Nell'ultima gara di campionato la Juventus ha subito un'altra rimonta dopo essere passata in vantaggio per due reti a zero, la terza in tre mesi: lo scorso 12 marzo accadde a Cesena, il 23 aprile a Torino contro il Catania per finire a lunedì scorso (9 maggio), sempre allo stadio "Olimpico", con il Chievo. A quanto pare a questa squadra non bastano Del Piero e Matri per vincere: quello che loro creano, gli altri distruggono.
Nelle partite prese in considerazione i due attaccanti hanno realizzato tre goals a testa, senza che ciò servisse per portare a casa quei sei punti in più che ora consentirebbero alla Vecchia Signora di trovarsi in classifica davanti a Udinese, Roma e Lazio nella corsa al quarto posto. Partendo, oltretutto, dal vantaggio derivante dai risultati ottenuti nei confronti diretti, ulteriore prova di una formazione che in questa stagione si è spesso comportata da "grande" contro le "grandi" e da "piccola" con le "piccole". "Ciofeca" di Gattuso a parte.
I giocatori hanno recentemente fatto gruppo intorno al proprio allenatore, quel Luigi Del Neri che si trova sulla graticola da mesi e che ciononostante conservava fino a poche ore fa buone possibilità di una conferma alla guida della Juventus anche per il prossimo campionato. Sino all'incontro col Chievo, ovviamente: da quel momento in poi la percentuale in tal senso si è (quasi) azzerata.
Una difesa, quella dei calciatori juventini, costruita con le parole più che con i fatti: se al tecnico di Aquileia si possono imputare errori di diversa natura e durata nell'arco della sua permanenza sotto la Mole, nell'attimo di follia che ha consentito ai gialloblù di Pioli di segnare due goals in un minuto a Buffon c'è stata una buona dose di compartecipazione da parte di chi si trovava in quegli istanti in campo. Non si è trattato dell'unico "scivolone" dei bianconeri avvenuto nel corso della gara, ma ha rappresentato comunque il momento decisivo per le sorti del match. La successiva rete per gli ospiti incredibilmente fallita da Uribe ha impedito loro di ottenere un successo che non avrebbe sostanzialmente intaccato il rammarico dei tifosi della Vecchia Signora per l'ennesima vittoria buttata al vento.
Madama nella prossima stagione cambierà nuovamente allenatore, alla ricerca della persona giusta cui affidare la guida di una rosa che necessariamente verrà cambiata, se non stravolta, rispetto all'attuale. Che poi si voglia chiamare quest'operazione "progetto", "piano ambizioso", "correzione", "rivoluzione" o "evoluzione", poco cambia. L'importante è la "sostanza", quella che è mancata negli ultimi anni dietro a (quasi) tutti gli interventi della società, così come della proprietà. L'unico pezzo del club che - considerando anche quanto accaduto recentemente - non è ancora mutato.
Ad oggi i sostenitori bianconeri stanno assistendo sconcertati al comportamento di un club che cambia pelle e connotati ogni estate, salvo ritrovarsi nella primavera successiva al punto di partenza. Lo scorso 15 aprile 2010, giusto per fare un esempio, alla vigilia di Inter-Juventus di campionato disputato al "Meazza" e vinto dai nerazzurri col risultato di 2-0, la "Gazzetta dello Sport" in prima pagina titolò: "Juve, 200 milioni per lo scudetto". Di Benitez si diceva che avesse nove giorni di tempo a disposizione per accettare il progetto (ancora...) triennale della Vecchia Signora. Nel caso in cui la sua risposta fosse stata negativa, erano già pronte due alternative: Prandelli e Allegri. Mascherano e Dzeko (o Torres), invece, erano le soluzioni possibili indicate dal quotidiano per rinforzare la squadra.
Quello che accadde nella realtà dei fatti, è ormai cosa nota.
Giovedì 12 maggio 2011, sempre il giornale in questione ha riportato la notizia: "Juve da 200 milioni". Il "piano di rilancio" (questo è nuovo... ) prevede adesso un percorso di quattro anni, e i giocatori sui quali la società punterà forte saranno Pirlo (a parametro zero), Fernando, Pastore e Pinilla (oppure uno fra Tevez, Aguero e Benzema). Sull'allenatore c'è ancora incertezza, anche se i nomi più accreditati sono quelli dei soliti noti: Villas Boas, Antonio Conte o Mazzarri.
A differenza di quanto accaduto nel corso degli ultimi due anni il tecnico bianconero che ha iniziato la stagione ha poi avuto modo di completarla. Questo non è servito a risollevare le sorti di un'annata che la Vecchia Signora ha visto compromettersi proprio a partire dalla gara interna disputata contro il Parma, il suo prossimo avversario, nel giorno dell'Epifania. Le parole pronunciate da Del Neri negli attimi successivi all'incontro con il Chievo rendono l'idea della rassegnazione di un ambiente che ora ha davvero poco (nulla) da chiedere a questo campionato: "Ci manca l'esperienza, l'equilibrio. Falliamo gli appuntamenti emotivi e finiamo vittima di situazioni paradossali".
"Siamo un enorme cantiere dove quasi tutto è cambiato, dall'autista del pullman ai vertici amministrativi e tecnici. Abbiate pazienza, aspettateci", disse Marcello Lippi nel lontano 1994, all'alba di un nuovo ciclo di vittorie bianconere. Dietro a quella Juventus c'erano due Agnelli, Giovanni e Umberto, e al suo timone un trio composto da Luciano Moggi, Roberto Bettega e Antonio Giraudo.
L'amore verso il club da parte della proprietà e la massima competenza di chi la guidava: questa era la ricetta vincente.
Con i 200 milioni di euro (o 120, 100...) si fanno solo i titoli da prima pagina.
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8 commenti:
Diversamente da tanti altri che sembrano avere la risposta sicura su chi dovrebbe essere il futuro allenatore della Juve, io non ho un nome da consigliare.
Credo che il nuovo mister debba essere un uomo abituato a vincere, di polso, con le spalle larghe e con una certa esperienza.
Mi vengono subito in mente un paio di nomi: Lippi e Capello.
Per motivi diversi, nessuno dei due sembra intenzionato a tornare, per ora, a lavorare a Torino e, quindi, per forza di cose bisogna guardare altrove.
Hiddink? Van Gaal? Hanno altro da fare o, come confessato, voglia di non fare.
Su altri nomi fatti, e ora passati di moda, come Mancini o Spalletti personalmente ho sempre avuto qualche remora. Più sul primo che sul secondo.
Le squadre di Mancini non mi sono mai piaciute e la sua Inter aveva sempre tanti, tantissimi, punti in meno della vera Juve.
Quelle di Spalletti, belle a vedersi, hanno sempre avuto il difetto di prendere troppi gol di fronte a squadre quotate.
Ora, come ricordato, i nomi dei papabili sembrano essersi ridotti a 3.
Su Conte c’è tutta la mia simpatia per quella è stata la sua storia, ma non sono in grado mettere la mano sul fuoco sul fatto che sia già pronto per la Juve, questa Juve. Questa squadra con una dirigenza in costruzione, con troppi giocatori con la paura di vincere. In poche parole con una società che non ha ancora la giusta mentalità.
Villas Boas è, tutto sommato, un nuovo (e più preparato) Zeman. Gioca con il 4-3-3 che potrebbe andar bene con i giocatori che abbiamo in rosa (che in ogni caso andrebbe migliorata con 3-4 campioni!). Però il suo gioco così offensivo lascia spesso la difesa sguarnita, e con Chiellini e Bonucci possiamo permettercelo?
Mazzarri ha fatto bene in tutte le piazze in cui è andato, e il fatto di sentirlo parlare con quell’accento così simile a quello del grande Marcello (tra San Vincenzo e Viareggio ci sono solo un centinaio di km) lo rende anche simpatico, ma il suo 3-5-2 non so quanto sia adatto ai nostri giocatori. C’è da considerare, inoltre, che è un “caratterino un po’ pepato” – senza avere la personalità e la storia di Lippi e Capello – che non depone del tutto a suo favore.
Solo un’ultima considerazione, dai giornali inglesi si apprende che forse la nuova dirigenza dell’Arsenal non ha trovato un grande feeling con l’allenatore e che i Gunners stiano pensando ad Ancelotti come mister per la prossima stagione.
Se fosse vero, non potremmo fare un pensierino su Arsene Wenger?
Roberta
Vilas Boas ha VINTO uno scudetto ed è in finale di Uefa, cosa che Zeman non ha mai fatto. E ha 33 anni. L'altro invece...
Le esperienze romane
Per la stagione 1994-1995 viene ingaggiato dalla Lazio. Con la compagine biancoceleste riesce ad ottenere buoni risultati, centrando al suo primo anno di Lazio il secondo posto, dopo aver battagliato per un certo periodo per lo scudetto ed offerto prestazioni esaltanti (emblematico fu l'8-2 rifilato alla Fiorentina); la stagione successiva la Lazio del tecnico boemo si piazza al terzo posto, ma il 27 gennaio 1997, dopo un avvio di stagione infelice, Zeman viene esonerato, lasciando la panchina delle Aquile a Dino Zoff. Per l'annata successiva il presidente Franco Sensi gli offre la panchina della Roma e Zeman accetta di prendere per mano una squadra che l'anno precedente era arrivata dodicesima in Serie A salvandosi solamente alla quartultima giornata battendo l'Atalanta, ottenendo un ottimo quarto posto, senza però riuscir mai a tener testa a Juventus, Inter ed Udinese. Nel campionato 1998-99, ancora alla Roma, Zeman giunge quinto e non viene confermato per la stagione successiva; viene sostituito da Fabio Capello.
Ciao a tutti!
Prima di rispondere ai commenti, faccio due piccole premesse, doverose.
In settimana sono stato parecchio impegnato, così come sarà anche per la prossima.
A partire dal 23 maggio, invece, potrò godere di qualche giorno di ferie. Ed evitare queste mie “assenze” prolungate.
Su Facebook riesco ad interagire con maggiore facilità anche via telefono, con il blog è un pochino più difficile.
Chiedo scusa.
La seconda riguarda i gestori di quei siti che lasciano un invito a passare da loro nello spazio commenti del mio.
Ho una mail legata a questa piccola creatura, facilmente reperibile cliccando il banner “Contatti” (cronachebianconere@libero.it).
Chiedo per cortesia, se possibile, di non vedermeli pubblicati in continuazione, anche perché tanto provvederò a cancellarli tutti. Così come ho già fatto per tre volte in una settimana (questa).
Non ho mai negato la visibilità a chiunque me l’avesse chiesta, così come uno scambio link.
Basta “chiederlo”. Appunto.
Per essere chiari, visto che a me non piace girare intorno alle cose: anche quando mi sono stati offerti dei soldi, e poi non se n’è fatto nulla, non ho fatto storie in merito. Non ne vedevo (e ne vedrei) il motivo.
Per me è finita qui. Sono (e rimango, al solito) a disposizione.
@Roberta: bellissimo commento
“Diversamente da tanti altri che sembrano avere la risposta sicura su chi dovrebbe essere il futuro allenatore della Juve”: sarebbero i primi a complimentarsi con la dirigenza se la scelta coincidesse con le loro aspettative, salvo poi criticarla con durezza (e “abbandonarla”) nel caso in cui le cose andassero male.
A qualcuno piace “vincere facile”…
;-)
“Mi vengono subito in mente un paio di nomi: Lippi e Capello”: idem. Con una predilezione per il tecnico viareggino.
Durante i primi allenamenti con la Juve, nel lontano 1994, correva accanto a giocatori come Torricelli e Carrera e chiedeva loro: “Tu cosa hai vinto, sino ad oggi? Quanti scudetti e coppe dei Campioni? Ti ritieni contento della tua carriera?”.
Era “affamato” di trionfi. Quella squadra si cibò della sua voglia mostruosa di successi.
Se avesse ancora quello spirito, con giocatori (ovviamente) diversi da questi, per me potrebbe tranquillamente tornare a Torino. A casa sua.
“Hiddink? Van Gaal?”: non li vedo alla Juve. Mentre c’era chi aveva visto il primo a Torino lo scorso anno… Quante balle…
Quella di Mancini è stata una bufala, sin dal primo momento. L’hanno usata per lavorare su un altro tecnico. Quale, ovviamente, non te lo saprei dire. Dovrebbe (potrebbe) essere una sorpresa.
Visto come si stavano mettendo le cose, anche la conferma di Del Neri lo sarebbe stata.
Spalletti? Pure a me non ha mai convinto pienamente.
Antonio Conte? Provo a sbagliare: non è che lui sarebbe pronto per la Juve, ed è invece la società a non esserla per uno come lui?
Villas Boas? L’idea mi affascina, ma non vedo il club pronto a reggere il peso del rischio di una scelta simile. Nel caso, spero di (cuore) di sbagliarmi
Mazzarri? Lo vedo alla Roma. Oppure (confermato) a Napoli. Ha gestito malissimo la sua situazione.
A livello personale non mi piace (mentre Del Neri, piaccia o non piaccia, lo stimo tantissimo). Come tecnico lo apprezzo.
Qui a Genova ho avuto modo di conoscerlo bene: non accetta di perdere neanche a morire, non soltanto con i fatti, ma anche con le parole. A volte mi irritava questo suo cercare scuse ad ogni risultato negativo. Capello, al confronto, è uno “sportivo”…
:-)
Wenger? Bingo. Questa sì che sarebbe una bella scelta…
@squeeze: ciao ;-)
La storia di Zeman, personalmente, ho l’abitudine di riassumerla con in “numeri” e le “parole”: i numeri, quelli dei suoi esoneri; le parole, quelle della sua testimonianza al processo penale di Napoli.
Aldo, Giovanni e Giacomo mi avrebbero fatto ridere di meno.
Diosantissimo…
Un abbraccio e buona serata!!!
sei forte!!!!!!!!!! zia anna
O zia!!!!!
Ciao ;-)
Bacioni a te e allo zio Marco
A presto :-)
(E grazie)
Mi soffermo solo sull'ultima frase. Vediamo di non cascarci!
... di nuovo...
:-(
Un abbraccio!
A presto
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