giovedì 29 marzo 2012

Omar Sivori e quel suo ultimo Napoli-Juventus

Si chiamava "Rio Colorado" ed era il piroscafo battente bandiera argentina sul quale Enrique Omar Sivori, detto "El Cabezón", fuoriclasse in forza al Napoli di Giuseppe Chiappella, aveva imbarcato i suoi effetti personali il 20 dicembre del lontano 1968. Tra questi spiccava la statua a grandezza naturale che i tifosi partenopei gli avevano regalato durante la sua permanenza all'ombra del Vesuvio: da lì, appunto, sarebbe partita col resto dei bagagli con destinazione Argentina. Pochi giorni dopo Sivori l'avrebbe raggiunta in aereo in compagnia della moglie.

Da qualche settimana a quella parte si era chiuso in un religioso silenzio, cambiando persino il numero di telefono della villa di Posillipo nella quale risiedeva pur di non rilasciare più interviste. Il motivo? Aveva già dichiarato tutto quello che avrebbe voluto e potuto in merito all'ultima gara disputata contro la Juventus allo stadio "San Paolo" il precedente 1° dicembre. Quella che per lui, arrivato in Italia nel 1957 proprio per vestirne la maglia, non era un'avversaria come le altre.

Nel corso del tempo si era innamorato del club bianconero, che dovette poi abbandonare dopo una militanza durata otto anni sconfitto dal calcio del "movimiento" portato a Torino da Heriberto Herrera, il tecnico per il quale quel numero dieci con i calzettoni abbassati sino alle caviglie, i dribbling funambolici, i tunnel, le veroniche, i goals che facevano impazzire milioni di appassionati era semplicemente "un calciatore come gli altri".
In realtà si trattava di un pallone d'oro (1961) dal carattere tutt'altro che docile: faceva incetta di espulsioni, quello che prendeva in campo spesso lo restituiva, non aveva peli sulla lingua. Lo dimostrò anche in occasione della prima volta che la Vecchia Signora lo andò a trovare nella sua nuova casa (6 febbraio 1966): sconfisse il nemico Herrera (1-0) per poi provocarlo a fine gara (“Prima di tutto grazie al Napoli, ai miei compagni e al meraviglioso pubblico. E poi, povera Juventus”)...

In quell'ormai famoso 1° dicembre accadde anche di peggio. Davanti a ottantamila persone la Juventus passò in vantaggio grazie ad un goal realizzato da Anastasi, abile a trafiggere un portiere che negli anni a venire avrebbe contribuito a scrivere alcune delle pagine più belle della storia di Madama: Dino Zoff. In soli venticinque minuti di gioco una doppietta di Montefusco consentì poi alla formazione di Chiappella di ribaltare il risultato, fino all'arrivo dell'episodio che stravolse l'incontro.

Herrera aveva deciso di affidare Sivori alle cure di Erminio Favalli, un guardiano che il fuoriclasse azzurro soffriva nonostante i ripetuti tunnel che gli riservò per quasi un tempo. L'arbitro Pieroni, che già aveva dovuto calmare i bollenti spiriti tra i due, ad un minuto dalla conclusione della prima frazione di gioco espulse "El Cabezón" per un fallo sul diretto avversario, la cui gravità venne accentuata da una simulazione messa in atto dall’ala bianconera. In quel momento terminò la sua partita ed ebbe inizio una rissa che coinvolse Panzanato (Napoli, al quale vennero inflitte nove giornate di squalifica), Salvadore (Juventus, quattro) e Chiappella (per lui due mesi di assenza forzata dalla panchina).

A Sivori, al quale di giornate ne vennero affibbiate sei, non rimase che la rabbia per un'espulsione che visse come un'ingiustizia perpetrata ai suoi danni. A fine gara, infatti, si lasciò andare ad una promessa mai mantenuta: "A Torino giocheremo in sei. Tanto, per vincere contro di voi, bastiamo pochi". La Juventus, nonostante avesse avuto a disposizione tutta la ripresa da disputare in dieci contro nove, perse quell'incontro al "San Paolo" col risultato di 2-1.

Per l'Avvocato Agnelli Omar Sivor era "un vizio" al quale non si sottraeva facilmente. Venne ricoperto d'amore sia a Torino che a Napoli, dove formò con José Altafini una coppia di attaccanti fortissima dopo aver segnato un'epoca calcistica facendo parte del celebre trio bianconero con Charles e Boniperti. Caso volle che proprio le prodezze compiute come membro di un altro trio (quello con la maglia argentina conosciuto col nome di "angeli dalla faccia sporca", composto con Antonio Valentín Angelillo e Humberto Dionisio Maschio) contribuirono a farlo conoscere nel nostro paese.

Giocò anche con la nazionale azzurra, difendendo i colori di uno stato che gli rimase nel cuore, così come successe con la Juventus. A San Nicolás chiamò la fazenda nella quale si era ritirato proprio "La Juventus", in omaggio al club per il quale aveva ripreso a lavorare come osservatore nel mercato sudamericano.
Se qualcuno nel dicembre di quel 1968 gli avesse anticipato alcuni eventi della sua storia futura, con ogni probabilità lui non ci avrebbe creduto.

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Perchè no?


Negli ultimi giorni sta rimbalzando dall’Inghilterra la voce secondo cui il Manchester City sarebbe intenzionato a mettere sul mercato Edin Dzeko, bomber bosniaco al quale la Juventus fece solo due stagioni fa una corte spietata. Lo inseguì praticamente per tutta l’estate, per poi scegliere Milos Krasic: un pò per convinizione, un pò per la modifica appena varata sulle regola per gli extracomunitari.

Al di là dei rumors provenienti da oltremanica, confermati tra l’altro anche nelle ultimissime ore, pare che Roberto Mancini, l’allenatore dei Citizens, non sia soddisfatto del rendimento del ventiseienne bomber di Sarajevo. Il quale, da parte sua, sembra non essersi mai effettivamente inserito nella squadra di proprietà dello sceicco Mansour. A dare ulteriore conferma a queste indiscrezioni arrivano già i nomi dei possibili sostituti di Edin Dzeko: si dice infatti che il Manchester abbia sondato infatti la disponibilità di Radamel Falcao dell’Atletico Madrid e di Robert Lewandowski del Borussia Dortmund.

C’è anche chi sostiene che la Juventus, appena venuta a conoscenza di questa notizia, si sia già mossa per informarsi più approfonditamente sulla questione. A me questo gigante di un metro e novantatre centimetri, abilissimo nel gioco aereo e spalle alla porta, dotato di un gran tiro dalla distanza, molto forte tecnicamente (nonostante la mole) molto veloce è sempre piaciuto. A mio modo di vedere sarebbe un acquisto eccellente per l’attacco bianconero, un vero bomber, capace di scardinare le difese avversarie e di segnare in tanti modi diversi. Quello che, insomma, è sembrato mancare fino a questo momento alla squadra di Antonio Conte nel corso di questa splendida stagione. Arrivato al Manchester nel gennaio 2011 ha totalizzato, in varie competizioni, 52 presenze, segnando 23 reti. Come media realizzativa direi che è più che buona.

Ovviamente è presto per parlare di mercato: adesso la cosa importante è vivere questo appassionante finale d'annata con la partitissima dell’Olimpico del 20 maggio così come concentrarsi sui prossimi impegni di campionato che verranno. Si sa, però, che le squadre si costruiscono con largo anticipo e la caccia ai cosiddetti Top Player deve iniziare molto prima che partano le aste estive. A causa di quelle finirebbero per impossessarsi dei calciatori più forti sempre i soliti club.



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lunedì 26 marzo 2012

Buffon e Del Piero, il valore aggiunto della Juventus

"L’Inter farà la partita della vita, questo è fuori di dubbio e nessuno me lo toglierà dalla testa. Vuoi o non vuoi, è una partita sentita anche per i loro tifosi". Antonio Conte si aspettava di affrontare un'Inter diversa da quella che in questo campionato ha recitato più volte un ruolo da comparsa, che ha cambiato l'allenatore con il quale aveva iniziato la stagione (Ranieri al posto di Gasperini) e dimostrato di essere la lontana parente della poderosa macchina vincente guidata in passato da José Mourinho.

La previsione del tecnico ha trovato un parziale riscontro sul campo, almeno sino all'ingenuità commessa dagli ospiti in occasione del goal realizzato da Caceres. Prima di allora i suoi uomini hanno dimostrato di saper soffrire nei momenti di difficoltà, per poi farsi trovare pronti nel rovesciare le sorti dell'incontro non appena è capitata loro l’occasione propizia.

A chi insegue solitamente spetta il compito di mettere pressione nei confronti di chi lo precede: nella corsa allo scudetto tra Milan e Juventus, invece, le parti si sono rovesciate. Da quando le due squadre si sono incontrate a "San Siro" (25 febbraio), escludendo la partita col Genoa Madama ha disputato tre gare su quattro conoscendo l'esito di quelle del Diavolo (con Chievo, Fiorentina e - appunto - Inter).
In aggiunta a queste ha recuperato il match di Bologna precedentemente non giocato a causa della neve.
Nel processo di crescita della sua creatura Conte aveva messo in preventivo la possibilità di conseguire risultati non all'altezza delle aspettative: succede, quando si cerca di riportare una mentalità vincente in un club che l'ha persa da tempo. L'imbattibilità maturata giornata dopo giornata e l'asticella delle ambizioni spinta sempre più verso l'alto hanno finito con accelerare la maturazione di un gruppo che doveva superare l'esame più difficile: quello di vincere sotto pressione.

Tra il conquistare punti spinti dall'entusiasmo di un ambiente motivato dalla prospettiva di una stagione positiva ed il doverli prendere a tutti i costi perché è la tua storia che te lo impone c'è una bella differenza.

Se con Chievo e Bologna la Juventus aveva perso quei quattro punti che ora la separano dal Milan, nelle successive gare contro Fiorentina e Inter ha portato a termine la missione in maniera convincente. E' cresciuta la consapevolezza nei propri mezzi così come è sensibilmente migliorata la condizione fisica generale, proprio sulla falsariga di quanto aveva garantito Angelo Alessio, il vice di Conte, dopo la semifinale di ritorno della coppa Italia disputata contro i rossoneri lo scorso martedì: "Benzina ne abbiamo ancora tanta, abbiamo trovato la brillantezza per affrontare la parte conclusiva della stagione".

Domenica prossima Madama ospiterà a Torino il Napoli con più di ventiquattro ore di ritardo rispetto alla trasferta dei rossoneri a Catania (prevista per sabato 31 marzo). Nel merito, è intervenuto anche Gianluigi Buffon negli attimi successivi la gara contro i nerazzurri: “A me piace tanto giocare dopo gli altri, soprattutto se vincono: mi dà qualche brivido, adrenalina in più”.

La tranquillità che traspare dalle dichiarazioni del portiere bianconero è tipica di un fuoriclasse dalla lunga esperienza, abituato alle sfide di ogni genere ed a svolgere il ruolo di guida verso i compagni più giovani, tanto sui campi da gioco quanto nello spogliatoio.

Nel giorno della firma del contratto che lo avrebbe nuovamente legato alla Vecchia Signora, parlando del rapporto che avrebbe instaurato con Buffon e Del Piero nella veste di allenatore Antonio Conte era stato chiaro: “Considero Gigi e Ale un valore aggiunto, dentro e fuori dal campo. Conoscono la juventinità, sanno cosa significa vincere e cosa bisogna fare per vincere. Da loro mi aspetto che non sbaglino su niente, a livello di comunicazione e di comportamenti. Sono un valore importante, devono essere decisivi al di là delle scelte tecniche”.

A proposito di Del Piero: adesso sta iniziando a crescere il minutaggio delle sue apparizioni anche in campionato, oltre che in coppa Italia.
I risultati, a quanto pare, iniziano ad intravedersi.

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"V" per Vendetta

Meraviglioso epilogo, ieri sera allo Juventus Stadium, nel cosiddetto Derby d’Italia, una sfida già storica di per sé nel campionato italiano, ma che dal 2006 in poi per tutti i tifosi bianconeri ha assunto connotati e significati particolari. Inutile nasconderlo, ciò che noi Juventini ci aspettiamo da questa partita è una vera e propria “Vendetta” sportiva. Ci possono anche dire di guardare avanti, ci possono spiegare che il futuro è quello che conta, ma non ci convinceranno mai a non guardare indietro, perché certe cose non si dimenticano e noi, questa sfida “VOGLIAMO VINCERLA”!!!

E ieri sera l’abbiamo vinta. Grazie a questo splendido gruppo che ha lottato fino all’ultimo secondo di gara, pur attraversando, durante il match, momenti difficili, in cui ha anche subito l’avversario, ma tirando fuori gli attributi nel momento in cui si rischiava di non farcela e di perdere definitivamente l’ultimo treno per lo scudetto.

Ma questa gara l’hanno vinta soprattutto Antonio Conte ed Alessandro Del Piero. Nel primo tempo infatti la manovra della Vecchia Signora non riusciva a svilupparsi come avrebbe dovuto, grazie alla mossa di Ranieri che piazzava Poli in marcatura fissa su Pirlo, pressandolo e non permettendogli di smistare palloni e di dirigere l’orchestra bianconera come sua abitudine. Non che questa fosse un’idea originale, ma in effetti si stava rivelando alquanto efficace, non consentendo alla Juve di mettere in difficoltà i nerazzurri, i quali, invece, non riuscivano a trovare la via della rete solo per merito di un Super Gigi Buffon.

Nel secondo tempo però il Mister azzeccava il cambio tattico che invertiva l’inerzia della partita, togliendo uno stanco Pepe ed un inconcludente Matri (che comunque si era impegnato molto), per inserire Bonucci (per la verità un po’ ho tremato quando l’ho visto entrare) e Del Piero. In tal modo si passava al 3-5-2, il gioco si apriva di più sugli esterni, liberando Pirlo dalla marcatura asfissiante di Poli, che non poteva più in questo contesto, limitarsi alla marcatura a uomo. Non solo, ma parallelamente si è notato immediatamente come Alex fosse in serata. Tonico, rapido, in palla insomma.

Come spesso accade, per far diventare decisiva una già ottima mossa tattica, occorre anche la buona sorte. E questa volta la Dea Bendata è stata dalla nostra parte consentendo a Martin Caceres (acquisto incredibilmente azzeccato) di approfittare di un errato piazzamento della difesa dell’Inter, per portare in vantaggio la Juventus. Da lì in poi è stato un autentico dominio. I bianconeri hanno dato proprio l’impressione di essersi liberati di un peso ed hanno iniziato a macinare gioco alla solita maniera.

Poco dopo Del Piero lanciava Vucinic (ieri da 6 e non da 8 come contro il Milan in Coppa Italia) in maniera perfetta, ma il Montenegrino falliva la più clamorosa delle occasioni, Per fortuna, pochi minuti dopo, Del Piero non sbagliava quando toccava a lui fulminare Julio Cesar, su un assist perfetto di Arturo Vidal, a mio avviso il migliore in campo. Pazzesca la sua prestazione, sia per qualità che per quantità. Un miracolo del portiere brasiliano su colpo di testa di Chiellini, e un clamoroso errore di Quagliarella, a porta praticamente sguarnita, hanno fatto si che il passivo non diventasse umiliante per i milanesi, ma per noi è andata bene così, perché è stata una grandissima serata!!

Grazie a tutti ragazzi, e grazie ancora Alex, non smetterò mai di ringraziarti e spero che, da qui alla fine della stagione avremo modo di rivedere la tua linguaccia altre volte...


Questo articolo è di Danny67. Tutti gli altri, li puoi trovare nella sua rubrica Un Bianconero a Roma

sabato 24 marzo 2012

Non è vero ma ci credo

Superstizione: tendenza, dovuta all’ignoranza, ad attribuire ad avvenimenti ed a fenomeni, pur spiegabili razionalmente, significati ed influssi di carattere soprannaturale.
Suvvia, sono una donna del XXI secolo, non ne voglio neppure sentire parlare.

La partita di Coppa Italia, con la quale abbiamo eliminato il Milan, è finita da pochi minuti quando mi arriva un sms “Andiamo allo stadio per la finale?”.
L’istinto - la pancia - mi farebbe urlare subito di si, abitando a Roma sarebbe così semplice, ma questa è una cosa a cui devo pensare con calma.

Mi spiego, non è che non ne abbia voglia, per carità. Ma è che le mie apparizioni allo stadio hanno portato spesso a situazioni strane.
Volete qualche esempio?

Io c’ero il 16 marzo del 1975, quando perdemmo 1 a 0 con Roma per colpa di un raggio di sole. Si, proprio di un raggio di sole, quello che abbagliò Francesco Morini, il quale - proprio sotto i miei occhi - colpì un pallone assolutamente innocuo facendolo finire esattamente sotto l’incrocio dei pali della porta difesa da Zoff.
Io c’ero anche il 5 settembre del 1993, ancora in curva nord, ancora una sconfitta con la Roma, ma questa per 2 a 1. E questa partita passò agli annali perché fummo capaci, con Roberto Baggio e Vialli, di sbagliare addirittura due rigori. Non solo, ma proprio tirando il penalty, Vialli riuscì persino a fratturarsi un piede.

L’ho anche vista vincere, certo. Per esempio il 6 marzo 1983, la Roma passò in vantaggio con Falcao, ma una punizione pennellata di Michel Platini ed un gol a pochi minuti dalla fine di Sergio Brio riempirono di felicità e di speranza gli juventini in uno stadio stracolmo e ammutolito.
Peccato che proprio l’autore del gol della vittoria, rientrando negli spogliatoi, sia stato morso da un cane! E poi proprio quella speranza fu disattesa, perché quell’anno furono i giallorossi ad aggiudicarsi il campionato.

Invece, avrei dovuto esserci il 20 maggio 1973 (toh, proprio il 20 maggio!), mio padre me lo aveva promesso, ma poi improrogabili impegni familiari ci portarono fuori città quella domenica. E quel giorno ve lo ricordate tutti, vero? (I meno giovani si intende). Era l’ultima giornata del campionato, ed alla fine del primo tempo la Roma stava vincendo 1 a 0, ma poi Altafini e Cuccureddu ribaltarono il risultato consegnandoci il 15° scudetto.

Ma soprattutto non c’ero il 22 maggio 1996, quando - battendo l’Ajax ai rigori – vincemmo la Champions League.
No, lo ripeto, sono una donna del XXI secolo, la superstizione non mi sfiora neppure.
Andiamo allo stadio per la finale?” “Ma no, all’Olimpico con la pista d’atletica la partita si vede male, meglio a casa mia, ho la tv con lo schermo grande”.

Articolo pubblicato su Juvenews.net

Questo articolo è di Roberta. Tutti gli altri, li puoi trovare nella sua rubrica Una signora in bianconero

venerdì 23 marzo 2012

Gordon Banks e quella parata che entrò nella leggenda




Accadde a Guadalajara, in Messico, nell'ormai lontano 1970: il nazionale verdeoro Edson Arantes do Nascimento, in arte Pelé, si elevò per colpire di testa un cross indirizzato dentro l'area di rigore dell'Inghilterra dal compagno di squadra Jairzinho, abile a sfuggire alla marcatura di Cooper, il suo dirimpettaio su quella fascia. Era goal. Anzi: sembrava fosse goal. Mentre il fuoriclasse brasiliano stava per esultare Gordon Banks, l'estremo difensore britannico, una volta compreso che non si trattava di un tiro diretto alla sua porta bensì di un traversone schizzò da un palo all'altro, riuscendo incredibilmente a deviare la sfera oltre la linea del campo.

"Quando Jairzinho ha calciato il pallone, ho cominciato a indietreggiare verso la porta. Poi ho valutato la traiettoria: era impossibile che qualcuno potesse raggiungerla. A quel punto ho visto Pelé. Sembrava arrampicarsi verso il cielo sempre più in alto, finché ha raggiunto il pallone e lo ha colpito con tutta la forza che aveva in corpo. E io sono andato a prenderlo". Questa era la versione raccontata dal diretto interessato, il baronetto Banks, onoreficenza che gli venne concessa dopo che quattro anni prima, proprio in Inghilterra, era stato uno dei protagonisti principali dell'unico mondiale vinto sino ad oggi dai sudditi della Regina.

In quella manifestazione aveva subito soltanto tre reti, confermando la bontà della scelta di Alf Ramsey, ex difensore della sua stessa nazionale, che aveva deciso di arruolarlo per quella missione nel lontano 1963. Esordì con una sconfitta per 2-1 contro la Scozia (6 aprile), chiuse la propria esperienza con quella maglia contro lo stesso avversario ma con un successo (1-0, 27 maggio 1972). Nel mezzo ci furono altre 71 partite giocate, la conquista di una Coppa Rimet, un terzo posto agli Europei disputati in Italia nel 1968 e l'eliminazione ai quarti di finale nei successivi mondiali del Messico nel 1970, per mano di quella Germania Ovest sconfitta nella precedente finalissima.

A onor del vero contro i tedeschi non prese parte a quell'ultimo incontro: a causa di un'indisposizione le sue apparizioni terminarono proprio a Guadalajara, nel match che mise a confronto i campioni in carica contro la Cecoslovacchia (11 giugno 1970).
Quattro giorni prima, come descritto, Gordon Banks fu autore di quella che passò alla storia come una delle più belle dell'intera storia del calcio, se non la più bella in assoluto.
Fu costretto ad ammetterlo anche lo stesso Pelé: "In quel momento ho odiato Banks più di ogni altro calciatore, non potevo crederci. Ma quando è passata l’ira, ho dovuto applaudirlo con tutto il cuore. Era la più grande parata che io avessi mai visto".

Se il titolo vinto nel 1966 ne aveva celebrato le doti di fronte al mondo intero, la prodezza compiuta in Messico lo fece entrare di diritto nella galleria delle leggende. Riuscì a fermare Pelé con un colpo da fuoriclasse, la stessa arma usata più volte dal suo avversario, tanto da indurlo - nella ripresa - ad "invertire" i ruoli con Jairzinho: durante un'altra azione ricambiò il favore porgendogli un pallone invitante sulla destra, evitando così di tirare lui stesso, per il goal dell'uno a zero finale.

Un incidente stradale occorsogli nel 1972 chiuse di fatto la sua carriera: perse la vista all'occhio destro, quindi si ritirò per poi provare nuovamente a calcare i campi da gioco cinque anni dopo, prima in Irlanda e successivamente negli Stati Uniti.

Durante l'ultimo campionato del mondo svoltosi in Sudafrica nel 2010 Fabio Capello, all'epoca commissario tecnico dell'Inghilterra, si trovò subito a dover fronteggiare il problema della scelta del portiere titolare in mezzo ad una rosa di candidati non eccelsa. Alla fine optò per Robert Paul Green, numero uno del West Ham, autore di una colossale papera su tiro di Dempsey nella gara d'esordio proprio contro gli Stati Uniti terminata col risultato di 1-1.

Alcuni addetti ai lavori al seguito della nazionale di Sua Maestà cercarono di trovare sollievo ripensando all'edizione del 1966, allorquando gli uomini di Ramsey cominciarono il torneo con un pareggio contro l'Uruguay: quella gara, infatti, si era conclusa a reti inviolate.
In porta, però, c'era Gordon Banks.
Dopo di allora non c'è stato nessuno forte quanto lui a difendere gli inglesi.

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mercoledì 21 marzo 2012

La Signora si risiede al tavolo della vittoria

C’è stato un periodo, iniziato nel 2006 e durato cinque anni, nel quale gli appuntamenti con l’Inter avevano rappresentato per molti sostenitori juventini i classici eventi da evidenziare con un cerchio rosso sul calendario: in mancanza di obiettivi di prestigio da raggiungere si cercava - almeno - di ottenere la piccola soddisfazione di essere riusciti a mettere il bastone tra le ruote agli eterni rivali nerazzurri.

Per molti, si è scritto, ma non per tutti: c’era infatti chi sosteneva come questo fosse un tipico atteggiamento da "provinciali", che mal si adattava agli amanti di una Vecchia e aristocratica Signora del pallone.

Adesso siamo nel 2012, e il posticipo della prossima giornata di campionato metterà a confronto Juventus e Inter nel nuovo stadio torinese. Rispetto al passato, però, la musica sembra essere diversa. Ruotano gli avversari, ma il chiodo fisso dell’intero ambiente bianconero è tornato quello di una volta: vincere. Contro chiunque e ovunque.

La singola gara assume ora le sembianze di una tappa, più o meno delicata, da superare per il raggiungimento del traguardo finale. E’ stato così anche per l'incontro terminato in parità contro il Milan nel ritorno delle semifinali di Coppa Italia, un risultato che ha consentito alla Juventus di staccare il biglietto per la finalissima che verrà disputata a Roma il prossimo 20 maggio. "E’ la più importante partita dell’anno perché ci può dare la possibilità di giocarci qualcosa da vincere. E, visti gli ultimi anni, sarà più importante per noi che per il Milan", aveva ammesso Antonio Conte negli istanti precedenti il match dello scorso martedì.

Se in Europa i rossoneri se la dovranno vedere con il Barcellona per proseguire il loro cammino in Champions League, in Italia sulla loro strada si sono trovati opposti ai bianconeri tanto per la coppa nazionale quanto per lo scudetto. Conquistata a Pechino la Supercoppa Italiana contro l’Inter, dopo il tracollo dei nerazzurri allora guidati da Gasperini è infatti comparsa all'orizzonte la Juventus: lavorando sulle macerie rimaste a seguito dei fallimenti degli ultimi anni Madama ha dovuto convincere tutti, se stessa per prima, di essere realmente all'altezza per recitare un ruolo importante in questa stagione.

E' partita con un nuovo allenatore e alcuni "vecchi" problemi ancora da risolvere: una rosa scarna di fuoriclasse, una squadra senz’anima, un filo conduttore col passato spezzato da tempo e difficile da riannodare. Ha affrontato ogni incontro al pari di un esame da superare, da una prova all’altra ha iniziato a sognare un finale da protagonista per poi rendersi conto che il sogno di riaprire la propria bacheca per inserirvi dentro qualche trofeo è diventato realizzabile.

Si è laureata campione d’inverno in serie A con pieno merito, ma era vivo nell’ambiente il timore che una o due sconfitte potessero bastare a riportarla nella mediocrità che ha caratterizzato quasi tutto il periodo successivo al 2006. L’imbattibilità ha aumentato l'autostima del gruppo; i troppi pareggi, viceversa, hanno fatto sì che il Milan la raggiungesse in classifica sino a superarla. Il caso vuole che i rossoneri, unici ad averla sconfitta al termine dei novanta minuti dei tempi regolamentari in questa stagione, siano poi stati eliminati dalla Coppa Italia proprio a causa di un pareggio maturato nei supplementari.

Per dirla alla Conte, adesso la Vecchia Signora si è seduta nuovamente ad un tavolo imbandito, pronta a saziare la sua fame di vittorie. Non importa più chi siano gli altri commensali invitati oppure quale sia il menù, quanto - piuttosto - prendere tutto quello che passa il convento.
Un tempo, alla Juventus si ragionava in questa maniera. Forse quel passato oggi non è più così lontano.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

Di nuovo una finale



Finalmente, dopo anni di eliminazioni precoci in cui neanche da lontano si riusciva ad intravedere l’ombra di una finale, la Juventus approda, con pieno merito, al match decisivo per l’aggiudicazione della Coppa Italia in programma a Roma il 20 Maggio 2012. Vi arriva battendo l’avversario di tutta la stagione, quel Milan che, nell’arco di 4 partite non è mai riuscito a sconfiggere la Vecchia Signora, pur essendo sulla carta superiore, come organico, esperienza ed amalgama complessivo.

Al di là dei soliti riferimenti di Allegri a presunti torti arbitrali subiti anche ieri sera (ma non era proprio lui a dire che non ci si deve lamentare e che è necessario, per sedare gli animi, accettare tacendo ogni decisione dei direttori di gara?) Madama non ha assolutamente rubato nulla (del resto persino la Gazzetta dello Sport questa mattina scriveva della assoluta regolarità della rete di Del Piero, e se è vero che Vidal a 8 minuti dalla fine avrebbe potuto essere espulso, la stessa sorte sarebbe dovuta toccare ad Aquilani nel primo tempo), passando per prima in vantaggio e rientrando in gara proprio nel momento in cui il diavolo sembrava avere nelle mani, per usare un termine tennistico, il servizio vincente contro un avversario che dava l’impressione di essere alle corde.

La gara comunque non era cominciata nel migliore dei modi, anche perché, nonostante le rassicurazioni in proposito di Mister Conte nella conferenza stampa della vigilia, la Juve sembrava avere un atteggiamento non particolarmente aggressivo ma anzi piuttosto attendistico, in difesa del vantaggio ottenuto con il 2-1 dell’andata. Ma il controllo del match non rientra, almeno per ora, nelle caratteristiche di questa squadra, che invece è abituata a comandare il gioco e ad esprimersi in velocità, manovrando e pressando molto alto.

I rossoneri approfittavano di questo atteggiamento e tenevano la partita in mano, costringendo gli uomini di Conte ad arretrare nella propria trequarti. Fortunatamente Alex Del Piero metteva il suo sigillo personale su questa sfida (contribuendo in maniera decisiva a condurre la sua Juventus all’ultima finale della propria meravigliosa carriera), cambiando l’inerzia del match, e da quel momento, fino alla fine della prima frazione di gioco, si assisteva alla costante ricerca del raddoppio da parte dei bianconeri.

Ma nella seconda frazione di gioco, anche grazie ad una ingenua incomprensione e disattenzione difensiva (Pepe e Lichtsteiner lasciavano colpevolmente Mesbah libero di concludere a rete di testa) tutto veniva rimesso in discussione, fino, addirittura, al vantaggio milanista con un notevole goal di Maxi Lopez, al quale la mancata chiusura di Bonucci-Chiellini non toglie assolutamente valore. Sembrava finita in quel momento. La Juventus dava l’impressione di non avere più energie, ma nei tempi supplementari invece tutto cambiava ancora e quelle che apparivano come le vittime predestinate si trasformavano in predatori alla ricerca della vittoria. Marchisio, ma soprattutto Giaccherini fallivano occasioni clamorose.

La porta difesa da Amelia appariva stregata, ma finalmente, il genio usciva dalla lampada, e dopo una prestazione stavolta eccezionale, Mirko Vucinic, inventava una rete meravigliosa, un tiro imprevedibile ed imprendibile che si insaccava all’incrocio dei pali dove il portiere milanista non poteva arrivare. Il resto è stato solo uno snervante attendere il triplice fischio di Orsato, che ai più, me compreso, sembrava non arrivare mai.

Al di là della gioia immensa che io (come credo tutti voi, fratelli bianconeri) ho provato a fine gara, devo riconoscere che il Milan è squadra che non si difende mai, che propone sempre il proprio gioco e che affronta l’avversario a viso aperto alla ricerca della vittoria. Ieri sera, ad ogni modo, ho ammirato il solito grandissimo Pirlo, che al minuto 120 ancora correva ad inseguire gli avversari, un immenso Vidal, autore di una prestazione maiuscola, presente ovunque, conquistatore di decine di palloni, un Vucinic che dopo i fischi della partita contro il Chievo, sembra esprimersi finalmente all’altezza del suo enorme talento, ed almeno ieri sera ha letteralmente portato a spasso per tutto il campo Antonini siglando una rete da cineteca.

Ma soprattutto vorrei dire GRAZIE a lui, ad Alessandro Del Piero, al suo entusiasmo, alla sua professionalità, che gli permette di farsi trovare pronto anche quando non gioca da mesi, al suo amore per questa maglia, alla sua linguaccia, mostrataci per l’ennesima volta ieri sera. Già sento che presto mi mancherà tanto….

Adesso, godiamo, perché siamo in finale, ma da oggi, che si pensi all’Inter. Questo deve essere lo spirito Juve.



Questo articolo è di Danny67. Tutti gli altri, li puoi trovare nella sua rubrica Un Bianconero a Roma

domenica 18 marzo 2012

Dalla Juve cinque segnali al campionato

Vincere in serie A con un perentorio 5-0 in trasferta non è mai facile, contro qualsiasi avversario. Quello ottenuto dalla Juventus allo stadio “Artemio Franchi” di Firenze, poi, acquisisce un peso specifico ancora più importante del necessario se si considerano le premesse che hanno caratterizzato i momenti precedenti la gara: la discussa designazione di Bergonzi come arbitro dell’incontro (fu lui, nelle vesti di quarto uomo, ad allontanare Conte dalla panchina a Bologna), le polemiche a distanza tra l’allenatore bianconero e Allegri, la sterilità offensiva dell’attacco di Madama (sei goals realizzati nelle ultime sette partite, dei quali tre segnati nel solo match interno contro il Catania), la voglia di rivalsa del viola Amauri (pronto ad esultare per una eventuale marcatura contro la sua ex squadra facendo il giro dello stadio), la vittoria ottenuta nel tardo pomeriggio dal Milan al “Tardini” di Parma, l’accoglienza che il pubblico fiorentino avrebbe riservato alla Vecchia Signora e al suo tecnico, il desiderio della truppa di Conte di interrompere quell’incredibile serie di pareggi racimolati in campionato sino ad allora.

Insomma, ce n’era per tutti i gusti. L’unica strada per isolare la testa da qualsiasi pensiero e concentrarsi soltanto sulla Fiorentina l’aveva tracciata lo stesso Conte prima del fischio d’inizio, riassumendola in poche parole: “Noi guardiamo a noi stessi, non ci facciamo condizionare dal risultato del Milan”. Ai suoi uomini non restava, quindi, che seguirla.
L’ingenua espulsione di Cerci ha indubbiamente semplificato le cose alla Juventus che comunque – già in vantaggio per una rete a zero – ha avuto il merito di non fermarsi mai, continuando a giocare tutto il resto dell’incontro con la stessa determinazione senza accusare cali di tensione.

Poco meno di una settimana fa i rossoneri portarono a quattro le lunghezze di distacco in classifica dai bianconeri, grazie alla vittoria ottenuta a “San Siro” contro il Lecce e al contemporaneo pareggio esterno di “Marassi” della Vecchia Signora. Si discusse per diversi giorni di quel vantaggio, mai così ampio tra la prima e la seconda in questa stagione: oggi, nonostante il margine tra i due club sia rimasto identico, la sensazione è che “pesi” meno di quanto dicono i tabellini. I numeri possono essere tanto “freddi” quanto pieni di significati a seconda del “modo” e del “momento” in cui li si legge.

La Juventus vinse per l’ultima volta in trasferta con il risultato di 5-0 il 19 ottobre del 1997: allo stadio “San Nicola” di Bari Zidane e Del Piero maltrattarono i biancorossi nel campionato che si concluse con il duello tra i bianconeri futuri campioni d’Italia e l’Inter di Luigi Simoni. Nel gruppo dei giocatori a disposizione di Marcello Lippi figuravano i nomi di Antonio Conte e Didier Deschamps, l’attuale allenatore del Marsiglia che ha appena eliminato i nerazzurri dalla Champions League.

La stessa Beneamata sarà la prossima avversaria della Vecchia Signora nel posticipo serale che si disputerà domenica prossima a Torino. Negli anni immediatamente successivi allo scoppio di Calciopoli si è sviluppato il ciclo vincente dell’Inter di Massimo Moratti: la coincidenza vuole che nella fase del suo crepuscolo in panchina adesso sieda Claudio Ranieri, il tecnico che prese Madama dalle mani di Deschamps (che nel frattempo l’aveva immediatamente riportata in serie A, lasciandola a Giancarlo Corradini nelle due ultime giornate del campionato cadetto) per guidarla nei primi passi verso la ricostruzione.
Prima di quella partita, però, la Juventus ospiterà il Milan nella gara valevole per il ritorno delle semifinali di coppa Italia. Si tratterà dell’ultima occasione nella quale le due formazioni potranno incontrarsi in questa stagione, ed avverrà in uno stadio in cui si registrerà l’ormai consueto tutto esaurito.

La vittoria di Firenze riporta l’entusiasmo in un ambiente che, proprio cavalcandolo, ha raggiunto risultati impensabili sino a pochi mesi fa. All’interno del reparto offensivo, considerato il vero e proprio punto “debole” della squadra, continua ad offrire ottime prestazioni Mirko Vucinic, autore della prima delle cinque reti. Per lui la scorsa estate aveva speso parole d’elogio Dejan Savicevic, ex calciatore del Milan ed attuale presidente della federazione calcistica del Montenegro: “Ha fatto bene Mirko a cambiare aria, non poteva restare nella Roma. Sarebbe bastato giocare male una partita per rovinarsi la stagione, come quest'anno: lui ne ha sofferto, non è bello sentire uno stadio che ti fischia. Sono sicuro che l’ambiente di Torino è sereno e che i tifosi lo accoglieranno bene”.
Dato che qualche fischio nei suoi confronti - in realtà - non è mancato, Savicevic è tornato recentemente in suo “soccorso” con altre dichiarazioni: “L’ho visto a Genova: si è sbloccato, sarà determinante per lo sprint. Mirko è un grande attaccante, solo un pò particolare. Alterna alti e bassi. Però non va sottovalutato. Se è in forma può vincere una partita da solo”.
A buon intenditor, poche parole…

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Lontani da Mister X



Tradizionalmente e storicamente quella di Firenze è una delle partite più difficili in assoluto per i colori bianconeri. La strana rivalità, creata più che altro dai tifosi viola, che spesso ha sconfinato in sentimenti e gesti che con lo sport non hanno molto a che fare, ha reso questa sfida piena di insidie per la Vecchia Signora. Il momento in cui il calendario di serie A ha proposto il match in questione era, oltretutto, molto complesso per entrambe le squadre. Se da una parte una sconfitta avrebbe precipitato la Viola in zone della classifica pericolose, un’altro pareggio o, peggio ancora, tornare a casa con zero punti, avrebbe significato per Madama, abbandonare definitivamente i sogni di gloria per concentrarsi nella difesa disperata del secondo posto, garanzia dell’ingresso nell’Europa che conta.

Ma la Juventus ieri sera, non solo ha confermato l’eccellente prestazione della settimana scorsa a Genova, ma l’ha migliorata nel risultato, seppellendo la Fiorentina con una vera e propria goleada. Al di là della sacrosanta espulsione di Cerci, che, come ha confermato Pirlo a fine gara, non ci ha certo danneggiati, c’è da dire che gli uomini di Conte hanno impostato la gara molto bene, interpretandola nel modo giusto questa volta, fin dall’inizio. Si è avuta immediatamente, infatti, la sensazione che la serata fosse buona, anche se, il palo di Vucinic dopo pochi minuti, ha fatto temere a tutti noi che la dea bendata, anche stavolta, ci stesse voltando le spalle.

Ma proprio da Mirko Vucinic è arrivata la rete del vantaggio, e non solo. Finalmente lo abbiamo visto giocare all’altezza del suo enorme talento, correre, dribblare gli avversari, difendere il pallone e sfruttare alla perfezione gli inserimenti dei compagni. Questo è il Vucinic in cui Conte crede e che tutti noi ci aspettavamo da inizio stagione. Esprimendosi a questo livello è l’uomo in più, quell’elemento che garantisce quella imprevedibilità fondamentale per scardinare le difese avversarie. Speriamo che adesso continui a proporci prestazioni di questo tipo.

Chiaramente la vittoria di ieri sera è anche il risultato di alcune novità rispetto al recentissimo passato. Marchisio e Vidal, reti a parte, sono tornati sui livelli del girone di andata, e anche Lichtsteiner (che purtroppo salterà per squalifica il match contro l’Inter) è sembrato, a giudicare dalle sovrapposizioni con Pepe, recuperare la condizione fisica migliore. Splendida la prestazione di Pirlo, così come quella di De Ceglie ma un po’ di tutta la difesa, in cui si è visto un Caceres sempre più a proprio agio nei meccanismi della squadra.

Mister X ieri sera è stato allontanato. Noi ci auguriamo che non riprenda troppo presto a frequentare i nostri colori preferiti. Intanto la Juventus, con la netta affermazione all’Artemio Franchi ha dato una bella risposta al Milan, che anche ieri si è imposto al Tardini praticamente senza soffrire, e al Signor Amauri, che da tempo va in giro dicendo che la Signora non ha stile e che lo ha trattato male e che non vedeva l’ora di affrontarla sul campo per vendicarsi di chissà quale terribile torto subito. A questo signore suggerirei di farsi un esame di coscienza sul proprio rendimento in questi ultimi anni e poi, prima di parlare di trattamenti ai lavoratori di venire a farsi un giro nell’azienda dove io sono impiegato, o in qualsiasi altra in Italia in questo momento, così si farà finalmente un’idea giusta su cosa siano le difficoltà e i problemi sul lavoro.



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mercoledì 14 marzo 2012

Juventus, il silenzio della riscossa

Silenzio, parlano le immagini. La Juventus rimasta all'asciutto contro il Genoa ha ritenuto doveroso astenersi dal commentare un turno di campionato, l’ultimo, dalle molte similitudini rispetto ad altri giocati e vissuti nel recente passato: un pareggio con i rossoblù da archiviare in una lista diventata lunghissima, una serie di occasioni da goals non concretizzate, un predominio territoriale che non ha trovato riscontro nel tabellino finale, episodi dubbi che con l’utilizzo della moviola hanno assunto le sembianze di torti subiti, il Milan che ha allungato ulteriormente il vantaggio in classifica, Ibrahimovic che ha segnato una rete e ne ha servita un’altra a Nocerino... E allora ecco il “via libera” ad una strategia alternativa: bocche cucite e silenzio stampa. Appunto. Tutti tranne uno: il presidente Andrea Agnelli.

Con i "se" ed i "ma" i perdenti raccontano la loro storia, fatta di eventi rimasti nelle intenzioni e di intenzioni che non si sono trasformate in azioni. Nei confronti di chi, con il traguardo ancora lontano, continua invece a “pareggiare”, il tempo concede loro la possibilità di prendere qualche spunto positivo per il futuro, nella speranza che alla fine i conti tornino. Al netto dei motivi che l'hanno spinta a chiudersi in un religioso silenzio, la Juventus è rientrata da Genova con la consapevolezza di aver costruito in pochi mesi qualcosa di importante: nonostante fosse priva della cerniera difensiva titolare (Barzagli, Chiellini e Bonucci), ha rispolverato l'arte di arrangiarsi (Vidal arretrato in difesa a far compagnia a Caceres) senza perdere quello spirito battagliero che l'ha contraddistinta sin dall'inizio della stagione.

Madama ha ritrovato una propria identità, un gioco piacevole, l'abitudine di trascorrere buona parte delle gare nella metà campo avversaria e un'imbattibilità che spesso ha fatto partorire, tra gli addetti ai lavori, il moltiplicare di paragoni azzardati con altri squadroni del passato, non solo bianconero. "La mentalità vincente si acquisisce solo vincendo e completando un lungo percorso", ha affermato recentemente Conte - a microfoni aperti - parlando della sua creatura.

Abituati a vivisezionare ogni partita partendo dall’assioma che alla Juventus "vincere non è importante, è l'unica cosa che conta", in molti finiscono col dimenticare due aspetti importanti: il punto di partenza del lavoro del suo tecnico ed i limiti tecnici e mentali di un gruppo che si è ritrovato inaspettatamente campione d'inverno e col cerino in mano nel ruolo di favorito per lo scudetto.
Su questi tasti dolenti Conte ha battuto spesso, nel tentativo di evitare che il processo di crescita della Vecchia Signora potesse interrompere la sequenza dei risultati utili conseguiti sino ad oggi. "Se siamo l’anti-Milan, come dite voi, è un miracolo, perché ci sono tre o quattro squadre superiori. Noi siamo qui solo grazie al lavoro", dichiarò lo stesso allenatore dopo il pareggio interno conseguito contro il Chievo (3 marzo).

Sempre in quei momenti aggiunse: "Se arrivassimo a conquistare un posto in Champions sarebbe qualcosa di straordinario". L'opinione pubblica interpretò quelle parole come un segno di resa del tecnico nei confronti del Diavolo rossonero, un ridimensionamento delle ambizioni di una formazione che, considerando la mediocrità generale in cui versa l'attuale serie A, non dovrebbe avere alcun timore nel lanciarsi all'arrembaggio del tricolore. Ma per farlo bisogna disporre delle giuste munizioni, proprio quelle che sembrano mancare alla Juventus attuale.

Il continuo ruotare di uomini nel reparto offensivo non è detto che debba essere addebitato a tutti i costi a scelte incomprensibili operate da Conte: senza scomodare sua maestà Ibrahimovic, se tra le sue fila avesse avuto a disposizione - ad esempio - un giocatore del calibro di Klose (una perfetta miscela di classe, prolificità ed esperienza a costo zero), con ogni probabilità il ruolo di punta avrebbe un proprietario ben definito.

Dopo aver ammirato il Bologna guidato da Stefano Pioli, da lui esonerato con troppa superficialità lo scorso mese di agosto, Massimo Zamparini non si è fatto problemi nell’ammettere il suo errore: "Mi sto mangiando il secondo testicolo. Il primo me lo sono già mangiato".
La fretta, spesso, è cattiva consigliera: se quella del tifoso è comprensibile, agli addetti ai lavori non è consentito averla a meno che non vogliano fare la stessa fine di Zamparini. C'è chi li chiama "progetti", altri preferiscono la parola "programmazione", resta il fatto che è oggettivamente difficile inventarsi una squadra da scudetto dopo stagioni fallimentari e aver sperperato milioni di euro.
In mezzo a tante incertezze resta un dato di fatto: il campionato non si è concluso con lo scorso turno. E sulla sua storia non è ancora stata scritta la parola "fine".

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"Organizziamoci": messaggio ai media e appello al Presidente

All’attenzione di:

Mediaset premium

SKY Sport

Redazione Rai novantesimo minuto e Domenica Sportiva

Egregi signori, chiunque Voi siate, Vi informiamo che abbiamo scritto al nostro Presidente per manifestare la nostra totale insoddisfazione nei confronti di chi, sia come fornitore a pagamento di servizi, o anche come ente pubblico, che ci costringe comunque a pagare, disattende completamente i propri doveri di obiettività ed etica professionale. La lettera ha la presunzione di suggerire un modo per sottrarsi all’abbraccio “mortale” di TV commerciali e di stato, ma è anche un invito per tutti gli juventini a disdire gli abbonamenti e boicottare trasmissioni sportive della RAI. La nostra sopportazione ha raggiunto il limite di guardia e non siamo più disponibili a subire l’inequivocabile faziosità che contraddistingue il vostro operato. Qualcuno di Voi ha detto che il silenzio stampa della Juventus vada contro i suoi tifosi. Affermazione completamente sbagliata giacchè siamo totalmente al fianco della società e per i veri tifosi juventini, il silenzio potrebbe durare per sempre. A noi, infatti, basta solo vederli giocare i nostri ragazzi.
Le “banalità” del dopo partita servono, in fin dei conti, per pagare i Vostri stipendi, non certo i nostri.

Di seguito la lettera inviata al nostro Presidente.

Preg.mo Presidente Andrea Agnelli.

Carissimo Andrea, con questa lettera, “Organizziamoci” si appella a lei per farle sapere quanto segue:

Gli ultimi accadimenti che hanno riguardato la Juventus, di cui siamo orgogliosamente tifosi, ci confermano l’esistenza di un vero e proprio complotto ai nostri danni. Il sentimento anti-Juventino è dilagato talmente da aver coinvolto l’ambiente nella sua interezza. E’ inutile fare un elenco dei torti subiti, di cui lei è ampiamente consapevole. Vorremmo Presidente, chiederle di abbandonare i canali Mediaset, Sky e Rai, emancipando tutto ciò che riguarda la Juventus, all’interno di Juventus Chanel, iniziativa già adottata in Europa da alcune squadre come l’Arsenal, che si autogestisce attraverso il proprio canale privato. Saremmo pronti a contribuire in parte per la realizzazione di questo progetto. Noi le chiediamo questo perché:
Non ne possiamo più di commenti televisivi inadeguati e faziosi con conseguenti insulti verbali.
Non sopportiamo di vedere il nostro allenatore espulso e squalificato per futili e pretestuosi motivi. E’, per noi, inaccettabile che il nostro tecnico non possa esprimere pubblicamente le sue impressioni sugli arbitraggi, come del resto fanno gli altri colleghi senza conseguenze.
Non siamo più disposti a subire i gratuiti insulti e le aggressioni che per la Juventus sono la normalità nelle trasferte e nei salotti televisivi.
E’ impossibile, per noi, dover accettare quanto avvenuto a Bologna con l’ignobile striscione su Gianluca Pessotto che il sistema sempre pronto a punire qualche nostra “intemperanza” stavolta ha deciso d’ignorare.
Troviamo vergognoso che un commentatore tv sproloqui parolacce verso il nostro allenatore in diretta e non sia punito.
Questo e altro ci hanno spinto verso la suddetta supplica, perché insofferenti verso un ambiente il cui atteggiamento nei confronti della Juventus, della sua proprietà, dirigenza e dei suoi tifosi, sia così ambiguo e distorto. Vogliamo un’indipendenza da costoro per poter nuovamente essere noi stessi e non costantemente sotto accusa senza aver commesso nulla.
Pur consapevoli delle difficoltà che un’iniziativa del genere comporterebbe, siamo certi che le nostre parole non la lasceranno insensibile. La preghiamo di riflettere, Presidente, e di ascoltare il nostro dolore che si rinnova puntualmente tutte le settimane.
Inoltre, con questa lettera che invieremo anche a Sky, Mediaset, e Rai; “Organizziamoci” intende invitare i tifosi bianconeri a disdire gli abbonamenti alle TV a pagamento e a non seguire più trasmissioni sportive sulle reti di stato, cominciando dalle partite della coppa TIM, con indecenti e faziose telecronache.

Il Blog Di Alessandro Magno – Organizziamoci

“Organizziamoci” è seguita da : Juvenews, Juvemania, Canale Juve, Juve Central, Nobiltà Gobba, Il Blog di Alessandro Magno, Cronache Bianconere, La Divina Juventus, Juveforevere.net, forza Juve blog , calabrone37.blogspot.come altri ancora. In passato nostre iniziative sono state riprese da Calcio GP, di Giancarlo Padovan, e da Ju29ro

Lettera inviata a Rai ( 90° minuto e Domenica sportiva), Mediaset e Sky, da cui, naturalmente, non avremo risposte.




Lista siti "Organizziamoci" Juvenews.net

domenica 11 marzo 2012

Questo è troppo!

Oggi potrei parlare di una Juventus in netta ripresa, sul piano del gioco, ma sembrerebbe anche sotto il profilo atletico, potrei raccontare di una Juventus che ha letteralmente dominato l’avversario (come non si vedeva da settimane) in una gara in cui si è visto il Genoa messo alle corde per quasi tutti i novanta minuti, potrei dire che l’inedita difesa con Vidal-Caceres nella veste di centrali è stata praticamente perfetta. Potrei dire che gli uomini di Conte avrebbero meritato di vincere con almeno due o tre reti di scarto, e che se le cose non sono andate così è solo per pura sfortuna, ma anche perché non ci sono attaccanti che la mettano dentro, potrei dire che siamo sempre alle prese con il solito problema della totale mancanza di concretezza di questa squadra, potrei perfino sottolineare come ormai sia necessario guardarsi alle spalle e difendere il secondo posto con i denti, perché a questo punto non credo che si possano avere altri obiettivi, ma sinceramente, oggi, non me la sento di gettare la croce addosso ai ragazzi e non sono nemmeno in vena di parlare di calcio e di dilungarmi in discorsi tecnici.
Sono veramente stanco di assistere a certi avvenimenti e di continuare a vedere immagini come questa con la consapevolezza che le cose non cambieranno mai. Approvo pienamente il silenzio stampa della società.
Sono anni che ormai assistiamo a questo scempio. Probabilmente, anzi quasi certamente, la Juventus non vincerebbe mai questo campionato, perchè, al di là di tutto, il Milan è squadra più completa, ma che almeno le sia concessa la possibilità di giocarselo e di perderlo sul campo.


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sabato 10 marzo 2012

Luis Silvio Danuello: un "ponta" che giocava da "punta"

"Sono in gran forma e lo dimostrerò. Posso mettermi al più presto a disposizione della Pistoiese. Di solito gioco ala destra, ma so disimpegnarmi anche in altre posizioni offensive. Sono un tipo che si muove e che punta deciso verso le porte avversarie. Il vostro è un calcio di forza e di temperamento, non di abilità come in Brasile. Forse questa è la mia unica preoccupazione. Temo un pò di rudezza dei vostri difensori, ma vedrò di adattarmi. Il contratto dura un anno, spero sia il tempo sufficiente per dimostrarvi quanto valgo. Della Pistoiese ho sentito parlare molto bene di Frustalupi, descritto come un ottimo regista".

Intorno alla metà di agosto del 1980 Luis Silvio Danuello si presentò con queste parole ai suoi nuovi tifosi, nell'estate in cui il calcio italiano aveva riaperto le frontiere agli stranieri dopo la chiusura successiva alla disfatta della nazionale nei mondiali inglesi del 1966. Il caso volle che il direttore tecnico di quella Pistoiese fosse Edmondo Fabbri, la guida degli azzurri in quella famosa spedizione. Il ruolo di allenatore, invece, venne ricoperto dal giovane Lido Vieri.

In serie A giunsero, in totale, quattro brasiliani: Falcao (Roma), Eneas (Bologna), Juary (Avellino) e, appunto, Luis Silvio. Da "bidone" a "meteora", i giudizi in merito alla sua esperienza nel nostro calcio furono impietosi. Scovato in patria da Giuseppe Malavasi, l'assistente di Vieri, una volta sbarcato a Roma - come lo stesso calciatore ebbe modo di affermare nel corso di un'intervista rilasciata nel 2007 al taccuino di Sebastiano Vernazza ("Gazzetta dello Sport") - incontrò i dirigenti del club toscano, che gli domandarono: "Sei una punta?". La sua risposta fu "", dato che aveva inteso "ponta", che in portoghese vuol dire "ala", il suo ruolo naturale.

Tra un cross ed un goal corre una bella differenza, la stessa che separa le aspettative riposte verso un possibile cannoniere dalla delusione patita dopo aver scoperto di avere tra le mani un giocatore di fascia. Soltanto sei presenze accumulate in campionato certificarono il suo fallimento, mentre la Pistoiese corse ai ripari acquisendo dal Catanzaro Vito Chimenti, autore - poi - di nove reti che non furono sufficienti ad evitare la retrocessione nella serie cadetta.

Nell'esordio casalingo (21 settembre 1980, alla seconda giornata contro l'Udinese) la formazione toscana non andò oltre un pareggio per 1-1. Luis Silvio, guarda caso, fu l'autore di una bella azione sulla fascia dalla quale scaturì il trasversone per il colpo di testa vincente di Benedetti. Nella prima vittoria in campionato (5 ottobre, alla quarta gara, disputata contro il Brescia) il brasiliano, influenzato, era assente.

Messo ai margini della squadra, nella successiva primavera tornò in patria per poi farsi nuovamente vivo in estate ma, dato che anche allora trovò le porte sbarrate, lasciò definitivamente il Belpaese.

Così si chiuse, tristemente, la breve storia italiana di Luis Silvio Danuello: arrivato dichiarando di "non essere bravo come Falcao" (proprio nei momenti in cui il fuoriclasse della Roma assicurava di non averlo mai sentito nominare) ma che la Pistoiese non si sarebbe pentita dell'acquisto, scomparve accompagnato dalle leggende che nacquero dopo la sua fuga. Pizzaiolo, venditore di gelati allo stadio di Pistoia, proprietario di un bar e - dulcis in fundo - attore in film porno: su di lui si disse e si scrisse di tutto.

Proprio nell'intervista rilasciata nel 2007 smentì quelle sciocchezze, affermando di gestire una rivendita di ricambi per macchine industriali, attività iniziata investendo i soldi guadagnati nel corso della carriera. Ricordava con affetto Marcello Lippi ("Sono contento che abbia vinto il Mondiale. Era uno dei compagni più simpatici. Stava in difesa, era bravo, e in spogliatoio cercava di aiutarmi") e l'Italia ("In Toscana io e mia moglie concepimmo la nostra primogenita, Amanda").
Se i suoi limiti tecnici erano venuti ben presto a galla, la sfortuna di venire tradito da una vocale, quella "o" di "ponta", gli aveva complicato ulteriormente la vita.
Così come, d’altro canto, era capitato a chi aveva deciso di acquistarlo: i "bidoni", nel mondo del calcio, non si aggirano soltanto tra i giocatori.

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giovedì 8 marzo 2012

Forse era l'ultima occasione...

La strada ora si fa veramente dura. Quella di ieri era forse l’ultima occasione per rimanere in corsa con il Milan per la vittoria finale. Era una gara da vincere a tutti i costi, per dare un messaggio chiaro a tutti i nostri avversari e per dimostrare come la Juve non fosse ancora fuori del tutto dai giochi scudetto. Inoltre avrebbe potuto essere, per i bianconeri, quella che per i rossoneri, fu la partita di Udine, nella quale la squadra di Milano riuscì a portare a casa i tre punti nonostante una prestazione mediocre e nonostante fino ad un quarto d’ora dalla fine si trovasse in svantaggio per uno a zero. Quella vittoria ha cambiato l’inerzia della stagione per il Milan, tirandolo fuori da una mezza crisi e restituendo agli uomini di Allegri quella convinzione che sembravano aver perso per strada.

La Juventus poteva fare lo stesso ieri sera ma, per diversi motivi, non è riuscita nell’impresa. Sinceramente non capisco la scelta di schierare dal primo minuto Borriello, di sicuro molto volenteroso, ma che a tratti è sembrato la copia dell’Amauri delle passate stagioni. Sempre spalle alla porta e molto impreciso nei passaggi, oltre che sotto rete. Ma al di là di questo, ciò che non mi è piaciuto affatto è stato l’approccio alla gara e l’atteggiamento un po’ blando da parte di tutti fino a quando non si è subito quello che Conte ha definito “lo schiaffo”, il sesto che Di Vaio ci rifila da avversario (un po’ troppi in effetti..).

Come sempre le occasioni concesse agli avversari sono state pochissime, anche se, ultimamente, quelle poche finiscono in rete con una frequenza allarmante. Ma solo dopo la rete subita la Juventus ha cominciato a spingere e a macinare gioco. In particolare, l’assalto più veemente è stato prodotto nel secondo tempo, quando, una volta raggiunto il pareggio (nato da un’invenzione del solito Pirlo), i bianconeri, almeno per venti minuti, hanno letteralmente schiacciato l’avversario nella propria area di rigore. Ma spesso accade che se non si riesce ad invertire l’andamento del match nel periodo di massima spinta, e nel momento in cui l’avversario sembra alle corde, si finisce per non riuscirci più. Ed infatti è andata proprio così. Un paio di nette occasioni ed il solito rigore negato non sono bastate per riuscire a ribaltare completamente il risultato.

Alla fine della prima frazione di gioco la domanda che mi sono posto è stata questa: Ma sta giocando la Juve di Conte o quella di Del Neri? I ragazzi sembravano svuotati, molli, arrivavano sempre in ritardo sul pallone e insistevano troppo sui lanci lunghi. Fortunatamente nella ripresa si è rivista, almeno in parte, la Juventus di questa stagione, quella che non molla mai, che non ci sta a perdere, che corre e che tiene comunque in mano la partita. Questo secondo tempo mi ha trasmesso un po’ di speranza e di coraggio in vista dei prossimi impegni che, viste anche le assenze, sembrano difficilissimi se non proibitivi.

La gara di domenica prossima a Genova sarà veramente decisiva. Non si può più sbagliare. Un’eventuale vittoria potrebbe avere il valore di una vera e propria svolta, se non nella posizione in classifica, almeno dal punto di vista psicologico. Un altro pareggio o, peggio, una sconfitta, costringerebbe la Juventus a guardarsi seriamente le spalle per non perdere il secondo posto che significa Champions diretta.


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martedì 6 marzo 2012

I sogni della Juventus passano per Bologna

Scorrendo l'elenco degli incontri previsti per la ventiseiesima giornata del campionato di serie A e focalizzando l'attenzione sulla corsa verso lo scudetto, a prima vista quello appena concluso sembrava potesse trattarsi di un turno favorevole per la Juventus. Dalla teoria alla pratica, invece, il ritornello è stato sempre lo stesso: Ibrahimovic ha preso per mano il Milan conducendolo ad una facile vittoria sul Palermo mentre Madama, che già conosceva l'esito della gara del "Renzo Barbera", non è andata oltre il pareggio in casa contro il "piccolo" Chievo.

Lo svedese, in testa alla classifica dei marcatori in compagnia del friulano Di Natale (diciotto reti all’attivo per entrambi), lo scorso mercoledì aveva trascinato la propria nazionale al successo esterno nell’amichevole disputata contro la Croazia (3-1 a Zagabria), uno dei nostri avversari nel gironcino del prossimo Europeo. Nello stesso giorno l’Italia di Prandelli infarcita di juventini (in sei sono scesi sul campo di “Marassi”) perdeva contro gli Stati Uniti allenati da Jürgen Klinsmann (0-1). Col senno di poi (e con le dovute cautele) questi erano indizi da non trascurare.

Sempre a proposito di Ibrahimovic va ricordato che il 5 febbraio 2012 venne espulso per aver tirato uno schiaffo al napoletano Aronica: prese tre giornate di squalifica (poi confermate), saltò Milan-Juventus e fu costretto a non giocare in campionato per quasi un mese (sino a sabato 3 marzo). In quel preciso momento i rossoneri avevano accumulato quarantaquattro punti in classifica e si trovavano ad una sola lunghezza di distacco dalla Vecchia Signora capolista, alla quale – oltretutto – spettava la possibilità di recuperare una gara rinviata per neve (quella col Parma, poi disputata il 15 febbraio).

In questo arco di tempo l’attaccante del Diavolo ha potuto comunque giocare in coppa Italia, in Champions League e – appunto – in nazionale, dove ha avuto modo di tirare fuori il meglio e il peggio del suo repertorio: assist, goals e scontri sul campo di gioco con gli avversari.
Nonostante la sua assenza il Milan si trova attualmente a cinquantaquattro punti, mentre la Juventus – ferma a quota cinquantuno – aspetta l'incontro di mercoledì 7 marzo a Bologna (un altro recupero, oltre all'incontro del "Tardini") per cercare di riagguantare i rossoneri in vetta al torneo.

In un periodo in cui avrebbe dovuto mantenere il passo giusto Madama ha invece dilapidato un esiguo vantaggio, proprio mentre i diretti rivali hanno saputo affrontare al meglio la situazione di emergenza che si è prospettata davanti a loro.
Così come è assodato che un successo potrebbe rimettere le duellanti sullo stesso piano, allo stesso modo è anche vero che gli uomini di Conte farebbero bene a non mollare la presa: Lazio (quarantotto) e Udinese (quarantasei) non sono poi così lontane.

Se l'imbattibilità è stata un pregio del quale per lungo tempo la Juventus ha potuto fregiarsi, l'elevato numero dei pareggi (dodici in venticinque gare, quasi la metà) ne ha minato il prestigio. L'attuale secondo posto è frutto anche di una fase difensiva che ha funzionato spesso ai limiti della perfezione (sono solo sedici i goals subiti), ma gli infortuni che terranno lontano dai campi di gioco Barzagli e Chiellini per diverse partite sono una difficoltà in più che la Vecchia Signora dovrà affrontare nei prossimi incontri. Nella speranza che gli attaccanti inizino a fare con regolarità il loro mestiere: segnare.

"Sta per cominciare un mese che dirà molto del nostro futuro e dobbiamo farci trovare preparati. La nostra concentrazione è rivolta soltanto a questo", ha scritto Alessandro Del Piero sul suo sito qualche giorno addietro. Aggiungendo: "Erano anni che non arrivavamo a marzo in corsa per due obiettivi, campionato e coppa Italia, dato che siamo attesi anche dalla partita di ritorno contro il Milan che vale la finale dell’Olimpico". Dopo essere partita col piede sbagliato, perdendo due punti nella gara interna con il Chievo, per raggiungere i propri obiettivi da Bologna in avanti la Juventus dovrà pigiare di nuovo il piede sull'acceleratore.
Dello stesso avviso è stato Buffon: "Vogliamo continuare a sognare".
Continuando a pareggiare, però, diventa dura fare pure quello.

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domenica 4 marzo 2012

Il fondo del barile

“I ragazzi sono stanchi, stanno raschiando il fondo del barile…..ci sono tre o quattro squadre con un organico superiore al nostro…solo il Milan può permettere l’intromissione di qualche altra squadra, altrimenti vince lo scudetto…se noi arriviamo ad ottenere un posto in Champions, quest’anno abbiamo fatto un miracolo”.
Suonano come una resa le parole in conferenza stampa di Antonio Conte. Non che abbia mai fatto proclami il tecnico Leccese, anzi, anche nei momenti di maggiore esaltazione ha sempre gettato acqua sul fuoco, scegliendo un profilo basso e ricordando a tutti, fin da inizio stagione, che la Juventus viene da due settimi posti e soprattutto da due stagioni decisamente umilianti.

Ma io credo che anche il Mister, fino a pochissimo tempo fa, sotto sotto, credesse al sogno scudetto. Così come un po’ tutti noi abbiamo sperato che potesse accadere il miracolo, frutto comunque di un grandissimo lavoro che società, squadra e tecnico hanno portato avanti dal luglio 2011 in poi. Molto probabilmente quel sogno si è infranto ieri sera, allo Juventus Stadium, dopo l’ennesimo pareggio della stagione (sono ben 12) e le solite difficoltà che fin dalle prime giornate di campionato si trova a dover affrontare la Vecchia Signora al cospetto delle cosiddette piccole.

Ovviamente io spero, con tutto il cuore, di sbagliarmi e che la mia affermazione sia solo il risultato della grandissima delusione dalla quale sono stato colto ieri sera al triplice fischio del Signor Gervasoni. Triplice fischio che ha decretato la fine di un match che ha visto una Juventus che, come sempre, nella prima frazione di gioco, ha attaccato con veemenza, ma senza riuscire a creare il numero di occasioni che fino a qualche partita fa erano una costante (anche se quelle capitalizzate sono state per tutta la stagione inferiori a quelle costruite). Nel secondo tempo si è notato immediatamente un nettissimo calo fisico, anche a causa del fatto che, tranne Giaccherini e De Ceglie, non a caso due tra i più brillanti, tutti gli altri in settimana sono stati impegnati con le rispettive nazionali.

Come lo stesso Conte ha sottolineato la seconda frazione di gioco ha visto un Chievo più fresco e che dava l’impressione di poter arrivare al goal in ogni momento, cosa durante l’arco della stagione praticamente mai accaduta all’avversario di turno presentatosi allo Juventus Stadium. Sta di fatto che, una volta subita la rete del pareggio, la Juventus non è riuscita ad avere una vera e propria reazione, se si eccettua un tiro da fuori area di Pirlo, ben parato da Sorrentino. Si sono rivisti i lanci lunghi, quei palloni gettati in avanti per disperazione che non vedevamo più dalla scorsa stagione. Nel recupero i ragazzi mostravano di non crederci più e quei 5 minuti concessi dall'arbitro sono praticamente volati via senza emozioni.

Considerando la “sconcertante” facilità con cui il Milan vince da un po’ di tempo su ogni campo, anche quelli, come Udine e Palermo che dovrebbero, almeno in teoria, rappresentare ostacoli importanti da affrontare, c’è poco da stare allegri. Onestamente mi piacerebbe vedere qualche volta gli avversari dei rossoneri scendere in campo con la metà della grinta che hanno quelli che affrontano la Juve, ma forse io vedo le partite con occhi troppo da tifoso. E’ fuor di dubbio però, che vedere Bortolo Mutti, dopo quattro reti subite senza neanche tentare di reagire, sorridere davanti alle telecamere e dichiarare “vabbè abbiamo perso contro la prima della classe, ci può stare, ci rifaremo alla prossima”, fa un po’ rabbia.

Gli infortuni di Barzagli (forse solo forti crampi per lui) e Chiellini (possibile stiramento), tra i migliori in campo, non contribuiscono ad accrescere l’ottimismo in vista del difficile incontro di mercoledì a Bologna, campo storicamente ostico ed ostile per Madama.

Vorrei parlare infine dei fischi che si sono sentiti allo stadio. Pare fossero indirizzati a Vucinic e Bonucci. Ora voglio dire una cosa: di sicuro a me Bonucci non piace molto come difensore e ritengo che una squadra che voglia ambire alla vittoria debba schierare centrali di ben altro livello, mentre per ciò che concerne Mirko Vucinic, lo ritengo la più grande delusione della stagione. A mio avviso, come già ho scritto più volte in passato, proprio lui avrebbe dovuto essere la nostra arma in più ed invece non è mai riuscito veramente ad assolvere a questo compito, vittima, probabilmente di quella incapacità di compiere il salto di qualità da grande talento a campione che ha sempre contraddistinto la sua carriera. Ma se c’è una cosa di cui questa squadra adesso non ha bisogno sono i fischi!! Qualcuno forse ha la memoria corta ed ha già dimenticato gli anni di umiliazioni continue da cui veniamo. Io sono il più deluso di tutti, ma non finirò mai di ringraziare Conte e questi ragazzi per quello che stanno facendo e vorrei che, ora che sta arrivando il difficile, tutti li sostenessero come meritano, fino alla fine, indipendentemente da quello che succederà.


Questo articolo è di Danny67. Tutti gli altri, li puoi trovare nella sua rubrica Un Bianconero a Roma