sabato 10 novembre 2012

Italia – Brasile, 5 luglio 1982: dietro le quinte di una gara leggendaria

E' passata alla storia come una delle più grandi imprese compiute dalla nazionale italiana di calcio, ma chi ha avuto la fortuna di seguire in diretta i campionati mondiali disputati in Spagna nel 1982 non può aver dimenticato come gli azzurri quel 5 luglio, allo stadio "Sarrià" di Barcellona, sembrava fossero destinati ad abbandonare la manifestazione.


Per accedere alla semifinale, infatti, occorreva loro una vittoria a tutti i costi contro il fortissimo Brasile. Superato con enormi difficoltà il turno iniziale, nella seconda fase l'Italia si era ritrovata in un gruppo composto dai verdeoro e dai campioni in carica dell'Argentina, sconfitti nelle prime due gare sia dagli uomini di Bearzot (1-2) che da quelli di Telê Santana (1-3). La differenza reti, però, premiava questi ultimi.

Terminato l'incontro con gli argentini, Enzo Bearzot aveva successivamente imposto ai suoi ragazzi di seguirlo allo stadio per assistere alla partita tra le due nazionali sudamericane. Il motivo non era legato alla volontà di trascorrere qualche ora insieme per fare "gruppo", un concetto caro al commissario tecnico, quanto all'opportunità di osservare dal vivo la disposizione sul campo dei brasiliani sfruttando l'ampia visuale che soltanto gli spalti di uno stadio potevano offrire. Le immagini televisive, in effetti, non avrebbero consentito ai giocatori di monitorare costantemente gli spostamenti dei futuri avversari nelle zone solitamente di loro competenza.

Bearzot, in cuor suo, conosceva già la strategia da adottare: aveva osservato attentamente i brasiliani nel corso della prima gara disputata contro l'Urss, notando alcuni punti deboli mascherati dalla vittoria ottenuta (2-1). Disponevano, infatti, di un centrocampo stellare nel quale, però, il solo Toninho Cerezo alternava la fase offensiva a quella difensiva preoccupandosi anche di proteggere il reparto arretrato.

Si era inoltre accorto che il giocatore meno talentuoso, l'attaccante Serginho, rappresentava l'ideale innesco per l'esplosione dei fuoriclasse presenti in squadra. Svolgeva, infatti, un ruolo da boa per favorire gli inserimenti dei compagni all’interno delle retrovie avversarie. A quel punto non restava che trovare la persona che si sarebbe dovuta occupare di lui.

Nei due giorni successivi a quella gara gli azzurri passarono ore a discutere su quanto avevano visto, cercando di trovare insieme le migliori soluzioni da adottare nel successivo incontro. L'unica marcatura decisa in partenza era stata quella su Zico: fu Claudio Gentile, direttamente dagli spalti del "Sarrià", a proporre con decisione la propria candidature direttamente a Bearzot. Al resto si arrivò poco alla volta.

Alla fine Serginho venne affidato alle cure di Fulvio Collovati. Durante la partita, però, trascorsi solo trentaquattro minuti dal fischio d'inizio il difensore aveva dovuto abbandonare il terreno di gioco. Al suo posto era entrato un ottimo (e giovanissimo) Giuseppe Bergomi, che aveva seguito come un'ombra tanto il possente attaccante quanto Socrates, nel momento in cui Telê Santana lo aveva tolto dal campo per far spazio a Paulo Isidoro.
Soltanto anni dopo Dino Zoff ha raccontato come il tiro vincente del momentaneo 2-2, scagliato dal brasiliano Falcao, fosse stato deviato in maniera quasi impercettibile proprio da Bergomi. Le immagini riproposte dalle telecamere posizionate dietro la sua porta gli diedero ragione.

Antonio Cabrini, invece, ha recentemente ricordato l’errore compiuto dagli avversari in quei momenti: “A quel punto il Brasile era qualificato, avrebbe potuto amministrare la partita con grande tranquillità. Ha voluto stravincere, e questo suo voler  far vedere al mondo che comunque erano i più forti, invece, gli si rivoltò contro”.
Quel 5 luglio, dopo soli cinque minuti, Paolo Rossi diventò improvvisamente Pablito, trascinatore della nazionale sino al trionfo nella finalissima di Madrid… e scommessa vinta da Enzo Bearzot.

Contro tutto e tutti, compresi quelli che avevano sparato a zero sull'Italia sino a quel momento.
Gianni Brera, maestro di giornalismo sportivo e intenditore di football, aveva intuito che la musica sarebbe cambiata quando ancora gli azzurri di trovavano in mezzo alla bufera, prima della vittoria conseguita contro l'Argentina. Incontrando il commissario tecnico nell'aeroporto di Vigo, prima di prendere il volo per Barcellona, mise un atto con lui un divertente siparietto, concluso con una battuta: “Siamo qua per servirvi”.
Al servizio, quindi, dei futuri campioni del mondo.
 
Articolo pubblicato su Lettera43

9 commenti:

Giuliano ha detto...

per fare i giornalisti, bisognerebbe dimostrare di saper scrivere articoli come questi, anche andando a memoria
Non lo scrivo per fare un complimento a te, me ne guarderei bene (caso mai potrei scriverlo in privato), ma perché trovo in giro un'ignoranza davvero fastidiosa.
E molto pressappochismo: su Antenna 3 ho visto un giornalista (non ne faccio il nome) che per fare lo spiritoso diceva "hai ancora la tv in bianco e nero, guardi le partite sulla Svizzera", e ha ripetuto quattro o cinque volte questa cosa, convinto di essere spiritoso.
Sai come è andata davvero? La Svizzera ha la tv a colori da metà degli anni '60, qui da noi i primi tv a colori sono stati venduti perché c'era la tv della Svizzera italiana.
Un piccolo esempio senza importanza, ma lo porto qui solo per evitare discussioni. Se invece si va sulla parte tecnica, apriti cielo...(un diluvio di xxxxxxx)
Ok, adesso mi leggo l'articolo
:-)
(un interista, ovviamente)

Thomas ha detto...

Grazie di cuore. Comunque
:-)

Per andare in televisione e fare bella figura ci vuole preparazione e professionalità.

Non è detto che chi si trovì lì le possieda: in molti casi beneficia del "personaggio" che si è creato nel tempo.

A scapito di altri più bravi di loro, costretti a riciclarsi in piccoli canali sconosciuti.

Un abbraccio!

Danny67 ha detto...

Avevo 14 anni. Ricordo quel campionato del mondo seguito incollato al televisore per seguire le uniche trasmissioni televisive dell'epoca (non decine come ora), ricordo l'album delle figurine che mi ero comprato, ricordo le critiche ai giocatori, ricordo il silenzio stampa, ricordo la voce di Zoff, unico a parlare con i giornalisti. In quell'estate mangiavo, bevevo e respiravo calcio. Ricordo Gentile che annullò Zico, Maradona e Littbarsky (si scrive così?). Ricordo Paolo Rossi e quanto mi faceva sognare, ricordo la parata di zoff all'ultimo minuto sul colpo di testa di Oscar, ricordo la classe di Scirea, ricordo le corse infinite ed i dribbling di Bruno Conti, ricordo - chi non lo ricorda - l'urlo di Marco Tardelli, Ricordo le strade piene di gioia, di gente che esultava, tutti uniti, in un grandissimo abbraccio. Come adesso ero sempre malinconico anche a 14 anni, ma il calcio mi regalava gioia e sorrisi.

Paolo ha detto...

Io di anni ne avevo 13, e ricordo perfettamente la partita contro il Brasile nel torrido pomeriggio di 30 anni fa.
Non so per quale motivo, ma del Mundial 1982 ricordo tutto, mentre dei mondiali successivi ricordo molto poco, anche di quelli del 2006 o 2010.
E' di estrema attualità il silenzio stampa dell'epoca, dovuto alla violenza degli attacchi ricevuti da parte dei media. Il grandissimo Enzo Bearzot lasciò a casa qualche giocatore che godeva di buona stampa, come un certo numero 10 e il capocannoniere stagionale (e di quello precedente) per portare Paolo Rossi, al rientro dopo una lunga squalifica. L'accanimento era dovuto ai risultati o alle convocazioni? Non lo sapremo mai, ma qualche leggero sospetto rimane...

Thomas ha detto...

Grazie ad entrambi (Danny e Paolo) per aver condiviso i vostri ricordi con noi.
Avanti il prossimo, se ha piacere di fare altrettanto.
Questi articoli servono a quello: unirci in nome di uno sport meraviglioso.

Io di anni ne avevo (quasi) 8, mi trovavo in casa con mio padre ed un vicino.
Possedevamo una televisione in bianco e nero, ero agitatissimo.

Sino a quel momento avevo tifato tanto per l’Italia quanto per il Brasile, ma al cuor non si comanda: dovevano lasciarci passare per consentirci di vincere la coppa del mondo.
L’ultima alzata al cielo risaliva al 1938, poco dopo la nascita dei nonni.
Mi sembrava un’epoca lontanissima.

Sentivo che si stava per avverare un sogno, al primo goal segnato da Paolo Rossi dentro di me era cresciuta una fiducia sino ad allora sconosciuta.
Alla fine della partita mi sembrava di toccare il cielo con un dito.
Avevamo battuto i più forti, ora i più forti eravamo noi.

Ps: sì, Danny, Littbarski si scrive proprio così
;-)

Danny67 ha detto...

Caro Paolo se ti può far piacere anche io ricordo benissimo quel mondiale e molto meno quelli venuti successivamente...è una cosa strana ma è così!!

Thomas, carissimo, tu avevi un televisore in bianco e nero, pensa che invece mio padre proprio in occasione del mondiale di Spagna comprò, per la prima volta, quello a colori, perciò pensa come potevo essere esaltato all'idea di poter vedere le partite come se fossi allo stadio!!!!!

Thomas ha detto...

Immagino l'emozione...
Beh, la sua era stata una scelta ponderata e (a conti fatti) fortunata
;-)

Un abbraccio!

Ps: in vista della prossima partita della Juventus contro il Chelsea... Sai com'è... Un bel 42 pollici HD...
:-)

Danny67 ha detto...

42 pollici HD??? Mamma come ti invidio!!!!!!!!! ;-))

Thomas ha detto...

No, Danny, la mia era una battuta riferita al fatto che l'acquisto fatto a suo tempo da tuo padre aveva portato fortuna.
Se avesse voglia di cambiare televisione anche adesso, in previsione della partita col Chelsea...
;-)

Un abbraccio