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giovedì 13 maggio 2010

Ecco come è stata ridotta la Juventus...


Nell'attesa di tornare a scrivere qualcosa di mio, posto volentieri un bellissimo articolo di Salvatore Cozzolino (Ricostruire sulle macerie), a cui vanno i miei più sinceri complimenti.

In questi giorni è interessante notare come i giornali si affannino a pubblicare articoli e notizie con presunti scoop sulla Juventus attuale e futura. Inutile dire che molte delle cose che si leggono sono autentiche bufale, partorite soprattutto in funzione del fatto che i giornali cartacei vanno pur venduti e quindi riempiti con qualcosa che possa ingolosire il tifoso e saziare la naturale tendenza di quest’ultimo a sognare.
Questo tourbillon di voci e titoloni ha l’effetto di sottoesporre anche le notizie vere, dando un quadro d’insieme poco attendibile. Proverò a mettere qualche punto fermo, per capire come possa evolvere la situazione di breve e medio periodo.
Andrea Agnelli ha cominciato in questi giorni ad analizzare da vicino la situazione della Juventus, traendo le prime drammatiche conclusioni, e cioè che il quadro complessivo è molto più grave di quello che appare all'esterno.
Dal punto di vista sportivo, vige l’anarchia più completa. Giocatori che si allenano poco e male, spogliatoio spaccato in vari clan, autoreferenzialità assoluta dei nazionali, che da tempo hanno cominciato a pensare solo ai Mondiali. In questo quadro Zaccheroni e il suo staff navigano a vista, cercando di arrivare in maniera indolore al 30 giugno.
Dal punto di vista societario cominciano a vedersi i primi effetti di lungo periodo della cura Blanc: depauperamento del marchio, mancanza di collaborazione tra i vari comparti della società, dirigenti alle prese con la stesura dei curriculum vitae, prezzo del titolo in Borsa che aggiorna nuovi minimi, riduzione prospettica dei ricavi complessivi attesi, grave ritardo nella programmazione tecnica della prossima stagione, sponsor che giocano al ribasso.
Su questo ultimo punto abbiamo scoperto un ulteriore inquietante particolare spulciando la trimestrale pubblicata subito dopo il Consiglio di Amministrazione del 10 maggio, a cui Andrea Agnelli non ha partecipato, pur essendo Presidente “in pectore”.
Ebbene si è appreso che il contratto di sponsorizzazione con BetClic per le prossime due stagioni (7,5 la prima e 8,5 la seconda) contiene una piccola postilla che riduce a 6,5 milioni l’ammontare del corrispettivo per la prima stagione in caso di mancata qualificazione alla Champions League.
Ecco, dunque, la cura Blanc. La Juventus nel 2006 era la prima società al mondo per sponsor di maglia, 24 mln annui. Nel 2007 dopo Calciopoli la Tamoil aveva ancora dato fiducia per un anno, a circa 13 milioni annui. Successivamente non riesce a trovare lo sponsor e la FIAT risolve il problema tramite New Holland che eroga circa 11 milioni annui. Infine, dopo 4 anni, e dopo aver bruciato un aumento di capitale, l’unica soluzione è BetClic a 7,5 milioni con l'asterisco che li riduce a 6,5. Ecco cosa intendevo per depauperamento del marchio quando, nel corso delle Assemblee degli ultimi quattro anni, avevo messo in guardia gli azionisti, piccoli e grandi, circa il pericoloso andazzo della gestione Blanc.
Andrea Agnelli di questi numeri avrebbe già preso atto e avrebbe deciso di “segare” il tennista francese fin dal prossimo giugno, anche perché, se dovesse arrivare Marotta, il profilo professionale di quest’ultimo è più da Amministratore Delegato che da Direttore Sportivo.
Per quanto riguarda Marotta la trattativa è stata avviata e condotta dalla vecchia gestione e sembrerebbe che il neo-Presidente non sia pienamente convinto della scelta. Probabilmente alla fine si farà lo stesso, e sono convinto che la professionalità di Marotta non sia in discussione. E’ da capire però quale possa essere il suo impatto su una realtà complessa come quella della Juventus, dove pressioni ed aspettative sono infinitamente più alte che a Genova.
Anche per quanto riguarda Benitez ricorderete che, primo fra tutti, Ju29ro.com aveva preannunciato che la pista si stava raffreddando. Non ci eravamo sbagliati. Il primo a nutrire perplessità in merito è stato Bettega, che di sicuro non avrà mancato di esprimere le sue riserve al nuovo Presidente. Andrea Agnelli ha evidentemente ereditato il pragmatismo del papà Umberto e ha capito che alla Juventus attuale non serve un tecnico straniero, alla prima esperienza in Italia, e soprattutto con pretese economiche irreali. L'idea invece è di scegliere un sergente di ferro italiano di gran carisma, che sappia coniugare il lavoro sul campo con le esigenze della società. E i primi nomi sul taccuino sono quelli di Capello e in subordine di Spalletti. Se non si dovesse riuscire a raggiungere uno di questi due la scelta avverrà tra Del Neri, Prandelli o Allegri, in ogni caso tecnici a mio avviso di seconda fascia.
Qualcuno obietta che Capello non accetterebbe mai di allenare una squadra da rifondare. Questo è vero, ma è altrettanto reale il rapporto di stima con il nuovo Presidente, il che potrebbe fargli accettare una sfida nuova, titanica certo, ma sicuramente non priva di stimoli per uno come Don Fabio, che nella sua carriera ha già fatto il pieno sia in termini economici che sportivi.
D’altronde il nuovo tecnico dovrà accettare un programma di medio periodo, ed eventualmente mettere in preventivo una stagione di transizione, proprio perché la programmazione del mercato e della rifondazione è in grave ritardo. Andrea Agnelli si è reso conto che l’unica strada maestra per riportare la Juventus sui binari della sua storia è inculcare nuovamente nei gangli della società quella cultura del lavoro e del sacrificio tipica del DNA bianconero e polverizzata sull’altare dello “smile”.
Personalmente credo quindi che la priorità verra data alla ristrutturazione della società e alla pianificazione strategica del lavoro, senza le quali è assolutamente improbabile che si riesca ad allestire una squadra competitiva. D’altronde una delle cose più stucchevoli che i giornali amano fare è parlare di “tesoretti” di svariati milioni da utilizzare per il mercato. Chi gestisce una squadra di calcio sa bene che questi sono discorsi per i tifosi, mentre le vere risorse sono funzione del cashflow presente e futuro. E allora la “cura” Blanc ci imporrà per il prossimo anno una riduzione dei ricavi di quasi 50 milioni di euro (diritti TV e gare Champions League -25 mln, sponsor maglia -6 mln, diritti collettivi TV -7,5 mln, ricavi straordinari non ricorrenti iscritti nel 2009-2010 -10mln) e quindi, a meno di deliberare un nuovo aumento di capitale, difficilmente si potranno portare a Torino i nomi che la stampa generosamente ipotizza.
La ricostruzione della Juventus quindi dovrà avvenire per forza attraverso la politica dei piccoli passi, dello sfruttamento rigoroso delle risorse, della scelta degli uomini prima che dei tesserati. Crediamo che Andrea Agnelli, pur desideroso di regalare qualche soddisfazione ai tifosi e agli azionisti, non si farà condizionare dall’ansia di voler fare tutto e subito, correndo il grave rischio di bruciare tempo e risorse.
La sua impronta è però ben chiara sul fronte giudiziario. Anche in questo caso avevo ipotizzato, in tempi non sospetti, che l’atteggiamento della Juventus, nei confronti di Calciopoli e di tutto quello che è accaduto dal 2006 in poi, sarebbe radicalmente cambiato. Ed infatti la notizia della presentazione del ricorso verso l’assegnazione dello scudetto “di cartone”, con annessa richiesta di deferimento dell'Inter, è a mio avviso solo il primo passo in tal senso. Ritengo che la prossima mossa possa essere la sostituzione dei legali impegnati nel processo di Napoli, dove la Juventus, non dimentichiamolo, è responsabile civile e quindi potenzialmente esposta a risarcimenti milionari in caso di condanna degli imputati.
Un altro passaggio cruciale che dovrebbe concretizzarsi a breve è l’abbandono della politica strategica che aveva avviato Blanc nel 2006, e cioè quella di concentrare tutte le attività su stadio, gestione sportiva e riduzione del numero degli sponsor. Alla luce di quanto sta accadendo questa strategia sta mostrando tutti i limiti che avevo esposto nelle Assemblee degli Azionisti a partire dal 2006. In questo caso la sterzata potrebbe avvenire attraverso il ritorno a Torino di Romy Gai, che mi risulta essere imminente. Spazio dunque al vecchio progetto di entertainment company globale, soprattutto se, come ha fatto intendere il nuovo Presidente, la Juventus progressivamente sarà sempre meno dipendente da Exor e sempre più interessata allo sfruttamento del marchio anche in iniziative diverse dal calcio.
In definitiva rimango coi piedi per terra. Andrea Agnelli ha un compito difficile da eseguire, ma con i consigli giusti potrà arrivare all’obiettivo. Agli azionisti e ai tifosi tocca avere molta pazienza. Forse i cinque anni di cui si parlava nel 2006 partono oggi. Forse non saranno cinque, potrebbero essere di meno. Quello che si può sperare però è che da questo momento non sarà più tempo sprecato.

lunedì 26 aprile 2010

Giraudo assolto (da "Ciao Juve")


Non mi sarebbe dispiaciuto diventare un avvocato.
Non so se sono stato “scelto”, o se ho scelto io: sono tifoso juventino. E questo mi basta per capire di essere fortunato. Nonostante tutto. Nonostante gli Elkann.
Cosa c’entrano le due cose? Che ormai, per essere un sostenitore della Juventus, non ti devi limitare all’aspetto sportivo. Non ti PUOI limitare all’aspetto sportivo.
Perché quando ti accorgi che la tua squadra del cuore è lasciata in balia del mondo intero, degli attacchi mediatici provenienti da ogni dove, senza che NESSUNO la difenda (trincerandosi dietro un silenzio che sa di RESA), solo allora capisci che devi sacrificarti più del dovuto per aiutarla. O, quantomeno, per provarci.
Un atto d’amore. Che un tifoso (come milioni ce ne sono sparsi in Italia e nel mondo) è disposto a fare.
Ma che un proprietario indifferente NON E’ IN GRADO DI FARE.
Visto che stare dietro “a tutto” (oggigiorno) è sempre più difficile, mi avvalgo – spesso - dell’aiuto di siti di VERA INFORMAZIONE.
Questa sera è la volta di “Ciao Juve”
Lo consiglio agli amici: è veramente ben fatto.
Argomento del giorno: l’analisi delle motivazioni della sentenza di primo grado con cui il Tribunale di Napoli ha riconosciuto colpevole Giraudo (qui l'articolo originale)



Qualcuno pensava che dalle motivazioni potessero affiorare “fatti nuovi”, ci speravano, invece niente. De Gregorio si è limitato a prendere quattro mesi di tempo per allungare il brodo del già noto dispositivo della sentenza. Da bambini, quando scrivevate i temi, non vi hanno mai detto: «è troppo corto, allunga il brodo qua e là così sembra fatto meglio e la maestra ti alza il voto»? Certo è assai strano che un giudice motivi su giornali e trasmissioni televisive una sentenza prima ancora di scriverla. Vi riportiamo pari pari il nostro articolo del 15 dicembre 2009, giorno successivo alla condanna, poiché nulla è cambiato. Giraudo è già assolto prima ancora di fare ricorso!

Pagliacci

Mesdames et Messieurs (si scrive così? È per farlo capire al trino), ieri è stata la giornata ufficiale dei pagliacci.

Commenti in TV, sui forum, nei blog, oggi sui giornali, tanti pagliacci hanno ritrovato forza e vigore.

È stata la giornata in cui si è visto chi è con noi, juventini che non si arrendono, e chi no. La giornata che ha scritto a chiare lettere che non esiste il giornalismo vero e che ha formato la lista dei nomi di chi è stato preso a calci in culo da Giraudo, tant'è che non s'è aspettato nemmeno il dispositivo per dire subito che è un idiota e che ha sbagliato.

Che Giraudo non sia un idiota credo lo dimostri la sua carriera da manager, un manager di successo che - per amore e rispetto verso la Famiglia Agnelli - si era prestato al calcio anche se questo rappresentava una limitazione per le sue capacità e risorse. Un manager di successo che è ancora oggi a fianco di quel che rimane della Famiglia, Andrea Agnelli, e che per questo legame ha pagato e continua a pagare. Un manager che continua a fare il manager e non la macchietta in TV.

Grazie all'Ansa ieri abbiamo potuto leggere il dispositivo, che non è la sentenza vera e propria ma che in questo caso è più che sufficiente per comprendere quanto in basso sia sceso il sistema giudiziario nel nostro paese. Giraudo è stato condannato per aver puntato a far ammonire tre giocatori, diffidati secondo ROS e PM, assolutamente in campo contro la Juve per la storia reale. Così come, sempre nella realtà dei fatti e non nella trincea nebbiosa scavata dai PM, l'espulsione di Jankulovski fu tutt'altro che fittizia.

Controllate voi stessi, questa la famosa partita: Udinese-Brescia

e questi gli uomini in campo contro la Juve: Udinese-Juventus

Vi rendete conto che decine di carabinieri, tre PM ed un giudice hanno completamente sconvolto quella fetta di realtà? Vi rendete conto che IERI come OGGI decine e decine di giornalisti puntano su un fatto clamorosamente falso per convincervi che la Juventus rubava? È disarmante. Dove sono i Travaglio, i Grillo, i Gomez. i Santoro... ? Dove?

Le altre due “frodi” si riferiscono invece alle famose designazioni arbitrali. Puntano cioè su quei fatti già esaminati dalla Procura di Torino che non aveva riscontrato alcuna irregolarità. E pur volendo tapparci occhi ed orecchie dicendo che la Procura di Torino si era sbagliata mentre a Napoli sono dei geniacci, restano vuoti assurdi. Nessun giornalista e nessun notaio condannati o, quantomeno, indagati. Cioè chi estraeva la pallina e chi assisteva ai sorteggi non c'entra nulla con chi li taroccava! Come cazzo fai a taroccare un sorteggio senza la complicità del notaio e senza quella di chi la estrae?

Un errore della difesa? Forse. Sicuramente l'errore non è stato il rito abbreviato, non c'è stato un ricercare la condanna come qualcuno ha vigliaccamente affermato, per quello esiste il patteggiamento. Il rito abbreviato era la via più semplice e veloce per porre fine alla farsa del 2006. È andata male a metà, perché c'è una sentenza di condanna, è vero, ma ci sono anche motivazioni ridicole che potrebbe ribaltare anche un ragazzino e viene da chiedersi come un giudice possa permettersi di fare un errore, chiamiamolo così, di queste dimensioni. Anzi, vi chiedo come possa farlo senza alcuna conseguenza per la sua carriera.

Vi lascio con la nota amara della mattinata. Indovinate chi è corso ad intervistare questo esimio giudice? Ovviamente La Stampa di John Elkann... E sapete cos'ha dichiarato?

«Dico che questa sentenza riguarda una parte di qualcosa di più grande. Non dimentichiamoci che nel procedimento ordinario le prove si formano in aula, nel rito abbreviato non è così»

Cos'avrà voluto dire? Non voglio mettere le parole in bocca a nessuno, ma esercito il mio diritto di esprimermi e di dare una personale interpretazione: “so bene che non c'è nulla, che - se la Casoria non verrà ricusata - è probabilissimo che Moggi venga assolto, però qui l'obiettivo era di colpire Giraudo ed Andrea Agnelli. Missione compiuta, fatevene una ragione”.

Grande festa ieri a casa Elkann, il trono è salvo. Per ora.

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Questo il comunicato di GiùlemanidallaJuve, nulla è compromesso.
http://www.giulemanidallajuve.com/newsite/articoli_dettaglio.asp?id=504

Update: La sentenza è scaricabile sul sito di Tuttosport:
http://www.tuttosport.com/files/sentenza26042010.pdf

venerdì 23 aprile 2010

Intercettazioni inedite: Moggi e Tosatti (video Ju29ro.com)


Ringrazio Nicola Negro per aver segnalato il video.
Illuminante... E meno male che Moggi era a capo di una Cupola...

giovedì 22 aprile 2010

Quanto vorrei che ci fosse qui mio nonno...


A Roma, vicino a Ponte Milvio, quello degli innamorati e dei loro lucchetti, a due passi dall’Olimpico, domenica scorsa si è vissuta un’altra giornata di (ordinaria) follia all’italiana: i goals di Vucinic sono finiti in secondo piano di fronte alle asce, ai coltelli, alle mazze e alle bottiglie molotov sequestrate dalla Polizia nei dintorni dello stadio. Fuori, due tifoserie a confronto, con il contorno di un razzo che ha finito per bruciare un’auto; dentro, nel rettangolo di gioco, il siluro del montenegrino ha annientato i biancocelesti e ha riportato i giallorossi in testa alla classifica del campionato di serie A. I cori razzisti a Juan valgono quanto quelli riservati al Meazza a Sissoko (in pratica, niente); gli strascichi polemici si sono concentrati per quanto successo nel dopo gara: dai pollici versi di Totti allo sgambetto rimasto impunito di Radu a Perrotta, sino ad arrivare alla pallonata di Zarate ad un romanista.

Ranieri guida la sua Roma con un punto di vantaggio sull’Inter, mantenuto in una delle giornate più difficili. Ora, alla quart’ultima, sempre all’Olimpico, arriverà la Sampdoria di Cassano. Un "ex", genio e sregolatezza, avanti con gli anni rispetto ad un altro talento che, come lui, sta percorrendo ad alta velocità la corsia della dispersione del proprio talento calcistico: Mario Balotelli. "Super", per i tifosi nerazzurri. Sino a poco tempo fa. E per quella stampa che ne invocava in continuazione la convocazione, al pari del giocatore sampdoriano, in nazionale azzurra per i prossimi mondiali in Sudafrica. "Un’Italia per vecchi", "Lippi non crede nei giovani". Solita musica: a bocce ferme, tutti contro il commissario tecnico. Poi, però, quando il carro dei vincitori riprende il suo cammino, eccoli pronti a salire "in corsa". Adesso, naturalmente, nessuno che rettifichi quanto scritto in precedenza e che si schieri apertamente a favore di Marcello Lippi per aver visto giusto (nel merito) ed essere stato coerente nelle sue decisioni.

Nella serata della vittoria memorabile in Champions League contro il Barcellona, la luce del giovane attaccante si "spegne" del tutto. Era andata ad intermittenza in tutti gli stadi d’Italia: a Milano, s’è persa definitivamente. Il lancio della maglia a terra rimarrà, nel tempo, il simbolo di un divorzio annunciato da mesi, e consumato con l’ingaggio, come procuratore, di Mino Raiola (lo stesso di Ibrahimovic).
I blaugrana scendono dal pullman a 5 stelle con il quale sono arrivati al Meazza con l’atteggiamento di chi si trova ad affrontare una gita di piacere, per sbrigare una pratica veloce in attesa della passerella al Camp Nou il prossimo 28 aprile. Ultima tappa prima della finalissima al Bernabeu di Madrid prevista per il 22 maggio, nella tana degli avversari di una vita.
Il goal di svantaggio non ferma l’Inter che, in un colpo solo, ritrova coraggio, intensità di gioco e arbitro.
Ora, in Spagna, dovrà preoccuparsi di fermare la (prevedibile) furia dei catalani.
Ultimo (o penultimo) sforzo di una stagione intensissima, dove le energie andranno divise (e gestite) anche con il finale di campionato e con quella Coppa Italia che il 5 maggio (toh?) la riproporrà davanti alla stessa Roma.

(Ad oggi) Buffon resterà anche il prossimo anno in maglia bianconera: tanto l’agente Silvano Martina quanto lo stesso Roberto Bettega lo hanno confermato a più riprese. Su Del Piero iniziano a circolare le prime voci di una possibile esperienza (anticipata di un anno) negli Stati Uniti; per Caceres si lavora per un’altra stagione in prestito (oneroso), per poi acquistarlo dal Barcellona ad un prezzo ridotto tra due estati; su Trezeguet si vocifera di un nuovo (forse decisivo) contatto con il Milan; Benitez, come allenatore, è più di un’idea; il nome di Giuseppe Marotta riprende a circolare per la funzione di direttore generale.
Si lavora, nonostante tutto. Oltre le delusioni di una stagione incredibilmente negativa, di una qualificazione alla prossima Champions League quasi impossibile, sull’onda di un entusiasmo in casa Elkann per la nomina del giovane John a presidente della FIAT. A soli 34 anni.
"Quanto vorrei che ci fosse qui mio nonno". Queste le sue parole, pronunciate nella giornata di martedì, in uno stato d’animo visibilmente emozionato.
Fosse mai stato possibile, avrebbe dovuto rispondere alla prima, (quasi) sicura domanda dell’Avvocato: "ma chi ha ridotto così la Juventus?"

Mentre Zeman querela Moggi per aver sintetizzato in tre sole parole la sua carriera in panchina ("non sa allenare"), i "quattro barboni" (parole e musica del figlio Gianfelice, complimenti per la signorilità) accusati di aver cercato di minare la credibilità di Giacinto Facchetti, in realtà hanno portato alla luce fatti, intercettazioni e materiale in grado di aprire una nuova indagine sul mondo del calcio. Calciopoli, questa volta. Non più Farsopoli. Tempi e modi diversi, interrogazioni in ambito sportivo che in alcuni casi dovrebbero seguire, parallelamente, quelle previste nel processo penale di Napoli. Chi proverà a bluffare da un lato, potrebbe venire presto scoperto dall’altro.
Vero Zamparini?

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

domenica 18 aprile 2010

Ma Sissoko è bianco o è nero?

Non è che ormai rimanesse più molto da chiedere a questa stagione.
Fallito lo scudetto, fallita la rincorsa ad una delle prime tre posizioni utili per evitare i preliminari di Champions League (che avrebbe consentito la qualificazione diretta alla prossima edizione), abbandonate con quattro ceffoni a testa le due manifestazioni europee a cui ha partecipato quest’anno (1-4 casalingo contro il Bayern Monaco nella "massima", 1-4 contro il Fulham nella "minima"), uscita dalla Coppa Italia ad opera dell’Inter, aggrappata al miracolo di un quarto posto in classifica al momento (quasi) impossibile (potrebbe non bastare vincere tutte le restanti quattro partite…), alla Vecchia Signora rimaneva un unico, solo obiettivo: mettere i bastoni tra le gambe ai nerazzurri. Manco quello.
Per l’orgoglio, per dare un piccolo contentino ai tifosi che, almeno loro, si sentono defraudati delle ultime gioie sportive, derisi e umiliati per quanto accaduto dal 2006 ad oggi.

"Alla Juventus vincere non è importante. È l'unica cosa che conta" (Giampiero Boniperti).
Ma guarda come si sono ridotti i sostenitori bianconeri. Cresciuti a pane e vittorie, abituati a polemiche intorno alle loro partite (anche quando si perde), ad essere sempre al centro dell’attenzione (altrui) e a guardare tutti dall’alto verso il basso. Perché si sa: l’invidia è una delle poche malattie dalle quali non si può guarire. Meglio lasciarla agli altri. Ragionare come "loro", una volta, veniva considerato da "provincialotti del pallone", da ultimo della classe del "bar sport".
Quello che entra nel locale, parla sempre, ma nessuno gli presta attenzione.

E’ la nuova realtà, e - a quanto pare - tutti ne sono contenti. I contestatori? In pochi. Cinquanta al massimo. Quelli che secondo Jean Claude Blanc, il braccio armato del fallimento bianconero, non rappresentano certo i 14 milioni di sostenitori presenti nella penisola.
Con le uova di chi protesta, (loro) ci fanno le frittate; gli inviti ad andare a quel paese - invece - non li ascoltano neanche più: ormai fanno parte delle colonne sonore delle domeniche all’Olimpico quanto l’inno di Paolo Belli prima degli incontri.
Frasi prendere in giro dal mondo intero, ormai, è diventato un esercizio quotidiano per chi ama la Juventus.
Ma così no, dài…
E sino a quando si continuerà a sbagliare il vero "soggetto" con cui prendersela (la proprietà), la cronaca continuerà ad essere questa.

"Se succederà contro di noi andrò dall'arbitro per chiedere di fermare la gara. Comunque Balotelli è tranquillo, sa che contro la stupidità non c'è difesa, lui non può farci nulla. E tutta questa situazione è frutto della stupidità di poche persone che hanno rovinato la sua immagine" (Javier Zanetti, 27 novembre 2009).
Ma Sissoko è bianco o è nero? E’ "bianconero", indossa la maglia con quei colori, e ad oggi tutto quello che gli piove contro è permesso. Come i cori razzisti al momento della sua uscita dal campo in occasione dell’espulsione subita nell’anticipo "dell’anticipo" di venerdì sera.
"È stata una cosa molto stupida, ma non razzista. Ci sono altre cose di cui vergognarsi" (Massimo Moratti, 2 aprile 2006).
Nel salotto del Meazza il difensore messinese Zoro, all’epoca dei fatti, venne insultato ripetutamente dai sostenitori dell’Inter, a completamento dell’opera iniziata nella gara di andata di quel campionato, dove il giocatore fu oggetto di talmente tanti cori razzisti da convincerlo, ormai esausto, a minacciare l’abbandono del campo. Il successivo commento di Moratti a quanto accadde? "Ragazzotti troppo entusiasti, forse anche un po’ stupidi, ma razzisti no".
Ci si decida: un giocatore è di colore solo quando indossa la maglia nerazzurra? I tifosi cattivi sono sempre e solo "gli altri"? Nel frattempo i sostenitori bianconeri possono stare tranquilli: Blanc "vigila". Su tutto.

Sta attento anche a quanto accade al processo di Napoli, dove è imputato Luciano Moggi. Che si difende dalle accuse personali ricevute nello svolgimento della propria attività, in una società che oggi è incapace di vincere "dentro" e "fuori" dal campo. E che lo ha abbandonato da un momento all’altro, sulla traccia del nuovo "stile-Elkann" (si vedano gli esempi di Ranieri, Ferrara, …). Dopo le intercettazioni "normali", ora si passerà (anche) al vaglio delle schede svizzere e delle telefonate "di rimbalzo", così definite dalla "Gazzetta dello Sport" nel tentativo di lanciare l’ennesimo assist all’accusa. Le danze continueranno, mentre di materiale "nuovo" su cui discutere, a questo punto, ne rimarrebbe poco. Tranne quello che i legali dell’ex-Direttore Generale stanno tirando fuori poco alla volta da quel cilindro pieno di conversazioni che, a quanto pare, tanto "irrilevanti" non lo erano.

Allora appuntamento a martedì prossimo, e all’ennesimo ripensamento di Gianfelice Facchetti, figlio dell’ex-presidente dell’Inter, che un giorno vorrebbe venisse restituito il titolo regalato da Guido Rossi ai nerazzurri nel 2006, e il giorno successivo ci ripensa. Come se il destino di quel tricolore dipendesse dalla sua volontà o da quella del patron nerazzurro Moratti. Porti pazienza, e rimetta lo smoking bianco dell’onestà nell’armadio. Chiudendolo a doppia mandata.
Almeno quella farsa è finita.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

giovedì 15 aprile 2010

E chissenefrega di quei 200 milioni di euro...


"Juve 200 milioni per lo scudetto". Questo il titolo a nove colonne del quotidiano "La Gazzetta dello Sport" per la giornata odierna.
"Se la madre di tutte le intercettazioni è sterile" è l’editoriale comparso ieri, ad opera del (suo) direttore responsabile, Andrea Monti.
Come "aprire" il giorno dopo una pagina nuova, dopo averne "chiusa" una in quello precedente.
Basta con Calciopoli e le sue nuove scomode verità; basta con Luciano Moggi, con il processo penale che si tiene a Napoli e con le intercettazioni irrilevanti diventate "rilevanti"; basta con la "vecchia" Juventus. Quella che vinceva. Tanto. Troppo.
Spazio e visibilità alla "nuova": quella che con 200 milioni di euro spendibili in tre anni (grazie ad un altro "progetto") potrebbe consegnare a Benitez (diventato la prima scelta come allenatore del futuro) una rosa in grado di permettere alla Vecchia Signora di tornare a primeggiare in Italia. Ai primi cinque anni necessari (e non ancora del tutto trascorsi) per riavere una Juventus vincente, i tifosi dovrebbero aggiungerne (almeno) due. Ai milioni di euro già spesi ("sprecati", "bruciati", si scelga - a seconda delle preferenze - la definizione più adatta) se ne sommerebbero altri. In mano a chi? Per ora, alle stesse persone che li hanno gestiti dal 2006 ad oggi.

I sostenitori bianconeri devono imparare a guardare avanti, a purificarsi l’anima, a lasciar perdere un passato scomodo, fatto di trucchi (e telefonate) per vincere, di Cupole e combriccole. Bisogna trascurare i "non so, non ricordo" del tenente colonnello Auricchio, i suoi tentennamenti, il suo computer che non funziona più nel momento meno opportuno (magari durante un interrogatorio…). Non fosse altro che le indagini che avevano portato alla condanna sportiva della Juventus le aveva condotte lui.

Meglio seguire i dettami della "Gazzetta dello Sport", non tirando in ballo le altre squadre scampate al processo di quattro anni fa, ed evitando di fare il nome di Giacinto Facchetti. Anche se compare in moltissime intercettazioni ricavate dal consulente speciale di Luciano Moggi, Nicola Penta. Quello che oggi viene descritto, dallo stesso giornale, come uno dei capi della curva dello stadio Manuzzi di Cesena (in gioventù), "body guard" prima e "personal manager" poi del cantante Eros Ramazzotti. Quello che "avrebbe" minacciato e tentato di aggredire, in compagnia di Sebastiano Rossi (ex portiere del Milan), un conoscente, reo di averli presi in giro ad una festa. Denunciato, ha presentato una controquerela. Una vicenda torbida, lasciata a pagina 16 giusto per avvolgere con una cortina di fumo la figura di chi non ha capito con certezza chi pronunciò il nome "Collina" nel corso di una telefonata tra lo stesso Facchetti e Bergamo.

Ma è difficile prendere per "oro colato" tutto quello che viene scritto dal quotidiano rosa in questi giorni. Pur impegnandosi a fondo, è complicato non notare come sono stati un po’ troppo trascurati alcuni aspetti importanti che sono emersi lo scorso martedì dal processo di Napoli. Perché il problema non è "chi pronuncia chi": il fatto è che ci sono dimostrazioni che in molti si interessavano di griglie e grigliate; che non si può non sorridere ad ascoltare le parole di Auricchio quando si giustifica sulle telefonate non considerate rilevanti; che non si può non pensar male quando ci si accorge che chi era stato accusato di trovarsi a capo di una Cupola, non era neanche in grado di inserire un arbitro considerato “"amico" (su tre) nella griglia del sorteggio arbitrale per un Milan-Juventus decisivo per l’assegnazione dello scudetto. E via dicendo…

Certi treni nella vita passano una volta soltanto. Quello dell’ondata di giustizialismo che ha originato il terremoto calcistico del 2006 è passato. Chi doveva essere colpito, è stato affondato. Ma ricreare la stessa situazione quattro anni dopo, con l’entrata in scena di protagonisti diversi e in un ambito "esterno", come quello del tribunale di Napoli, è difficile. Se non impossibile. Non c’è la fretta del passato, ma c’è la calma di un processo che ha le sue scadenze, le sue udienze, i suoi tempi. E le sue regole.

E allora, con tutto il cuore: chissenefrega di quei 200 milioni di euro.
Ora che la "vera verità" sta venendo a galla, impazienti i tifosi juventini aspettano le udienze come fossero partite decisive per l’assegnazione di un titolo. Oppure, viste al contrario, per la revoca di qualcun altro. Nel momento in cui la giustizia sportiva dovrà decidere - anche lei al netto di ondate giustizialiste - nuove sanzioni per chi era scampato alla prima tornata. Senza che venga a mancare la stessa autorevolezza e durezza del passato.

Domani, di partite, ce ne sarà una vera: Inter-Juventus. I nerazzurri diventati secondi dopo il sorpasso della Roma di Claudio Ranieri contro la Juventus del "rombo" che non funziona, che non ha mai funzionato e che non funzionerà di nuovo. Visto che ci si trova a 5 giornate dalla fine del campionato e che per i miracoli, ormai, il tempo è quasi scaduto. A loro si chiede soltanto una prestazione di orgoglio. Quello che ha sempre contraddistinto chi indossa la maglia bianconera. Nell’attesa degli eventi futuri. Sportivi e non. In un calcio malato, polemico e isterico che rimpiange persone care che non ci sono più (ciao Raimondo) e che è arrivato a far sostenere ad un galantuomo come Massimo Moratti che il livello di intossicazione attuale, proveniente da certe critiche della stampa, è "un milione di volte" maggiore di quello presente negli anni sessanta. Quando alla guida della società nerazzurra c’era il padre Angelo.

No, Moratti, non è intossicazione: la sua è paura. Alla prossima udienza.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

Ciao Raimondo.
Semplicemente "ciao". Ci mancherai.



"MI RACCOMANDO: NON AIUTATE LA JUVE!!!"


Ecco la vera Cupola...




Calciopoli?
No...

FARSOPOLI!!!

Ps: nel mio cuore (sportivo) c'è posto solo per un uomo...

Ari-Ps: vai Luciano!!! Siamo tutti con te!!!

Video (e audio) originale (più "chiaro", per chi non vuol sentire)

Come dessert... Oliviero Beha...

martedì 13 aprile 2010

Moratti ha un regalino per te...



Novità della serata (fonte: Corriere dello Sport):
MILANO, 13 aprile - Un «regalino» da parte del presidente dell'Inter, Massimo Moratti, per l'ex designatore arbitrale Paolo Bergamo, probabilmente in virtù del periodo natalizio. È la prima di altre tre telefonate trascritte dai difensori di Luciano Moggi di cui è stata chiesta proprio oggi l'acquisizione da parte del Tribunale di Napoli dove si sta celebrando l'udienza del processo a Calciopoli. L'intercettazione è del 23 dicembre 2004 e Bergamo chiama l'ex dirigente nerazzurro Giacinto Facchetti.

Facchetti: "Se tu chiami Moratti...son stato là anche ieri da lui ...abbiamo parlato".
Bergamo: "Io non ho più il suo numero, se tu me lo dai... infatti ricordi...ne avevamo parlato".
Facchetti: "Sì dai perchè voleva...se passi di qui un giorno...".
Bergamo: "Ma dov'è è a Forte?"
Facchetti: "In ufficio, no no a Milano se ti capita di venire giù perchè aveva là un regalino da darti".
Bergamo: "Volevo sentirlo anche così anzi avevo piacere anche di incontrarlo, di incontrarvi, insomma per fare così qualche riflessione insieme".
Facchetti: "E va bene".
Bergamo: "È una situazione che vorrei proprio anch'io aiutarvi a raddrizzare...perchè insomma la squadra non merita la posizione che ha...".
Facchetti: "Sono stati dodici pareggi incredibili...".

Torniamo alla cronaca di oggi.
L'avvocato Paolo Trofino, che aveva citato la telefonata in aula, dice: "Mi è dispiaciuto che il figlio di Facchetti abbia pensato che avessi intenzione di offendere la memoria del padre, che è cosa lontana mille miglia dalle mie intenzioni, come ho dimostrato sin dall'inizio. Per quanto riguarda la telefonata, Moggi è stato accusato per quattro anni di parlare delle griglie con Bergamo. Ho voluto dimostrare che anche il presidente dell'Inter lo faceva. Se dalla trascrizione futura, disposta dal Tribunale, si vedrà che quella frase è pronunciata da un altro interlocutore, per noi si tratterà di un particolare ininfluente"

Attaccarsi a questo dubbio, da parte dell'accusa (e degli accusatori), servirà soltanto agli avvocati difensori di Moggi ad attirare ancora di più l’attenzione dei media sul processo di Napoli. Quello ignorato (volutamente) sino ad oggi, e che avrà il suo nuovo “culmine” nella giornata di martedì prossimo. Quando le udienze riprenderanno.
Non guardiamoci i piedi: il bello deve ancora arrivare.
E lasciamo che chi ha creato (e continuato a gestire, nel corso degli anni) questa campagna di disinformazione, madre di Calciopoli, si sfoghi ben bene. Perchè poi dovranno rispondere anche loro di alcune inesattezze…
Intanto rinfreschiamoci la memoria con un'intercettazione dove si parla (anche) di tessere...

Dal blog di Christian Rocca
Calciopoli oggi
13 Aprile 2010 - Blog Oggi al processo napoletano sono successe, tra le altre, quattro cose:

1) ll giudice Teresa Casoria ha detto al pm Narducci: «Le telefonate mi sembrano rilevanti»

2) Pare ci fossero contatti tra i designatori e quasi tutta la serie A (alla prossima udienza le telefonate). A dimostrazione della bufala dell’associazione a delinquere moggiana

3) Il tenente colonnello Auricchio, l’uomo che ha condotto le indagini di calciopoli, svela che Facchetti e Bergamo andavano anche a cena insieme e certo non per il piacere di prendersi un te.

4) E’ stata letta un’intercettazione tra Facchetti, quello "dolce e severo" che secondo Moratti non sapeva nemmeno che cosa fossero i gettoni telefonici, e Bergamo. In questa intercettazione i due parlano di griglie (accusa massima fatta a Moggi) e Facchetti chiede di mettere in griglia Collina ("Metti a Collina", da farci un rap come "Metti a Cassano".
Questa sola telefonata, ma ce ne sono altre, è violazione dell’articolo 1 del codice sportivo, per cui è stata condannata la Juventus. Io continuo a pensare che queste telefonate, quelle di Moggi e di Facchetti e di Moratti, fossero violazioni dell’articolo 1, l’articolo sulla lealtà sportiva, non illeciti sportivi (qualche dubbio, invece, su una particolare telefonata di Facchetti e su quasi tutte quelle del milanista Meani).
Ma la Juve è stata retrocessa, perché sono state considerate illeciti sportivi, con un’interpretazione giurisprudenziale alquanto fantasiosa. Ora delle due l’una: o restituite alla Juventus scudetti, onore e gli chiedete anche scusa, ringraziando che gli addormentati di Torino non facciano richiesta danni oppure mandate in B anche gli indossatori di scudetti altrui dopo avergli tolto lo scudetto falso (vinto in segreteria, come dice Mourinho) e quei tre o quattro vinti nei campionati aziendali falsificati dall’eliminazione dei concorrenti.




Ps: non erano "irrilevanti" le intercettazioni, cara "Gazzetta dello sport"

lunedì 12 aprile 2010

Il giorno della verità

Finalmente ci siamo. Per l’occasione ho deciso di inserire un articolo stupendo scritto da Emilio Cambiaghi, che già da qualche giorno sta girando in rete.
Domani parteciperò attivamente anche allo spazio commenti, non limitandomi a rispondere a chi scriverà prima del sottoscritto. Nella speranza che da Napoli giungano le notizie che tutti attendiamo.


Ora basta. Chi scrive ha sempre cercato di argomentare ogni più piccola questione, ogni minima sfaccettatura riguardo a quanto accaduto dal 2006 ad oggi. Ma adesso è arrivata l’ora di posare i calamai e di dare battaglia. Una battaglia di consapevolezza, cui faccia seguito una ferrea presa di posizione. Le nuove intercettazioni che stanno nuovamente scuotendo il mondo del calcio hanno aperto una voragine nelle coscienze di coloro che hanno voluto far passare una vergognosa menzogna per indiscutibile verità. Le penne reazionarie si sono già mosse per dare una nuova inquadratura alla situazione e stanno cercando di far passare l'idea della revoca dello scudetto all'Inter come eventualità sufficiente per rimettere tutto a posto. Continuano a dire che esisteva un Sistema Moggi, che “quello che ha fatto la Juve è sotto gli occhi di tutti”, che “ci sono stati fatti gravissimi che hanno portato ad una giusta condanna”. No, le cose non stanno così e non accettiamo nemmeno la logica del tutti innocenti o tutti colpevoli.
I colpevoli ci sono, ma sono altri.

Non esiste nessuna intercettazione di Luciano Moggi con un arbitro, non esiste nessuna richiesta di favori da parte di questi a chicchessia, non esiste – e fatevene una ragione – nulla di nulla. Luciano Moggi è stato intercettato, pedinato, umiliato e fatto a pezzi in ogni modo possibile e la prova massima della sua colpevolezza è risultata essere una discussione sulle griglie con il designatore Bergamo. Consuetudine che, apprendiamo ora, era ben gradita a tutti e praticata da certuni con una malizia sconosciuta persino a chi è stato per anni additato come causa suprema di ogni male del pallone.
E non vi era neanche un sistema diffuso, il cosiddetto illecito strutturato. No signori, anche questa è una favola, un raccontino della buonanotte. E a svegliare i sognatori non siamo stati noi, partigiani dell’opinione, ma i testimoni del processo penale che si sta svolgendo a Napoli.
Come può essere credibile un’indagine indirizzata a senso unico, condotta con fretta e superficialità, incentrata sui riassunti della Gazzetta dello Sport, con inquirenti che non si sono neppure degnati di guardare le partite, di verificare se le loro accuse potevano essere dimostrate, che non hanno voluto investigare (“L’Inter non ci interessa” cfr. deposizione di Rosario Coppola), che hanno sbandierato ai quattro venti che “piaccia o non piaccia” non esistevano altre telefonate all’infuori di quelle dei dirigenti già sotto accusa?
Niente di tutto questo può essere credibile.

E smettiamola con le solite accuse, più volte smentite, persino dalle stesse sentenze sportive.
Le ammonizioni pilotate non esistono, è una fantasia costruita nella testa di Leonardo Meani nei suoi colloqui telefonici con i guardalinee Copelli e Puglisi, e immediatamente presa per buona: nell’anno oggetto di indagine la Juventus ne ha totalizzate 17, a livello delle altre grandi (le stesse dell’Inter), e ben sotto il primo posto dell’Atalanta. Dieci di queste sono, per giunta, arrivate da arbitri considerati estranei alla cosiddetta Cupola. In un’intercettazione il giornalista Tony Damascelli informa Luciano Moggi delle sanzioni comminate a Nastase, Petruzzi e Gamberini (quest’ultimo nemmeno in diffida) in Fiorentina-Bologna, ma Moggi, stupito, dimostra di non conoscere nemmeno chi fossero i diffidati della gara in questione. Mai, da nessuna parte, si sente o si legge Luciano Moggi chiedere esplicitamente di comminare sanzioni fraudolente. Ed è una leggenda anche la telefonata, imputata a Giraudo, nella quale si ascolta “Se l’arbitro è sveglio ci dimezza l’Udinese”. La conversazione infatti è successiva di un’ora all’incontro Udinese-Brescia dove fu, in maniera assolutamente corretta, espulso il friulano Jankulovski.
E chiariamolo una volta per tutte, i sorteggi erano regolari. Ogni sorteggio si svolgeva in presenza di un notaio e l’estrazione della pallina con il nome dell’arbitro era affidata ad un giornalista ogni volta diverso, che estraeva dopo che Pairetto aveva aperto la pallina contenente la partita da assegnare.
Questa circostanza è stata più volte spiegata, persino dall’Unione Stampa Sportiva (comunicato del 15 maggio 2006) e dalle sentenze sportive, che non prendono in considerazione questo ridicolo capo d’accusa per motivare la condanna. Persino Mazzei, in una delle nuove telefonate, cerca di convincere Facchetti che non c’è nulla da fare, anche se si vuole - come l’ex presidente interista desidererebbe - manipolarlo.
Moggi conosceva prima i nomi degli arbitri e dei guardalinee? Bugia. Bugia enorme. Veniva avvisato solo dopo l’avvenuta designazione, anche se in anticipo rispetto alle comunicazioni ufficiali agli organi di stampa. Ma c’era chi veniva a conoscenza delle stesse ben prima del DG juventino. Leonardo Meani, ad esempio, come dimostrano gli sms portati dalla difesa al processo di Napoli. E lo stesso Facchetti, che veniva informato, addirittura un giorno prima, su chi fossero i guardalinee di Inter-Juventus. Non di una partita qualsiasi…
E finiamola con la storia di Paparesta chiuso nello spogliatoio. La vicenda è stata innumerevoli volte chiarita dall’arbitro stesso e archiviata dalla Procura di Reggio Calabria.
Moggi poteva decidere le sorti degli arbitri? Altra gigantesca menzogna.
Moggi minaccia di far sospendere Paparesta che, invece, arbitra regolarmente già dalla giornata successiva. Anzi, è vero il contrario. Questo dichiara Pairetto di fronte al giudice Casoria: “Chi ha danneggiato la Juve e' tornato subito ad arbitrare, chi l'ha favorita viene sospeso per due mesi e mezzo”. Come nel caso di Racalbuto, dopo Roma-Juventus.
Moggi controllava De Santis?
Ridicolo. Nell’anno indagato è l’arbitro con cui la Juve ha ottenuto la media punti più bassa (1,4). Così il compianto Giorgio Tosatti in una telefonata Moggi del 20 aprile 2005: “Ormai gli arbitri ti pisciano addosso a te. Ieri l’ho detto, ho detto ieri in Federazione: avete fatto apposta a mandare De Santis perché vada in culo alla Juve”. E Moggi risponde: “Con quest’anno, tra Palermo, Parma e questa qui, ci costa tranquillamente sei punti. Ci ha creato mille problemi in questo campionato. Se noi perdiamo il campionato uno degli artefici è lui perché c’ha dato troppo contro”. Recentemente è stato poi dimostrato con chi in realtà intrattenesse rapporti amichevoli l’arbitro romano, con Giacinto Facchetti.
E prima che qualcuno obietti, parliamo subito delle schede, delle famosissime schede svizzere.
Lo sanno i signori che commentano il pallone che, in un processo penale, la prova si costituisce in dibattimento?
Questa, quindi, è una prova ancora tutta da dimostrare. Nella realtà, fino ad ora, sono emersi solo elementi ampiamente favorevoli alla difesa. La scheda a Paparesta è un falso, era di suo padre. Quelle di Cassarà e Gabriele (che mai avevano arbitrato la Juventus nelle stagioni 2004/05 e 2005/06), false pure quelle: assolti dalla giustizia ordinaria il 18 gennaio 2010. Gli schemini con le ricostruzioni delle chiamate effettuate sono stati definiti dal Maresciallo Di Laroni, che svolse queste indagini, “presumibili”, senza contare innumerevoli errori nell’assegnazione delle celle, con arbitri da tutt’altra parte al momento delle chiamate loro imputate.
A farsi benedire anche la scheda ritenuta essere in possesso di De Santis, come lo stesso arbitro dimostrerà al processo: “Mi viene attribuita una scheda svizzera tra il 7 gennaio e il 28 marzo ma essendo io uno degli organizzatori della cupola, mi sembra strano che potessi averla solo in quel periodo. Io non l’ho mai posseduta né usata, in quel periodo stavo facendo un corso come vicecommissario di polizia penitenziaria, lo frequentavo tutti i giorni e ho portato le prove. In molti degli orari in cui mi viene attribuito l'uso della scheda svizzera ero a scuola a frequentare il corso”.
E che dire del fatto che la Juventus, con i cosiddetti arbitri “svizzeri” avesse una media punti inferiore a quella di Milan (2,08 a fronte di una media campionato di 2,07) e di Inter (1,9 su media totale di 1,89). La Juventus infatti totalizzò una media di 1,88 punti, a fronte di una media complessiva ben superiore: 2,26!!!

Allora dove sarebbe questa famigerata Cupola? Da quali elementi si può desumere che Luciano Moggi e Antonio Giraudo - lasciati soli a se stessi, senza nessuna stampa e televisione amica e senza il supporto della proprietà - controllassero le sorti del campionato italiano? Una tale ricostruzione della realtà può esistere solo nelle menti di chi voleva colpire un unico bersaglio e nelle parole di chi questa teoria ha sostenuto ed alimentato.
Perché, ad esempio, non è mai stata posta attenzione sui comportamenti delle squadre milanesi? Infatti non sono in nessun modo paragonabili i comportamenti dei dirigenti di Inter e Milan con quelli addebitati a Luciano Moggi. Certo, ma in peggio. Proviamo a fare chiarezza.

Non esistono intercettazioni tra Luciano Moggi e gli arbitri. Ci sono invece fatti incontestabili riguardo i rapporti intrattenuti da alcuni di questi con le squadre meneghine. Sono stati dimostrati gli stretti rapporti tra Giacinto Facchetti e l’arbitro Nucini, fischietto all’epoca in attività e oggi misteriosamente scomparso dai salotti televisivi che era solito frequentare. Sono stati dimostrati i rapporti dell’ex presidente nerazzurro con Massimo De Santis, proprio lui, l’arbitro sbeffeggiato e calunniato da tutti come asservito al potere moggiano. Con il fischietto di Tivoli Facchetti parla di Walter Gagg, il funzionario FIFA, già accusato di aver svolto compiti “in nome e in funzione dell’Inter”.
Laddove Luciano Moggi confrontava griglie arbitrali, Giacinto Facchetti cerca direttamente di bypassarle, alterando il sorteggio prima di Inter-Juventus del 28 novembre 2004:

Facchetti: «No, lì non devono fare i sorteggi, ci devono...».
Mazzei: «Come si fa, Giacinto, purtroppo ci vuole fortuna».
Facchetti: «Ma dai...».
Mazzei: «Ti dico la verità, qui un sorteggio lo fa un giornalista, devono studiare una griglia e le possibilità sono più alte»

Questo Luciano Moggi non l’ha MAI fatto.
Luciano Moggi non conosceva le designazioni un giorno prima delle partite, Moggi non falsificava passaporti (cfr. Oriali condannato dalla giustizia ordinaria) con il fine di rendere disponibile un calciatore che, altrimenti, non avrebbe potuto essere schierato. Così si falsano realmente i campionati.
Moggi non incontrava gli arbitri prima delle partite (cfr. Moratti che va a salutare Bertini prima di Inter-Sampdoria) e nemmeno durante l’intervallo (cfr. squalifica di Facchetti dopo Chievo-Inter del 2002/03).
Mai, nessun dirigente della Juventus F.C. si è permesso di far pedinare e intercettare illegalmente un suo calciatore e, men che meno, dirigenti di altre squadre, arbitri o esponenti della Federcalcio. Mai la Juventus, con un'azienda nell’orbita della sua proprietà, ha sponsorizzato il campionato italiano e la Coppa Italia (cfr. sponsor TIM su entrambe le competizioni).
Questa è la realtà dei fatti.

E il Milan? Sono loro che parlano con quasi tutti gli arbitri e i guardalinee! Sono loro che hanno il potere. Un proprietario Presidente del Consiglio e un Presidente che, all’epoca dei fatti, era a capo della Lega Calcio e gran cerimoniere dei diritti televisivi. Tre televisioni nazionali al servizio della loro verità, tre televisioni con le quali dire, non dire, omettere, stravolgere. Giornali, radio, siti internet e una valanga di opinionisti al servizio della loro versione dei fatti.
Ma tanto era la Juve che tramava a palazzo. Allora mi spieghino queste intercettazioni (già comprese nelle informative, ma mai considerate…):

Mazzini a Moggi, riguardo le prossime elezioni in Lega: “Con Cellino, mi dice Galliani, non ci sono problemi perché lo fa votare Berlusconi”.

Ghirelli a Mazzini, sempre a proposito di elezioni: “Galliani deve muoversi tramite Berlusconi” per “influenzare AN e compagnia”.

Mazzini a Moggi: “Comunque stamani io ho chiamato Galliani, gli ho detto: senti, stammi bene a sentire, dico, guarda, muovi anche i tuoi padrini politici, perché, che Zamparini è di AN e che voti per Abete è veramente una cosa che non… non esiste al mondo”.

Bergamo a Mazzini: “Gigi (Pairetto, ndr) risponde alla Sampdoria, al Milan, all’Inter, al Verona, al Vicenza, al Palermo, a tutti quelli dove ci sono grandi magazzini e lui ha bisogno di lavorare”.

Come mai avrebbero potuto due solitari dirigenti avversari mettere nel sacco un impero tanto grande? Infatti non poterono, perché tutto esiste solo nella mente di un personaggio con la strana e peculiare carica di “addetto agli arbitri”. Quel Leonardo Meani, credibile quando dice di difendersi dalla Juve, semplice co.co.co da rinnegare quando intrattiene rapporti di ogni tipo con la quasi totalità della classe arbitrale.

Non ci credete? Cominciamo da Collina, per il quale venivano organizzati incontri per conto di Galliani, nel ristorante di proprietà di Meani. Per di più nel giorno di chiusura, “così non ci vede nessuno”. Meani che gli augura di essere presto designatore, così “non ti chiamo più”, che gli rammenta quando lo aiutava nelle scelte “mi ricordo di quando avevamo posto il veto a Pisacreta” e che chiamava “il capo, il grande capo” per relazionare di questa sua bellissima amicizia con l’arbitro viareggino.
No, queste cose Moggi non le faceva.

E che dire del guardalinee Puglisi, definito da Babini, altro guardalinee “Puglia, l’ultrà del Milan”. Prima del derby di Champions, Puglisi chiama l’amicone: “L’importante è che noi riusciamo a fargli il culo a ‘sti interisti”. Qualche giorno dopo Meani lo rincuora sul suo futuro: “Secondo te, perché so? Perché io sto spingendo da matti per te, no!”. Lo stesso Puglisi che chiede a Meani se farà Milan-Chievo e questi che gli risponde che era stato già scelto per Parma-Sampdoria, ma che farà cambiare designazione. Come in effetti accade. E si cautela pure, ridacchiando: “Tu comunque vedi di star zitto su questo cose che ti dico, eh?”. Per finire gli racconta come ha istruito Babini per Milan-Chievo: “Mercoledì da intelligente come vogliono quelli lì, nel dubbio da una parte vai su e dall’altra stai giù. Poi se le cose eclatanti che vedono tutti, nessuno dice niente eh!”.
E per lui spingeva anche con Galliani : “Puglisi però bisogna far tutto per metterlo in A e in B, eh?”. D’altra parte il Presidente aveva già capito tutto: “Ho saputo che lei ha già parlato con Puglisi”.

Ma avete mai sentito Moggi dire roba del genere?

Si era persino stupito l’arbitro Messina, che al telefono con il ristoratore lodigiano, chiede: “Oh, ma li hai designati te i guardalinee (Milan-Chievo, ndr) o loro?”

E Copelli? Prima di Milan-Sampdoria viene tranquillizzato: “Hai visto che sto rilanciando e son troppo… sto rilanciando anche Messina”. Copelli è colui che il 13 maggio 2006, davanti a Borrelli, dichiara: “Se un assistente avesse voluto arbitrare un incontro del Milan non si doveva rivolgere ai designatori, ma a Meani”. Già, infatti, tante volte Meani glielo aveva detto direttamente: “Stai tranquillo, adesso ci penso io. Parlo con Galliani, lui lo sa Galliani, gli dico: senta, questo qui è un nostro uomo gli dico io”.

E poi le confidenze a Contini, altro guardalinee: “Io e te siamo amici, qualcosina in più me la puoi dare oh… ma va bene… il giocatore tu lo richiami invece di ammonirlo, cioè sono queste cose qui, eh…”.

Babini addirittura si spaventa. Dopo aver saputo che Meani aveva scelto i guardalinee di Milan-Chievo, lo chiama per dirgli: “Bisognerebbe rifiutarla quella partita lì, con questa designazione confermano che è tutta una porcheria [...] Ti ho detto che facciamo ridere tutta Italia con questa designazione”.

Indimenticabile la promessa a Rodomonti: “T’ho fatto anche prendere sette e mezzo da Cecere […] Comunque, guarda che mi ha telefonato il mio presidente che ti dà l’indirizzo e ti manda a fare anche a te il trapianto dei capelli in Svizzera”.

E come dimenticarsi di Meani che chiede a Mazzei di mandare Ambrosino, che dice a Pasquale D’Addato (osservatore AIA di Bologna) di stare sereno per il suo avanzamento di carriera perché ne parlerà a Lanese: “Noi avremmo piacere che questo D’Addato possa fare il presidente regionale. Gli dico: il dottor Galliani vorrebbe fargli fare il presidente”.

Si potrebbe andare avanti per molte pagine, ma ci fermiamo qui, non senza ricordare l’ormai famoso avvertimento a Bergamo in vista della decisiva Milan-Juventus (partita prima della quale Meani regalò orologi alla terna arbitrale… “però a Trefoloni gli fai un bel discorsetto, perché sennò gli tagliamo la testa noi”) e gli amorosi sforzi di Galliani che si muove perché un dossier dell’arbitro Paparesta sulla sua attività lavorativa all’AssoBioDiesel arrivi nelle mani del sottosegretario Gianni Letta.

Allora smettiamola, una volta per tutte, di raccontarci favole. I poteri erano altri, ed erano molto forti. Ma è finalmente arrivato il momento di prenderne coscienza, tutti quanti. E’ inaccettabile che vogliano ancora ingannarci su quanto è successo. E’ inaccettabile che ci propongano soluzioni di comodo. Noi vogliamo giustizia, e che sia giustizia integrale. A partire dalla restituzione dei due scudetti ingiustamente sottratti, fino alla certezza di una dura pena a chi, veramente, operava con modalità assai poco cristalline. La nostra battaglia, ora, è questa.

domenica 11 aprile 2010

Un grande Chiellini nella giornata del "sorpasso"...

Il solito grandissimo Chiellini...



... nella giornata del sorpasso romanista sull'Inter...



IMPORTANTE!!!


L’Associazione Giùlemanidallajuve comunica di aver conferito mandato ad un pool di avvocati e commercialisti - di comprovata fede Juventina - al fine di realizzare un dossier inerente le errate scelte societarie dall’estate 2006 ad oggi.

Una errata gestione legale sui fatti di calciopoli, con conseguente danno economico patito dagli azionisti di minoranza - costretti in seguito sulla base di incerte informazioni societarie a sostenere un oneroso aumento di capitale - ed una incapacità gestionale che ha portato una squadra un tempo ai vertici mondiali a recitare la parte di comprimaria, sono la più chiara rappresentazione di un fallimento. Oggi il titolo Juventus ha un valore costantemente al disotto dello stesso aumento di capitale e la società Juventus capitalizza in borsa meno del suo fatturato annuo.
Il pool di esperti da oggi al lavoro ha ricevuto mandato di adire l’autorità giudiziaria competente, per avviare azione di responsabilità nei confronti degli attuali amministratori della Juventus Fc Spa, appena riterrà di aver compiutamente ottenuto tutto il materiale necessario a dimostrare il colpevole depauperamento societario ed azionario.
Azione di responsabilità

E, per finire... un'altra intercettazione...

La storia, a volte, può essere riscritta...

"Azzanniamoli". L’ordine di Claudio Ranieri alla sua Roma era partito già da ieri. Il pareggio di Firenze con i viola, prima tappa di un percorso che le porterà a rivedersi martedì per il ritorno delle semifinali di Coppa Italia, ha fermato l’Inter al palo (quello di Milito): pareggio e possibilità per i giallorossi di scavalcarli in campionato.
Se il Milan, al momento, non può essere considerato pericoloso più di un possibile "meno 1" (nel caso in cui vincesse nell’incontro casalingo con il Catania), per i nerazzurri il vero pericolo si chiama Roma.
Con il suo entusiasmo, con la forza di chi potrebbe scrivere una nuova clamorosa pagina nella storia dei campionati di serie A: quella di una rimonta considerata, sino ad oggi, solo un’eventualità remota.
Il calendario dà la possibilità ai giallorossi di giocare quattro delle ultime sei gare in casa (alla prossima ci sarà il derby con la Lazio); per i nerazzurri saranno tre, in un contesto di avversari abbordabili. L’unica "scheggia impazzita" potrebbe essere proprio la Juventus…

"Io sono molto esigente con me stesso e ho bisogno di vincere per avere sicurezza delle cose. Per questo ho vinto tanti trofei nella mia carriera. Lui ha, invece, la mentalità di uno che non ha bisogno di vincere e a quasi settanta anni ha vinto una Supercoppa e un'altra piccola Coppa. E' troppo vecchio per cambiare mentalità".
Questa era la risposta piccata (una delle prime, diventate poi numerose) che Mourinho recapitò all’allora tecnico bianconero Claudio Ranieri in merito ad una "punzecchiatura" nei suoi confronti nell’agosto del 2008.
Ora i toni sono bassi: l’Inter si trova a dover affrontare il momento più delicato da quando è iniziata la nuova era del calcio "pulito", del dopo-Calciopoli, del dopo-Moggi, del "bastava usare il cellulare per vincere", del "tanto se si è forti si può e si deve vincere anche senza trucchi".
Perchè la storia raccontata con gli occhi di chi non voleva che gli altri vedessero era questa.
Prima del processo di Napoli. E dell’uscita delle nuove (vecchie, ma mai usate) intercettazioni.
L’Inter ha raggiunto le semifinali di Champions League: ma ora c’è il Barcellona. La finale di Coppa Italia va ancora conquistata (e poi giocata, presumibilmente - ancora - contro la Roma). Il destino del campionato deve ancora essere deciso, quando invece pareva cosa fatta sino a poco tempo fa.
Allargando il concetto: anche la storia di qualche scudetto passato potrebbe essere riscritta…

La "vecchia" Juventus che torna in prima pagina: con Ranieri, appunto, allontanato con forza e considerato uno degli anelli deboli di una società che adesso non sembra più essere in grado di vincere (ma neanche di competere ad alti livelli); con Luciano Moggi, l’ultimo artefice (con Giraudo e Bettega) di una squadra che gli scudetti, a Torino, sapeva come farli arrivare. Prima che passassero di mano ad altri e diventassero asterischi.

La "nuova" Juventus giocherà oggi all’Olimpico, in un clima teso e con una contestazione già confezionata da giorni: "contro chi cerca di umiliare 113 anni di storia; contro una proprietà e una dirigenza incapace; contro alcuni calciatori indegni". Un suggerimento a chi potrà far sentire con forza la propria voce: ci si limiti alla proprietà. Il resto, verrà da sé.

Juventus-Cagliari è alle porte, nella speranza arrivi una vittoria: con il Napoli che si ferma (sconfitta interna con il Parma) e la possibilità che la Sampdoria nel derby genovese rallenti, il solo Palermo (in casa con il Chievo) sembra avere l’incontro più abbordabile. Ma se i bianconeri continueranno a non vincere, tutte queste rimarranno solo parole senza "sostanza". Restano sei partite, da qui alla fine del campionato, da giocare come fossero sei finali di Champions League. Come se si trattassero di sei "5 maggio". O di sei "13 aprile".
Recuperati quasi tutti gli infortunati (esclusi Diego, Caceres e Chimenti), con il solo Sissoko squalificato, la partita odierna distoglierà, per qualche momento, i tifosi bianconeri dall’attenzione per quanto sta accadendo al di fuori del rettangolo di gioco.
Che avrà una tappa importantissima (se non fondamentale) martedì prossimo. Prima che Inter e Juventus si incontrino nuovamente sul campo (venerdì), al netto dei tifosi della Vecchia Signora. L’Osservatorio del Viminale ha deciso così: a Milano non possono andare i sostenitori bianconeri. Pur mantenendo intatta la tradizione di autorizzare quelli nerazzurri a recarsi Torino quando gli incontri si disputano all’Olimpico…

Questa è la storia degli ultimi anni.
Ma la storia, a volte, può essere riscritta…


Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

venerdì 9 aprile 2010

Altro che pulizia...


Lo sguardo dell'Avvocato è tutto un programma...
Foto praticamente "perfetta"...

domenica 4 aprile 2010

Il "calore" di Galliani, Beha e quell'Inter-Sampdoria del 2005...

Oliviero Beha: un uomo, un mito

Ecco come Galliani faceva sentire il suo calore a Bergamo...
(Bergamo chiama Galliani e si lamenta della dirigenza della Juventus che scatena le polemiche dopo la squalifica per prova tv di Ibrahimovic avvenuta grazie alle immagini di Mediaset. La Juventus proporrà ricorso sostenendo che il guardalinee Griselli avesse visto l'episodio e quindi non potesse essere applicata la prova televisiva)

Direttamente dal sito de La Stampa

Il 27 ottobre 2008 il pm di Calciopoli, Giuseppe Narducci, dichiarava all'Ansa che «i cellulari erano intercettati 24 ore su 24, e le evidenze dei fatti dicono che non è vero che ogni dirigente telefonava a Bergamo, Pairetto, Mazzei o Lanese». Nell'ultima udienza del 30 marzo scorso, il tenente colonnello Auricchio, responsabile dell'indagini su cui si basa il processo, ribadiva che non gli risultavano telefonate da parte dei presidenti ai designatori. Al centro delle intercettazioni più scottanti, a favore della difesa, ci sarebbero diverse telefonate tra i massimi dirigenti di club e i designatori. Domenica 9 gennaio 2005 l'Inter gioca a San Siro contro la Sampdoria. L'Inter vincerà 3 a 2 con un finale rocambolesco. Alle 12 53'33'' di quel giorno, prima della gara, Giacinto Facchetti, scomparso nel 2006 ed allora presidente dell'Inter, telefona al designatore arbitrale Bergamo.
Facchetti: «Pronto Paolo sono Facchetti». Bergamo: «Buongiorno Giacinto». Facchetti: «Sto andando allo stadio l'ho detto con i miei di avere con Bertini un certo tatto, una certa disponibilità. L'ho detto con i giocatori, con Mancini e gli altri». Bergamo: «Vedrai che sarà una bella partita». Facchetti: «Va bene». Bergamo: «Viene predisposto (Bertini ndr) a fare una bella partita». Facchetti: «Si si, va bene». Bergamo: «È una sfida che vedrai la vinciamo insieme». Facchetti: «Volevo solo dirti che l'ho fatto» (riferendosi al fatto che ha parlato alla squadra per non tenere un atteggiamento sbagliato nei confronti di Bertini ndr). Bergamo: «Vedrai che le cose andranno per il verso giusto poi la squadra sta ricominciando ad avere fiducia, a fare i risultati, fa morale…».

sabato 3 aprile 2010

Lo aveva detto anche Enzo Biagi...



La gara di andata contro l’Udinese era stata illusoria: con una vittoria per 1-0 all’Olimpico di Torino (goal di Grosso), la Juventus si portò (temporaneamente) a meno cinque dall’Inter prima in classifica. Nelle due domeniche successive la distanza dai nerazzurri aumentò e diminuì di tre punti: prima la sconfitta per 0-2 patita a Cagliari dai bianconeri, che sommata alla vittoria dell’Inter sulla Fiorentina portò il distacco a "meno otto"; poi, lo scontro diretto vinto (in casa) per 2-1, con la splendida rete decisiva messa a segno da Marchisio.
In prossimità di una delle ultime partite di questa stagione, a poche ore dal match di ritorno a Udine, la Juventus si trova a rincorrere il quarto posto. Visti gli obiettivi iniziali: un fallimento. In un’annata che definire disgraziata è dire poco. Per quanto è accaduto sul rettangolo di gioco. Perchè per il resto…

"Una sentenza pazzesca, e non perché il calcio sia un ambiente pulito. Una sentenza pazzesca perché costruita sul nulla, su intercettazioni difficilmente interpretabili e non proponibili in un procedimento degno di tal nome. Una sentenza pazzesca perché punisce chi era colpevole solo di vivere in un certo ambiente, il tutto condito da un processo che era una riedizione della Santa Inquisizione in chiave moderna. E mi chiedo: cui prodest? A chi giova il tutto? Perché tutto è uscito fuori in un determinato momento? Proprio quando, tra Laziogate di Storace, la lista nera di Telecom, poi Calciopoli, poi l’ex Re d’Italia ed ora, ultimo ma non ultimo, la compagnia telefonica Vodafone che ha denunciato Telecom per aver messo sotto controllo i suoi clienti. Vuoi vedere che per coprire uno scandalo di dimensioni ciclopiche hanno individuato in Luciano Moggi il cattivo da dare in pasto al popolino?".
Così parlò Enzo Biagi, in un’intervista comparsa su "Il Tirreno" del 16 agosto 2006.
Questa era la visione di Calciopoli di uno tra i più grandi giornalisti della storia del nostro paese.

"Tanto tuonò che piovve". Si sapeva. O meglio, lo sapevano: i tifosi juventini, quelli che non hanno mai abbassato lo sguardo di fronte agli avversari, perso l’orgoglio, rinnegato ciò che era stato meritatamente vinto sul campo sino a quel famoso maggio del 2006. "Calciopoli" prima, nel tentativo di farla passare come "Moggiopoli" poi. Ma era, ed è sempre stata, "Farsopoli". Tutto ciò che era stato creato ad arte per originare un’ondata mediatica che si infrangesse sugli scogli di un’armata apparentemente imbattibile, sta per essere prosciugato dalle udienze del processo di Napoli. Non erano bastate le incertezze di Martino Manfredi, le ammissioni del guardalinee Coppola, i "non lo so, non so dare spiegazioni" del tenente colonnello Attilio Auricchio, … Ci volevano le intercettazioni. "Chi di intercettazioni ferisce, di intercettazioni potrebbe perire". L’ultimo "goal" bianconero di Christian Vieri (la richiesta di revoca dello scudetto assegnato ai nerazzurri) e le ultime interviste di Del Piero e Zaccheroni come apripista nel muro del silenzio della maggior parte dei media italiani. Di seguito, gli avvocati di Moggi (Prioreschi e Trofino), che hanno potuto avvalersi del fondamentale lavoro dei consulenti informatici Roberto Porta e Nicola Penta, colori i quali hanno - materialmente - portato alla luce ciò che era rimasto sommerso nella confusione di quattro anni fa. Adesso tocca a loro.

"Agli azionisti ho detto che l'obiettivo primario è quello di conquistare la terza stella. Voi sapete che su tutti i nostri documenti ufficiali ci sono 29 scudetti, con due asterischi per quelli che ci hanno tolto. Ma per noi e per i nostri tifosi la terza stella arriverà con il prossimo scudetto. E comunque ora pensiamo a vincerlo, il prossimo scudetto" (Jean Claude Blanc, 27 ottobre 2009)
"Noi sappiamo quanti ne abbiamo vinti…" (John Elkann, luglio 2009, in riferimento al numero di scudetti vinti dalla Juventus).
Né ventisette, né ventisettepiùdueasterischi: ventinove. Punto.
Le promesse generano (o hanno generato) illusioni; le azioni concrete danno alla luce solo fatti. O di qua, o di là: non si scappa. Alla luce delle nuove intercettazioni (o vecchie, è che prima non erano uscite fuori…) ora la proprietà bianconera ha la possibilità di muoversi per chiedere la riapertura del processo sportivo per ottenere la restituzione dei due scudetti tolti. Quando avranno inizio le danze?

"L’Inter è considerata nel mondo la squadra più prestigiosa di Milano, non solo per quello che ha vinto, ma anche perché non ha mai avuto problemi con la giustizia. Le persone che hanno lavorato con me non hanno mai tentato di fare i furbi o di conquistare gli arbitri e la vergogna di doversi difendere da situazioni deprecabili è una cosa antipatica per la storia di una società. Mi auguro che all’Inter non succederà mai, come mai è successo finora. D’altronde a noi non è mai capitato di andare in serie B". (Massimo Moratti, 7 marzo 2008)
La pazienza è la virtù dei forti. Per difendersi dalle accuse Antonio Giraudo ha scelto una strada (quello del processo con rito abbreviato); Luciano Moggi, un’altra (iter ordinario). Da tempo si sosteneva come la decisione presa dall’ex-Direttore Generale bianconero fosse stata quella migliore: smontare pezzo per pezzo, con calma certosina, tutte quello che gli era stato imputato. Per far venire a galla la verità.

La storia della Juventus è ancora ferma al 2006. Da lì potrebbe ripartire. Attraverso un salto di quattro anni, diverse sconfitte, molte recriminazioni e poche gioie. Al patron nerazzurro (e a tutti i lettori) i migliori auguri di una Pasqua serena. Passata quella, si dovrebbe scatenare "la tempesta". Le bugie, si sa, hanno le gambe corte. A volte, indossano anche la maglia nerazzurra. Basta soltanto evitare di far finta di non vederle…

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

Dedico questo articolo a Maurizio Mosca, scomparso in nottata.