sabato 28 dicembre 2013

Juventus-Roma, l'anno nuovo partirà col botto


All'arrivo della sosta natalizia del campionato di serie A Juventus e Roma si sono ritrovate con la stessa differenza reti, ventotto, anche se Madama ha segnato di più (trentanove goals all'attivo) mentre la Roma ha subito meno (la sua porta è stata violata soltanto sette volte su diciassette gare disputate). Quello che conta, però, sono quei cinque punti di distacco in classifica che contribuiscono ad aggiungere ancora un pò di sale al big match previsto per il prossimo 5 gennaio.

Se la Roma continua così potremo solo applaudire”, sosteneva Conte dopo l'ottavo successo consecutivo dei capitolini dall'avvio della manifestazione (sul Napoli, terza forza del campionato, lo scorso 18 ottobre). A distanza di due mesi è toccato a Garcia riconoscere il valore dell'avversario: “La Juventus sta facendo la stagione dei record, ma anche la Roma. Abbiamo 41 punti e non abbiamo mai perso. In qualsiasi altra stagione saremmo stati in testa, ma quest’anno la Juve sta dimostrando di avere un’esperienza e una rosa per costruire due squadre dello stesso livello”.

Con il trascorrere del tempo le parti si sono lentamente invertite. Merito, oppure colpa, degli schiaffoni che la Fiorentina ha rifilato a Madama all'Artemio Franchi. Quella batosta ha costretto la Vecchia Signora a svegliarsi dal suo letargo anticipato, fatto che comunque non le ha impedito di retrocedere in Europa League dopo la sconfitta patita a Istanbul per mano del Galatasaray.

Stefano Colantuono, tecnico dell'Atalanta, dopo la rotonda vittoria ottenuta dai bianconeri a Bergamo ha raccontato un aneddoto sugli uomini di Conte: “Li ho visti nel riscaldamento prima della partita: sembrava che stessero giocandosi una finale di Champions League. Per loro tutte le partite sono così”.

La Juventus chiude il 2013 con una media di 2,405 punti a partita, record per la serie A da quando si assegnano i tre punti per ogni successo. In precedenza il primato apparteneva allo squadrone juventino allenato da Fabio Capello. Il quale, intervistato in esclusiva dalla “Gazzetta dello Sport”, ha recentemente dichiarato di immaginare una gara tra le due rivali all'insegna dell'equilibrio per poi assegnare il ruolo di favorita alla conquista dello scudetto alla Vecchia Signora. A patto che l'Europa League, con l'opportunità di disputare la finalissima proprio allo “Juventus Stadium”, non diventi per lei un elemento di eccessivo disturbo e dispendio di energie.

Si ripartirà, quindi, il prossimo 5 gennaio. Il teatro dello scontro al vertice sarà il nuovo impianto torinese nel quale la Vecchia Signora ha segnato ben undici reti in tre sole gare ai giallorossi: sette alla formazione guidata dallo spagnolo Luis Enrique (il 24 gennaio 2012 e il 22 aprile 2012) e quattro a quella allenata da Zeman, il successore (il 29 settembre 2012). Inutile sottolineare che quelle difese, sin troppo allegre, non erano neanche lontane parenti dall'attuale attrezzata da Garcia.

L'ultima vittoria piemontese della Roma avvenne sul terreno dello “stadio Olimpico” il 27 gennaio 2011, nell'incontro valevole per i quarti di finale della coppa Italia. Il tecnico di Madama era Luigi Delneri, quello degli ospiti l'ex di turno Claudio Ranieri. Aprì le marcature Mirco Vucinic, allora avversario dei bianconeri.
Insomma, una gara d'altri tempi.
Nell'attesa che il 2013 arrivi alla sua conclusione, la speranza è che l'anno nuovo inizi con una partita degna delle qualità delle contendenti.

Articolo pubblicato su breve su

mercoledì 18 dicembre 2013

Juventus-Avellino, festa negli ottavi di coppa Italia


Quando il pallone esce dai campi di calcio per finire dritto nella aule di un tribunale è una sconfitta per tutti. Chi ci rimette più di altri, però, sono gli amanti di questo bellissimo sport. Gli unici veramente innocenti, senza ombra di dubbio. E senza bisogno di appello. Passaportopoli, calciopoli, scommessopoli, il doping nelle sue varie sfaccettature (amministrativo e farmaceutico), qualche giorno fa persino "sorteggiopoli" (relativamente ai prossimi mondiali brasiliani del 2014): ogni occasione è buona, per qualcuno, per mettere le mani dentro la marmellata cercando di ricavarne qualcosa di buono.

Colpevoli o presunti tali vengono sbattuti in prima pagina su ogni notiziario o quotidiano, accompagnati dalla solita promessa intrisa di retorica e falso moralismo: adesso verrà fatta piazza pulita. Poi passerà qualche giorno, le fiamme inizieranno a bruciare sempre meno e il fuoco a spegnersi poco alla volta. In attesa del prossimo scandalo. Nel frattempo verranno emesse sentenze talmente immediate da lasciare l'ombra di qualche dubbio a quei tifosi che, ancora in preda allo sgomento e al disgusto, non sanno più a quale santo aggrapparsi pur di non vedere i propri beniamini finire nel tritacarne mediatico.

Tornando al calcio giocato, la Juventus adesso ha tra le proprie mani l'occasione per infierire un colpo di grazia alle speranze delle rivali nella corsa allo scudetto. Vincendo a Bergamo nell'ultima gara prevista per il 2013 e facendo altrettanto nel successivo big match contro la Roma, ad una giornata al termine del girone di andata potrebbe ritrovarsi con un margine di (almeno) otto punti dalla seconda in classifica. Un'enormità, soprattutto se si considera il passo di marcia tenuto dalla truppa di Conte da due mesi a questa parte.

Madama non aveva le qualità per poter puntare al "triplete", ma possedeva le carte in tavola per superare almeno la fase a gruppi della Champions League. Retrocessa in Europa League, ora può realisticamente cercare di arrivare sino in fondo a tutte le manifestazioni alle quali parteciperà nel ruolo di protagonista.

In coppa Italia è partita col piede giusto, regolando l'Avellino negli ottavi di finale nel corso di una serata ricca di goals e di reciproci complimenti tra le tifoserie.
Quanto sarebbe bello se il clima che si respira dentro un incontro di calcio fosse sempre questo...

Articolo pubblicato su

sabato 14 dicembre 2013

Juventus, l'Europa League come nuovo trampolino di lancio


La vittoria ottenuta in Champions League lo scorso mese di novembre contro il Copenaghen aveva mostrato chiaramente il doppio volto della Signora: cannibale in Italia, timida in Europa. La successiva sconfitta patita ad Istanbul per mano del Galatasaray ha fatto retrocedere Madama in Europa League, la manifestazione che una volta si chiamava coppa UEFA e che aveva un suo prestigio internazionale ed era considerato un vanto riuscire a conquistarla. Adesso, invece, viene semplicemente vista come la sorella minore, più povera, della massima competizione continentale.

Eppure è proprio dalla coppa UEFA che nel 1977 era partita la campagna d'Europa della Juventus, in grado di far suoi in pochi anni tutti i trofei allora esistenti. Coppa delle Coppe inclusa. Giova ricordarlo a chi parla di una sorta di "maledizione" che accompagna i bianconeri allorquando varcano i confini del Belpaese. Non si tratta di sfortuna, anche se è indubbio che avere la buona sorte dalla propria parte aiuta, quanto - piuttosto – la necessità di possedere o meno una caratura internazionale.

Il Real Madrid, giusto per fare un esempio, fattura in bilancio ogni stagione vagonate di milioni di euro, ne spende altrettanti in ingaggi, può schierare un giocatore del calibro di Cristiano Ronaldo (capace di segnare almeno un goal a partita) oltre ad un'infinità di stelle di svariata grandezza, eppure non conquista una Champions League dal 2002. Prima dell'arrivo di Mourinho, che comunque in Spagna non ha goduto della stima dell'intero ambiente, faticava persino a superare gli ottavi di finale.

Si può e si deve criticare la Juventus per aver buttato al vento una qualificazione alla fase successiva che sembrava alla sua portata già dai primi istanti successivi alla composizione del proprio gruppo, però non va dimenticato che questa squadra ha necessità di ulteriore esperienza per crescere e tornare a quei livelli che l'hanno resa famosa nel mondo.

Nell'edizione successiva a quella conquistata dal Real Madrid citata in precedenza furono Juventus e Milan ad andarsi a giocare a Manchester, nella finalissima, il trofeo. In semifinale si erano fermati gli stessi blancos assieme ad un'altra formazione italiana, l'Inter. Quella stagione segnò il picco, in positivo, del calcio nostrano. Del lotto dei club nostrani iscritti al torneo adesso è rimasta illesa la formazione considerata più debole, vale a dire il Milan. Con ogni probabilità farà poca strada.

Juventus, Napoli, Lazio e Fiorentina, invece, proveranno a far loro l'altro trofeo continentale, l'Europa League. Inevitabilmente l'attenzione generale dei media nostrani si sposterà su quanto saranno in grado di fare queste squadre nei prossimi mesi. Rispetto al passato è poca roba, ma è sempre meglio di niente.
Nella speranza che possa di nuovo trattarsi di un punto di partenza per un futuro migliore del calcio italiano.

Articolo pubblicato su

sabato 7 dicembre 2013

Appuntamento con la storia per la Juventus


Se dieci vittorie consecutive non sono bastate alla Roma per mettere le mani sul campionato e prendere il largo sulle dirette rivali nella corsa verso lo scudetto, le sette accumulate sino ad oggi dalla Juventus rischiano addirittura di far passare in secondo piano lo straordinario avvio dei giallorossi di Garcia.

Visto quanto era successo ai nastri di partenza alzi la mano chi era convinto, senza ombra di dubbio, che Madama si sarebbe ritrovata alla quindicesima tappa del torneo con sei punti virtuali di vantaggio sulla Roma. Spetta proprio a lei, adesso, il compito di ridurre nuovamente il distacco in classifica vincendo contro la Fiorentina dell'ex Montella nella partita prevista per l'ora di pranzo della domenica.

La Juventus sbanca Bologna con il secondo 2-0 in due anni (la scorsa stagione capitò alla ventinovesima giornata, il 16 marzo 2013), prolungando in questo modo la propria imbattibilità nella città delle Due Torri. L'ultima sconfitta, infatti, risale al 29 novembre 1998: Paramatti, Signori e Davide Fontolan diedero tre ceffoni alla Vecchia Signora orfana dell'infortunato Del Piero, gravemente infortunatosi ad un ginocchio a Udine qualche giorno prima.

La scorsa primavera, in piena corsa per aggiudicarsi il secondo tricolore consecutivo alla guida dei bianconeri, durante la conferenza stampa che aveva preceduto una gara contro la Lazio Antonio Conte aveva dichiarato: “Chi vince scrive, fa storia, gli altri possono solo fare chiacchiere”.

Se la Juventus dovesse aggiudicarsi anche le due prossime partite di campionato (col Sassuolo in casa e l'Atalanta a Bergamo) arriverebbe a quota nove successi di fila. Ne mancherebbe uno, in quel caso, per eguagliare la straordinaria serie della Roma: si giocherà a Torino, con ogni probabilità il 6 gennaio. Proprio tra bianconeri e giallorossi. Se così fosse, si tratterebbe di una beffa del destino a danno dei capitolini. Quel giorno, comunque andranno a finire le cose da oggi in poi, allo “Juventus Stadium” tornerà a salutare i suoi vecchi tifosi David Trezeguet.

Un piccolo regalo per una bellissima storia d'amore, quella tra il bomber francese e la sua Signora. Che al momento, però, non può abbassare la guardia: martedì, a Istanbul, giocherà la gara decisiva per l'accesso agli ottavi di finale della Champions League.
Questa storia, in campo europeo, è ancora tutta da scrivere.

Articolo pubblicato su

lunedì 2 dicembre 2013

Llorente, un vero centravanti per la Signora


Nel calcio attuale c'é chi ama gestire la fase offensiva sfruttando i cosiddetti "falsi nove", vale a dire attaccanti (o centrocampisti adattati al ruolo) che svariano lungo tutto il fronte offensivo, oppure chi continua ad affidare quelle mansioni al vecchio, caro centravanti. La Juventus ha scelto la seconda opzione, lasciando a Fernando Llorente il compito di scardinare le difese avversarie. Lo spagnolo, però, ha dimostrato di non limitarsi al semplice compitino, mettendo pure a segno goal pesanti. Pesantissimi, se qualcuno di loro vale addirittura "sei punti", così come ha sostenuto Buffon al termine della partita vinta da Madama sull'Udinese grazie alla rete decisiva messa a segno dallo stesso Llorente.

Si tratta di scelte, idee e punti di vista diversi, proprio come quelli espressi da Garcia e Conte prima dei rispettivi incontri disputati nella quattordicesima giornata del campionato. Se per il tecnico romanista è "meglio essere secondo che primo. Ci sono meno pressioni, magari si parla un po’ meno di scudetto", all'allenatore bianconero un concetto del genere non può che andare di traverso. Tanto è vero che la sua risposta non aveva lasciato alcun margine di interpretazione: “Noi il comando della classifica lo abbiamo ripreso soltanto domenica scorsa, e sinceramente mi piacerebbe che continuassimo a stare quassù”.

D'altronde la Juventus dell'era contiana, che ha quasi sempre recitato il ruolo della lepre, mal digerisce l'idea di dover trovarsi dalla parte di chi deve inseguire. Di fronte a quanto messo in mostra dalla Roma ad inizio stagione, però, c'era ben poco da fare. Se non cercare di tenere il passo, di non far scappare i giallorossi per poi riuscire a raggiungerli alla prima occasione. Facile a dirsi, un pò meno a farsi.

Soprattutto se il cammino in Europa, che poteva essere decisamente comodo, è diventato invece tremendamente complicato a causa del braccino corto della Vecchia Signora. Con squadre come Copenaghen (in Danimarca) e Galatasaray (a Torino) la Juventus avrebbe dovuto fare bottino pieno, invece di inciampare in pareggi che l'hanno costretta a raddoppiare gli sforzi per rimettersi in piedi. Lezione imparata, sembra, anche se la chiusura del cerchio dovrebbe avvenire in Turchia nel corso dell'ultimo match della fase a gironi di Champions League.

Nella consueta conferenza stampa che si è tenuta prima della gara con i friulani Conte aveva messo l'accento proprio su questo punto: "Sappiamo però che il nostro cammino è pieno di bucce di banana da evitare".
A furia di cadere sembra che Madama abbia imparato ad evitarle.
Oppure, per dirla alla Garcia, che abbia “rimesso la chiesa al centro del villaggio”.

Articolo pubblicato su

giovedì 28 novembre 2013

Juventus: la trasferta in Turchia ultimo ostacolo per arrivare agli ottavi


La Juventus vince la prima partita in Champions League nel corso di questa stagione, balza in un colpo solo dal quarto al secondo posto del suo gruppo e può guardare con fiducia alla prossima trasferta di Istanbul. Al termine di quella gara si potrà conoscere il nome del club che accederà agli ottavi di finale della competizione in compagnia del Real Madrid.

Dopo aver sistemato le cose in campionato, dove si è riappropriata della prima posizione, Madama ha cambiato rotta anche in Europa. Ora avrà a disposizione due risultati su tre (pareggio e vittoria) per continuare ad avere "un domani", parafrasando Conte e la dichiarazione di intenti che ha rilasciato prima del match disputato contro i danesi.

Attenzione, però, a nascondere sotto il tappeto i problemi venuti a galla nell'incontro disputato con il Copenaghen. Se in Italia la Juventus non ha mostrato il minimo segnale di timidezza di fronte al record della Roma (capace di vincere dieci partite consecutive), per poi sorpassarla in curva al primo accenno di stanchezza, non si può dire altrettanto per quanto mostrato sino ad oggi dai bianconeri in Champions League.

Pur con tutte le attenuanti del caso (le assenze, le troppe gare ravvicinate, il moltiplicarsi degli impegni per i giocatori convocati dalle rispettive nazionali), la Vecchia Signora non ha ancora ingranato quella marcia necessaria utile a ridurre il divario tecnico che la separa dai principali squadroni europei.

Nel doppio confronto con il Real Madrid non aveva certo sfigurato, anzi: ridotta in dieci uomini  al "Santiago Bernabeu" era riuscita comunque a mettere in mostra quel carattere necessario per ben figurare anche in Champions League. In quello stesso stadio (o tempio del calcio, che dir si voglia), però, mercoledì sera i madrileni sono stati in grado di distruggere il Galatasaray nonostante l'inferiorità numerica durata quasi tutto l'incontro. Le quattro reti inflitte loro in Spagna (senza un certo Cristiano Ronaldo), unite alle sei recapitate a domicilio fanno un totale di dieci goals. Contro i turchi i blancos hanno tirato fuori quella sorta di presunzione "positiva" tipica delle grandissime formazioni. La stessa che in passato ha contraddistinto molti dei successi di Madama.

La quale, ora, con tutto il rispetto per il Galatasaray ed il clima infuocato che i suoi tifosi le faranno trovare tra due settimane, dovrà mostrare anche in Europa un atteggiamento diverso da quello tenuto sino ad oggi. Sfacciato, aggressivo, spigliato. Presuntuoso. Appunto. Le servirà per evitare di cadere nell'errore di ingigantire le qualità di un avversario che è alla sua portata. E che andava già sconfitto allo "Juventus Stadium" lo scorso 2 ottobre. Quei punti lasciati per strada, oggi, avrebbero fatto terribilmente comodo ai bianconeri.

Articolo pubblicato su

E adesso l'ultimo difficile ostacolo


Questo articolo è di Danny67. Tutti gli altri, li puoi trovare nella sua rubrica Un Bianconero a Roma

La vittoria ottenuta allo Stadium sui danesi del Copenaghen consente alla Juventus di poter affrontare l’ultima gara del girone di qualificazione di Champions League con due risultati utili su tre. In sostanza basterà pareggiare ad Istanbul per eliminare il Galatasaray e passare agli ottavi di finale della più prestigiosa competizione europea per club. Ma occorrerà fare molta attenzione. Non sarà facile perché l’atmosfera che i bianconeri troveranno in Turchia sarà di quelle veramente terribili. La squadra di Conte dovrà giocarsi il passaggio del turno in un autentico inferno calcistico, in cui gli avversari saranno caricati a mille e cercheranno di vincere in ogni modo e con ogni mezzo. 

Inoltre un match da dentro o fuori, anche se basterà non perdere, nasconde sempre mille insidie, soprattutto a livello psicologico. Si può scendere in campo con timore, o facendo dei calcoli, cercare di non rischiare di scoprirsi troppo, insomma c’è la possibilità di non essere sereni, senza contare che per la Juve il trofeo continentale è sempre stata un vero e proprio spauracchio e le disavventure di ogni tipo che le sono capitate in questo torneo sono a tutti noi ben note. Ma l’aspetto che più mi preme sottolineare è quello tecnico-tattico. Ieri sera la Juventus ha vinto ma a me, personalmente, non ha convinto. Non è stata una bella partita e la sensazione che ho avuto è quella di una squadra che ha dovuto subire la rete del pareggio per iniziare a giocare con la convinzione e la determinazione che invece era lecito aspettarsi fin dall’inizio. 

Di certo i danesi sono una squadra scarsa ma molto organizzata tatticamente e sono bravissimi a chiudere tutti gli spazi, sia bloccando gli esterni bianconeri, costretti, una volta arrivati ai limiti dell’area avversaria, a far girare palla indietro per ricominciare l’azione, sia impedendo i pericolosi inserimenti dei centrocampisti juventini. Essendo tutti molto alti poi, i difensori del Copenaghen sono riusciti ad intercettare quasi tutti i cross indirizzati sulla testa di Llorente (complimenti allo spagnolo che si sta rivelando davvero un eccellente attaccante ed anche qualcosa di più) sventando praticamente tutti i pericoli aerei ad eccezione di quello da cui è scaturito il gol di Vidal, ma frutto di un'autentica invenzione di Pogba.

Ma tutto questo non basta, a mio modo di vedere, a giustificare l’atteggiamento degli uomini di Conte che sembravano più attenti a non commettere gravi errori nella propria metà campo che vogliosi di scardinare la difesa avversaria. La Juve ha offerto una prestazione non eccellente, nel gioco e anche nei singoli, anche se alla fine la tripletta di Arturo Vidal risalta agli occhi e gli consente di andarsene a casa con il pallone, ma io l’ho visto giocare molto meglio tante altre volte. Ovviamente è un fenomeno e va blindato al più presto. Ad ogni modo non posso fare a meno di notare la differenza che tuttora esiste tra la Juve di campionato e quella di Champions. Forse sono eccessivamente esigente, ma le vorrei vedere un po’ più simili.

domenica 24 novembre 2013

La Juve sbanca Livorno


In una recente intervista rilasciata ai microfoni di “Radio Radio” (29 ottobre), mentre commentava il cammino in serie A della squadra guidata da Rudi Garcia, Roberto Pruzzo aveva tolto ogni speranza alle rivali dei giallorossi: “Secondo me la Roma può chiudere il campionato molto rapidamente. Le prossime tre partite sono abbordabili. Nella Roma tutto funziona a meraviglia, senza intoppi. Da qui a un mese la Roma avrà dieci punti sulla seconda, e a quel punto il campionato sarà finito".

Forse guidato dal cuore, più che dalla ragione, al vecchio “O Rey di Crocefieschi” non è riuscito il tentativo di predire il susseguirsi degli eventi di un campionato che all'apparenza sembrava non avere più molti spunti da offrire agli appassionati. Sembrava, appunto.

Almeno per un giorno Madama torna in testa alla classifica, coronando in questo modo un inseguimento alla vetta iniziato dopo la scoppola rimediata a Firenze per mano dei ragazzi di Montella. Il caso ha voluto che l'evento coincidesse con un'altra trasferta dei bianconeri in Toscana, questa volta a Livorno.

Il posticipo del lunedì tra la Roma e il Cagliari, che di fatto chiuderà la tredicesima tappa del campionato, disegnerà in maniera definitiva la classifica. Un nuovo passo falso dei giallorossi, anche dovesse trattarsi di un semplice pareggio, potrebbe costare il primato a vantaggio della Vecchia Signora.

Falcidiata dalle assenze, in mezzo a infortuni e squalifiche, in un colpo solo la Juventus è riuscita ad allontanare il Napoli (sconfitto per la seconda volta consecutiva) e a riprendere la corsa in serie A senza interrompere il ciclo di vittorie iniziato prima della sosta dovuta per gli impegni della nazionale. Nelle altre due occasioni in cui si era dovuta fermare per lo stesso motivo aveva poi accumulato un pareggio (con l'Inter) e una sconfitta (quella già citata di Firenze).

Un ultimo dato curioso: l'ultimo successo a Livorno della Juventus risaliva al 27 gennaio 2008. All'epoca Madama vinse per tre reti a uno. Per i colori bianconeri segnarono Del Piero e Trezeguet (doppietta). Oggi è stata la volta di Llorente e Tévez. Altri due goleador che iniziano a trovarsi sul campo ad occhi chiusi, esattamente come in passato accadeva ai loro illustri predecessori.
In questi casi, di solito, viene facile pensare al famoso proverbio “se son rose fioriranno”...

Articolo pubblicato su

lunedì 11 novembre 2013

La sosta può far bene alla Juventus



Il fine settimana calcistico appena terminato non è stato certo avaro di spunti di cronaca. Tra i tanti, tralasciando volutamente l'episodio vergognoso accaduto a Salerno, si possono citare in ordine sparso: il tributo dello stadio “San Siro” alla conclusione dell'era nerazzurra di Massimo Moratti, successiva a quella del padre Angelo; l'incontro nella villa di Arcore tra Silvio Berlusconi e Adriano Galliani, che ha certificato il prossimo addio di quest'ultimo da Milanello e dintorni; il nuovo, importantissimo successo di Marcello Lippi, conquistatore della Champions asiatica alla guida dell'Evergrande.

L'ex ct della Nazionale azzurra, “il più bel prodotto di Viareggio, dopo Stefania Sandrelli” (così come lo definì anni fa l'Avvocato Agnelli), è stato in passato la guida tecnica sia del Napoli che della Juventus, i due club rivali nel posticipo serale della dodicesima giornata della serie A.

Dal 9 gennaio 2011, giorno in cui Cavani mise a segno una tripletta con la quale stese Madama al “San Paolo”, la Vecchia Signora ha incontrato i campani per sette volte. Nelle ultime sei occasioni, con Antonio Conte seduto sulla sua panchina, ha perso una gara (la finalissima di Coppa Italia), ne ha pareggiate due, vinte (ben) quattro. Nel corso delle tre partite disputate in campionato allo “Juventus Stadium” ha realizzato la bellezza di otto reti, senza subirne alcuna, portando a casa nove punti.

Così come era accaduto con Walter Mazzarri, anche Benitez ha ingaggiato un duello dialettico, oltre che tattico, con Antonio Conte. Schermaglie a parte, il campo ha rimandato il Napoli al prossimo fine marzo, quando avrà nuovamente l'opportunità di sfidare la Juventus. La quale, invece, è stata promossa a pieni voti. A partire dalla dirigenza, capace di portare sotto la Mole i tre marcatori della serata senza pagare il prezzo del cartellino: Llorente, Pirlo e Pogba.

La Roma, fermata sull'1-1 dal futuro bianconero Berardi, concede altri due punti ai campioni d'Italia dopo quelli lasciati per strada contro il Torino. La sosta del campionato le consentirà di riordinare le idee e trovare le forze per superare la sindrome del braccino corto. Se il pareggio contro Cerci e compagni era giustificato dalle fatiche profuse in un cammino record, quello contro il Sassuolo appartiene alla famiglia delle “occasioni perse”. Quelle per le quali si corre il rischio di mangiarsi le mani a fine stagione.

Non soltanto la vittoria, quanto lo spirito mostrato in campo dagli uomini di Conte mettono di buonumore Madama. Invece di deprimerla, gli schiaffi di Firenze e Madrid l'hanno svegliata dal torpore di inizio anno. Raddrizzata la situazione in Italia, non resta che riprendere a vincere anche in Europa. La sosta, forse, può far bene anche a lei.

Articolo pubblicato su

lunedì 4 novembre 2013

C'è il Real, la Roma può attendere


Prima dell'incontro giocato e vinto dalla Juventus al "Tardini" contro il Parma, Antonio Conte aveva dipinto l'inseguimento alla Roma come un grande stimolo che avrebbe dovuto spingere i suoi uomini a mostrare una maggiore determinazione rispetto a quanto accaduto sino a quel momento. In sintesi, avrebbero dovuto buttare il cuore oltre l'ostacolo. Ostacolo che, ovviamente, era rappresentato dalla lunga striscia di vittorie giallorosse che sembrava interminabile.

Ora che il granata Cerci ha messo la parola fine al record raggiunto dalla squadra di Garcia, ecco che - tutto ad un tratto - nello specchietto retrovisore dei capitolini sono comparse Juventus e Napoli. Ebbene sì, nonostante i continui complimenti e gli inchini da parte degli avversari di fronte alle sue imprese, alla Roma è bastato ottenere un solo pareggio per rianimare la corsa allo scudetto. Buona parte del merito va diviso in parti eguali tra bianconeri e campani, bravissimi anch'essi a mantenere un ritmo altissimo in questo avvio di stagione. Questa situazione inevitabilmente non potrà durare a lungo, visto che il prossimo turno di campionato li metterà a confronto allo "Juventus Stadium" nel posticipo serale previsto per la dodicesima giornata della serie A.

Durante la splendida cavalcata giallorossa, iniziata lo scorso agosto, la porta di De Sanctis è stata violata in due sole occasioni. Il dato curioso è che i calciatori in grado di riuscirci giocano entrambi sulla fascia: Biabiany (Parma) e, appunto, Cerci. Anche se appare riduttivo limitare il raggio di azione del granata alle zone periferiche del campo, dato che - al momento attuale - dalla linea mediana in avanti Cerci è tutto quanto il Torino possa permettersi di contrapporre all'avversario di turno.

Prima di sgonfiare il record giallorosso, spostarlo nell'archivio dei ricordi e ridurne la valenza, però, è necessario attendere quantomeno la conclusione della prossima tappa della serie A: il Sassuolo, pur uscito vincitore dalla trasferta di "Marassi" contro la Sampdoria, appare come la vittima sacrificale della voglia di riscatto della formazione allenata da Garcia. Se dal big-match di Torino uscirà fuori un pareggio, oltretutto, ecco che a distanza di una settimana la Roma potrebbe riportare la distanze dalle rivali a cinque punti.

Nel calcio non tutti i pronostici scontati si rivelano esatti. Può accadere, ad esempio, che una squadra talmente forte da assumere le sembianze di un "carro armato" venga sconfitta da un'altra che - al confronto - sembra una semplice "macchina". Con questo gioco di parole Antonio Conte, la scorsa estate, aveva inteso definire il rapporto di forza esistente tra il Real Madrid e la Juventus. In una sola notte, però, tutto può succedere. A maggior ragione se Madama si dimostrerà capace di ripetere la prestazione offerta al "Bernabeu" nel primo rendez vous tra le due formazioni in Champions League. Adesso è finalmente arrivato il momento della rivincita. Per qualche ora il campionato e la Roma possono attendere.

Articolo pubblicato su

sabato 2 novembre 2013

La Juventus continua la caccia alla Roma dei record


Guai a pensare al Real Madrid, prima c'è il Parma”. Parole e musica di Andrea Pirlo, architetto sul campo degli ultimi due scudetti della Juventus, uno che la Champions League l'ha già vinta due volte e che conosce a memoria i pericoli che si nascondono dentro i cicli di gare che non consentono un attimo di sosta. La Vecchia Signora è attesa dall'insidiosa trasferta al “Tardini”, laddove non vince dal giorno dell'Epifania del 2010. All'epoca dei fatti finì 2-1 per la Juventus, nel momento in cui il ritorno di Roberto Bettega accanto a uno spaesato Jean Claude Blanc aveva illuso il mondo bianconero di aver trovato la medicina per tutti i problemi di Madama.

Da allora sono passati quattro anni, la differenza in casa Juventus rispetto alla situazione attuale mostra ancora una volta come nel mondo del calcio il tempo scorra più veloce della luce. Tutto si crea e si brucia a velocità incredibile, alla storia restano solo i grandi numeri e i record, quelli difficili da battere e abbattere. Due, su tutti, spiccano in questi giorni: il compleanno di Madama, datato 1° novembre, visto che centosedici anni non sono pochi per una Signora, e le dieci vittorie consecutive della Roma nelle prime gare di questo campionato. L'occasione è stata ghiotta per andare a rispolverare dall'archivio dei ricordi una Lazio che nel lontanissimo 1914 aveva totalizzato quattordici successi di fila in una serie A nella quale ancora non si giocava con la formula del girone unico. La dimostrazione che certe imprese non passano del tutto inosservate. 

Rischia di diventare un'impresa, a questo punto, fermare (o raggiungere, per Juventus e Napoli) i giallorossi di Garcia. Sulla sponda del fiume tutti attendono impazienti la caduta della Roma per celebrarne il record e ridare un senso a questo campionato, per ora vittima della dittatura di Totti e compagni. Quel momento - inevitabilmente - arriverà, ma occhio alle illusioni: alla prima Juventus di Conte nessuno avrebbe dato un centesimo, eppure concluse la stagione imbattuta in serie A. Nonostante sembra sia trascorsa un'eternità, è accaduto soltanto due anni fa. Potenza del calcio. Se Garcia dimostrerà di avere imparato anche in Italia come si vince uno scudetto, così come ha già fatto in Francia, per le altre ci sarà ben poco da sperare. 

Articolo pubblicato su

giovedì 31 ottobre 2013

Segnali di ripresa


Questo articolo è di Danny67. Tutti gli altri, li puoi trovare nella sua rubrica Un Bianconero a Roma

Con la netta affermazione casalinga sul Catania la Juventus sembra aver ripreso la sua marcia abituale, dando seguito a quanto visto domenica scorsa nel match contro il Genoa, conquistando sei punti in due gare vincendo e convincendo, ma soprattutto dando una risposta alle critiche che le erano piovute addosso non tanto dopo la sconfitta in Champions contro il Real Madrid, maturata in circostanze particolari, quanto piuttosto dopo la scellerata sconfitta di Firenze, frutto di quindici minuti di follia durante i quali si è gettata al vento una vittoria che sembrava certa. 

La cosa che a me sembra più importante è il fatto che la difesa per due partite consecutive sia rimasta imbattuta, riprendendo le sane ed antiche abitudini di un tempo, con un Buffon in entrambe le gare pressoché inoperoso, anche se, a dirla tutta, ieri sera qualche pericolo la retroguardia bianconera lo ha corso, a causa di una certa rilassatezza generale ma soprattutto per lo stato di forma non proprio eccellente di Leonardo Bonucci che sembra ancora un po’ frastornato dall’errore commesso contro i turchi del Galatasaray che ne ha in parte minato quella sicurezza che nella stagione precedente ma anche all’inizio di quella in corso ne aveva fatto un vero e proprio baluardo difensivo. 

Nell’affrontare gli uomini di De Canio i bianconeri sono stati sicuramente meno incisivi rispetto al match contro il Genoa sia per determinazione che per brillantezza, ma del resto, come ha sottolineato Antonio Conte nel post partita, quando si gioca ogni tre giorni, è difficile mantenere la stessa intensità e la stessa freschezza atletica e mentale ad ogni impegno. C’è da tener presente, poi, che alcune assenza importanti non hanno consentito al mister salentino di mettere in atto un turn over completo. Ad ogni modo ci sono da registrare i segnali positivi che arrivano da Chiellini e Marchisio, che sembrano finalmente vicini ad una migliore condizione fisica, e da De Ceglie, autore di un’ottima prestazione dal punto di vista atletico e tecnico. 

Il giocatore proveniente dal vivaio bianconero ha concesso poco agli avversari ( non iresistibili, questo va detto) in difesa e si è proposto bene in avanti mettendo degli ottimi cross a centro area, purtroppo non sfruttati a dovere da Llorente il quale però sembra migliorare sempre di più la sua intesa con il compagno di reparto Tevez (un vero fuoriclasse) ed il suo inserimento negli schemi della squadra. 

Insomma, la Juventus ieri e domenica ha fatto il suo, ora si attendono ulteriori risposte positive dal prossimo trittico di partite, difficilissimo e fondamentale per il prosieguo della stagione. Parma, Real Madrid e Napoli. Occorre non perdere terreno dalla Roma che al momento sembra inarrestabile e cercare di battere gli spagnoli per tenere vive le speranze di passaggio del turno in Champions.

lunedì 28 ottobre 2013

La Juve riprende a vincere. In attesa del Real...



Roma, Napoli, Juventus, Inter e Fiorentina: alla nona giornata del torneo vincono tutte le squadre che stazionano nei primi cinque posti della classifica. Si ferma il Verona, attualmente sesto, sconfitto al "Meazza" dai nerazzurri di Mazzarri. Il Milan scompare dai radar, esattamente come la cresta dalla testa di Balotelli.

La fortuna che aiuta gli audaci non si è dimenticata della Roma, bravissima a non abbattersi di fronte agli imprevisti comparsi sulla sua strada prima e durante l'incontro di Udine. I giallorossi continuano nella loro marcia imperiosa, il record di dieci vittorie consecutive iniziali è ormai ad un passo. Ora spetterà al Chievo il compito (miracolo?) di fermarli nel prossimo turno infrasettimanale. Per le speranze delle inseguitrici si tratta del classico testa-coda (la prima contro l'ultima) capitato al momento sbagliato. Un altro successo degli uomini di Garcia e l'entusiasmo intorno a loro esploderà definitivamente. Uno sguardo alla storia del campionato, però, induce a pensare che proprio l'euforia potrebbe diventare il peggior nemico della Roma.

Il vento proveniente dell'Argentina soffia forte sia sul Napoli (Higuain) che sulla Juventus (Tévez). Vittoria di "rigori" quella dei campani, spianata da un "rigore" quella dei bianconeri. Le contestazioni non sono mancate né da una parte né dall'altra, anche se i tre punti maturati allo "Juventus Stadium" hanno lasciato poco spazio alle discussioni. Madama si è tolta subito il nuovo abito europeo (4-3-3), indossato per il rendez-vous con il Real Madrid, per tornare a vestire quello abituale all'italiana (3-5-2). Ha schiacciato il Genoa nella sua metà campo per tutta la durata dell'incontro, rendendo ingiudicabile la prestazione di un inoperoso Buffon.

Più che il cambio di modulo è stato l'approccio alla gara con i rossoblù a trasformare la squadra che a Firenze si è dimenticata di giocare per quindici minuti in una piccola “macchina da guerra” (così l'ha definita Antonio Conte), in grado di premere costantemente sull'acceleratore senza alcuna interruzione. Rispetto allo scorso anno alla Vecchia Signora mancano tre punti (venticinque contro gli attuali ventidue), lo stesso numero di quelli dilapidati nella trasferta all'Artemio Franchi. A onor del vero bisogna riconoscere che prima della sconfitta contro il Real Madrid le due Juventus non erano ancora paragonabili, tanto diverse l'una dall'altra nell'atteggiamento mostrato sul campo. Proprio a seguito degli eventi capitati in Spagna, però, qualcosa sembra essere cambiato. In positivo.

La serie A non concede tregua, con un turno infrasettimanale che gonfia il numero di partite da disputare in pochi giorni. Nel frattempo la gara contro i Blancos a Torino si avvicina sempre di più. Se Madama è davvero cambiata avrà più di un'occasione per dimostrarlo.

Articolo pubblicato su

venerdì 25 ottobre 2013

Ora serve una Juventus real


Che la partita tra Real Madrid e Juventus non sarebbe finita in parità era logico poterlo immaginare, visti i precedenti tra le due formazioni: su quattordici incontri disputati, spalmati in cinquantuno anni di storia calcistica a partire dal lontano 1962, non era mai accaduto che le contendenti si lasciassero con un pareggio in tasca. In diverse occasioni la posta in palio è stata il passaggio di un turno. Il 20 maggio del 1998, invece, un goal realizzato in posizione irregolare da Predrag Mijatovic decretò la vittoria in Champions League dei madrileni nella finalissima giocata ad Amsterdam.

Così come allora, anche nel recente incontro svoltosi al "Santiago Bernabeu" l'arbitro è stato protagonista di errori che hanno inciso pesantemente sull'andamento del match. Dato a Grafe, il direttore di gara, quello che è di Grafe, non resta che andare oltre. Così come ha suggerito di fare l'argentino Tévez al termine dell'incontro: "Dobbiamo pensare a noi stessi e non all'arbitro. Abbiamo commesso errori che non possiamo permetterci, è successo solo questo. Inutile dare la colpa all'arbitro. Ora dobbiamo pensare al campionato e affrontare tutte le partite come abbiamo fatto oggi". Più il tempo scorre e maggiore è la convinzione generale che con l'acquisto della punta sudamericana la Juventus si sia garantita una guida per la squadra tanto sul campo quanto fuori dal rettangolo di gioco.

Madama torna da Madrid senza punti, ma con una sconfitta che potrebbe regalarle una spinta emozionale notevole nell'intraprendere la stessa strada percorsa negli ultimi due anni. Aggrapparsi ai singoli episodi sfortunati non serve a nulla, se non ad aumentare il rammarico per i punti persi nelle precedenti partite della Champions League. A tutte le latitudini si afferma con una certa sicurezza che il passaggio del turno la Juventus se lo potrebbe giocare in Turchia, nell'ultimo incontro da disputare in casa del Galatasaray. Una nuova sconfitta casalinga dei bianconeri unita ad un successo di Melo e compagni in Danimarca, però, potrebbe indurre i Blancos a non affrontare con il classico coltello tra i denti i match successivi. Le ricadute negative che un simile (e possibile) atteggiamento degli spagnoli potrebbe avere per le speranze della Vecchia Signora sono facilmente immaginabili.

La forza della Juventus contiana spesso è stata quella di aggredire l'avversario senza fare calcoli, puntando forte sul possesso palla e partendo alla caccia del pallone ogni qualvolta non passava tra i suoi piedi. La sua versione più attendista, quella che in questa stagione è quasi sempre andata sotto di una rete prima di iniziare a reagire, è destinata ben presto ad abbandonare ogni sogno di gloria.

Tanto in Italia quanto in Europa urge un cambio, un ritorno di Madama al suo recente passato. Già a partire dalla prossima domenica, giorno della gara casalinga prevista contro il Genoa. Per la partita di ritorno con il Real Madrid ci sarà ancora da aspettare un po'. Arrivati a quel momento, però, i Blancos potrebbero incontrare una Juventus ancora più forte di quella che hanno superato, a fatica, in superiorità numerica per un intero tempo di gioco.

Articolo pubblicato su

lunedì 21 ottobre 2013

Juve, ora fa paura la trasferta di Madrid


Antonio Conte aveva descritto la partita di Firenze come la “gara della vita”. Montella, però, gli aveva risposto a tono: “Vale anche per noi”. La Roma, che dall'alto del primo posto in classifica ascoltava sorniona il duello dialettico tra i due tecnici, con ogni probabilità non avrebbe mai immaginato di assistere a quanto è accaduto allo stadio “Artemio Franchi”.

Madama si è svegliata all'improvviso per prendere in pugno la gara, infliggendo ai viola un doppio colpo da kappaò alla fine della prima frazione di gioco, salvo poi addormentarsi e incassare passivamente quattro ceffoni in soli quindici minuti di gioco. Il calcio è bello anche grazie alla sua imprevedibilità, si dice spesso. Ovviamente è più facile sostenere questa tesi quando ci si trova dalla parte di chi riesce a rimettere in sesto una partita che sembrava essere compromessa.

Che la Juventus vista quest'anno fosse leggermente diversa dalle sue ultime versioni era chiaro a molti da qualche tempo. Che potesse avere un calo di concentrazione simile, con un tecnico come Conte seduto sulla propria panchina, però, era davvero difficile da pronosticare. La prossima trasferta a Madrid potrà allargare i confini di questo suo momento di crisi, così come chiuderli in soli novanta minuti. Questo non dipenderà tanto dal risultato finale, per quanto importante potrà essere, quanto dall'atteggiamento che la Vecchia Signora mostrerà sul campo.

Lo scorso fine agosto lo stesso Conte aveva risposto al giudizio espresso da Giuseppe Marotta sul sorteggio della fase a gironi di Champions League usando queste parole: “Il direttore dice che con il Real Madrid ce la possiamo giocare? Mi piacerebbe una volta trovarmi dalla parte opposta, nel senso di poter spendere su un giocatore 100 milioni. Non è proprio così, perché non è così. Inutile prenderci in giro. Se poi vogliamo... cioè, sono risposte di circostanza queste, sono risposte che è giusto che il direttore dia e io le dico insieme al direttore. Ma sotto sotto, bisogna anche capire che c'è un carrarmato di fronte a una macchina”.

La Juventus vista a Firenze per larghi tratti dell'incontro è sembrata una macchina potente ma priva di benzina a sufficienza per tenere un certo ritmo sino alla fine della contesa. Forse si è distratta pensando all'imminente impegno europeo, certamente si è mostrata presuntuosa. Ed è stata punita da un Giuseppe Rossi che potrebbe tornare comodo a Cesare Prandelli più di quanto non stia dimostrando di fare Balotelli in questo momento. Il problema, però, è che nel prossimo incontro dovrà affrontare un carrarmato guidato da fuoriclasse. Quelli che costano milioni di euro, quelli che a Conte farebbe comodo avere dalla propria parte. E che ora, forse, gli fanno anche un po' paura.

Articolo pubblicato su

Il giocattolo si è rotto o no?

Questo articolo è di Danny67. Tutti gli altri, li puoi trovare nella sua rubrica Un Bianconero a Roma

Ieri pomeriggio la Juventus ha regalato a tutta l’Italia un pomeriggio atteso da più di due anni, interrompendo un lungo periodo in cui mai, anche nei momenti più difficili, aveva dato una tale impressione di fragilità. Le sensazioni trasmesse dalla squadra bianconera sono piuttosto negative anche se, fino a venti minuti dalla fine, la Vecchia Signora aveva il risultato in tasca, trovandosi sul due a zero e fallendo a più riprese l’occasione per chiudere il match definitivamente. Ma nonostante ciò io non avevo visto fino al momento della disfatta la miglior Juventus della stagione come qualcuno ha detto. Qualcosa non funziona più nei meccanismi della squadra e sembra alquanto complicato fornire una spiegazione che possa chiarire con certezza le responsabilità, le colpe e le motivazioni che stanno alla base degli scricchiolii che già si avvertivano da tempo e che ieri hanno portato all’assurdo crollo di Firenze. 

Probabilmente le motivazioni sono molteplici ma leggendo anche voci autorevoli (mi riferisco a voci bianconere ovviamente, perché tra i giornalisti ufficiali non vedo nessuno che abbia l’obiettività necessaria per giudicare tutto ciò che appartiene al mondo Juve) del web l’idea di fondo che serpeggia tra i tifosi bianconeri è una: la Juventus non cerca più la vittoria come prima, non assale il nemico, non fa più la gara come due anni fa rischiando il tutto per tutto per giocare il calcio che ci ha fatti tutti innamorare, il calcio più bello che si sia visto in Italia negli ultimi anni. 

Questo credo sia ormai un dato di fatto. Le opinioni si dividono sul perché possa essere accaduto ciò. Alcuni parlano di “pancia piena” da parte di tutto l’ambiente, altri sostengono che quel gioco spettacolare ha spremuto come limoni i calciatori, alcuni dei quali sul viale del tramonto, altri ancora sono convinti che sia proprio Antonio Conte, il principale artefice del ritorno al successo, il primo ad aver cambiato atteggiamento, sia in campo, nel modo di giocare della squadra, sia fuori, a livello di comportamenti. Mi spiego meglio; Per quanto riguarda il campo nel primo anno il mister ha portato una ventata nuova nell’ambiente, regalando alla Juventus motivazioni ed un gioco straordinario volto al possesso palla, al pressing ed alla ricerca spasmodica della vittoria da raggiungere ad ogni costo, non utilizzando mai lanci lunghi ma cercando di giocare il pallone in ogni situazione. Ora, passando attraverso il secondo anno dove si è vinto un campionato abbastanza tranquillamente ma giocando un po’ più da ragionieri, sembra pensare più a tenere bassa la squadra ed a cercare di rischiare il meno possibile, come se avesse il timore di perdere quello che si è conquistato attraverso il sacrificio, la lotta e la voglia di spaccare il mondo. 

Per quanto riguarda i suoi atteggiamenti al di fuori del terreno di gioco c’è chi lo vede meno motivato, meno aggressivo come se fosse rassegnato all’idea di non poter vincere ancora. Da qui le incertezze nei cambi durante le partite, le polemiche con la società, i continui riferimenti al fatto che quest’anno sarà molto dura riconfermarsi e quel suo essere troppo arrendevole nei post partita davanti alle telecamere. Molti lo spiegano con il fatto che sa già che a fine stagione se ne andrà, altri ancora vedono in certe sue scelte un’aperta polemica con la società (il fatto di non far mai giocare Llorente o ad esempio di far entrare Motta – uno praticamente fuori rosa – piuttosto che mettere Caceres, come a voler dire: “secondo voi posso andare avanti con questi elementi?”) 

Io non so esattamente cosa possa essere accaduto ma di certo qualcosa è cambiato all’interno della squadra bianconera, così come è palese che alcuni elementi stiano arrivando alla fine della loro carriera, così come è altrettanto evidente che c’è un clima diverso dagli anni precedenti. Ieri vedere Vidal (che arriva in ritardo dal Cile prima di due impegni importantissimi) e Giovinco ridere allegramente durante il riscaldamento mentre la Fiorentina stava rimontando i due gol di svantaggio non fornisce indicazioni positive sul clima dello spogliatoio. Per quanto riguarda il cambiamento e l’involuzione del gioco sinceramente non so quanto questo sia dovuto ad un’inversione di tendenza nella mente del Mister e quanto alla sua consapevolezza che i calciatori non sarebbero fisicamente in grado di riproporre l’aggressività del primo anno. Questo forse spiegherebbe la grande delusione espressa da Antonio Conte per un mercato in cui avrebbe desiderato l’acquisto di numerosi ricambi nonché l’acquisto di altri campioni che avrebbero potuto, nei momenti difficili, sopperire alle carenze atletiche con la classe. 

Infine, tutti ormai si sono resi conto del fatto che il nostro portiere sta sbagliando moltissimo, che non ha più l’esplosività e il colpo d’occhio di un tempo e che, soprattutto, non trasmette più sicurezza all’intero reparto difensivo. Anche gli avversari lo hanno capito ed infatti tentano sovente la conclusione da lontano e spesso con successo. Leggo che molti si arrabbiano quando si tocca Buffon, ma la realtà è questa fratelli. Non è una questione di ingratitudine ma semplicemente anagrafica ed atletica. Sono convinto che anche Conte se ne sia accorto ma nell’anno prima del mondiale è praticamente impossibile pensare che possa essere sostituito un autentico monumento come Gigi. Io dico solo questo; se Cristiano Ronaldo ha notato questo particolare sono seriamente preoccupato per mercoledì.

domenica 13 ottobre 2013

Le punizioni vincenti di un derby della Mole


"Nel Torino, la smania di vincere potrebbe portare a conclusioni amarissime. Si lascino attaccare i più forti, se proprio vogliono rischiare: oppure, ci si rassegni al peggio. La divertente teoria secondo cui il derby toccherebbe sempre alla meno favorita è proprio nata dalla presunzione dei più forti. Illudendosi, lo stesso Trap ha già provato sorprese molto sgradevoli: non credo voglia correre il minimo rischio. E' dunque possibile che il derby di oggi non vada oltre le schermaglie introduttive, e annoi la sua parte". Con queste parole Gianni Brera fotografava una stracittadina, il derby della Mole previsto per il 13 ottobre 1985 (esattamente ventotto anni fa), che le due contendenti non avevano ancora disputato. Se analizzare un incontro a giochi fatti è un esercizio dialettico relativamente semplice, è sicuramente più complicato prevedere l'andamento di una partita quando l'arbitro non ha ancora fischiato il calcio d'inizio. E, soprattutto, azzeccarne il pronostico.

Dopo solo mezz'ora di gioco, proprio in quelle che il popolare giornalista definiva "schermaglie introduttive", la Juventus si era già portata sul 2-0. Due calci di punizione, il primo deviato in rete da Aldo Serena su tiro scagliato da Cabrini ed il secondo ad opera di Michel Platini, le avevano consentito di prendere velocemente il largo. A quel punto non restava che piazzare il muro difensivo a protezione di Tacconi in attesa della prevedibile reazione dei granata. Che in effetti arrivò, ma produsse soltanto il goal dell'1-2 per effetto della marcatura di Junior. Su calcio di punizione, ovviamente, la cui traiettoria venne deviata anch'essa in rete dal gomito sinistro di Scirea.

Si trattava della sesta giornata del campionato 1985/86, la Juventus in quella stagione era riuscita a vincere le prime otto gare consecutive. Da Napoli, intanto, Diego Armando Maradona lanciava messaggi minacciosi alla Signora: "Aspetto la Juve al "San Paolo". Solo allora sapremo se è davvero la squadra più forte". Alla nona tappa del torneo Madama effettivamente cadde a causa di una rete segnata dal numero dieci argentino. Su punizione, naturalmente. Ma lo scudetto, il numero ventidue della sua storia, andò ancora una volta al club torinese.

Tornando al derby della Mole, nella pancia dello "Stadio Olimpico" Michel Platini non mostrava particolare entusiasmo per la sua prima rete stagionale (la settima in altrettante stracittadine): "Ok, ho rotto il ghiaccio, lo metto nel whisky... E' facile dire che il pareggio poteva essere il risultato più giusto". Luigi Radice, il tecnico dei granata, era della stessa idea del francese: "La media di realizzazione del bianconeri è stata elevata. Il cento per cento. Indubbiamente, almeno contro di noi, un pizzico di fortuna l'hanno anche avuto. Però non bisogna dimenticare chi è la Juventus: ha ottenuto il vantaggio eppoi è stata capace di difenderlo. Noi abbiamo tenuto in mano la partita per tutto il secondo tempo però non slamo riusciti a concretizzare tutto quello che si faceva, a buttar dentro il pallone, che è poi quello che conta".

Punzecchiato da Walter Schachner ("La novità tattica del bianconeri è quella di giocare con una punta (Serena) e cinque centrocampisti"), Trapattoni rispondeva alle critiche con i numeri: "Ma se Laudrup ha segnato tre gol... E' chiaro che la squadra assume differenti atteggiamenti tattici a seconda delle circostanze, ci sono partite che richiedono due punte, altre in cui anche avendone quattro non riesci a sfruttarle".

Il ritmo elevatissimo che in campionato la Juventus stava imponendo alle avversarie stimolava confronti importanti con altre sue versioni precedenti. Renato Zaccarelli, capitano del Torino, su questo tema espresse la propria opinione: "Sento paragoni con la Juve dei 51 punti che secondo me non stanno in piedi. Quella ti metteva sotto per novanta minuti e creava dieci occasioni, questa vince facendo un tiro in tutto. Può anche darsi che questa Juve di punti ne faccia sessanta, ma da quella là le prenderebbe".
Presto, però, le discussioni nel merito sarebbero finite: Trapattoni avrebbe abbandonato Torino a fine stagione, mentre Platini fece altrettanto a distanza di un anno. Quel ciclo favoloso, ormai, era arrivato agli sgoccioli.
Articolo pubblicato su
 Articolo pubblicato su Lettera43

martedì 8 ottobre 2013

Il futuro di Conte sarà ancora alla Juve?


Forse Paolo Bonolis, il popolare conduttore televisivo noto tifoso interista, la scorsa settimana avrebbe fatto meglio a non esprimere il proprio parere sugli inviti recapitati al c.t. della Nazionale da buona parte dell'opinione pubblica per una convocazione in maglia azzurra di Francesco Totti. E' pur vero che i mondiali brasiliani non sono ancora alle porte e che i trentasette anni del giocatore non sono pochi, ma sostenere in questo periodo che "se io fossi Prandelli non lo porterei ai Mondiali, perché il c.t. sta creando una Nazionale con un altro tipo di gioco. Francesco ha dei piedi benedetti da Dio ma è un po' indolente nella fase di recupero palla", significa guardare le partite dell'attuale campionato di serie A con il paraocchi. Oppure, più semplicemente, non guardarle proprio.

Nella settima giornata del torneo Totti e la Roma puniscono l'Inter a domicilio, continuando ad imporre alle avversarie un passo quasi insostenibile. In testa alla classifica, comunque, per il momento il sogno della conquista del tricolore accomuna tre tifoserie sparse lungo la spina dorsale del nostro paese: quelle della Juventus (al nord), della Roma (al centro) e del Napoli (sud). Nel corso della prossima giornata ci sarà una tappa cruciale della serie A: i giallorossi e i partenopei si scontreranno nella capitale (venerdì 18 ottobre), mentre i bianconeri saranno impegnati nella delicata trasferta di Firenze. A meno che dal doppio confronto non scaturiscano due pareggi, è altamente probabile che lassù stia per accadere qualcosa di importante.

Il Napoli non ha abbassato la guardia contro il Livorno, evitando di compiere lo stesso errore commesso nella gara recentemente disputata con il Sassuolo. La Juventus, invece, ha liquidato il Milan con più merito rispetto a quanto non dica il risultato finale. Dopo aver guardato il menù iniziale del campionato, Antonio Conte ha rigettato alcune critiche ai mittenti: "Quando sono stati stilati i calendari, tutti erano d'accordo nel dire che era un avvio in salita per la Juve. Dopo sette partite abbiamo totalizzato sei vittorie ed un pareggio: ci avrei messo non una firma, ma diverse". 

La sua opinione è condivisibile, anche se ad onor del vero i passi a vuoto dei bianconeri si sono verificati soprattutto in Champions League, laddove gli incontri sulla carta erano abbordabili e l'esperienza della scorsa edizione (tre pareggi consecutivi nelle prime tre partite) non facevano immaginare un cammino così complicato. Per il tecnico bianconero forse è meglio lasciar perdere il rumore dei nemici e concentrarsi, invece, su quanto accade tra le mura domestiche. Nell'ingranaggio bianconero qualcosa scricchiola, qualcos'altro non funziona a dovere, qualcosa si potrebbe sistemare e altro ancora potrebbe venire corretto a gennaio del prossimo anno, alla riapertura del mercato. Tutto questo nell'attesa di conoscere, più o meno all'inizio dell'estate del 2014, se l'avventura dello stesso Conte sulla panchina della Juventus proseguirà o meno.

Articolo pubblicato su

venerdì 4 ottobre 2013

Juventus-Milan non vale più l'Europa


Poco più di dieci anni fa Juventus e Milan disputavano a Manchester la finale di Champions League. Entrambe rappresentavano l'eccellenza calcistica di un paese riconosciuto universalmente come l'ombelico del mondo del football. Da diverso tempo a questa parte, come risaputo, le cose sono cambiate. La prossima domenica le due squadre si troveranno per l'ennesima volta l'una di fronte all'altra, a Torino, nella gara valevole per la settima giornata della serie A.
 
Almeno nel campionato nostrano riescono ancora ad essere protagoniste, visto che hanno vinto gli ultimi tre scudetti in palio: due sono andati ai bianconeri ed uno ai rossoneri. Quest'anno sarà dura per entrambe recitare un ruolo da protagonista, dato che nella corsa alla conquista del tricolore la Juventus dovrà prestare attenzione ad almeno tre formazioni (Roma, Napoli e Inter, in rigoroso ordine di classifica), mentre per il Milan sarà difficile recuperare il terreno perduto immaginando che chi le sta davanti (Fiorentina e Lazio su tutte) non starà certo fermo ad aspettarla.
 
In Europa, invece, l'andamento lento dell'ultimo periodo è diventato una costante. Anche nelle partite di questa giornata infrasettimanale di Champions League si sono visti ad occhio nudo i limiti strutturali delle squadre italiane, Napoli inclusa. Le fortune dei campani e dei rossoneri dipendono dalla presenza di Higuain e Balotelli? E' un alibi, una scusa che non regge. Sotto il Vesuvio è stata data una rosa competitiva in mano a Benitez, l'ultimo tecnico vincitore dell'Europa League, uno che nel Vecchio Continente sa come muoversi. Ma è ancora troppo presto per raccogliere i frutti del suo lavoro. Dal calcio attendista di Mazzarri a quello europeista dell'allenatore spagnolo il passo è lungo, non breve. Nel mezzo possono tranquillamente starci bastonate come quella subita a Londra contro l'Arsenal. Soprattutto se precedute da un successo simile a quello che ha portato i tre punti nella partita vinta sul Borussia Dortmund, non un Copenaghen qualsiasi.
 
A proposito dei danesi: non contenta di aver buttato via due punti contro di loro, la Juventus ha pure gettato al vento il successo contro i turchi del Galatasaray. Prima del match Roberto Mancini aveva candidamente confessato di non avere la bacchetta magica per risolvere i propri problemi. Bonucci e Isla, in questo senso, gli hanno comunque teso una mano. Che, a quanto pare, non è bastata ad evitare una piccola, inutile quanto pretestuosa polemica: secondo il tecnico di Jesi il rigore di Quagliarella non c'era. Ad essere sinceri sino in fondo l'arbitro non solo ha fatto bene ad assegnarlo, ma avrebbe dovuto fare altrettanto in una situazione analoga qualche minuto prima, per un fallo subito dallo stesso giocatore.
 
Ed è proprio grazie ad un tiro dagli undici metri che il Milan ha raddrizzato negli ultimi minuti di gioco la partita disputata contro l'Ajax. Tra la versione europea e quella italiana dei rossoneri al momento non sembra esserci molta differenza, se non l'impossibilità di schierare Balotelli a Torino a causa della squalifica di tre giornate inflittagli dal giudice sportivo. Proprio contro la Juventus gli uomini di Allegri dovranno prestare la massima attenzione al posizionamento dei difensori in occasione dei calci da fermo, uno dei loro punti deboli. I maggiori pericoli, infatti, potrebbero arrivare dai palloni che sorvoleranno l'area di rigore, ammesso e non concesso che i bianconeri possano riuscire a perfezionare qualche traversone degno di nota. E che i calci d'angolo dilapidati diventino una rarità, non la normalità.
La sostanza, però, è che tra questo Juventus-Milan e quello di Manchester i dieci anni di differenza si sentono tutti.
 
Articolo pubblicato su

giovedì 3 ottobre 2013

Ma che succede?


Questo articolo è di Danny67. Tutti gli altri, li puoi trovare nella sua rubrica Un Bianconero a Roma

A poco più di dodici ore dal primo match casalingo disputato dalla Juventus in Champions ancora non riesco a darmi pace per ciò a cui abbiamo assitito e ad accettare non tanto il risultato finale ma le modalità con il quale esso è maturato. Non è che mi aspettassi di asfaltare i turchi del Galatasaray, cosa impossibile viste le ultime prestazioni della squadra bianconera, ma ero certo, almeno stavolta, di vedere l’undici di Conte “mangiare l’erba” ed attaccare fin dai primi minuti l’avversario, spinto dal caldissimo tifo del pubblico di fede juventina. Ma niente di tutto questo. Ho visto una compagine senza grinta, senza personalità, molto svagata, che ha arrancato per quasi tutti i novanta minuti e che rarissimamente è riuscita a rendersi pericolosa. Il titolo di questo pezzo nasce proprio da qui: Che cosa sta succedendo? 

Non ho potuto fare a meno di notare che la Juventus è spenta, molle, deconcentrata e, per la prima volta da quando è allenata da Antonio Conte, senza idee. Nel primo tempo si è giocato quasi esclusivamente su lanci lunghi che ricordavano molto da vicino il gioco di Ranieri. Non mi sembra possibile che questa squadra sia figlia di quella meravigliosa creatura che solamente due stagioni orsono ci ha entusiasmato e restituito il titolo di Campione d’Italia, che giocava un calcio splendido, totale, aggressivo, veloce, che toglieva respiro agli avversari e a noi che assistevamo alla partita. Un calcio tra i migliori che si siano visti in Europa negli ultimi anni. Tutto ciò che apparteneva a quella squadra sembra essere svanito nel nulla. Non ci sono uomini che si muovono senza palla, non c’è la vicinanza tra i reparti, non ci sono più mille scambi consecutivi tra calciatori che corrono ognuno in aiuto dell’altro, non c’è più il fraseggio che allargava la manovra e permetteva l’inserimento dei centrocampisti, non c’è più la sicurezza che un gioco fatto di possesso e verticalizzazione trasmetteva a tutti, non c’è più quella ferocia che ci esaltava, quel furore agonistico che ci spingeva alla vittoria. 

Ma perché manca tutto questo? E’ un problema di condizione atletica? E’ un problema di modulo? È un problema di personalità e di coraggio? Forse un insieme di tutte queste cose. La condizione atletica dei ragazzi è di certo insufficiente e lo dimostrano da un lato gli infortuni muscolari di Lichtsteiner e di Vucinic, troppi contemporaneamente per essere frutto di casualità, dall’altro il fatto che nelle ultime gare gli avversari risultano molto più brillanti dei bianconeri. Probabilmente su questo ha inciso la mancata partecipazione alla preparazione dei nazionali con il resto della squadra, il pre-supercoppa ed il fatto che la maggior parte dei giocatori della Juventus viene da due anni di attività quasi continue. Anche il modulo, come detto più volte, ha la sua importanza. 

Il 3-5-2 risulta ormai prevedibile e molto poco offensivo, sia come schieramento sia come atteggiamento imposto dall’allenatore. Si sente spesso Conte dire agli esterni di stare molto bassi e di salire solo uno per volta. Lo stesso Barzagli a fine gara ha confermato il fatto che il gioco della squadra in questi due anni è cambiato molto. Io mi chiedo perché? Non è un caso che quando è uscito Bonucci e si è tornati al 4-3-3 si è rivista una capacità di penetrazione decisamente superiore, anche se poi nell’occasione del gol del 2 a 2 Isla, che, in quanto esterno della difesa a quattro, avrebbe dovuto stare molto più indietro, si è fatto sorprendere a metà campo probabilmente perché non abituato a fare il terzino vero e proprio. Forse con Lichtsteiner quella rete non si sarebbe subita. 

Inoltre il 4-3-3 con l’innesto di Llorente (seppur non brillantissimo nemmeno lui) ha liberato Tevez dall’obbligo di rimanere davanti consentendogli di partire da dietro e risultando molto più pericoloso. Non voglio fare il disfattista ed il critico a tutti i costi, anche perché come scritto più volte io amo il nostro mister, ma la mia sensazione è che Conte il primo anno in cui non c’era nulla da perdere abbia fatto esprimere alla Vecchia Signora un gioco totale, rischioso (fino ad un certo punto perchè quando schiacci l'avversario rischi veramente poco) ma spregiudicato ed estremamente offensivo, mentre dal secondo anno in poi, ha iniziato ad essere più guardingo e ad avere un certo timore di scoprirsi troppo, dando maggiore importanza alla fase difensiva piuttosto che a quella offensiva. 

L’impressione è che a questa Juventus manchi il coraggio, la sfrontatezza che occorre avere in questa competizione e che la maggior parte delle compagini europee possiedono. Certamente non è solo il coraggio a mancare, ma anche alcuni elementi di tecnica superiore sugli esterni. Come già detto Asamoah è un ottimo calciatore ma non è un vero e proprio esterno e non salta mai l’uomo con una finta. Inoltre si serve esclusivamente del piede sinistro e non ha la possibilità di rientrare, mettendo fuori gioco l’avversario, e mettere la palla al centro con il destro. Di Isla sinceramente credo non sia nemmeno il caso di parlare ormai. Non è da Juve, punto. 

Aggiungo che è ormai da tempo che noto in Antonio Conte, durante le partite, ma anche nelle interviste post-gara, un atteggiamento molto strano, un po’ polemico, un po’ remissivo, come se fosse sfiduciato in generale. Mi sembra abbia perso molta della sicurezza che aveva prima. Mi chiedo e vi chiedo: è solo una mia impressione? 

In ultima analisi vorrei parlare di alcuni singoli che danno la netta impressione di essere in difficoltà. Parlo di Pirlo, decisamente in ribasso rispetto a qualche tempo fa. Mi riferisco anche a Buffon. Capisco che tutti lo ritengano un’icona, un simbolo della Juventus ed è un mito anche per me, io però non lo vedo reattivo ma anzi spento, lento ed impacciato nelle uscite, non più decisivo ai fini del risultato. Chiellini, combattivo ma piuttosto confusionario. Bonucci deconcentrato ed in alcuni casi, come ieri, supponente. 

Ora la qualificazione sarà molto ma molto difficile anche perché, allo stato attuale delle cose, non vedo come si possa soltanto pensare di poter impensierire il Real Madrid giocando in questo modo. Esiste poi la concreta eventualità che al Bernabeu non ci sia Lichsteiner (infortunato) e che Isla debba essere schierato dalla parte di Bale. Altro non aggiungo. La corsa va fatta sul Galatasaray e questo lo sapevamo ma se non cambiano le cose è dura andare a vincere in Turchia, eppure molto probabilmente sarà obbligatorio se si vuole accedere agli ottavi. Inoltre c’è il pericolo Europa League in caso di eliminazione e questo potrebbe compromettere seriamente tutto il resto della stagione. Inutile dire che mi auguro, con tutto il cuore, che da domenica sera, contro il Milan, il trend negativo della squadra subisca una netta inversione di tendenza e che il futuro sia meno buio di come lo vedo ora.

martedì 1 ottobre 2013

Juve, urgente trovare un vice Pirlo

Il derby della Mole va alla Juventus, cinica e spietata, che incamera altri tre punti in classifica vincendo di misura una brutta stracittadina. Madama riesce così a mantenere lo stesso passo di marcia del Napoli senza perdere terreno nei confronti della Roma, vera e propria dominatrice di questo inizio di campionato. 

Antonio Conte temeva un atteggiamento troppo prudente da parte degli uomini di Ventura, così come aveva avuto modo di affermare nei giorni precedenti il match: "Dite che se la giocherà? Mah, sulla tattica del Torino non sarei convinto che verrà a giocarsela a viso aperto...". Detto fatto, dopo un primo tempo noioso è bastato invertire i ruoli tra Pogba e Vidal per vedere un po’ di gioco in mezzo al campo, laddove il Torino aveva eretto un muro a protezione della difesa e la Juventus - sino a quel momento - era stata troppo lenta e macchinosa per procurare seri pericoli.

Lungo l'intero arco della partita si è avvertita l'assenza delle geometrie di Pirlo. Visto che cercare un doppione del fuoriclasse bianconero è inutile, dato che non si arriverebbe ad alcun risultato, per il prossimo gennaio sarebbe quantomeno opportuno per la Juventus provare a scovare qualche regista in grado di dare una logica alla propria manovra anche quando Conte - giustamente - deciderà di farlo rifiatare. Alla Vecchia Signora gli impegni comunque non mancano, esattamente come le era accaduto nella passata stagione di questi tempi.

Quello che ora sembra diverso è l'approccio ai singoli incontri, nel senso che appare evidente una maggior ricerca del fraseggio in campo piuttosto che l'assalto all'arma bianca nelle aree di rigore nemiche. Questo dipende tanto da un dosaggio delle energie in funzione delle molteplici gare da disputare quanto dall'atteggiamento delle rivali di turno. Proprio sul tema in questione Conte, davanti ai cronisti presenti nella pancia dello stadio "Olimpico", è stato chiaro: "Questo campionato è difficile, visto che quando le avversarie ci incrociano pensano soprattutto a intralciare il nostro gioco. Oggi il Torino si è difeso alla grande, con un sistema che non concede spazi. Le maglie si allargano soltanto con la stanchezza e con il passare dei minuti".

Le polemiche legate, in rigoroso ordine cronologico, alla mancata espulsione di Immobile e al goal convalidato a Pogba servono ai media per riempire il tempo che separa la sesta giornata di serie A ormai conclusa dagli impegni europei infrasettimanali di alcuni club italiani. Attraverso le parole del proprio tecnico la Juventus si era presa a Verona l'impegno di seguire l'esempio di sportività mostrato dal Chievo nei suoi confronti ("Campedelli è andato a confortare il guardalinee? Se succederà, anche noi andremo a confortare l'arbitro e gli assistenti"). Adesso non resta che aspettare per vedere se i fatti coincideranno con le promesse.

Articolo pubblicato su