si può fare una disposizione di carattere tecnico su tutto ma non c’ha… forse la mancata percezione di dove fosse come posizione ma non può essere ritenuta una occasione di…
BERGAMO - No, assolutamente.
BERTINI - È stato quello che… l’unica cosa…
BERGAMO - Protestavano un po’ quelli dell’Inter, so’ un po’ insofferenti, quando…
BERTINI - Eh, me ne so’ accorto. È stata una remata dal primo minuto, poi, eh? Non capisco, non capisco perché. Tra l’altro c’è stato Facchetti a inizio partita, è venuto dentro lo spogliatoio a salutare con quel fare sempre… “Ah, sa questa è la tredicesima partita, eh? Per ora siamo in perfetta parità: quattro perse, quattro vinte e quattro pareggiate. Eh, sa, per l’Inter non è che sia un grande score”, ha detto. Quindi l’abbiamo preparata in questo modo la partita.
BERGAMO - Mh, mh…
BERTINI - Eh, non è stato piacevole, non è stato piacevole…
BERGAMO - E bisogna che ci parli, sì. …(incomprensibile) …più tranquillo in campo… C’avevo già parlato, gliel’avevo già detto, ma questo non capisce un ca**o…
BERTINI - No, ma ho l’impressione… non so nemmeno l’interlocuzione più giusta quale possa essere perché questa veramente…. A volte è imbarazzante. Una premessa del genere… ci siamo guardati tutti, ci siamo guardati tutti prima della partita…
BERGAMO - Ascoltami, quando avrai buttato giù con me, dopo chiama Gigi (probabilmente Pairetto, ndr) che si è accorto che m’hai chiamato…
BERTINI - Dici? Sì, sì certo.
BERGAMO - Capiscimi…
BERTINI - E quindi, niente, insomma, questa situazione te l’ho detta appunto.
BERGAMO - Grazie, comunque la partita, a parte il clima…
BERTINI - Al di là di questo, insomma la partita è poi andata bene.
BERGAMO - Per quella parte lì che ti diceva ti ci penso io, dai...
BERTINI - Sì, perché tra l’altro non ha neanche senso. Non mi sembra di avere fatto… Anzi, anzi… Vabbuò.
BERGAMO - Buonanotte, ci sentiamo.
BERTINI - Ci sentiamo domani, va…
BERGAMO - Vabbè grazie, ciao.
BERTINI – Ciao.

CIAO A TUTTI.....

domenica 23 maggio 2010

Ci vediamo a Napoli...

A Madrid due cose diverse: il campo, e quello che c'è fuori.
Nella prima ha vinto l'Inter di Milito e Mourinho. Punto. Complimenti. Lascio (volutamente) perdere errori arbitrali, magliette idiote e via dicendo. Se la Juventus di John Elkann e Blanc si è "interizzata" in questi anni, non per questo lo devo fare pure io andando ad attaccarmi a tutto pur di non riconoscere quello che il campo ha deciso.
Nella seconda, la storia - per qualcuno - è stata scritta. Forse, andrà riscritta...

domenica 16 maggio 2010

Adieu, Blanc. Bettega però rimanga...


"Sei tifoso della Juventus? Facile: Lei vince sempre". Ebbene sì: fino al 2006 questo ritornello ha accompagnato le giornate del sostenitore bianconero standard, dalle semplici chiacchierate tra amici alle discussioni più accese. Dove non arrivavano i meriti della Vecchia Signora c’erano loro, gli arbitri, a dare una mano. Teneri e affettuosi, anche prima della comparsa delle intercettazioni sulle telefonate di Luciano Moggi (solo le sue, naturalmente), prima dello scudetto di cartone consegnato all’Inter dallo "smemorato" Guido Rossi e delle campagne denigratorie verso Madama dei media.

Quel "Lei" era la Juventus: o la si amava, o la si odiava. E’ sempre stato così (e sempre sarà), per i più forti. E il bello era proprio questo: la soddisfazione per una vittoria si univa alla consapevolezza della rabbia "degli altri", del mondo intero avverso a quei colori. Una sconfitta veniva considerata come un’onta da cancellare al più presto. E’ la Juventus, perbacco. O almeno, lo era.

Via (o costretti ad andarsene) Deschamps, Ranieri, Ferrara, Cobolli Gigli, Alessio Secco, Castagnini, chi più ne ha più ne metta: tutti responsabili di errori (grandi o piccoli che siano) che hanno contribuito alla fine di un progetto che di concreto, in realtà, non aveva nulla. Legato al nome di una persona, Jean Claude Blanc, che doveva essere la prima a farsi da parte, e che ora, grazie al suo addio (vicino o lontano) darà la possibilità alla nuova dirigenza di iniziare una (vera) rinascita della società bianconera.

Per mesi, se non per anni, alla ricerca di persone in grado di porre un limite all’irrefrenabile caduta verso il basso della Juventus, i tifosi hanno richiesto a gran voce l’ingresso (anzi, il ritorno) in società di Roberto Bettega (sia con cori di incitamento allo stadio che in internet, con petizioni su diversi forum). In questo momento, nella fase di rifondazione, sembra diventi difficile trovargli una (giusta) collocazione, causa una (ipotizzata) problematica "convivenza operativa" con Giuseppe Marotta, il probabilissimo nuovo Direttore Generale.
A Bettega era stato chiesto di "salvare il salvabile": se nella pratica non è riuscito a risollevare le sorti di questa stagione disgraziata, non è corretto attribuirgli più colpe del dovuto. Il suo raggio d’azione si è rivelato molto limitato, con cotanta invadenza (e competenza…) intorno a sé. Prova ne sia che Andrea Agnelli, adesso che ancora non si è ufficialmente insediato come Presidente, ha già fatto un’opera di pulizia "quasi" totale in seno alla dirigenza, come base per un futuro migliore (e per poter lavorare seriamente…). Senza soldi (e in mancanza di un’adeguata struttura alle spalle) l’ex Bobby-gol è riuscito - se non altro - a portare a Torino Antonio Candreva (in prestito con diritto di riscatto della metà del cartellino). Paolucci? Avrebbe preferito Lanzafame. Ma in quei momenti anche il Parma e il Siena (era stato richiesto pure Ekdal) riuscivano a fare la voce grossa contro i bianconeri. Ferrara poteva essere cacciato prima? Certo. Ma Zaccheroni ha fatto meglio di lui?
Il "traghettatore" sarebbe potuto arrivare a dicembre, per avere la possibilità di sfruttare al meglio la sosta natalizia? E chi lo diceva a monsieur Blanc che la prima mossa da fare sarebbe stata quella di bruciare la sua ennesima scommessa persa in onore al "guardiolismo all’italiana"? Era la società a dover essere cambiata, da cima a fondo. Proprio quello che sta iniziando a fare il nuovo Presidente: è da lì che nascono le grandi squadre. Come in tutte le aziende che funzionano a dovere, un dirigente che accumula risultati disastrosi per anni deve essere accompagnato alla porta e salutato. Bettega, in tutta sincerità, non sembra rispondere a questi criteri; Blanc, invece, sì. Ovviamente…

Ironia della sorte (se non fosse che non c’è nulla da ridere), nella stagione dei record negativi ben otto giocatori bianconeri sono presenti nella (prima) lista dei trenta convocati per la spedizione sudafricana. Oltre a loro si sarebbero potuti aggiungere Legrottaglie, che non ha confermato quanto di buono ha fatto vedere nelle scorse stagioni, Amauri, che si è perso nei meandri della burocrazia per ottenere il passaporto italiano (senza adeguati rifornimenti in campo, poi), e Del Piero, che avrebbe avuto necessità di giocare una stagione intera per (almeno) provare a convincere Lippi a chiamarlo. Il numero degli azzurri tinti di bianconero potrebbe rimanere inalterato - in ogni caso - anche a fine mondiale. Anche aumentare: a patto che qualcuno arrivi (o torni) a Torino (Criscito, Palombo, Cassani, Marchetti, Maggio, Pazzini tra i più indiziati), che qualcun altro non se ne vada (Buffon in primis) e considerando pure chi andrà via (Cannavaro, Grosso e Camoranesi). Le nazionali vincenti, storicamente, hanno sempre avuto uno zoccolo duro di giocatori della vecchia Signora. In questa occasione può essere un handicap, se rapportato a cosa è capitato nel campionato appena concluso. A Lippi il compito di rigenerarli; ai tifosi juventini quello di non rodersi il fegato quando li vedranno correre come non hanno fatto, salvo rare eccezioni, da qualche mese a questa parte.

"Sei tifoso della Juventus? Facile: Lei vince sempre". No, non è facile. Perché Farsopoli, con tutte le sue conseguenze, è stato un peso enorme da digerire. E perché ora sembra non essere più in grado di farlo. Ad oggi - di Juventus - sono rimasti soltanto il nome e i colori della maglia. Con la sconfitta di ieri sera nell’ultima giornata di campionato, "l’era Blanc" è davvero finita. Adesso basta piangersi addosso. Ovviamente ci vorrà del tempo, dato che si ripartirà - inevitabilmente - da zero. Fare meglio di questa stagione è sin troppo facile.
Ma l’imperativo è, e rimarrà sempre, quello di tornare a vincere.
Nell’immediato: di riprendere, al più presto, ad essere "la" Juventus.
Sembra poco, ma non lo è per niente.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

Per stemperare la tensione che - inevitabilmente - un lettore accumula nel sentire Liguori nel video precedente (...), ne inserisco un altro, trovato in rete. Un gentile omaggio, da parte mia, al tenente colonnello Attilio Auricchio, titolare dell'indagine (per conto dei pm di Napoli Narducci e Beatrice) che ha portato al processo su Farsopoli

giovedì 13 maggio 2010

Ecco come è stata ridotta la Juventus...


Nell'attesa di tornare a scrivere qualcosa di mio, posto volentieri un bellissimo articolo di Salvatore Cozzolino (Ricostruire sulle macerie), a cui vanno i miei più sinceri complimenti.

In questi giorni è interessante notare come i giornali si affannino a pubblicare articoli e notizie con presunti scoop sulla Juventus attuale e futura. Inutile dire che molte delle cose che si leggono sono autentiche bufale, partorite soprattutto in funzione del fatto che i giornali cartacei vanno pur venduti e quindi riempiti con qualcosa che possa ingolosire il tifoso e saziare la naturale tendenza di quest’ultimo a sognare.
Questo tourbillon di voci e titoloni ha l’effetto di sottoesporre anche le notizie vere, dando un quadro d’insieme poco attendibile. Proverò a mettere qualche punto fermo, per capire come possa evolvere la situazione di breve e medio periodo.
Andrea Agnelli ha cominciato in questi giorni ad analizzare da vicino la situazione della Juventus, traendo le prime drammatiche conclusioni, e cioè che il quadro complessivo è molto più grave di quello che appare all'esterno.
Dal punto di vista sportivo, vige l’anarchia più completa. Giocatori che si allenano poco e male, spogliatoio spaccato in vari clan, autoreferenzialità assoluta dei nazionali, che da tempo hanno cominciato a pensare solo ai Mondiali. In questo quadro Zaccheroni e il suo staff navigano a vista, cercando di arrivare in maniera indolore al 30 giugno.
Dal punto di vista societario cominciano a vedersi i primi effetti di lungo periodo della cura Blanc: depauperamento del marchio, mancanza di collaborazione tra i vari comparti della società, dirigenti alle prese con la stesura dei curriculum vitae, prezzo del titolo in Borsa che aggiorna nuovi minimi, riduzione prospettica dei ricavi complessivi attesi, grave ritardo nella programmazione tecnica della prossima stagione, sponsor che giocano al ribasso.
Su questo ultimo punto abbiamo scoperto un ulteriore inquietante particolare spulciando la trimestrale pubblicata subito dopo il Consiglio di Amministrazione del 10 maggio, a cui Andrea Agnelli non ha partecipato, pur essendo Presidente “in pectore”.
Ebbene si è appreso che il contratto di sponsorizzazione con BetClic per le prossime due stagioni (7,5 la prima e 8,5 la seconda) contiene una piccola postilla che riduce a 6,5 milioni l’ammontare del corrispettivo per la prima stagione in caso di mancata qualificazione alla Champions League.
Ecco, dunque, la cura Blanc. La Juventus nel 2006 era la prima società al mondo per sponsor di maglia, 24 mln annui. Nel 2007 dopo Calciopoli la Tamoil aveva ancora dato fiducia per un anno, a circa 13 milioni annui. Successivamente non riesce a trovare lo sponsor e la FIAT risolve il problema tramite New Holland che eroga circa 11 milioni annui. Infine, dopo 4 anni, e dopo aver bruciato un aumento di capitale, l’unica soluzione è BetClic a 7,5 milioni con l'asterisco che li riduce a 6,5. Ecco cosa intendevo per depauperamento del marchio quando, nel corso delle Assemblee degli ultimi quattro anni, avevo messo in guardia gli azionisti, piccoli e grandi, circa il pericoloso andazzo della gestione Blanc.
Andrea Agnelli di questi numeri avrebbe già preso atto e avrebbe deciso di “segare” il tennista francese fin dal prossimo giugno, anche perché, se dovesse arrivare Marotta, il profilo professionale di quest’ultimo è più da Amministratore Delegato che da Direttore Sportivo.
Per quanto riguarda Marotta la trattativa è stata avviata e condotta dalla vecchia gestione e sembrerebbe che il neo-Presidente non sia pienamente convinto della scelta. Probabilmente alla fine si farà lo stesso, e sono convinto che la professionalità di Marotta non sia in discussione. E’ da capire però quale possa essere il suo impatto su una realtà complessa come quella della Juventus, dove pressioni ed aspettative sono infinitamente più alte che a Genova.
Anche per quanto riguarda Benitez ricorderete che, primo fra tutti, Ju29ro.com aveva preannunciato che la pista si stava raffreddando. Non ci eravamo sbagliati. Il primo a nutrire perplessità in merito è stato Bettega, che di sicuro non avrà mancato di esprimere le sue riserve al nuovo Presidente. Andrea Agnelli ha evidentemente ereditato il pragmatismo del papà Umberto e ha capito che alla Juventus attuale non serve un tecnico straniero, alla prima esperienza in Italia, e soprattutto con pretese economiche irreali. L'idea invece è di scegliere un sergente di ferro italiano di gran carisma, che sappia coniugare il lavoro sul campo con le esigenze della società. E i primi nomi sul taccuino sono quelli di Capello e in subordine di Spalletti. Se non si dovesse riuscire a raggiungere uno di questi due la scelta avverrà tra Del Neri, Prandelli o Allegri, in ogni caso tecnici a mio avviso di seconda fascia.
Qualcuno obietta che Capello non accetterebbe mai di allenare una squadra da rifondare. Questo è vero, ma è altrettanto reale il rapporto di stima con il nuovo Presidente, il che potrebbe fargli accettare una sfida nuova, titanica certo, ma sicuramente non priva di stimoli per uno come Don Fabio, che nella sua carriera ha già fatto il pieno sia in termini economici che sportivi.
D’altronde il nuovo tecnico dovrà accettare un programma di medio periodo, ed eventualmente mettere in preventivo una stagione di transizione, proprio perché la programmazione del mercato e della rifondazione è in grave ritardo. Andrea Agnelli si è reso conto che l’unica strada maestra per riportare la Juventus sui binari della sua storia è inculcare nuovamente nei gangli della società quella cultura del lavoro e del sacrificio tipica del DNA bianconero e polverizzata sull’altare dello “smile”.
Personalmente credo quindi che la priorità verra data alla ristrutturazione della società e alla pianificazione strategica del lavoro, senza le quali è assolutamente improbabile che si riesca ad allestire una squadra competitiva. D’altronde una delle cose più stucchevoli che i giornali amano fare è parlare di “tesoretti” di svariati milioni da utilizzare per il mercato. Chi gestisce una squadra di calcio sa bene che questi sono discorsi per i tifosi, mentre le vere risorse sono funzione del cashflow presente e futuro. E allora la “cura” Blanc ci imporrà per il prossimo anno una riduzione dei ricavi di quasi 50 milioni di euro (diritti TV e gare Champions League -25 mln, sponsor maglia -6 mln, diritti collettivi TV -7,5 mln, ricavi straordinari non ricorrenti iscritti nel 2009-2010 -10mln) e quindi, a meno di deliberare un nuovo aumento di capitale, difficilmente si potranno portare a Torino i nomi che la stampa generosamente ipotizza.
La ricostruzione della Juventus quindi dovrà avvenire per forza attraverso la politica dei piccoli passi, dello sfruttamento rigoroso delle risorse, della scelta degli uomini prima che dei tesserati. Crediamo che Andrea Agnelli, pur desideroso di regalare qualche soddisfazione ai tifosi e agli azionisti, non si farà condizionare dall’ansia di voler fare tutto e subito, correndo il grave rischio di bruciare tempo e risorse.
La sua impronta è però ben chiara sul fronte giudiziario. Anche in questo caso avevo ipotizzato, in tempi non sospetti, che l’atteggiamento della Juventus, nei confronti di Calciopoli e di tutto quello che è accaduto dal 2006 in poi, sarebbe radicalmente cambiato. Ed infatti la notizia della presentazione del ricorso verso l’assegnazione dello scudetto “di cartone”, con annessa richiesta di deferimento dell'Inter, è a mio avviso solo il primo passo in tal senso. Ritengo che la prossima mossa possa essere la sostituzione dei legali impegnati nel processo di Napoli, dove la Juventus, non dimentichiamolo, è responsabile civile e quindi potenzialmente esposta a risarcimenti milionari in caso di condanna degli imputati.
Un altro passaggio cruciale che dovrebbe concretizzarsi a breve è l’abbandono della politica strategica che aveva avviato Blanc nel 2006, e cioè quella di concentrare tutte le attività su stadio, gestione sportiva e riduzione del numero degli sponsor. Alla luce di quanto sta accadendo questa strategia sta mostrando tutti i limiti che avevo esposto nelle Assemblee degli Azionisti a partire dal 2006. In questo caso la sterzata potrebbe avvenire attraverso il ritorno a Torino di Romy Gai, che mi risulta essere imminente. Spazio dunque al vecchio progetto di entertainment company globale, soprattutto se, come ha fatto intendere il nuovo Presidente, la Juventus progressivamente sarà sempre meno dipendente da Exor e sempre più interessata allo sfruttamento del marchio anche in iniziative diverse dal calcio.
In definitiva rimango coi piedi per terra. Andrea Agnelli ha un compito difficile da eseguire, ma con i consigli giusti potrà arrivare all’obiettivo. Agli azionisti e ai tifosi tocca avere molta pazienza. Forse i cinque anni di cui si parlava nel 2006 partono oggi. Forse non saranno cinque, potrebbero essere di meno. Quello che si può sperare però è che da questo momento non sarà più tempo sprecato.

mercoledì 12 maggio 2010

lunedì 10 maggio 2010

E ora è terminato anche il progetto di Blanc...


Da Ranieri a Deschamps (campione, in Francia, con l’Olympique Marsiglia): storie di chi - lontano da Torino e dall’attuale dirigenza - ha iniziato (o ripreso) a vincere. Mentre la squadra bianconera, dal terremoto del 2006 in avanti, ha perso lentamente pezzi e credibilità. Dopo l’addio al calcio di Nedved (ora si attende un suo rientro in società), ecco le prossime (probabili) partenze di Trezeguet e Camoranesi. Buffon? Potrebbe andarsene anche lui. In nome dei soldi che porterebbe la sua cessione, con i quali la nuova gestione aumenterebbe il "tesoretto" a disposizione per portare a compimento nuove operazioni in entrata. Ma senza il miglior portiere del mondo, uno dei più grandi (se non "il più") della storia, come si può (iniziare a) costruire una grande squadra? E come può presentarsi il nuovo Presidente ai propri tifosi?

Il Parma ha giocato con onore; i bianconeri, che quest’anno di "Juventus" hanno avuto soltanto il nome e la maglia, ormai hanno perso anche quello. Un gruppo ormai arresosi alle sue stesse debolezze, a cui giova poco tirare in ballo i prossimi mondiali in Sudafrica: Lippi già lo scorso settembre aveva promosso il blocco bianconero (avallando, a suo modo, anche gli acquisti di Cannavaro e Grosso). Il resto, è la triste cronaca di questa annata da incubo. Se anche la recente notizia della prossima nomina di Andrea Agnelli a Presidente (con un nuovo gruppo dirigenziale) non è servita a scuotere i giocatori, allora i "jolly" sono finiti. Assieme agli alibi. Nulla: ormai anche il sesto posto è andato. Il progetto di monsieur Blanc ormai può dirsi concluso. La Francia e il suo confine sono ad un passo. Il salto è breve: oplà. Adieu. Anzi, un’ultima cortesia: chieda ai giocatori di perdere anche a Milano (contro i rossoneri di Leonardo): con 15 sconfitte verrebbe eguagliato il record negativo della stagione 1961-62. Quella che spesso, nel corso di quest’anno, è stata citata come l’esempio negativo da non imitare.

Lanzafame affonda il coltello in una difesa bianconera che è stata una delle piaghe di questo campionato: poco protetta dal centrocampo, colpevole di troppe disattenzioni (anche) quando la responsabilità dei goals subiti poteva essere soltanto sua. A proposito del giovane attaccante parmense: meglio lui o Paolucci?
Si dicevano (e scrivevano) queste cose già lo scorso gennaio, quando anche "un Ekdal", nella rosa bianconera (di Torino), non avrebbe certo sfigurato. E dove Candreva - se non altro - ha dimostrato di starci bene.

Nell’attesa che Marotta inizi a lavorare per la Juventus, la Juventus ha già lavorato per lui: con la sconfitta di ieri ha spianato la strada ai blucerchiati per la passerella finale di domenica prossima al "Luigi Ferraris". L’avversario di turno (il prossimo, l’ultimo) sarà il Napoli, cui i bianconeri hanno già lasciato il sesto posto in mano. A meno di un (improbabile) suicidio sportivo, l’opera del (probabilissimo) nuovo dirigente bianconero sarà compiuta: pochi euro a disposizione, molte idee in cantiere. Efficaci. I preliminari di Champions League ad un passo nel corso di una stagione dove è riuscito nell’impresa di far convivere Cassano e Delneri dopo gli strascichi polemici del loro passato giallorosso, oltre a quelli sorti durante l’attuale annata blucerchiata. Un bel biglietto da visita per la Torino bianconera, un bellissimo addio per una città (Genova) dove lascerà molti ricordi e moltissimi rimpianti.

Dalle bombe (verbali) di Mourinho a quelle (carta) dell’Olimpico di Torino: sempre peggio. Frizioni e tensioni che aumentano di giornata in giornata. Certo, anche alla penultima: un ringraziamento doveroso, poi, anche all’Osservatorio che ha permesso - in un primo momento - ai sostenitori milanisti di recarsi a Genova (dopo aver negato trasferte sicuramente meno pericolose ad altre tifoserie), contribuendo a gettare la città nel panico più totale, memore di una tragedia (l’uccisione del giovane genoano Vincenzo Spagnolo) capitata proprio in occasione di un Genoa-Milan (29 gennaio 1995, prima dell’incontro). Meno male che il prefetto del capoluogo ligure, sollecitato dalla Digos, ci ha "messo una pezza", facendo disputare la partita a porte chiuse. Resta da capire il criterio con cui l’Osservatorio decide: condizioni climatiche (del tempo) o "clima" tra le due tifoserie?
Per certi passi un campionato come il nostro non è ancora pronto. Si è fatto poco, nulla e male in passato: si attenda il passaggio agli stadi di proprietà. La tessera del tifoso rischia di essere l’ennesimo buco dell’acqua, un palliativo che non curerà il male della violenza nel calcio italiano.

L’Inter subisce un goal al 12° minuto (autorete di Thiago Motta) contro il Chievo, e al tredicesimo ha già pareggiato (altra autorete, Mantovani). Il 4-3 finale è una logica conseguenza. Idem per la Roma: sotto di un goal (Lazzari, Cagliari), in mezz’ora ne fa due (doppio Totti). L’ultima giornata ha il suo destino già tracciato. A meno di un miracolo (di Mezzaroma, presidente del Siena). Ma Palazzi è uno che non si commuove: i miracoli, nel calcio, ad oggi sono ancora opera sua. Nel caso, indagherà.

Una spruzzata di Juventus del passato che vince c’è stata anche in Inghilterra: Carlo Ancelotti ha conquistato la Premier League. Nessun nubifragio (stile-Perugia anno 2000) gli ha impedito di ottenere il suo primo titolo inglese. Un diluvio - in un certo senso - c’è stato: di goals (otto) con i quali il Chelsea ha steso il Wigan, nell’ultima giornata del campionato.
Lo stesso allenatore adesso prenderà il volo per Napoli: domani lo attenderà - come testimone scelto dall’accusa - il processo penale, con imputato Luciano Moggi.
Ma questa è un’altra storia…

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

mercoledì 5 maggio 2010