martedì 30 aprile 2013

Juventus, scudetto e prove di Champions

 
La Juventus si trova ad un passo dallo scudetto. Ancora un punto e Madama potrà festeggiare la conquista del suo secondo tricolore consecutivo. "Il titolo della ferocia, della voglia e della continuità, tutte cose che abbiamo dimostrato di avere più degli altri", come lo ha recentemente definito Antonio Conte. Con ogni probabilità domenica prossima i bianconeri alzeranno il calice della vittoria nella loro casa, in quello "Juventus Stadium" che in soli due anni ha visto la Vecchia Signora primeggiare in serie A.
 
Sotto certi punti di vista, considerando che manca ancora qualche giornata alla fine del torneo forse per la Juventus è stato meglio rinviare l'appuntamento con lo scudetto di un turno. La vittoria esterna del Napoli a Pescara ha impedito – di fatto – lo svolgimento di una festa che si sarebbe tenuta sempre a Torino, però in uno stadio diverso. Che non è più il vecchio e caro "Comunale", bensì il nuovo "Olimpico", teatro di alcune delle prestazioni più negative dell'intera storia juventina ed attuale impianto che ospita le gare interne dei granata.
 
L'ultima vittoria "esterna" contro il Torino per 2-0 in serie A risaliva proprio ai tempi del "Comunale". Era scaturita il 31 marzo 1985: con una rete a testa di Briaschi e Platini la Juventus aveva piegato gli avversari nella domenica che precedeva l'andata della semifinale di Coppa dei Campioni disputata contro i francesi del Bordeaux. Quell'edizione del massimo trofeo continentale si era poi conclusa con la tragica serata di Bruxelles.
 
Tornando alla cronaca, sconfitta anche la squadra di Ventura Madama non mollerà certamente la presa sul campionato ("Adesso per la matematica ci manca un solo punto. Ma fino a quando non lo raggiungeremo li martellerò" sono state le parole di Conte nel post derby), anche se inizia a progettare sin da ora la squadra per la prossima stagione. Poco importa ai bianconeri, ascoltando le dichiarazioni del suo tecnico, che il Bayern Monaco abbia recentemente annichilito il Barcellona: "Non ci deve consolare, perché noi dobbiamo guardare verso l’alto e non verso il basso".
 
Per realizzare un progetto realmente ambizioso è necessario ripartire da quanto di buono la Vecchia Signora possiede già oggi. Un nome a caso: Vidal. Con una sostanziale differenza rispetto al suo recente passato: lo scudetto che la Juventus si appresta a vincere è ampiamente annunciato, oltre che meritato. Motivo per il quale sarebbe inconcepibile arrivare nuovamente al prossimo fine agosto, quando chiuderà la sessione estiva del calciomercato, con le idee poco chiare per quanto concerne il reparto offensivo. Il tempo a disposizione non manca. L'importante è utilizzarlo appieno.
 
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lunedì 29 aprile 2013

Quando il derby si fa duro...



Questo articolo è di Danny67. Tutti gli altri, li puoi trovare nella sua rubrica Un Bianconero a Roma

Un derby durissimo quello che si è disputato ieri pomeriggio allo stadio olimpico di Torino e vinto dalla Vecchia Signora che si conferma imbattuta in questa sfida da ormai 18 anni. Come dicevo non è stata una partita facile. Il violento temporale che si è abbattuto sul capoluogo piemontese per tutta la durata dell’incontro ha reso il terreno di gioco molto pesante ed anche lo spettacolo che si è visto sul campo non è stato di altissimo livello. La Juventus ha praticamente dominato la gara è vero, dettando i ritmi (non elevatissimi per la verità) ed attaccando per quasi tutti i novanta minuti un Toro che si difendeva benissimo concedendo pochi spazi ai campioni d’Italia, ma le occasioni da rete non sono state moltissime e quella più clamorosa Vucinic l’ha sprecata in maniera incredibile dopo un assist pazzesco a tagliare il campo di Pogba. 

I granata pressavano alto, entrando spesso in modo duro e attaccando immediatamente i portatori di palla costringendo spesso Buffon al rinvio lungo. Non era semplice per i bianconeri sviluppare il gioco nella maniera migliore e la scarsa lucidità di un Pirlo visibilmente stanco non facilitava le cose. Ma nonostante ciò gli uomini di Conte hanno mantenuto sempre l’iniziativa cercando la vittoria, pur non essendo brillanti, senza correre mai rischi eccessivi, tanto che gli interventi di Buffon in tutta la gara saranno stati due al massimo. Forse lo schema adottato nelle ultime gare da Conte (3-5-1) serve a mascherare una certa stanchezza del gruppo e a rendere la squadra meno penetrabile a centrocampo, ma probabilmente con un attaccante più efficace di Vucinic con tale modulo si potrebbe essere maggiormente pungenti in avanti. Ma oggi non voglio andare a cercare magagne perché la soddisfazione per il risultato e per ciò che questi ragazzi stanno compiendo mi rende felice e poco incline alle critiche. 

Anche Pogba, il migliore in campo in assoluto ed autore di una prestazione sontuosa, servito da uno splendido assist di Asamoah, sbagliava un gol clamoroso proprio a due passi dalla porta avversaria ed in quel momento in tutti si faceva strada l’idea che la partita sarebbe finita a reti inviolate nonostante la supremazia bianconera fosse stata netta. Ma spesso accade che in questi casi un match orientato verso lo zero a zero venga deciso dalla prodezza di un fuoriclasse, dal classico coniglio tirato fuori dal cilindro da uno di quei calciatori che sono un gradino sopra agli altri, che osano e che spesso vengono premiati dalla sorte. Arturo Vidal è uno di questi. Vero prototipo del calciatore moderno, che corre, lotta, pressa e aggredisce l’avversario, riconquista palloni, crea gioco, inventa assist e segna reti pesantissime. Il cileno calciava al volo da venti metri dopo un rapido controllo di petto infilando il pallone all’angolino dove Gillet non poteva arrivare. Un capolavoro!! 

Il raddoppio di Marchisio (quest’anno a segno tre volte nel derby) chiudeva la gara e spalancava alla Juventus le porte verso il grande traguardo finale. Ora manca solamente un punto da conquistare magari nella prossima partita interna con il Palermo, ma io sono convinto che Antonio Conte, dopo quello che è accaduto l’estate scorsa e che ne lui ne noi abbiamo dimenticato, non si accontenterà del pareggio ma chiederà ai suoi di battersi alla morte per la vittoria. 


mercoledì 24 aprile 2013

Juve e Toro, le ricorrenze nei derby

 
Un derby è un derby, una partita particolare che spesso sfugge ai pronostici e fa crollare le certezze più assolute. Anche quello di Torino, ovviamente, non si sottrae a questa regola non scritta. Sfogliando l'album dei ricordi si possono trovare moltissime stracittadine disputate sotto la Mole che potrebbero riassumere benissimo quanto appena detto. Nella stagione 2001/02, ad esempio, Juventus e Torino diedero vita a due gare tiratissime, che terminarono entrambe in parità in mezzo ad un festival di gol. Nella sfida del girone di andata Madama, dopo aver concluso la prima frazione di gioco in vantaggio di tre reti, aveva subito un'incredibile rimonta nei successivi quarantacinque minuti. Le era capitata, a onor del vero, l'occasione per chiudere definitivamente la partita grazie ad un calcio di rigore affidato al cileno Salas. Il problema, però, fu che l'attaccante aveva spedito il pallone alle stelle.
 
Prima di quell’esecuzione il torinista Maspero si era diretto verso il dischetto. Marco Ferrante, ex punta del Torino, ha recentemente parlato di quanto accaduto in quei momenti nel corso di un'intervista rilasciata a "Sportmediaset": "Credo che se uno fa una buchetta davanti al punto in cui calcio, questa non influisca. Non era mica un solco di un metro… La verità è che Salas ha calciato quel penalty di collo pieno e col corpo all’indietro. In questo modo è logico che il tiro finisce alto, si insegna nelle scuole calcio". Ristabilita la (sua) verità sull'episodio in questione, Ferrante ha affrontato un tema ancor più delicato: "In quel 3-3 successe davvero di tutto. Il fatto che non giocassi dall’inizio ha imbarazzato anche i miei compagni. E' stata una storia parecchio strana. All’epoca il nostro presidente era Cimminelli. Voci di corridoio dicevano fosse juventino, quindi costrinse Camolese a lasciarmi fuori, altrimenti lo avrebbe esonerato. Anche il mister può confermare".
 
Con il suo ingresso in campo aveva poi fornito un contributo importante nel raddrizzare le sorti del Torino. Ferrante era risultato decisivo anche nella gara di ritorno, disputata il 24 febbraio 2002. Fu proprio lui a segnare la rete del momentaneo pareggio granata dopo l'iniziale vantaggio bianconero realizzato da Trezeguet. L'attaccante del Torino aveva esultato correndo sotto la curva Maratona imitando le corna del toro. Fin qui nulla di strano, se non fosse che anche lo juventino Maresca aveva fatto altrettanto verso la fine dell'incontro, dopo aver messo a segno il gol del definitivo 2-2 (il momentaneo sorpasso granata portava la firma del francese Cauet). Apriti cielo. Dalla pancia dello stadio "Delle Alpi" ancora Ferrante non era riuscito a trattenere la propria rabbia: "Nel calcio ci può stare tutto: calci, pugni, falli da espulsione, ma certe cose non vanno bene. Gliel'ho detto, ma lui scappava. L'esultanza uguale alla mia? Vorrà dire che vuole venire al Toro, alla Juve vedo che trova poco spazio... ".
 
Marcello Lippi prese le difese del suo giovane centrocampista: "Andatevi a rileggere le dichiarazioni dei giocatori del Torino fatte durante la settimana, a partire da quelle di Lucarelli sulla maglia della Juve. Il clima era stato surriscaldato prima ancora di scendere in campo". Il già citato Cimminelli, invece, aveva spostato l'attenzione generale sulla direzione arbitrale: "Hanno giocato in dodici, Zambrotta andava espulso per quel fallo da dietro, è stato un arbitraggio provocatorio".
 
Tra i compagni di squadra di Maresca c'era stato chi aveva cercato di smorzare la tensione, come Ciro Ferrara ("Enzo voleva fare l'esultanza della zebra, ma non sa come si fa"), e chi invece non aveva gradito il suo gesto. David Trezeguet era tra loro: "Io non l'avrei fatto, non è nel mio stile dopo un gol andare sotto la curva o davanti alla panchina altrui a festeggiare. Questo non vuol dire, però, che Maresca abbia agito in malafede. Bisognerebbe chiederlo a lui". Con quel pareggio la Juventus venne momentaneamente superata in classifica da Inter e Roma, nel corso di un campionato che avrebbe regalato emozioni sino all'ultima giornata svoltasi nell'ormai celebre data del 5 maggio 2002. Niente a che vedere con l'attuale edizione, dove - almeno per quanto concerne lo scudetto - si è arrivati al punto di provare ad indovinare il momento esatto in cui la Vecchia Signora potrà festeggiare la conquista del suo secondo tricolore consecutivo.
 
Il ballottaggio al momento riguarda due gare: quella prevista per la prossima domenica, vale a dire il derby di Torino, oppure quella successiva, quando Madama ospiterà il Palermo. Accadrà il 5 maggio. In un modo o nell'altro, per i bianconeri si tratta sempre e comunque di ricorrenze particolari...
 
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lunedì 22 aprile 2013

La Juve e la differenza con il Milan


Manca poco, forse pochissimo affinché la Juventus possa festeggiare la vittoria dello scudetto. "La storia la scrive chi vince, gli altri possono solo leggerla", ha ripetuto più volte Antonio Conte nei giorni scorsi. Il messaggio era rivolto principalmente ad Adriano Galliani, in merito alle sue recenti considerazioni sui risultati positivi ottenuti dai rossoneri nella seconda parte della stagione e ai paragoni con quanto realizzato dalla società bianconera negli ultimi anni. Le parole del tecnico juventino, però, devono servire da monito anche al proprio club: conquistata più volte l'Italia, per scalare le vette dell'Europa servirebbe ben altro rispetto alla rosa attualmente a sua disposizione.

"Per i prossimi obiettivi bisogna valutare prima di tutto il discorso economico: se non spendiamo o spendiamo il giusto si farà di necessità virtù. A fine annata faremo le giuste valutazioni sotto ogni punto di vista", ha infatti dichiarato lo stesso allenatore nei momenti successivi l'incontro con il Milan. Prima della sfida, invece, si era prodigato nel motivare ai cronisti presenti in conferenza stampa la conferma del 4-5-1-1 come modulo scelto per l'avvio della gara: "Bisogna trovare il modo di far giocare i migliori undici a disposizione. Un anno fa mi sono trovato tra le mani Vidal e mi ha convinto in fretta che lo dovevo tenere in campo. Ero arrivato con certe idee tattiche e le ho cambiate. La stessa cosa si è ripetuta con Pogba: era un ragazzo della Primavera del Manchester, l’avevamo preso conoscendone le potenzialità ma nessuno immaginava che in pochi mesi sarebbe cresciuto tanto".

Si tratta di un concetto condivisibile, che comunque nasconde il reale problema: la debolezza del reparto offensivo della Juventus, aiutato proprio dalla linea mediana a raggiungere la ragguardevole cifra di sessantaquattro gol realizzati in trentatré gare di serie A. Visto che il nome di Ibrahimovic riecheggia spesso dalle parti di Torino, ripensando alla prima esperienza del fuoriclasse svedese in maglia bianconera giova ricordare come Fabio Capello difficilmente si privava di lui, facendogli ruotare attorno Trezeguet e Del Piero nel ruolo di partner d'attacco. Ecco, con un trio di punte simili da gestire difficilmente Conte ne avrebbe lasciato in panchina due per dare spazio ad un giovane (seppur promettente) come Pogba.

Tra Juventus e Milan chi aveva più da perdere, limitatamente alla partita appena disputata e a questo particolare momento della stagione, erano i rossoneri. Tra l'entrare in Champions League dalla porta secondaria oppure disputare l'Europa League c'è una bella differenza, innanzitutto (ma non solo) di natura economica. Troppi complimenti fanno male, a maggior ragione se provengono dall'interno (Galliani) e fanno credere ad un gruppo con notevoli limiti strutturali come quello rossonero di essere improvvisamente tornato competitivo.

Chi vince solitamente diventa un punto di riferimento per gli avversari. Non un modello da imitare, dato che ogni club possiede una propria identità ed una storia unica, bensì un'asticella da superare per poter primeggiare in una determinata competizione. La Juventus che si avvia a conquistare il suo secondo tricolore consecutivo è diventata la squadra da battere se si vuole vincere uno scudetto. Questo in Italia. In Europa, invece, Madama deve misurarsi contro formazioni più forti di lei, nell'ambito di una concorrenza spietata di altissimo livello.

Va da sé che per riuscire nel suo intento le occorrerà alzare notevolmente il tasso tecnico dei propri elementi, con ricadute che saranno ben visibili anche nei prossimi campionati di serie A. Galliani farà bene a ricordarlo, se ha davvero l'intenzione di dimostrare che tra i bianconeri ed il Milan di questi tempi non c'è differenza.

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Un passo alla volta...



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Non è stata una gran partita, anzi, piuttosto bruttina direi. L’attesissima sfida tra i bianconeri primi in classifica ed i rossoneri terzi, all’inseguimento del Napoli ma con un occhio alla Fiorentina che ora è molto vicina si è tradotta sul campo in un match molto poco spettacolare, tattico, con le due compagini che sembravano più timorose di perdere che desiderose di conquistare i tre punti. Si, è vero che mentre per la Juventus andavano bene due risultati su tre, per il Milan i tre punti erano forse ancora più importanti, vuoi per una questione di prestigio (viste le polemiche derivanti dalle statistiche stilate da Galliani in settimana) vuoi anche per mantenere inalterato il vantaggio sulla quarta in classifica in difesa dell’ultimo posto disponibile per la Champions. 

Vedere comunque la Juventus non spingere e non pressare alla ricerca spasmodica della vittoria suona un po’ strano per chi è abituato a seguire gli uomini di Conte da quasi due anni a questa parte, anche se, in questa seconda stagione, il gioco della Vecchia Signora sembra essere un po’ cambiato rispetto a quello di qualche mese fa. Il mister Salentino ha escluso nella maniera più assoluta l’ipotesi di una Juve calcolatrice che aspetta l’avversario e che amministra il notevole vantaggio che ha sul Napoli secondo. Lo stesso Conte, d’altro canto ha ammesso che la forte pressione degli attaccanti rossoneri su Barzagli e Bonucci (gli iniziatori della manovra bianconera) ha creato discrete difficoltà all’impostazione del gioco ed ha anche sottolineato il fatto che, quando si arriva al dunque, tra la troppa voglia di chiudere il discorso e quel po’ di pressione che il Napoli, con la sua vittoria in extremis nel pomeriggio, ha messo addosso ai suoi ragazzi, può capitare che ci sia qualche esitazione di troppo. 

Io però ricordo che l’anno scorso, di questi tempi, la Juventus era una macchina inarrestabile che andava a mille in ogni suo singolo elemento e che cercava con fame ed accanimento la vittoria ad ogni costo, senza alcun timore e correndo per novanta minuti. Con questo non voglio assolutamente criticare questi calciatori che stanno veramente facendo cose straordinarie e che stanno rendendo felici tutti noi tifosi, ma voglio solo dire che, probabilmente, un po’ di stanchezza anche loro cominciano a sentirla e non sempre riescono ad essere brillanti, aggressivi e compatti per tutto l’arco della gara. Nessuno può negare che Pirlo è da diverso tempo che si muove poco, sbaglia molti passaggi per lui elementari, spesso non riesce a difendere il pallone, mostrando, insomma, un calo atletico evidente. E ciò che vale per Pirlo vale anche per altri giocatori. La cosa è decisamente normale visti gli impegni che si è dovuti sostenere in tutta la stagione, soprattutto se si pensa che la maggiora parte di questi ragazzi ha disputato gli Europei, poi il campionato, la Coppa Italia, la Champions e le qualificazioni per i mondiali.

Fortunatamente questa squadra ha un gioco che manda a memoria, un’organizzazione difensiva quasi perfetta, una rabbia agonistica che si incarna in uomini come Vidal, Lichtsteiner, Chiellini e Barzagli, tutte qualità che le permettono di riuscire a spuntarla anche quando la serata non è delle migliori, magari con un episodio che decide il match. E così è accaduto ieri sera allo Juventus Stadium. La vittoria è arrivata grazie ad uno spunto di Asamoah che ha creduto fino all’ultimo in una palla che sembrava ormai preda dei difensori milanisti e che è stato “nettamente” atterrato dal portiere Amelia il quale, con la sua uscita ha travolto l’esterno sinistro bianconero, costringendo Banti a fischiare la massima punizione. L’esecuzione del calcio di rigore da parte di Vidal è stata letteralmente perfetta. 

Dopo la rete del vantaggio per almeno 10-15 minuti la Juventus ha finalmente sciorinato il suo gioco, cercando di segnare quella che sarebbe stata la rete della sicurezza, ma senza riuscirvi, anche per la scarsissima vena di Vucinic, stavolta lento, impacciato e svogliato e per la non convincente prova di Marchisio che non ha ripetuto la prestazione di Roma di una settimana fa. Ad ogni modo la tardiva reazione del Milan non ha mai creato grossi pericoli alla porta difesa di Buffon impegnando il portiere bianconero solo con un paio di tiri da fuori area. E’ finita così, con la vittoria (meritata per aver fatto qualcosa di più) dei bianconeri che ora si trovano a quattro punti dalla vittoria finale.

mercoledì 17 aprile 2013

Juve-Milan, ritorno al futuro

 
Sembra sia trascorsa un'eternità, eppure è passato poco più di un anno da quando Antonio Conte travestiva Ibrahimovic da Gulliver e lasciava volentieri al Milan il ruolo di candidato alla conquista dello scudetto. Nel caso in cui il gruppo guidato da Allegri fosse riuscito nell'impresa si sarebbe trattato del secondo tricolore consecutivo. Lo stesso tecnico rossonero aveva raccolto il messaggio lanciato dal collega bianconero per poi rispedirlo al mittente: "Se Conte continua a pensarla così vuol dire che sottovaluta la sua squadra. A me non piace sottovalutare i miei giocatori".
 
In campo e fuori, in campionato così come in Coppa Italia, i loro destini si sono incrociati più volte nel corso delle due ultime stagioni. A partire dall'estate del 2011, nel momento stesso in cui Andrea Pirlo lasciò Milano per raggiungere Torino: "La scelta di andare alla Juventus è stata soprattutto mia. Sono felice di questa decisione, sarà il campo a dire se ho fatto bene. Voglio affrontare una nuova sfida, quando ho incontrato i dirigenti del Milan ho spiegato che preferivo cambiare. Nell'ultima stagione sono stato fuori per 4 mesi per infortunio, ora non ho nessuna rivincita da prendermi nei confronti del Milan. Ho passato 10 anni splendidi in maglia rossonera e ho vinto tutto quello che c'era da vincere".
 
Brescia, Inter, Reggina, ancora Inter e Brescia per poi andare al Milan quando il suo cartellino era di proprietà nerazzurra, nell'ambito di una di quelle operazioni per le quali chi sbaglia non la smetterebbe mai di mangiarsi le mani. Strappando Pirlo ai cugini dell'altra sponda del Naviglio Galliani fece l'affare del secolo, lo stesso che ha successivamente realizzato la Juventus quando ha puntato forte sul centrocampista della Nazionale alla veneranda età (calcistica) di trentadue anni.
 
Pur di non rinunciare al suo talento in mezzo al campo Ancelotti gli aveva cambiato ruolo, arretrando di qualche metro la zona di sua competenza per evitare che si pestasse i piedi con Rui Costa. Quella decisione fece la fortuna di entrambi. Il Milan che sapeva vincere pure al di fuori dello Stivale era una delle formazioni della serie A che praticava un tipo di calcio più europeo che italiano, meno muscolare ma più tecnico rispetto a quello in voga nel nostro campionato.
 
Come Ancelotti anche Antonio Conte, al momento del suo ritorno a Torino, aveva chiarito immediatamente l'indispensabilità del centrocampista bresciano all'interno dello scacchiere bianconero: "Pirlo e Marchisio? I grandi calciatori trovano sempre spazio in una squadra, loro sono due nazionali, dotati di grandi qualità, cuore e carisma. Hanno un identikit preciso che dice Juve, sono felice di averli a disposizione. Mi piace fare la partita, cerco di trasmettere la mia mentalità".
 
Da quel momento ad oggi la Juventus ha vinto uno scudetto, una Supercoppa Italiana e si appresta, lei sì, a conquistare il secondo tricolore consecutivo. Il Diavolo ha invece ceduto il suo Gulliver e Thiago Silva, salutato i senatori di lunga militanza (e palmarès) per poi ripartire dai giovani. L'arrivo di Balotelli ha dato sostanza ad un progetto che sembrava naufragato in partenza, escluse - ovviamente - le poche note liete tra le quali spiccava ovviamente l'esplosione di El Shaarawy.
 
La prossima domenica si troveranno nuovamente una di fronte all'altra, e a qualcuno potrebbero tornare alla memoria i momenti nei quali, a cavallo tra la fine del vecchio e l'inizio del nuovo secolo, le due società dominavano il calcio italiano e dettavano legge su molti campi d'Europa. Alla Juventus attuale spetta il compito di colmare il gap che la separa dai club continentali di prima fascia; al Milan, viceversa, quello di continuare la strada intrapresa nella speranza di seminare bene come le capitò anni fa, quando aveva costruito in casa alcuni di quei giocatori che fecero grande il Diavolo sacchiano.
Erano altri tempi, d'accordo. Ma prima o poi torneranno.
 
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martedì 16 aprile 2013

Juventus, scudetto a un passo


Sfatato anche il tabù Petkovic, la Juventus è ormai ad un passo dalla conquista del secondo tricolore consecutivo. Madama vince contro la Lazio 2-0 allo stadio “Olimpico”, ripetendo lo stesso risultato della gara disputata a Roma il 12 settembre 2009 contro la formazione allora guidata da Davide Ballardini.
 
Il posticipo infrasettimanale della trentaduesima giornata di serie A ha confermato il doppio volto degli ultimi scontri nella capitale tra i due club: in Coppa Italia la spuntano sempre i padroni di casa (quattro vittorie su quattro dal 26 gennaio del 2000), mentre in campionato le parti si rovesciano (i bianconeri sono imbattuti dal 6 dicembre 2003). Le numerose assenze nell’undici iniziale della Lazio hanno condizionato tanto l’andamento quanto l’esito finale del match. Il divario tecnico tra le due formazioni, certificato dai ventitré punti di differenza in classifica, ha fatto il resto.
 
Il pareggio maturato la scorsa domenica tra il Milan e il Napoli aveva consegnato agli uomini di Conte la possibilità di un ulteriore allungo in questa fase conclusiva della stagione. Uomo pratico, così come ha avuto modo di ricordare ai cronisti presenti alla conferenza stampa che ha preceduto la sfida, al tecnico bianconero interessava soltanto tornare a casa con i tre punti: “Entri nella storia se vinci e scrivi qualcosa. Il resto sono chiacchiere: anche noi abbiamo corso più del Bayern Monaco, però sono passati loro A chi gli frega se la Juve ha corso più del Bayern?”.
 
I tedeschi riportano alla mente il pensiero della recente eliminazione della Vecchia Signora dalla Champions League. Quello europeo è il palcoscenico nel quale Madama dovrà misurare sin dal prossimo anno le proprie ambizioni di grandezza, fermo restando che in Italia – al momento – non si intravedono avversarie in grado di soverchiare le attuali gerarchie con una o due sessioni di calciomercato.
 
Certo, in un modo o nell’altro (ed in entrambe le competizioni) molto dipenderà anche dalla capacità della dirigenza bianconera di rinforzare la propria rosa evitando di rovinare quanto di buono costruito sino ad oggi. Per compiere un ulteriore salto di qualità è necessario l’innesto di fuoriclasse, anche a costi elevati. Solo attraverso il loro arrivo la Juventus potrebbe realmente completare il definitivo salto di qualità.
Il resto, come dice Conte, sono solo chiacchiere.
 
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Altro importante tassello....




Questo articolo è di Danny67. Tutti gli altri, li puoi trovare nella sua rubrica Un Bianconero a Roma

Eccellente affermazione della Juventus che porta via i tre punti dallo Stadio Olimpico di Roma contro una Lazio che, seppur in emergenza difensiva, nel corso della stagione si è dimostrata forte ed organizzatissima e che aveva rappresentato fino a ieri un vero tabù per i bianconeri. Nonostante la Vecchia Signora avesse infatti praticamente dominato tutti i confronti disputatisi nei mesi passati, non era mai riuscita a sconfiggere gli uomini allenati da Pektovic. Ma grazie ad una gara condotta con forza, autorità e un gioco travolgente nella prima frazione di gioco, e controllata, anche se con qualche rischio di troppo, nel secondo tempo, questa volta ha raggiunto meritatamente la vittoria. 

Quello di ieri sera, a mio giudizio (ma non credo solo mio visto ciò che si legge in giro oggi da più parti), si può definire tranquillamente il capolavoro tattico di Conte. Il Mister bianconero ha proposto lo stesso schema di cui si era parlato più volte nel recente passato (soprattutto in occasione della sfida di Monaco contro il Bayern) ma che, alla fine, non era mai stato messo in pratica, vuoi per la assenza forzata di Vucinic, vuoi per altri motivi tattici contingenti. C’è chi sostiene che questo nuovo modulo (3-5-1-1) sia stato utilizzato per non tenere fuori, in un momento in cui sembra essere particolarmente brillante, Pogba. Anche Conte in conferenza stampa ha parlato in tal senso. 

Ma io penso che dietro a questa scelta ci siano anche altri due motivi tecnico-tattici. Nelle gare disputate contro i biancocelesti laziali, spesso si era venuta a creare una certa superiorità numerica da parte di questi ultimi a centrocampo e forse in questo modo Antonio Conte ha voluto evitare che la cosa si riproponesse per poter gestire di più e meglio il gioco contro una formazione che sa difendersi e chiudere gli spazi molto bene. Ma forse ha influito sulla scelta dell’allenatore leccese anche lo stato di forma non eccellente di Pirlo che, negli ultimi tempi, quando è stato pressato dagli avversari ha commesso qualche errore di troppo in fase di impostazione. Inserendo un uomo in più con le caratteristiche di Pogba sulla mediana, il Mister ha scaricato parte del peso della costruzione del gioco dalle spalle di Andrea Pirlo non permettendo agli avversari di avere sotto controllo un unico regista. 

Marchisio, dopo diverse prove negative stavolta nella posizione di mezzapunta si è mosso benissimo, aiutando a centrocampo, effettuando scambi pregevolissimi con Vucinic, inserendosi benissimo tra le maglie della difesa avversaria e non riuscendo a segnare veramente per pochissimo. Mirko Vucinic, stizzito dalle critiche che gli sono piovute addosso ultimamente ( a torto o a ragione?), e che egli stesso ha respinto al mittente ha messo finalmente in campo tutte le sue doti, riuscendo a tenera palla, difenderla, far salire la squadra ed a fungere da vero regista in attacco. 

Ovviamente l’uomo partita è stato Arturo Vidal, non solo perché autore della doppietta che ha regalato alla Juventus la vittoria, ma perché si è ancora una volta mostrato per quello che è, un fuoriclasse nel suo ruolo, un giocatore ed un uomo indispensabile per una Juve che vuole ambire a traguardi importanti. Ci auguriamo tutti che quello che sembra aver fatto capire Conte ieri sera, e cioè che non esiste la possibilità che ci si possa privare di lui, sia ciò che accadrà. 

Grande prestazione anche quella di Barzagli. Conte, in occasione di un suo disimpegno, si è addirittura messo ad applaudire, cosa che succede raramente durante i novanta minuti. Insomma, l’ennesimo tassello per il traguardo finale è stato messo al suo posto. Ora altre due sfide difficili. Milan e Torino. Occorre mantenere ancora sangue freddo e concentrazione, proprio come vuole Antonio Conte!!

sabato 13 aprile 2013

Gustavo Alfredo Neffa e l’appuntamento mancato con la Signora

Era il 18 marzo 1990, mancavano pochi minuti al fischio d’inizio dell’incontro tra Cremonese e Lecce valevole per la ventinovesima giornata del campionato di serie A. Il noto giornalista Franco Costa si avvicinò a Gustavo Alfredo Neffa, talentuoso ragazzino paraguaiano momentaneamente parcheggiato dalla Juventus al club lombardo, facendogli notare che sino a quel momento non aveva ancora segnato alcun goal in maglia grigiorossa. “Speriamo arrivi oggi“, fu la sua risposta. I due conclusero così, sorridendo, la loro veloce chiacchierata.

Trascorsero appena ventidue minuti di gioco e quella speranza diventò realtà. Il pubblico dello stadio “Giovanni Zini” poté finalmente applaudire una rete del giovane numero nove, abile ad impossessarsi del pallone in prossimità dell’area di rigore degli ospiti, ad eludere l’uscita di Terraneo per poi depositarlo nella porta avversaria rimasta sguarnita.

Il vantaggio della Cremonese durò poco, dato che l’argentino Pasculli pareggiò il conto dopo soli quattro minuti. Il risultato finale di 1-1 aveva complicato ulteriormente i piani di Tarcisio Burnich, il tecnico dei grigiorossi: "Le speranze di salvezza non ci hanno abbandonato. Certo, la strada continua ad essere in salita". Mancavano ancora cinque giornate alla conclusione della stagione, che non furono comunque sufficienti ai lombardi per evitare la retrocessione.

La rete messa a segno da Neffa in quel pomeriggio di marzo restò l’unica realizzata nella massima serie dall’attaccante sudamericano. In Paraguay lo aveva notato Heriberto Herrera, che si era premunito di segnalarlo a Giampiero Boniperti. L’ex presidentissimo della Juventus era rimasto favorevolmente colpito dal calciatore, tanto da convincersi a portarlo in Italia per poi lasciarlo crescere, come detto, in provincia.

Amante del tennis si innamorò di una tennista professionista sua connazionale, Rossana de los Rios, quando ormai aveva già lasciato il nostro paese. L’avventura con la Cremonese era continuata anche nella serie cadetta, proseguita con il ritorno nella massima divisione ed interrotta bruscamente nel corso della sua terza stagione in maglia grigiorossa, rimasta quindi incompleta. Di lui si persero subito le tracce, sino a quando non saltò fuori un aneddoto che lo riguardava: Giovanni “Jeff” Pellino, batterista della band punk “Negazione”, decise di dotarsi un nome d’arte e chiamarsi semplicemente “Neffa”. In onore di quel calciatore diventato una meteora della serie A. Tempo dopo il “vero” Neffa lo venne a sapere tramite un amico e si attivò immediatamente per entrare in contatto con il cantante. Missione compiuta, per la felicità di entrambi.

Quella del Gustavo giocatore, invece, non seguì il percorso del predestinato che sembrava essere stata disegnata per lui. Il 18 febbraio 1990 persino l’Avvocato Agnelli rimase positivamente impressionato dalle giocate del paraguiaiano. Accadde a “San Siro”, durante una partita tra il Milan e la Cremonese. Gianni Brera, presente allo stadio, aveva raccontato l’episodio con queste parole: “E’ venuto a vedere Neffa, paraguagio, ed ha preteso che accanto gli sedesse Pierin Boniperti, suo vassallo di ieri, che Neffa diciassettenne aveva acquistato per parcheggiarlo presso la Cremonese. Neffa, avvertito, ha fatto fuoco e fiamme: incornato su una traversa, dribblati i due terzini centrali e il portiere del Milan, tanto beandosi dell’ impresa da consentire a un terzino, il Tassotti, di sventare il suo tiro con la mano. Da qui il platonico rigore del 2-1, che trasforma Dezotti, sicuramente proposto dai cremonesi alla maestà juventina (e anche costui seguono gli occhi di don Giovanni, incastonati in mille rughe preziose)“.

La Juventus per Neffa rimase una chimera. Il 3 dicembre 1989, sempre al “Giovanni Zini”, la stava pure per  sconfiggere: in vantaggio di due reti (Citterio e Gualco) la Cremonese venne poi raggiunta dalle reti di Alessio (l’attuale vice di Antonio Conte sulla panchina di Madama) e Schillaci. A proposito di Conte: entrò in campo pure lui per disputare qualche spicciolo di gara in quel famoso pomeriggio di marzo, quando Neffa segnò il suo unico goal in serie A. All’epoca dei fatti l’attuale allenatore della Vecchia Signora giocava nel Lecce. Il suo futuro, però, a differenza di quello del giovane collega sudamericano era destinato a tingersi di bianco e nero.

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giovedì 11 aprile 2013

La Juventus deve ancora crescere

Bayern Monaco, Borussia Dortmund, Barcellona e Real Madrid. La Champions League è diventata ormai una questione tra tedeschi e spagnoli. Con i club inglesi fuori dai giochi sin dagli ottavi di finale e la Francia spinta in alto unicamente dal Paris Saint-Germain, nella nobiltà europea del calcio soltanto l’Italia avrebbe potuto realmente sperare di portare una sua squadra sino alle semifinali del torneo. Ma per la Juventus non c’è stato nulla da fare.

I bianconeri hanno perso nuovamente 2-0 contro il Bayern Monaco, questa volta a Torino e nonostante l’appoggio di un pubblico straordinario. Sono stati eliminati da una formazione più forte, senza “se” e “ma” che possano addurre a scusanti di qualsiasi genere. Jurgen Kohler, l’ex giocatore che nel corso della propria carriera ha militato in entrambi i club, nei momenti precedenti l’incontro aveva mostrato qualche dubbio in merito alla possibilità per i padroni di casa di ribaltare il risultato della gara di andata: Di solito in situazioni di svantaggio come quella della Juve conta molto la prestazione degli attaccanti, ma credo che la Juventus abbia un attacco ottimo per il campionato, mentre a livello internazionale servirebbe qualcosa in più”.

In poche parole è riuscito a sintetizzare uno degli elementi che differenzia un’ottima squadra, come quella juventina, da una grandissima. Il Bayern Monaco è una di queste. Antonio Conte, dopo aver reso onore ai vincitori, nella sua analisi successiva alla sconfitta si è spinto oltre, sino ad arrivare alla radice del problema: “Il braccino all'andata? Ti viene anche per merito degli avversari. Il Bayern è forte non solo nella qualità dei singoli, loro anche pressati ti saltano e ti creano la superiorità”.

Il desiderio dell’ambiente bianconero di ribaltare il pronostico sfavorevole è stato pari alla voglia di tornare ad essere subito protagonista in Europa. Ma aver vinto uno scudetto in Italia e gettato le basi per la conferma del trionfo dello scorso anno, in realtà, rappresentano un punto di partenza, non di arrivo. Lo stesso Conte, in proposito, è stato chiaro: “Noi siamo neofiti da un certo punto di vista, avevamo tanti giocatori all'esordio in Champions League e siamo arrivati ai quarti di finale. Adesso sappiamo che c'è una strada lunga e dura da percorrere. Ma così si tengono i piedi per terra”.

In pochi mesi la Juventus è passata dall’accumulare fallimenti a mostrare evidenti segnali di crescita in tutti i settori del club. Adesso che ha raggiunto nuovamente l’élite del calcio europeo è attesa dal compito più arduo: salire gli ultimi gradini (forse sarebbe più appropriato definirli gradoni) per arrivare al successo. Per farlo occorrono tempo, pazienza, spirito di sacrificio ed investimenti economici.
Il percorso, comunque, è stato tracciato.

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domenica 7 aprile 2013

Juventus all'assalto del Bayern


Il Bayern Monaco ha vinto la Bundesliga. C’era da aspettarselo, visto l’enorme vantaggio maturato in classifica sulle dirette rivali nel corso della stagione. Sino a pochi giorni fa restava soltanto un piccolo dubbio, legato al momento esatto in cui sarebbe riuscito ad aggiudicarsi matematicamente la Meisterschale. Lo ha fatto nel minor tempo possibile, arrivando al traguardo il 6 aprile (evento mai accaduto prima da quelle parti).

E’ la quinta volta negli ultimi dieci anni che i bavaresi conquistano il titolo nazionale. Il Werder Brema, lo Stoccarda, il Wolfsburg ed il Borussia Dormund (in due occasioni) sono stati gli unici club in grado di impedire che il predominio del Bayern Monaco diventasse una vera e propria dittatura. Certo, pensando alla marcia inarrestabile imposta dal gruppo di Heynckes viene spontaneo domandarsi cosa riuscirà ad aggiungere Guardiola dal momento del primo contatto con la sua nuova realtà, che avverrà in Italia dalle parti di Riva del Garda (dal 4 luglio).

Ora, però, la concentrazione dei neo campioni di Germania sarà rivolta esclusivamente alla Champions League ed alla coppa nazionale. Con ogni probabilità proprio in Europa si dovrebbero notare le maggiori novità che verranno apportate dall’ex tecnico del Barcellona. A lui spetterà il compito di riportare il massimo titolo continentale nella bacheca dei bavaresi, conquistato per l’ultima volta nel 2001 dopo averlo vinto in tre edizioni consecutive dal 1974 al 1976. A meno che, ovviamente, non riescano ad aggiudicarselo già in questa stagione.

Mercoledì prossimo dovranno difendere, nel caso in cui non dovessero aumentarlo, il vantaggio di due reti maturato nella gara di andata dei quarti di finale contro la Juventus. La quale, dal canto suo, è ad un passo dal replicare la vittoria in serie A maturata la scorsa stagione. Dopo la partita disputata all’Allianz Arena in pochi sembravano avere dubbi sull’esito del doppio confronto tra le due squadre. Uno di questi era Bastian Schweinsteiger: “E' un buon risultato, ma non sarà facile perché gli italiani usano tattiche molto interessanti. Il mio istinto mi dice che avremmo dovuto segnare un altro gol, ma abbiamo fatto benissimo a non subirne”.

Con il trascorrere dei giorni nel mondo bianconero lo scoramento ha lasciato via via spazio alla fiducia. Più che di rimonta in casa bianconera si parla di “sogno da continuare”. Stavolta Conte non ha chiesto l’aiuto del pubblico invocando semplicemente una “bolgia”, bensì ha raddoppiato la richiesta di sostegno invocando una “bolgia-bolgia”. Il Pescara, vittima sacrificale di Madama nell’anticipo della trentunesima giornata della serie A, ha impedito che la Juventus potesse passeggiare tranquillamente sui suoi resti per aggiudicarsi altri tre punti indispensabili per vivere con serenità i giorni che precedono il match contro i bavaresi.

La Vecchia Signora ha vinto, sì, per 2-1, ma non è stato facile. Il fato sembrava averle combinato un brutto scherzo, riproponendole una gara simile a quella persa in casa contro la Sampdoria nel giorno dell’Epifania. Oppure, per essere più chiari, una di quelle partite in cui i bianconeri dominano, sprecano il possibile e l’impossibile per poi restare a mani vuote al fischio finale.

La vittoria porta il nome di Vucinic, il talento montenegrino che potrebbe risultare decisivo anche nella prossima gara di coppa. Comunque andrà a finire, è sempre più chiaro che la Juventus non potrà continuare a progettare ogni estate reparti offensivi nei quali non vengono arruolati cecchini d’area di rigore. Il problema non è il lavoro che Conte chiede alle punte anche in fase di copertura, quello è l’alibi per giustificare le poche realizzazioni degli attaccanti.

La realtà dei fatti è che ci vogliono dei fuoriclasse là davanti per chiudere subito certe pratiche senza dover bersagliare di tiri i portieri avversari. Premesso che chi scrive non trova di buon gusto applicare certi concetti allo sport, ma quando lo stesso Vucinic afferma che contro il “Bayern Monaco dovrà essere una guerra, si va a fare la guerra”, verrebbe spontaneo domandargli se al suo fianco avrebbe piacere ci fosse un cecchino infallibile.
In quel caso la sua truppa potrebbe vincere senza dover sparare in continuazione a vuoto. Lui compreso. A Conte, forse, un’eventualità simile non dispiacerebbe.

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giovedì 4 aprile 2013

La Juve e la rimonta possibile


Anni fa Sir Alex Ferguson aveva rivelato uno dei segreti che si celavano dietro i successi dei Red Devils: "La Juventus è stata un esempio per il mio Manchester United. Facevo vedere ai miei giocatori le videocassette della squadra di Lippi e dicevo: non guardate la tattica o la tecnica, quella ce l’abbiamo anche noi, voi dovete imparare ad avere quella voglia di vincere". Tra i giocatori bianconeri figurava anche il nome di Antonio Conte, il tecnico che i sostenitori della Vecchia Signora si augurano possa sposare la causa juventina così come ha fatto il santone scozzese con il suo club.

Ora Conte, appese le scarpette al chiodo, si trova dall'altra parte della barricata. Su questo argomento aveva già espresso il proprio pensiero nei momenti che hanno preceduto il match disputato contro il Bayern Monaco: "Questo quarto di finale ce lo siamo meritato, lo giocheremo con gioia ed entusiasmo, non veniamo qui come vittime sacrificali ma portando il nostro calcio, le nostre idee, anche per capire quanto ci manca in Europa per arrivare a competere con i top club".

Ad onor del vero è dall'inizio della propria avventura in Champions League che Madama annusa gli avversari di turno per avere un'idea di cosa l'aspetterà di volta in volta. Si tratta di un atteggiamento comprensibile, quasi doveroso per un gruppo che in Italia ha accumulato settimi posti e fallimenti in serie prima di conquistare uno scudetto senza perdere neanche una partita. A proposito di sconfitte: con quella patita all'Allianz Arena la Vecchia Signora ha visto terminare anche la sua imbattibilità in campo europeo, maturata ai tempi di Delneri. Per non parlare di quella di Buffon, che da 490' non subiva reti in Europa salvo poi venire trafitto dal tiro scagliato da Alaba dopo pochissimi secondi di gioco.

La squadra più forte della Germania ha quindi vinto, in modo netto, contro la formazione che in Italia si sta avviando alla conquista del secondo tricolore consecutivo. Talmente netto che a qualche addetto ai lavori sembra aver dimenticato che gli scontri di andata e ritorno sono composti da due partite, per un totale di centottanta minuti di gioco. Esclusi gli eventuali tempi supplementari. L'ultima volta nella quale la Juventus era approdata ai quarti di finale della Champions League era uscita dalla manifestazione per mano dell'Arsenal (2005/06). Tra i bianconeri abbondavano i fuoriclasse, qualcuno di loro logicamente (e puntualmente) veniva confinato in panchina. Ciononostante Madama perse 2-0 in trasferta, senza poi riuscire a realizzare alcun gol nella successiva gara disputata al "Delle Alpi". L'anno precedente la Vecchia Signora era stata eliminata, sempre ai quarti, da un'altra squadra inglese (il Liverpool).

Questa Juventus, più povera di classe ed esperienza rispetto alla sua antenata, oggi come allora domina in Italia ma non riesce ad imporsi fuori dai confini dello Stivale. Non per questo, però, dev'essere bocciata di fronte al suo primo vero e proprio passo falso. I commenti successivi alla sconfitta subita contro il Bayern Monaco ricalcano, in parte, quelli che seguirono il pareggio interno ottenuto contro lo Shakhtar Donetsk (2/10/2012). Come sostiene Conte rimontare i tedeschi il prossimo 10 aprile "sarà veramente molto, ma molto difficile". Ma non impossibile. Comunque sia, mentre in serie A il tecnico è riuscito a raccogliere immediatamente i frutti di quanto ha seminato, affinché accada la stessa cosa in Champions League occorre necessariamente più tempo. E pazienza. 

La società bianconera, però, dovrà assecondare realmente le esigenze del proprio allenatore, prendendo come esempio da imitare la gestione societaria messa in atto dal club bavarese: non appagato per quanto di buono ha fatto sino ad oggi si è già assicurato la guida tecnica di Guardiola a partire dal prossimo 1° luglio. Intorno alla Juventus, invece, girano voci – smentite - circa la possibilità di cedere un campione del calibro di Vidal per investire il ricavato nell'acquisto di un forte attaccante. Un potenziale sostituto del cileno, d'altronde, Madama lo avrebbe già in casa (Pogba). Considerando il fatto che Robben ha iniziato la partita contro i bianconeri seduto in panchina, questo rende l'idea di cosa non dovrebbe fare la Vecchia Signora se ha davvero l'intenzione di sollevare qualche trofeo anche in Europa.

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mercoledì 3 aprile 2013

The dream is gone?



Questo articolo è di Danny67. Tutti gli altri, li puoi trovare nella sua rubrica Un Bianconero a Roma

Anche se nel calcio nulla si può dare per scontato e tutto può sempre accadere è molto probabile che il cammino della Juventus in Champions League si fermi ai quarti di finale, dove i bianconeri si sono trovati di fronte una grande squadra che annovera tra le proprie fila diversi campioni, una formazione molto organizzata e fortissima fisicamente, che sicuramente fin dall’inizio della competizione è stata ritenuta tra le compagini favorite per la vittoria finale. La partita di ieri è stata a lungo dominata dai tedeschi che hanno messo in campo la maggiore esperienza in questo tipo di competizioni ed una superiorità che a tratti è parsa schiacciante. 

Ma ci sono alcune osservazioni da fare. Come ho già detto la grande esperienza posseduta da tutti gli uomini di Heynckes ha avuto un peso specifico notevole nel modo di affrontare la sfida, nell’atteggiamento tenuto sul terreno di gioco e nella gestione del pallone, ma altri elementi hanno influito sullo svolgimento della gara. Innanzitutto lo stato di forma piuttosto scadente di alcuni uomini fondamentali. Marchisio e Pirlo su tutti, i quali rappresentano buona parte del centrocampo della Juventus ed interpretano il ruolo di chi, a differenza di Vidal ( impegnato più nella riconquista della sfera e che è stato comunque il migliore in campo dei bianconeri) deve costruire e finalizzare il gioco. 

Entrambi già poco brillanti sabato scorso a San Siro hanno steccato in pieno il match più importante, il Principino, quasi mai in partita, avulso dal gioco, assente e molle sulle gambe, non ha mai avuto un’iniziativa delle sue e mai si è inserito nelle linee della difesa avversaria come invece solitamente riesce a fare, Pirlo, dal cui disimpegno errato è partita l’azione del primo gol del Bayern, ha veramente sbagliato troppo, tenuto eccessivamente palla, perdendola poi spesso e non indovinando nemmeno un passaggio in profondità. Anche Chiellini non è nelle migliori condizioni, vittima di una stagione piena di infortuni. 

Buffon, definito per l’occasione da Beckenbauer “un pensionato”, ha grosse responsabilità su entrambe le reti ed ha palesato grande incertezza per tutti i novanta minuti. Si d’accordo, dopo la deviazione di Vidal la palla ha assunto una traiettoria che nessuna legge fisica, ma solo qualcosa di soprannaturale, può spiegare, ma la lentezza e l’impaccio con cui Gigi ha cercato di neutralizzare il tiro sono, sinceramente, imbarazzanti. Anche la seconda rete, forse viziata da un fuorigioco, è frutto di una incertezza sua e dei difensori tutti che, invece di andare a chiudere sul primo palo si sono fermati ad alzare la mano per chiamare l’offside. Insomma, praticamente gli uomini da cui ci si aspettava di più e che avrebbero dovuto prendere per mano tutti gli altri hanno fallito. 

A questo proposito ha delle responsabilità, a mio parere, anche Conte, a cominciare dal modulo proposto. Questo 3-5-2, come ho già scritto più volte in passato, non mi sembra adottabile sempre, soprattutto quando contro hai degli esterni come Ribery a sinistra e Robben e Lahm a destra. Questi ultimi hanno praticamente scherzato Peluso dall’inizio alla fino alla fine della partita. E’ vero, Asamoah da quando è tornato dalla Coppa d’Africa è decisamente sottotono ma forse per caratteristiche fisiche era più adatto ad affrontare due avversari così rapidi mentre probabilmente l’idea che sembrava essere balenata in testa al mister bianconero durante la settimana e cioè di schierare una sola punta per far giocare Pogba avrebbe potuto dare dei frutti, perché avrebbe consentito alla Juventus di non essere in inferiorità numerica a metà campo. E invece non è stata sfruttata, e si è preferito schierare due punte lasciate molto sole nella trequarti avversaria e che non sono state capaci, sia per circostanze esterne, sia per limiti tecnici, sia perché non rientra nelle loro caratteristiche, di appoggiare il gioco e far salire la squadra facilitando l’inserimento dei centrocampisti. 

Non si sa quanto merito ci sia, poi, da parte dei tedeschi e quanto demerito da parte dei nostri ragazzi, nel fatto che il baricentro della squadra si sia improvvisamente abbassato per non rialzarsi più ad un certo punto della gara. Non appena subito lo svantaggio per dieci-quindici minuti la Juve ha giocato discretamente, ma da quando è entrato Robben si è schiacciata a difesa della propria area di rigore. Conte non ha saputo trovare una contromossa all’ingresso dell’Olandese. Queste osservazioni non sono una ricerca di giustificazioni per una sconfitta e nemmeno voglio dare l’impressione di non voler ammettere la superiorità dei bavaresi che alla fine è stata abbastanza netta, ma io resto convinto che qualcosa si poteva fare eccome per evitare di dover rimontare due reti di scarto allo Juventus Stadium con l’aggravante delle assenze di Vidal e Lichtsteiner. Anche perché secondo me la difesa del Bayern non è irresistibile ed un gol si poteva realizzare. Una rete avrebbe cambiato tutto. Al di là delle frasi dell’allenatore leccese a fine gara, è lampante che qualcosa non ha funzionato a dovere ieri sera, e credo che anche lui lo sappia e ne sia consapevole. 

Ad ogni modo appare evidente che alla Juventus serva ancora più di qualcosa per essere all’altezza di certi “momenti”, a cominciare dalla personalità. Mancano infatti la sicurezza e la convinzione necessarie per affrontare questo genere di impegni, la serenità e la consapevolezza dei propri mezzi sono fondamentali per poter ambire a traguardi di questa portata. Quello che poi è ancor più evidente è che ci sono carenze di organico. Peluso è migliorato molto da quando è arrivato a Torino, ma non si può pensare di andare Monaco avendo come miglior esterno sinistro un ragazzo che fino all’età di 29 anni ha calcato solo palcoscenici minori. Senza pensare che si andrà a tentare la “remuntada” molto probabilmente con Padoin (da me anche elogiato ultimamente, ma non all’altezza di certe competizioni) esterno destro. Se si vuole puntare con decisione a primeggiare in Europa occorre comprare dei campioni, elementi di qualità superiore. Per l’attacco occorrono punte come Suarez per fare un esempio, che dispone di una serie di frecce al suo arco che nessuno dei nostri attaccanti possiede. 

Poi ci vogliono altri esterni di qualità, le cosiddette riserve devono essere all’altezza dei titolari. Il Bayern può permettersi di tenere in panchina Robben e questo la dice tutta. Ora cerchiamo di concentrarci sul campionato anche perché sabato ci attende un impegno facile solo sulla carta dato che in difesa mancheranno sia Barzagli che Chiellini oltre all’infortunato Caceres. Non voglio dire che mercoledì prossimo non ci si debba provare e che io, segretamente, non nutra la speranza di ribaltare il risultato, ma cerchiamo di pensare a confermarci in Italia in attesa di fare qualche grosso sforzo sul mercato che ci consenta di ritentare, il prossimo anno, l’assalto a questa maledetta coppa.

lunedì 1 aprile 2013

Il mattoncino


Questo articolo è di Danny67. Tutti gli altri, li puoi trovare nella sua rubrica Un Bianconero a Roma 

I tre punti strappati all’Inter nel pomeriggio di San Siro sono, come ha sostenuto lo stesso Antonio Conte nelle interviste rilasciate ai microfoni delle emittenti televisive a fine gara, un prezioso mattoncino, utilissimo per il raggiungimento del traguardo finale. La Juventus vista al Meazza è stata un squadra estremamente concreta che, al di là delle dichiarazioni precedenti la sfida con i nerazzurri, un occhio al match di Monaco di martedì prossimo l’ha buttato eccome, spinta ulteriormente a tenere questo atteggiamento dall’immediato vantaggio ottenuto con una splendida rete di Fabio Quagliarella, autore di una prestazione maiuscola, di un gol, come detto, bellissimo, dell’assist per il raddoppio di Matri e di moltissime altre iniziative frutto di una giornata veramente ispirata del bomber campano. 

Infatti per tutti i novanta minuti si è vista una Juve in controllo, senza grossi affanni anche se spesso ha lasciato l’iniziativa all’avversario, ma al tempo stesso una Juve in grado, ogni qualvolta decideva di spingere sull’acceleratore, di fare molto male alla squadra di Stramaccioni, decisamente molto nervoso fin di primi istanti di gioco e che, per tutta la partita, si è visto spesso lamentarsi, protestare e lanciare occhiate polemiche verso la terna arbitrale e il quarto uomo. Questo, ahimè, è un atteggiamento costantemente rilevabile in quasi tutti gli avversari di turno dei bianconeri i quali si ritengono costantemente derubati, vessati dalle decisioni arbitrali ed in diritto di contestare ogni più piccolo ed insignificante provvedimento dei giudici di gara. 

Tale comportamento viene giustificato ed alimentato purtroppo dai media stessi e dagli stessi addetti ai lavori delle televisioni che adottano abitualmente l’ormai famoso doppiopesismo nella valutazione di ogni singolo episodio dubbio che si verifica durante la gara. Dai telecronisti ai commentatori in studio si è parlato di un possibile fallo da rigore di Chiellini su Cassano, ma nessuno ha evidenziato il fallo di Mano di Zanetti che con il braccio largo stoppava un colpo di testa all’indietro di Marchisio in piena area di rigore, oppure il fallo di Handanovic che, disinteressandosi completamente del pallone, bloccava con il corpo Vidal, o, infine, l’evidente fallo di Guarin su Chiellini in occasione della rete del pareggio di Palacio. 

Assolutamente inadeguati, a mio avviso, i commenti generali relativi al fallo di Cambiasso su Giovinco che avrebbe potuto costare molto caro al piccolo attaccante bianconero. Dal tecnico interista e dai vari opinionisti il gesto del centrocampista argentino non è stato stigmatizzato abbastanza e per lo più è stato considerato come un fallo di gioco. Ma stiamo scherzando? Riuscite ad immaginare l’evidenza che sarebbe stata data all’episodio se un fallo del genere fosse stato commesso da un calciatore con la maglia bianconera? Krasic per una simulazione fu squalificato per tre giornate se non erro. Scommettiamo che la squalifica di Cambiasso non sarà superiore? 

Nel post partita le domande degli stessi intervistatori del mister nerazzurro, indipendentemente dall’emittente per la quale lavorano, erano per la maggior parte relative a fantomatici episodi che avrebbero potuto invertire le sorti della gara. Questi comportamenti sono ormai una costante, in ogni giornata di campionato e sicuramente contribuiscono non solo ad alimentare il famoso sentimento popolare che ha portato a ciò che tutti noi sappiamo, ma anche ad autorizzare ogni avversario della Juventus a sentirsi defraudato anche quando, in realtà, in campo non è successo assolutamente nulla. Chiedo scusa se spesso, negli ultimi tempi, mi ritrovo a parlare di argomenti extra calcistici e che esulano dall'aspetto tecnico e tattico della gara, ma la situazione sta diventando sempre più insopportabile da parte di chi paga un abbonamento anche piuttosto costoso per poi sentire commenti faziosi e di parte mentre invece vorrebbe solamente un po’ di obiettività ed imparzialità di giudizio. 

Tornando a ciò che è accaduto sul campo è stata una bella vittoria che consente di mantenere invariato il vantaggio sulle inseguitrici anche se, almeno nei confronti del Napoli, impegnato nella non facile trasferta di Torino, si sperava potesse aumentare. Comunque va bene così. Ora attendiamo tutti martedì sera per poter vivere, con serenità, ancora il nostro sogno.