sabato 30 gennaio 2010

Ferrara, Zaccheroni e il dolce sapore della vittoria

(Vignetta di BarSportComics )


Uno sguardo di Capello, l’ultimo grande allenatore seduto sulla panchina della Juventus. Il via libera per riscaldarsi, ed entrare in campo. Un boato del pubblico. La cinquecentesima partita giocata in serie A iniziata al 42’ minuto del secondo tempo, al posto di Pavel Nedved. Era il 15 maggio 2005, l’incontro giocato al Delle Alpi contro il Parma si trasformò ben presto in una passerella, quella che avrebbe portato la Juventus - dopo pochi giorni - alla conquista del suo 28° tricolore. Ciro Ferrara ebbe modo di salutare il pubblico bianconero in questo modo, ricevendo la giusta standig ovation dai tifosi presenti allo stadio. 8 scudetti vinti da giocatore, di cui 6 in bianconero. Una galleria di trofei da far impallidire il più polemico dei Mourinho. Tibia e perone rotti a Lecce, quando – ancora provato dal dolore – negli spogliatoi urlò la sua gioia alla notizia del goal di Iuliano, suo naturale sostituto nella gara e nel prosieguo della stagione.
Quella era una Vecchia bellissima Signora, che ti ammaliava con lo sguardo, e che quando ti sceglieva non ti abbandonava mai: ti proteggeva, ti metteva in condizione di giocarti le sfide più difficili contro il mondo intero, sapendo di averla sempre lì, al tuo fianco. Ferrara lo avrebbe dovuto capire: questa, quella di oggi, è diversa. Ha perso molto, (quasi) tutto. Va ricostruita, (quasi) da zero. Ma non solo in campo: partendo dall’alto, e - a cascata - verso il basso.
Ora ti seduce, ma ti lascia solo in un batter d’occhio. E’ pronta ad abbandonarti nelle difficoltà, per la paura che tu la possa tirare in ballo nel gioco delle colpe da dividersi. Chiede a te di andartene, di prenderti delle responsabilità, ma è la prima a non farlo. Una volta era fatta di uomini dall’animo d’acciaio: ora, d’acciaio, è rimasto soltanto il colore della maglia di riserva. Alla seconda partita negativa, scoppiava il finimondo. Adesso si finisce per affidarsi (anche) ai miracoli, sapendo che nel calcio – come nella vita – capitano di rado.
Ferrara non era pronto per allenare la Juventus. Il tempo dirà se sarà in grado di essere un buon allenatore. Nel rispetto dello stile-Blanc è stato esonerato a campionato in corso, poichè non faceva più parte del progetto bianconero. Strano, considerando che l’obiettivo sembra essere quello del ridimensionamento della società e che, purtroppo, i risultati – in tal senso – davano ragione all’ormai ex-allenatore.
Dagli applausi dei suoi tifosi al Delle Alpi cinque anni fa, agli striscioni ironici dei tifosi interisti dopo l’ennesima sconfitta, stavolta in Coppa Italia: la strada è stata tutta in discesa, così come quella percorsa dalla Juventus.
Alberto Zaccheroni da Cesenatico torna a Torino, nella sponda più prestigiosa, dopo aver conosciuto Cairo, l’uomo che ancora non è stato in grado di capire perché il goal di Trezeguet giocato nel derby del 30 settembre 2007 era regolare e non in fuorigioco. Arriva con l’etichetta dell’uomo del “5 maggio 2002”, quando - battendo l’Inter alla guida della Lazio - regalò indirettamente alla sua nuova squadra un match point che a Udine non si lasciò sfuggire.
Arriva col vantaggio di non far parte di alcun progetto, di trovarsi nella situazione di dover “salvare il salvabile”. Da traghettatore a salvatore: il passo è breve, compierlo sarà difficile. Dovrà lavorare sulle teste dei giocatori, stimolarli prima ancora che impartire loro lezioni di tattica. Avrà dalla sua parte un popolo di sostenitori che non aspetta altro che un misero successo in campionato, per poter riassaporare quel piacere di sconfiggere l’avversario che una volta, sotto la Mole, era di casa.
Quando la Vecchia Signora ti corteggiava, ti strizzava l’occhio, e ti sceglieva. Per non abbandonarti più. Per gustare insieme il dolce sapore della vittoria.


Articolo pubblicato su Tutto Juve.com



giovedì 28 gennaio 2010

mercoledì 27 gennaio 2010

Dalla panchina di corso Re Umberto ai ristoranti di Blanc


E’ nata da un’idea concepita su una panchina di corso Re Umberto, a Torino, da parte di alcuni studenti del liceo Massimo D’Azeglio. La stanno distruggendo dai tavoli dei ristoranti, più di cent’anni dopo. Una storia gloriosa, leggendaria, quella della Vecchia Signora del calcio. Del "calcio", s’intende, non solo quello italiano. Vittorie epiche, sconfitte storiche, giocatori consegnati agli album delle imprese di questo sport. Un nome "diverso" dagli altri: Juventus. A qualcuno bastava soltanto leggere la lettera "J" in qualche titolo di giornale per emozionarsi.
Dalla cenetta romantica di John Elkann con Blanc nel dicembre del 2004 a Marrakech a quella goliardica dello stesso francese con Lippi a Recco: due innamoramenti fulminei, che stanno rovinando una poesia durata più di un secolo. La passeggiata nell’inferno (altro che purgatorio) della serie B doveva essere "l’inizio della fine" delle sofferenze: ne è stata solo l’antipasto. Questa è un’agonia: pura, vera, senza mezzi termini. Milioni di euro buttati al vento, giocatori deprezzati, "marchio" svalutato.
Lo scorso luglio sembrava fosse finalmente risorta dalle ceneri di Calciopoli; da novembre in poi si è capito come si fosse trattato soltanto di una pia illusione. Non c’è grande squadra senza una grande società alle spalle: è una regola non scritta, (quasi) naturale (Inter esclusa). A nulla serve acquistare buoni (o ottimi) giocatori: nel caos più totale, sfigurano tutti. Se poi ci si aggiungono dei bidoni… Di leader veri ne sono rimasti pochi. Uno, Nedved, non ne vuole sapere di tornare ora, anche se in altre vesti. Non è un caso.
Passano tutti, sui resti bianconeri: in casa come fuori, dalle grandi alle piccole squadre. Oltre il Parma, solo l’Inter - nelle ultime partite - non c’è riuscita: c’è sempre tempo, spazio alla Coppa Italia. In campionato, l’eccezionale rivalità tra le due squadre è stata la spinta indispensabile per vincere la gara. Così tanto forte da lasciare "scarichi" i giocatori nel successivo incontro con il Bayern Monaco. L’importante era battere i nerazzurri: bene, risultato ottenuto. Poi, se si perde anche le altre gare, fa lo stesso. Pazienza. Spirito da provinciali: questa non è mentalità da Juventus. Ma questa "non è" la Juventus.
Si rimpiange Ranieri: non Lippi (allenatore), Capello o Trapattoni. Anche questo è un segno dei tempi che cambiano. Un conto è il comportamento tenuto dalla società (Blanc, nulla più) nei suoi confronti, un altro sono gli errori che il tecnico romano ha commesso nel suo percorso in bianconero ed i limiti che ha fatto (intra)vedere. Sino agli ultimi due mesi della sua permanenza a Torino: fino a quando, in campo, (alcun)i giocatori hanno iniziato a mollare la presa, mentre gli avversari imperversavano - senza pietà - da ogni dove. Perché anche i calciatori hanno le loro colpe. Quando un management è debole, o più semplicemente assente, vige l’anarchia più totale. I risultati, di conseguenza, sono quelli sotto gli occhi di tutti.
Inter-Juventus, quarti di finale di Coppa Italia: da una parte un allenatore (Mourinho) gasato dalla recente vittoria nel derby e desideroso di farsi un regalo di compleanno battendo un’acerrima rivale (dei suoi tifosi); dall’altra, il giovane Ferrara, vittima della sua stessa voglia di non arrendersi di fronte all’evidenza dei risultati negativi conseguiti e di una dirigenza che si è fatta trovare impreparata all'impossibilità di concretizzare un “progetto” senza capo né coda.
Un’assurdità: Ferrara in panchina quando non è (ormai) più allenatore della sua squadra. Non perché la stagione sta per volgere alla sua naturale conclusione, ma per semplice mancanza di immediate alternative. Un’altra, che si va a sommare a quella dello scorso anno: se già era anomalia - per i bianconeri - esonerare un allenatore in corso d’anno, farlo a due giornate dalla fine del campionato, cos’era?
Si cambiano gli allenatori, ma i veri responsabili di questo scempio continuano a rimanere saldamente ancorati nelle loro posizioni.
Nel 1897 nacque una leggenda, di nome Juventus. La sua storia è rimasta ferma al 2006. E non sarà soltanto un nuovo allenatore a scriverla. Ci vuole, soprattutto, una società.
Charles D'Hericault: "Signore, difendimi dagli amici: ai nemici posso pensarci io". A buon intenditor…

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

martedì 26 gennaio 2010

Traghettatori


Ormai stiamo per salutarlo.
Giovedì sera, forse domenica sera, e Ciro non siederà più sulla panchina della Juve.
Se ne andrà a causa anche dei molti errori commessi per la sua inesperienza.
Se ne andrà a causa di un progetto che una società come la Juve non avrebbe mai dovuto varare.
Se ne andrà a causa di un dirigente/dittatore che dopo alcuni mesi in serie b, spavaldamente, disse che dirigere una squadra di calcio era assai più facile di quanto pensasse.(!)
Se ne andrà a causa di un dirigente, che dopo aver ratificato che “Il primo fondamentale scopo della Juventus è dare ai propri sostenitori le più ampie soddisfazioni sportive, vivendo il calcio da protagonista e proseguendo una tradizione vincente che si è confermata nel corso degli oltre cento anni di gloriosa storia.”, nulla ha fatto per raggiungere concretamente quel primo obiettivo che si era prefissato.
Ferrara se ne andrà a causa di un dirigente che ha deciso di puntare su un pezzo della storia della Juve, ma che dalla Juve se n’era andato già da un pezzo.
Se ne andrà a causa di un dirigente che ha pensato bene che potessero tranquillamente passare tre anni prima che il projectò avesse veramente inizio.
Il pezzo di storia citata, già nell’estate del 2007, disse “Ora non è tempo!”, ed il dirigente ha scelto un primo traghettatore.
Poi il pezzo di storia, davanti ad una focaccia genovese, disse “Dopo l’estate del 2010 io avrò fatto ciò che per me conta, e allora sarò disponibile.”
Il dirigente, allora, tutto contento cacciò il primo traghettatore e ne prese un secondo.
Ma Ciro non aveva ancora l’esperienza e le spalle sufficientemente larghe per quel compito, portando al pettine tutti i nodi.
E quello che era chiaro già a molti da tempo, ora è sotto gli occhi di tutti, questo è stato il projectò : “Attendere Lippi”. ”Attendere tre anni e POI iniziare a lavorare!”.
E’ vergognoso che la Juventus, abbia potuto accettare una proposta simile.
Un dirigente della Juventus, mai avrebbe dovuto anche solo pensare di “aspettare” qualcuno che stava anteponendo qualcos’altro alla possibilità di tornare in società!
Noi siamo la Juventus, suvvia!
Al primo no di Lippi, la risposta sarebbe dovuta essere una e una sola : “Addio, è stato bello. Amici come prima”
E se io fossi il proprietario di un’azienda (ed a quell’azienda tenessi!), ed il mio dirigente più importante mi dicesse che il suo piano è aspettare per tre anni l’arrivo di un altro collaboratore, licenzierei immediatamente quel dirigente e lo sostituirei con un altro capace e deciso.
Io non so, mentre scrivo, cosa la società abbia deciso di fare per quella panchina che Ciro lascerà vuota. Da venerdi ci sarà un nuovo allenatore, od un terzo traghettatore?
E se sarà ancora un traghettare sarà li ad aspettare Lippi, oppure per attendere Benitez, Hiddink o MisterX ?
Con tutti i ringraziamenti per ciò che ha fatto ieri, e nonostante la consapevolezza di quello che potrebbe fare domani, per il solo fatto di aver messo la Juve in secondo piano, personalmente spero proprio che non sia Lippi l’uomo del futuro.
Perché in fondo ciò che spero realmente è che il prossimo allenatore della Juve sia colui che traghetterà definitivamente il Signor Blanc fuori dalla sede della Juve.


Questo articolo è di Roberta. Tutti gli altri, li puoi trovare nella sua rubrica Una signora in bianconero

lunedì 25 gennaio 2010

Sì, è un complottinho!


Parole e musica di Roberto Beccantini

Riassunto dei lamenti precedenti. Non danno un rigore al Palermo? Zamparini straparla di campionato falsato e minaccia un dossier. Quando in testa era il Napoli (29 ottobre 2008), De Laurentiis plaudiva alla morte di Calciopoli; dopo Parma (29 novembre 2009), un penalty negato da Trefoloni gli ispira il ritorno di Calciopoli. Ci mancava il derby, il derby stravinto dall’Inter al di là delle espulsioni e dei rigori sbagliati o millantati. Sono furibondi, gli interisti. Mourinho, Moratti, Paolillo nell’ordine: «Vogliono riaprire il campionato in modo non leale». Proprio così: in modo non leale. Bersagli sottintesi, il picciotto con la lupara (l’arbitro Rocchi-Rocky) e, come mandante, il Milan di Berlusconi & Galliani, sette rigori a uno (l’Inter, cinque a cinque; la Juventus, uno a tre). Vergogna!

Ci mancava, soprattutto, la vergine Inter insidiata dai bruti, con Collina che, di nascosto, ne arma i pugnali. Sotto sotto, e sopra sopra, il riferimento sommo rimane sempre Calciopoli, scandalo dal quale Moratti riscosse la miseria di uno scudetto a tavolino, complice quel taccagno di Guido Rossi. Al di là delle responsabilità della Triade, e delle sanzioni che (per la Juventus, almeno) proprio morbide non furono, la storia del vento contrario fa sbellicare dalle risate. Vorrete mica negare a Moratti la gioia di un complotto dopo averla concessa a Berlusconi, a Moggi e alla più bisognosa di coccole, la Roma, vittima privilegiata e seriale di Juventus, Milan, Inter?

Nessun dubbio che a Bari Bonucci andasse espulso (così come, a Verona col Chievo, il pugno di Quaresma fosse da rigore); scritto ciò - e ribadito come Rocchi abbia azzeccato una sola decisione: il rosso a Sneijder - non si può non elogiare la genialità di José Mourinho, che dell’Inter è l’allenatore, il manager, l’addetto stampa, l’addetto agli arbitri, il presidente vicario. Quattordici milioni a stagione sono persino pochi. José, gli arbitri, non li cucina negli spogliatoi, ma in diretta tv, alla luce del sole. Non piange al telefono, piange al microfono, mentre dai Palazzi scrosciano fazzoletti e richieste di bis, puntualmente concessi.

domenica 24 gennaio 2010

Beha: "perché non cacciano Blanc?"

Già...

Caro Avvocato, quanto mi manchi…






Ci sono persone che non sanno cos’è la vergogna.
Ce ne sono altre che hanno un classe innata, che non puoi spiegare: è così.
Sono due binari paralleli, che non si incontrano mai.
Caro Avvocato, quanto mi manchi…



(Vignetta di BarSportComics )

sabato 23 gennaio 2010

mercoledì 20 gennaio 2010

Il difficile momento bianconero, Totò e la "Banda degli onesti"…


Non si può sempre vincere: le sconfitte fanno parte integrante dello sport, così come della vita. Si va avanti a momenti, a cicli: sia positivi, che negativi. Quando arrivano i tempi bui, una volta preso atto, non rimane che rimboccarsi le maniche e costruire, poco alla volta, un nuovo “futuro”. In quei frangenti a nulla serve buttare all’aria – ogni anno – quello che si è cercato di creare nei mesi precedenti. In casa Juventus, se si vuole finalmente dare corpo ad un “programma” serio, si facciano scelte decise (anche onerose) puntando su persone di spessore (calcistico). Ad ogni livello. E si vada avanti per quella strada, tenendo duro nelle difficoltà. Con i fatti, non solo con le parole dei CDA.
Bettega è rimasto solo al timone di una nave che sta affondando. Il comandante francesce “tridimensionale” (Blanc), dopo averla fatta speronare, è scappato con una scialuppa di salvataggio. Mantenendo onori e lasciando gli oneri a quello “con i capelli bianchi”. Quello che sino poco tempo fa veniva isolato a guardare le partite dalle tribune dell’Olimpico e che adesso è stato richiamato per salvare il salvabile. La persona che ha messo la propria faccia in un mese più di quanto abbiano fatto gli altri in tre anni e mezzo. Perché un conto è parlare di bilanci sani, accordi commerciali, progetti e idee sui nuovi Ronaldinho da costruire in casa, un altro è affrontare le telecamere quando sai che dall’altra parte ci sono milioni di tifosi inferociti. Per errori, oltretutto, commessi da altri. I jolly degli esoneri degli allenatori, adesso, stanno terminando.
Secco prende la macchina per andare a Parma e riportare Lanzafame alla casa madre, e torna con una piadina romagnola. Si richiama Paolucci in un contesto ancora tutto da capire: non tanto per le sue qualità, quanto perché – una volta recuperati gli infortunati in quel settore – diventa difficile capirne la sua collocazione. Da decifrare anche la situazione di Iaquinta: (forse) bisognerebbe chiedere lumi allo staff medico. Quello che non apre le raccomandate (e manco se le aspetta) e riesce a trasformare le punture di un’ape (Cannavaro) in altro (doping), scatenando ironie e sospetti da parte di chi non ha (e non avrà mai) in simpatia la Juventus. Nonostante i numerosi tentativi - in quella direzione - dell’attuale dirigenza e della proprietà.
Gennaro Sardo potrà raccontare ai nipotini di aver segnato un goal storico contro quella che una volta era una squadra gloriosa, ma oggi ne è solo un lontano ricordo. Due “buffetti” di Del Piero e Cannavaro (al portiere del Chievo) sono gli unici pericoli portati dai bianconeri in una gara giocata su campo (?) impraticabile. Gara fisica, in cui si è esaltato (troppo) Granoche: tre indizi (Grygera, Cannavaro e Zebina) fanno una prova. Non per l’arbitro Valeri: l’attaccante andava allontanato dal campo. Ci ha pensato Di Carlo, il suo allenatore, ad evitargli guai peggiori. Una cura-Montero gli sarebbe servita da insegnamento più di quanto non avrebbe potuto fare un’espulsione. Commentare le partite dei bianconeri delle ultime settimane diventa un esercizio (quasi) ripetitivo: si imposta un articolo su una sconfitta, si cambiano solo gli attori. E si lascia fisso il nome del migliore tra i peggiori: Chiellini, il futuro capitano. Degno erede dei (suoi) grandi predecessori.
Felipe Melo continua a giocare (e sbagliare) in un ruolo non suo; si sta penalizzando il talento di Marchisio spostandolo in tutte le posizioni del centrocampo; Diego si impegna ma non riesce ad incidere. Con l’arrivo di Candreva (benvenuto) ci si augura di aver trovato il giocatore giusto da “inserire nel posto giusto”. Sbrogliando la matassa di incomprensioni tattiche di cui il centrocampo bianconero è pieno. Ci si è dovuti anche concentrare sulla coppa d’Africa per gufare il Mali, nella speranza restituisse Sissoko prima del termine della manifestazione. Operazione riuscita: tifare a favore, di questi tempi, non porta nulla. Fare il contrario, a quanto pare, sì. Ma non è un bel vivere.
John Elkann assiste silenzioso al disarmo dei bianconeri, il fratello Lapo parla ma ne prende le distanze: le macchine e gli occhiali assorbono in toto i loro pensieri. Meglio ascoltare gli inviti dei milioni di sostenitori e lasciare in mano all’ultimo Agnelli rimasto, Andrea, quello che era il giocattolo di famiglia. Non garantirebbe alla Juventus un ritorno immediato alla vittoria: però la passione e l’amore con la quale verrebbe gestita basterebbe ai tifosi per potersi concentrare nuovamente (soltanto) sul calcio giocato. E’ la storia, oltretutto, che parla: il binomio vincente non è “Juventus-Fiat”, ma “Juventus-Agnelli”. In ricordo di Gianni, l’Avvocato, e per manifestare il loro dissenso per quanto sta accadendo, i tifosi si ritroveranno il 23 gennaio a Torino: chi non riuscirà ad esserci (come il sottoscritto) con il cuore marcerà pacificamente con loro da Piazzale Caio Mario sino sotto la Curva Sud dello stadio Olimpico.
Dopo, inizierà la partita: Juventus-Roma, Ferrara contro Ranieri, il “nuovo” che non ha funzionato contro il “vecchio” che non funzionava. E che si sta fregando le mani: se il sorpasso è cosa già avvenuta, l’allungo potrebbe essere la massima goduria. Nel mezzo, il Napoli: un punticino contro il Palermo in casa è bastato per lasciare la Juventus a quota 33. “Dica trentatré”: a Verona non ha risposto nessuno…
Nel posticipo della domenica, il derby di Milano: là dove si deciderà questo scudetto. L’elegante e sorridente Leonardo contro l’arrogante e minaccioso Mourinho. L’allegria del Milan contro il nervosismo dell’Inter, quello scoppiato prima ancora che la partita abbia avuto inizio: c’è da capirli, sono comparsi i veri avversari. La Juventus si è rivelata “l’anti” di se stessa; il Milan, preso a pallonate e umiliato 4-0 nella stracittadina d’andata, si è ripreso sino a diventare una squadra vera. Due attacchi fortissimi a confronto, come quello che potrebbe trovare la stessa Juventus sabato sera: Vucinic, Totti e Toni. Gli ultimi due, già soprannominati “To-To”.
“To-to”, variante del nome d’arte di Antonio de Curtis, Totò, il principe della risata. Da lunedì scorso (18 gennaio) la “Gazzetta dello Sport” ha iniziato una raccolta intitolata al grande attore di origini napoletane, da poter acquistare in abbinamento al quotidiano. Il primo dvd è intitolato “La Banda degli onesti”. Un altro modo, per il giornale rosa, di celebrare i successi dell’Inter…


Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

martedì 19 gennaio 2010

Nel marasma generale, un pò di nostalgia dei metodi del Trap....

Questo brutto campo ci ha penalizzato.
Avevamo molte assenze.
Fiducia in Ferrara? Galliani ha spiegato come il Milan è venuto fuori dalla crisi, ossia attraverso la fiducia e la compattezza del gruppo. Questo è quello che cercheremo di fare anche noi.
In fondo quella di questo periodo non è la vera Juve. La vera Juve è quella di inizio campionato, quando nelle prime partite eravamo in testa alla classifica.


Questo è un piccolo sunto delle dichiarazioni di Bettega, dopo la sconfitta con il Chievo.
Oh mamma, non mi si starà blanchesizzando anche Bobbygol?
Preferisco stendere un pietoso velo sulle prime due considerazioni, visto che già prima della partita avevo qui scritto che le assenze non sarebbero potute diventare una scusa in caso di sconfitta.
Parliamo quindi della frase riferita alla conferma di Ferrara. La decisione è stata presa, d’accordo o non d’accordo è una decisione, e come tale va rispettata.
Tante possono essere le motivazioni: ritroviamo lo stile Juve; si crede veramente in Ferrara; un cambio sarebbe troppo oneroso; nessuna alternativa convince; c’è già un accordo con un nuovo tecnico per il prossimo giugno; etc.
Non è questo il luogo per individuarle, qui è il riferimento al Milan che non convince.
Il Milan ha come noi cambiato allenatore, ha fatto a meno di due pezzi da novanta come Maldini e Kakà, ha dovuto rigenerare Ronaldinho e assimilando nuovi schemi ha cercato di trovare un proprio modo di giocare. Certo non la si può definire una grande squadra, ed ha impiegato un po’ di tempo ad ingranare – forse anche di più di quello che ci si aspettasse – ma poi ha trovato una propria identità.
Insomma quello che successe anche al Cagliari lo scorso anno, dopo un avvio disastroso. Ci si conosce un po’, si studia, si prova, si oliano i meccanismi e “successivamente” si diventa una squadra. Non il contrario. E se una squadra non riesce neppure a fare 3 passaggi consecutivi dopo ben 6 mesi, forse c’è poco da trovare la compattezza. Io smetto di essere speranzosa, e penso che ci sia qualcosa che non va. (Ma questo credo che Bettega faccia solo finta di non saperlo.)
Altro punto. E’ vero siamo stati anche primi in classifica. Si all’inizio, quando c’è sempre un outsider che parte a razzo e nelle prime 4/5 giornate fa sognare i propri tifosi e poi, alla fine del girone d’andata, naviga intorno all’ottavo/decimo posto. C’è stato l’anno dell’Atalanta, quello del Chievo, quello dell’Udinese. Questo è stato l’anno della Sampdoria ….e della Juve!
E poi, visto che Bettega ci tiene a dire che il calcio non si vede con i numeri ma con gli occhi, andiamo a rivederla quella Juve vera, quella vincente.
A parte i pareggi: incolore con la Fiorentina e buono con il Genoa, l’unica vittoria convincente, è quella con la Sampdoria. Passando però per Palermo, dove avevamo già visto le avvisaglie di quella Juve che abbiamo tutti sotto gli occhi ora.
Nelle altre gare, quelle con il Chievo, la Lazio, il Livorno, il Bologna (anche qui pari!) ed il Siena è Buffon a salvare letteralmente il risultato. Si dice che sia un portiere che da solo fa 15-20 punti a stagione. Quest’anno ha completato il bonus già nelle prime dieci giornate.
E’ vero, con la Roma (in disarmo, alla vigilia delle dimissioni di Spalletti) abbiamo giocato abbastanza bene, ma non dimentichiamo che sempre Buffon appena prima della fine del primo tempo ha fermato Totti già sicuro del 2-1, e quest’anno andando sotto di un gol, non abbiamo mai – mai! - vinto una partita.
Insomma una Juve che avrà pure fatto un po’ di punti, ma non ha mai convinto.
Certo Ferrara non è il (solo) problema, anche i giocatori hanno i loro torti ….e allora che nostalgia del vecchio Trap, lui si che sarebbe stato in grado di trattarli tutti come uno Strunz qualsiasi e farli rigare dritti.


Questo articolo è di Roberta. Tutti gli altri, li puoi trovare nella sua rubrica Una signora in bianconero

lunedì 18 gennaio 2010

domenica 17 gennaio 2010

Tutta colpa di quel goal a freddo...

Lo confesso: per un attimo ho avuto paura di pareggiare.
Sarebbe andato contro la volontà del progetto-simpatia della proprietà: durante l’incontro mi sono poi tranquillizzato.

Mea culpa gigantesco: in estate avevo pronosticato la Juventus come una delle (due) favorite nella lotta per lo scudetto.
C’era ancora Cristiano Zanetti, ma non è una giustificazione.
Ho sbagliato, e il fatto che fosse il pensiero di molti non mi consola.

Mi raccomando: ora fate un altro bel CDA... Non ne vedo l'ora...
Bravo Elkann, ti sei divertito.
Ora, però, vai a giocare con le macchinine…

Ps: il primo (e unico) goal lo hanno fatto loro...

Ferrara e quella valigia dietro la panchina…


Con una valigia sistemata dietro la panchina, Ferrara ha condotto (mercoledì scorso) la Juventus in una delle rare vittorie di questo ultimo periodo, nel quale soltanto Inter e Parma (in campionato) avevano ceduto l’onore delle armi contro i bianconeri. Uno dei tanti CDA juventini, nel pomeriggio della stessa giornata, aveva ratificato la fiducia in lui: per l’attuale società, vale quanto una dichiarazione d’amore di Ibrahimovic. Tranne l’arrivo di Bettega, dal periodo prenatalizio ad oggi rimane inalterato (quasi) tutto il resto. Sono cambiati, invece, gli obiettivi: prima ero lo scudetto, ora diventa il terzo posto; sino a dicembre era la Champions League, poi l’Europa League; la Coppa Italia avrebbe dovuto rappresentare il trofeo di consolazione, ora diventa (ancor più) importante e prestigioso conquistare la "decima". Costruire il futuro adesso nella speranza di conseguire qualche vittoria è importante; centrare il terzo posto in campionato un obbligo da non mancare assolutamente.
Perde il Napoli delle 13 partite da imbattuto: ma quella schierata contro la Juventus, non era la squadra titolare. Mazzarri, cui non manca la fantasia per cercare scuse in caso di sconfitte, non si è lasciato sfuggire l'occasione per evidenziarlo. Fosse per De Laurentiis, invece, quella coppa verrebbe anche abolita. Stile-Napoli: non si è ancora capaci di vincere, ma tantomeno di perdere…
Non è stato il Diego di Roma (doppietta strepitosa alla seconda giornata di campionato), ma è comunque un bel vedere; non è stato il Del Piero colonna leggendaria della Juventus, ma da chi non ha (quasi) mai giocato in quest’annata, non ci poteva aspettare molto di più. Tre goals in due: stavolta non è risultato decisivo il solito (e solo) Chiellini. Ora Ferrara dovrà aggrapparsi al capitano bianconero e alle sue prodezze per uscire fuori da un tunnel cui la fine sembra(va) non arrivare mai. A Ranieri, all’inizio della scorsa stagione, il suo apporto fu indispensabile: poi, però, non bastò per evitargli l’esonero. Giocoforza (un’infinità di assenze) si è passati al rombo di centrocampo: con due veri giocatori di fascia con la fase difensiva nelle corde (De Ceglie e Salihamidzic) l’equilibrio non è mancato. Quella zona riservata a Felipe Melo, però, non è la sua: ma quando si sono spesi 25 milioni di euro per lui, si pensava di farlo giocare lì?
Punito il Napoli e il finto fair-play da loro invocato per la caduta di Datolo: chi decide è l’arbitro, se non ferma il gioco si deve andare avanti. A furia di randellare per tutto l’incontro, è finita anzitempo la partita di Contini: non per aver passeggiato sulla testa di Del Piero, ma per aver procurato il fallo da rigore su Diego. Salti, fischi e cori contro Balotelli e la dirigenza: contro la Roma mancherà tutto questo, la curva Scirea verrà chiusa. Mancherà, però, anche l’appoggio alla squadra: di questi tempi è fondamentale.
Per un Lanzafame che non arriva torna a casa Paolucci, giovane cresciuto con il bianconero addosso come quelli che affollano la lista dei convocati per l’incontro con il Chievo: i forfait si accumulano di giorno in giorno. L’ultima volta al Bentegodi (casa Chievo) fu il 9 novembre 2008: con una splendida punizione Del Piero si fece un bellissimo regalo di compleanno. Completò l’opera Iaquinta: quello che oggi (dopo l’operazione al menisco) sta così bene da allenarsi, ma così male da non giocare.
Scorrendo la classifica non si faccia l’errore di guardare avanti: con una vittoria sul Siena oggi, il Milan si avvicinerebbe all’Inter per continuare un campionato a parte. Quello che assegnerà lo scudetto. Il miracolo del Bari (due rigori contro l’Inter giustificano l’uso della parola) non è bastato a sconfiggere i nerazzurri. Potrebbe essere utile al Milan in vista del derby di domenica prossima: con una vittoria dei rossoneri basterebbe loro ripetersi contro la Fiorentina nel recupero del 24 febbraio per veder concretizzato l’aggancio.
Più utile guardarsi alle spalle: se il Napoli (in virtù della vittoria nello scontro diretto a Torino) ha già ottenuto un set-point che gli consente di essere terzo nonostante lo stesso numero di punti della Juventus, la folla delle squadre pronte ad approfittare di un eventuale altro passo falso dei bianconeri aumenta di giornata in giornata. L’occasione è ghiotta: al Chievo mancherà Pellissier, l’uomo che infilò tre volte i bianconeri all’Olimpico nell’aprile dello scorso anno.
Con la valigia sistemata dietro la panchina anche a Verona, Ferrara dice di aver chiuso il suo libro nero: grazie alla vittoria di coppa Italia, il peggio è passato. L’impressione è che le pagine siano terminate, e che - andando avanti di questo passo - ne servirebbe un altro. E’ da capire se il nome di Maifredi sia stato già scritto o meno. Il rischio, per loro, è di ritrovarsi al "bar sport" a discutere da soli su quale sia stata la Juventus peggiore del dopoguerra. Un successo anche col Chievo per lasciare quella valigia lì dove si trova, e per far immaginare ai tifosi per qualche momento che la Juventus non ha dimenticato cosa vuol dire vincere. Con la speranza che qualcuno spieghi loro che cosa hanno fatto di male per meritarsi tutto questo.
Speranza, la parola giusta per Van der Sar: la moglie Annemarie si sta rimettendo dopo l’emorragia cerebrale che la colpì nello scorso mese di dicembre e che fece maturare, nel portiere, la decisione di abbandonare il Manchester United per starle vicino. Ieri ha rimesso i guantoni per tornare in porta nell’incontro con il Burnley: in bocca a lupo, Edwin.


Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

Un piccolo omaggio ad un grande giocatore del passato: Michael Laudrup.


giovedì 14 gennaio 2010

Programma TV LA7 - Comunicato stampa



Ricevo e pubblico con piacere:

Con lettera raccomandata inviata in data odierna, la nostra Associazione ha sollecitato l’intervento del Presidente Calabrò, in nome e per conto della Autorità per le Garanzie delle Comunicazioni, al fine di determinare le violazioni poste in essere dal programma TV “niente di personale – operazione offside”, in onda martedì 15/12/2009 sulle frequenze di LA7 (Gruppo Telecom Italia Media Spa).

Il Presidente Calabrò aveva già espresso il proprio disappunto sulla trasmissione di docu-fiction inerenti procedimenti penali ancora in corso, rilasciando le seguenti affermazioni: "Non è ammissibile che il ruolo di giudici, il ruolo dell'accusa e quello della difesa, come pure quello dei testimoni, venga svolto da giornalisti, soggetti estranei al processo, addirittura figuranti come nelle docu-fiction che finiscono con l'ingannare il pubblico"....."l'informazione non può assumere i caratteri di una gogna mediatica, di una spettacolarizzazione ispirata più dall'amore dell'audience che dall'amore della verità".

Vi è di più, con delibera n. 13/08/CSP del 31/01/2008, l’autorità per le Garanzie delle Comunicazioni si era già espressa sulla rappresentazione dei procedimenti giudiziari nelle trasmissioni radiotelevisive, indicando norme palesemente violate dalla trasmissione TV in oggetto.

Ci attendiamo, quindi, un pronto intervento della Authority al fine di determinare le violazioni di legge.

Visita il sito di GIU'leMANIdallaJUVE

mercoledì 13 gennaio 2010

Diego e Del Piero: i salva-Ciro?


Quando John Elkann non era disposto a firmare per il secondo posto…


Da Napoli al Napoli. Dagli inizi della splendida carriera di calciatore nella sua città, alla (probabile, quasi certa) fine della prima esperienza da allenatore. Destino crudele, quello di Ferrara. Al di là dell’utopia di un progetto-Juventus che dopo poche giornate aveva dato segni di cedimento, tra lui e Leonardo (i due nuovi volti del "guardiolismo all’italiana") chi sembrava si trovasse in una situazione migliore alla partenza del campionato era il primo. Una campagna acquisti onerosa contro la cessione di Kakà e l’addio di Maldini; una squadra ritoccata nei settori dove era necessario intervenire (e con Cristiano Zanetti) in confronto ad un gruppo orfano di alcuni big e squilibrato verso l’attacco; tredici punti nelle prime cinque gare contro i sette dei rossoneri, conditi con uno 0-4 nel derby con l’Inter ed il contorno della sostituzione ritardata, mancata e polemica di Gattuso (poi espulso). Il giocatore che - in questi mesi - ha dato i maggiori segni di nervosismo a Milanello: grazie all’intervento della società (Galliani) tutto è stato risolto. La società: quella che è mancata a Ferrara e che invece ha sostenuto il brasiliano nei momenti peggiori.
Juventus-Milan: la quantità (attuale) contro la qualità. Ha vinto la seconda: pronostico rispettato. Si accumulano infortuni a ripetizione: anche la sfortuna si accanisce dove lo staff bianconero non ci mette del suo. Confermato (una volta tanto) lo schema utilizzato a Parma: 4-4-2. Più coperti, meno propensi - però - all’offensiva. Stavolta ai rossoneri non ci sono voluti tre calci di rigori per vincere (come contro il Genoa): sono bastati tre calci d’angolo. Il solo Chiellini si salva dalla desolazione generale. Marchisio, all’altezza dei guardalinee, serve poco. Meglio i brasiliani del Milan (e mancava Pato…) di quelli della Juventus. Sei sconfitte nelle ultime otto gare ufficiali: media da retrocessione (ed in Champions League è andata proprio così). Due "zuccherini" (le vittorie su Inter e Parma - più gustoso il primo) con il bonus di un pareggio ben retribuito: quello con gli arabi dell’Al Ittihad, in amichevole. Almeno lì non si è perso.
I risultati, alla fine, sono quelli che contano: in loro funzione e nella frenesia di non perdere contatto con l’Inter, non si è mai cercato la via del gioco. Se la bellissima partita contro la Sampdoria è stata in parte rivalutata dal crollo che i blucerchiati hanno subito nelle giornate successive, la gara a Marassi con il Genoa è rimasta quella della prima metà di stagione dove la Juventus ha mostrato più compattezza, atteggiamento aggressivo e fluidità di manovra.
A dodici punti di distanza dai nerazzurri e a quattro dal Milan non rimane che sgomitare con il Napoli e guardare dallo specchietto retrovisore Roma e Fiorentina. Nel recupero dei viola contro i rossoneri, a questo punto, è meglio augurarsi quantomeno un pareggio. Il risultato ideale? Un successo del Milan.
In vista dell’incontro di coppa Italia contro il Napoli si fa la conta dei superstiti: tra i pochi arruolabili anche Marchisio, che però è squalificato. Si aggregheranno i giovani: qualcuno, invece, dovrebbe arrivare dal mercato di riparazione. In una fascia sinistra dove Molinaro correva ma non crossava e Grosso non corre e non crossa più, Criscito sta crescendo bene a Genova: al momento attuale sarebbe più utile alla causa bianconera lui piuttosto di Palladino. Entrambi sono in comproprietà con il Genoa, così come il ricercato Lanzafame (in prestito al Parma) con il Palermo. Condivisibili le lamentele di Ghirardi sulle pressanti attenzioni della Juventus: non faccia però confronti con quello che era accaduto la scorsa estate. Allora non c’era Bettega, e chi potrebbe allenarlo adesso non sarà più Ferrara ma un tecnico a cui verranno consegnati giocatori con determinate caratteristiche.
Tolto Lavezzi entra Denis: potrebbe non bastare a fermare un Napoli che dal cambio dell’allenatore (Donadoni, grazie a chi di dovere per avercelo messo anche in nazionale) non si è più fermato. Nessuna sconfitta in dodici giornate, ventisei punti e l’aggiunta di Dossena dove si avvertiva la necessità di un acquisto: i cambi di rotta, sotto il Vesuvio, hanno portato beneficio. Anche se Pierpaolo Marino non era la causa di un inizio campionato sballato.
Superata, in un modo o nell’altro, la gara contro i partenopei si tornerà a giocare per il campionato. A Verona, casa Chievo, con un attacco spuntato: causa squalifiche e infortuni giocherà sicuramente Del Piero. Difficilmente verrà schierato dall’inizio il rientrante Iaquinta: in un terreno come quello dove ha vinto l’Inter (del pugno di Quaresma) nel giorno dell’Epifania, potrebbe rappresentare un rischio troppo grosso. Si tratterà, comunque, di una delle scelte difficili di cui si occuperà il nuovo allenatore bianconero. Di sicuro da noi non avrà modo di annoiarsi. L’obiettivo? John Elkann, a fine ottobre, aveva dichiarato che non avrebbe firmato per il secondo posto. Tutti avevano interpretato queste parole come una sfida lanciata all’Inter per la vittoria dello scudetto. Invece, con il passare del tempo, si è capito quale fosse il reale obiettivo della società: il terzo posto. Che perdoni i suoi tifosi: non avevano capito. Pensavano di tifare per la Juventus.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com


martedì 12 gennaio 2010

Due righe a John Elkann...


Egregio Signor John Elkann,
immagino che Lei sia troppo impegnato per leggere i blog che parlano di Juventus, ma io queste righe le voglio scrivere ugualmente.
Mi rivolgo a Lei in quanto proprietario della squadra, e faccio finta di non sentire tutte le voci che la descrivono non solo poco interessato ai colori bianconeri, ma addirittura capace di tradire la storia ed il blasone di questa gloriosa formazione per interessi esterni al gioco del calcio.
E le scrivo - considerando che Lei stia cercando di fare il bene della Juve - per chiederle del perché di alcune scelte e soprattutto del perché persistere su quelle stesse scelte dopo i pessimi risultati raggiunti?
Prima di tutto, perché volere una squadra “simpatica”?
Che vuol dire nel calcio una squadra simpatica? Da quando in qua, ad un romanista deve stare simpatica la Fiorentina ed ad un sampdoriano l’Atalanta?
Una squadra di calcio deve rendere felici i propri sostenitori e tristi i tifosi avversari. E una squadra che vince non potrà mai essere simpatica ad un avversario. Tra l’altro noi (anche se c’è chi va in giro a dire il contrario!) simpatici non lo siamo stati neppure in serie B.
Ora mi permetto di chiederle di suo nonno, proprio perché è stato Lei ad accostarlo con orgoglio alla Juve poco più di un mese fa. E’ sicuro che suo nonno sarebbe stato orgoglioso di una Juve simpatica (e quindi perdente)?
E poi capisco, è l’inglese la sua lingua madre, allora Le consiglio di aprire un dizionario di italiano e leggere la differenza tra “simpatica” e “ridicola”.
Altra cosa, io non ho idea, in quella famosa cena di 5 o 6 anni fa in cui vi siete conosciuti, cosa possa averle detto il signor Blanc per farle credere che le idee che le stava proponendo fossero vincenti. Ma possibile che non l’abbia mai neppure sfiorata il pensiero che creare un’intera dirigenza di una squadra di calcio senza nessun esperto del settore, fosse di per se un’idea poco sensata? Smantellando, inoltre, un intero organigramma, costruito negli anni, e che aveva dimostrato di poter competere a livello mondiale
E’ sicuro che fosse questa una Juve di cui suo nonno sarebbe stato orgoglioso?
Non le è mai passato per la testa che, a parte la costruzione di uno stadio (peraltro già pianificata da altri) cambiare 3 allenatori (che mentre scrivo potrebbero già essere diventati 4) in 4 anni non può definirsi “progetto”?
Non ha mai pensato che dei dirigenti non in grado di difendere un allenatore - per ancora solo due partite! - dai titoli di un quotidiano e dai capricci dei propri giocatori, fossero dei dirigenti incapaci?
E’ sicuro che fosse questa la Juve di cui suo nonno sarebbe stato orgoglioso?
Non hai mai pensato che dei dirigenti non in grado di difendere le proprie scelte tecniche e di non acquistare un calciatore di una diretta rivale solo perché antipatico ai tifosi, fossero dei dirigenti incapaci?
Non ha mai pensato che dei dirigenti che svendono i pezzi pregiati a prezzi stracciati (e non mi riferisco a Ibrahimovic, che non voleva rimanere in b, ma a Mutu per esempio) fossero dei dirigenti incapaci?
Non ha mai pensato che dei dirigenti che non sanno che una squadra di calcio non è composta da 11 figurine (ma piuttosto è un puzzle formato da 11 tessere che devono incastrarsi perfettamente) e che acquistano giocatori senza una logica, che tra l’altro dovrebbe essere condivisa con il tecnico, fossero dei dirigenti incapaci?
Non ha mai pensato che dei dirigenti che non sanno governare una squadra che perde con tutti e si danna l’anima solo contro la squadra che indossa lo scudetto, come da un secolo fanno gli avversarsi contro di noi, e che non sanno controllare faide e lotte intestine allo spogliatoio fossero dei dirigenti incapaci?
Non ha mai pensato che dei dirigenti che decidono di puntare su un tecnico giovane, alla sua prima esperienza e dandogli una squadra non scelta da lui, e che alle prime difficoltà non sono in grado di difenderlo né dagli attacchi esterni né da quelli interni, fossero dei dirigenti incapaci?
E’ sicuro che fosse questa la Juve di cui suo nonno sarebbe stato orgoglioso?
Non ha mai pensato che vedere partita dopo partita giocatori, anche bravi, comportarsi come ragazzini, come dilettanti di fronte al Barcellona campione del mondo, quasi tutti senza carattere, senza mordente, senza grinta, senza un minimo di combattività, senza voglia, senza passione, preda di chissà quale problema psicologico, avesse necessità di un intervento a tempo debito?
E’ sicuro che fosse questa la Juve di cui suo nonno sarebbe stato orgoglioso?
Di sicuro ne Lei, ne nessuno della società, leggerà queste mie righe, ma di sicuro in migliaia hanno letto dalle pagine di Repubblica l’articolo di Maurizio Corsetti che così terminava “Perché la Juve, prima, poteva essere qualcosa da combattere e al limite da odiare, oppure da tifare e amare, ma era sempre qualcosa. Adesso è diventata niente.”
E’ proprio sicuro che fosse questa la Juve di cui suo nonno sarebbe stato orgoglioso?
E allora non pensa che questi dirigenti, pagati profumatamente per prendersi anche tutte le responsabilità, abbiano fatto sufficienti errori da essere finalmente licenziati?
Certo se Lei ha veramente interesse ad una Juve mediocre, per motivi esterni al calcio, il rischio è quello di ritrovarsi in un nuovo bellissimo stadio completamente deserto e con migliaia di abbonamenti televisivi disdetti. (Nel frattempo ci consoleremo con l’Eredivisie e con il campionato brasiliano che sono gratuiti!)
Ma se, invece, vuole veramente occuparsi della Juve, ne deleghi l’amministrazione finalmente a qualcuno competente.
Oppure se proprio non se ne vuole occupare passi la mano, e non si preoccupi che troverà qualcuno che vorrà farlo (magari nella sua stessa famiglia!) e vedrà che presto la Juve sarà di nuovo la Juve. Una squadra di cui suo nonno sarebbe veramente orgoglioso!

La saluto cordialmente
Roberta

p.s. : ah tanto per farglielo sapere …. Amministrare male la Juventus farà si che gli juventini acquisteranno Renault e Volkswagen per ripicca, e che gli antijuventini acquisteranno Renault e Volkswagen perché vi riterranno dei cattivi imprenditori.



Questo articolo è di Roberta. Tutti gli altri, li puoi trovare nella sua rubrica Una signora in bianconero

lunedì 11 gennaio 2010

domenica 10 gennaio 2010

Progetto Juventus. Per sempre?



Una sola e semplice domanda (a chi è facile capirlo): quando ve ne andrete dalle balle?


Aggiunta su segnalazione dell'amico Maury (la serata continua a regalare sorprese):

sabato 9 gennaio 2010

Juventus – Milan prima del giro di boa. In bocca al lupo, Vecchia Signora…


Bettega, seduto in mezzo a Blanc e Secco, sembrava il buon padre di famiglia che porta allo stadio per la prima volta il fratello minore ed il figlioletto ormai cresciuto. Anni di battaglie (sportive) sul campo e dietro una scrivania gli hanno conferito un carisma riconosciuto da tutti: sostenitori bianconeri e tifosi avversari. La sua presenza in tribuna al “Tardini” di Parma ha procurato i primi malumori in un settore dove, a volte, chi assiste alle partite è più maleducato di quanto si pensa di chi è seduto nelle altre zone dello stadio. Non siamo una squadra di scarponi, ma il livello del gioco espresso è quello.
Un gentile dono di Castellini nel giorno dell’Epifania regala ai bianconeri la vittoria contro un Parma che una Juventus d’altri tempi avrebbe “scherzato” in estrema tranquillità. La fortuna che ha assistito la Vecchia Signora in occasione dell’autogoal compensa l’infortunio (l’ennesimo, ora si è aggiunto anche quello di Giovinco) patito da Trezeguet qualche minuto prima. Attacco spuntato, al solo Amauri si chiede ora di smettere di andare in crociera in attesa del suo passaporto e di riprendere a giocare a pallone per la squadra: alla Juventus per un po’ non avrà concorrenza (tranne il rientrante Iaquinta), in nazionale - ammesso che Lippi stia ancora pensando a lui - la musica è diversa. Ipotizzando che Toni continui il suo letargo bavarese anche a Roma, a Gilardino e Pazzini si è aggiunto Borriello: due goals (uno splendido, in fuorigioco) hanno esaltato un Milan divertente contro un Genoa con la seconda peggior difesa del campionato. E priva di alcuni elementi cardine.
Complice il rinvio di quattro partite nell’ultima giornata prenatalizia, la Juventus detiene comunque il secondo miglior attacco della serie A: strano, pensando che non ha un gioco, che il suo fantasista (Diego) non ha ancora una posizione fissa in campo, che Giovinco è stato usato con il contagocce e che ancora non c’è uno schema ben definito che identifichi la squadra di questa stagione. Cinque sconfitte in diciotto partite sono troppe per chi vuole puntare allo scudetto; dieci vittorie e tre pareggi vanno bene per chi vuole un terzo posto in estrema tranquillità, senza dare troppo fastidio alle prime ma tenendo ad una giusta distanza di sicurezza le quarte. Un goal nei minuti di recupero di Daniele Conti allontana la Roma (ed i nostalgici di Ranieri); a Verona (casa Chievo) si è avuta l’ennesima riprova dell’unica triade che continua a vincere in questi ultimi quattro anni: quella degli arbitri pro-Inter. Acquistato per le sue famose “trivele”, di Quaresma ci si ricorderà soprattutto del pugno con il quale ha tolto la palla dalla testa di Yepes (Chievo): non è calcio, è semplicemente rigore, ma nessuno se ne (vuole) accorge(re). Se Balotelli ha effettivamente voglia di emigrare all’estero (Spagna o Inghilterra) lo dica una volta per tutte e la smetta di insultare i tifosi di ogni città italiana: impari da Luciano (Chievo), in silenzio nonostante i cori razzisti dei sostenitori nerazzurri nei suoi confronti. Moratti se ne farà una ragione: dopo aver pagato per anni lo stipendio a Recoba solo per giocare nel giardino di casa, un giovane dai mezzi come i suoi potrebbe rappresentare un’ottima pedina di scambio per arrivare ad altri campioni. Quelli veri, gente che accetta i fischi: ora non si possono fare neanche quelli?
Il Milan dei cinque goals e dei tre rigori affronterà a Torino una Juventus al giro di boa: non solo del campionato, ma anche della stagione. Il futuro di Ferrara non dovrà dipendere dal risultato che scaturirà dal big match di domenica sera, ma dalla reale fiducia che la “nuova società” (in pratica, il solo Bettega) nutre nei suoi confronti. Tempo ne è già stato perso tanto, ora si tratta di programmare seriamente il futuro. Stretta tra un posticipo nella quale parte sfavorita e l’incontro di mercoledì prossimo a Torino contro il Napoli in coppa Italia (uno dei due veri obiettivi stagionali), la Juventus continua a fare la conta degli infortunati e dovrà prepararsi ad affrontare un nuovo problema: quello dei troppi diffidati. Ce ne sono per tutti i gusti: difesa (Grosso, Grygera, Legrottaglie), centrocampo (Felipe Melo, Marchisio, Diego, Camoranesi, Sissoko) e attacco (Amauri).
In bocca al lupo, Vecchia Signora. Nella speranza che questo martirio possa finire presto.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com



giovedì 7 gennaio 2010

La bocca della verità a Parma e Oliviero Beha

Un tifoso della Juventus, ma parmigiano di residenza, tra il primo e il secondo tempo al Tardini ha avvicinato il presidente della Juventus Blanc in tribuna d'onore, insultandolo ripetutamente. La sicurezza ha cercato di allontanarlo ma Blanc ha voluto ascoltarlo. L'uomo gli ha detto che «voi dirigenti siete la rovina di questa società. Tu con la Juve non c'entri nulla. L'unico che può salvarla è quell'uomo coi capelli bianchi», indicando Bettega, poco distante, oggi nella prima partita dopo il suo ritorno da dirigente bianconero.
(Fonte: Tuttosport)

mercoledì 6 gennaio 2010

Per la Juventus prima partita del 2010: anno nuovo vita vecchia?

Si riparte. Forse. Il maltempo non lascia tregua all’Italia: freddo, neve, gelo e pioggia (quasi) ovunque. Chissà quante partite si riusciranno a giocare nel giorno dell’Epifania: in caso di annullamento di qualche incontro riprenderebbe il solito tran tran, con rimbalzi di responsabilità tra amministrazioni comunali, società sportive e via dicendo, con il solo risultato di lasciare tutto come prima. Anzi: peggio. Così come si addice alle più classiche commedie all’italiana. Se agli incontri annullati nell’ultima giornata prenatalizia (quattro partite non giocate su dieci) se ne aggiungessero altri, si creerebbe una confusione che non farebbe che confermare l’immagine negativa (e decadente) che il campionato di serie A ha fornito al mondo sportivo (e non solo) negli ultimi anni. Consoliamoci: anche in Inghilterra, causa maltempo, sono state rinviate le semifinali di Carling Cup. Pur di giocare l’incontro odierno col Parma, tornando a casa nostra, quando non bastano i teloni a copertura del campo per la neve, vengono usate anche le aquile per impedire gli attacchi delle cornacchie alla ricerca di lombrichi: qui, invece, risalta la genialità all’italiana. Quando le cose si vogliono fare bene, le giuste soluzioni non mancano…
Il Milan avanti di un punto sulla Juventus è soltanto il frutto provvisorio di un distacco che potrebbe aumentare con il recupero della partita che i rossoneri non hanno potuto giocare a Firenze. Parma e Roma a due punti dai bianconeri sono la certezza di un pericolo reale che si sta avvicinando sempre più: se gli emiliani dovessero vincere, il sorpasso sarebbe cosa fatta. Aggiunto Toni all’attacco, resta da capire quanto potrà durare la rincorsa iniziata dai giallorossi guidati da Ranieri: l’entusiasmo e i risultati non mancano. A loro. Alla Juventus, quelli mancano da tempo.
Dal rombo al trapezio all’abiurato (e antiquato) 4-4-2, sino ad arrivare alla new entry del 4-4-1-1: ormai sono pochi gli schemi che mancano all’appello. Il più comune, quello dell’esonero dell’allenatore, ancora non è stato utilizzato. Se gli errori di Ferrara sono evidenti, e con essi quelli (ancora più grandi) della società, al "nuovo arrivato" Bettega (a proposito, originale l’idea della sua presentazione alla stampa dopo più di trent’anni di Juventus) questi primi giorni da vicedirettore generale sono serviti per osservare da vicino sino a che punto i giocatori abbiano trasmesso il loro impegno a parole anche sul campo. Perché una porzione di responsabilità l’hanno pure loro. Prima di apporre correttivi alla rosa con qualche acquisto, si è reso necessario ritoccarla laddove alcuni elementi non davano le giuste garanzie: da Ariaudo (acerbo) a Molinaro (etichettato da "Marca" come lo zimbello della serie A) al probabile partente Tiago (bello senz’anima).
"Ferrara go home, Hiddink, Hiddink": anche a Jedda, in Arabia Saudita, all’arrivo dei giocatori bianconeri allo stadio per l’amichevole giocata a fine dicembre contro l’Al Ittihad, un centinaio di tifosi sauditi scandivano un coro che tramutava in parole quanto scritto sul web dalla gran parte del popolo bianconero italico. Manninger, per l’occasione, fu autore di una papera - si spera - "da contratto": visto i soldi ricevuti per una semplice amichevole, un goal del genere ci sta anche di prenderlo. A lui toccherà il compito di sostituire sino a metà gennaio Buffon. A Parma, in difesa, mancherà lo squalificato Cannavaro (Legrottaglie il sostituto). Fuori gioco Sissoko (Coppa d’Africa), Iaquinta (manca poco al rientro) e Camoranesi, qualche dubbio a centrocampo e in attacco. Dove Trezeguet sarà l’unica certezza: e meno male che in estate lo si voleva vendere…
La riapertura del calciomercato consegna al campionato squadre con volti nuovi (o quasi). Solo per citarne qualcuno: Suazo al Genoa, Beckham al Milan, Floccari alla Lazio, Felipe alla Fiorentina, Pandev all’Inter. Inter che proverà ad acquistare anche Kolarov ed intanto allunga le mani su Ranocchia. E manda Figo, in qualità di ministro degli esteri, a Dubai all’International Sports Conference. Intervento del portoghese, pancia in dentro e petto in fuori: "Io credo che sia meglio che i contratti vengano rispettati sino alla fine, altrimenti i danni per le società sono ingenti". Potenza di chi può parlare senza contradditorio, memoria corta di chi riporta con enfasi queste parole: per chi firmava due contratti per volta (Parma e Juventus, autunno 1994) e subiva squalifiche internazionali, discutere di regole simili suona un po’ strano…
Ore 15.00: si riparte. Forse. Alle 17.00 circa si avrà la certezza se si è trattato di una vera ripartenza o se si è iniziato il 2010 così come si era finiti il 2009: senza risultati positivi, alla ricerca disperata di punti, con la lacuna di un gioco che non si è (quasi) mai visto.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

lunedì 4 gennaio 2010

sabato 2 gennaio 2010

Attenta Juve: errare è umano, perseverare è diabolico...

Secondo Google maps, tra Corso Galileo Ferraris 32 a Torino e casa mia, ci sono la bellezza di 690 km. Troppi per riuscire a sentire le voci che girano nella sede della Juve.
Secondo un giornale molto vicino alla società, e nonostante le reiterate smentite del diretto interessato, alcune voci che circolano per i corridoi delle sede bianconera danno per certo, per la prossima stagione, l’arrivo di Marcello Lippi.
Se così fosse, non capisco il trambusto che gira intorno a Ferrara in questo periodo.
Se così fosse, significa semplicemente che questo, nel progetto, era solo un anno di transizione in attesa del ritorno del CT della nazionale.
Se anno di transizione doveva essere, significa che Ferrara ha, in realtà, tutti i jolly a disposizione che vuole. Indipendentemente da come andrà il prosieguo del campionato il posto di Ferrara è assicurato. Fermo immobile, ad attendere le direttive di Lippi nella prossima stagione.
Ma se così non fosse?
Ma se, a prescindere dalla presenza di Lippi il prossimo anno, si pensa che sia il caso di avere un allenatore responsabile delle proprie azioni e decisioni, il discorso cambia.
Certo, quell’allenatore potrebbe ancora essere Ferrara.
Ma ora mi chiedo, perché questo deve essere deciso dai risultati delle prossime due partite?
Ferrara ha avuto a disposizione 4 mesi 4 per (non) dare fisionomia, gioco, compattezza a questa squadra. Perché devono essere due partite a decidere del futuro?
O la società (Bettega compreso) ha fiducia in lui, oppure non ce l’ha. Non possono essere 180 minuti a far prendere una decisione.
Proviamo comunque a pensare alle due ipotesi.
1) Perde entrambe le partite. In questo caso non ci dovrebbero essere discussioni. Il buon Ciro dovrebbe fare le valigie, nonostante tutta la fiducia (vera o falsa) che la società ha continuato ad esprimere nei suoi confronti. 7 sconfitte in 8 partite non dovrebbero lasciare scampo.
2) Vince tutte e due le gare. Allora la fiducia è ripagata e tutto continua così.
Ma per i miei gusti, dopo avere visto i 4 mesi precedenti, Ferrara non deve solo vincerle queste due partite, deve stravincerle. Ci deve stupire con effetti speciali, ci deve far strabuzzare gli occhi, ci deve far stare 180 minuti con la bocca spalancata e le mani spellate dagli applausi.
In una parola, deve convincerci!
Con tutto l’affetto e tutta la simpatia che ho per Ciro, come allenatore non mi ha dimostrato di essere pronto per il posto che occupa. Per avere la mia fiducia, deve provare di essere riuscito, durante questa vacanza, a trasformare il ranocchio in un bellissimo principe. Anzi in una principessa, visto che stiamo sempre parlando di una Signora.
Ma se invece le vince un po’ per caso? Se incontriamo un Parma che non ha ancora digerito il panettone, ed un Milan per quel giorno più sfortunato di noi? I 6 punti ed il solito gioco mediocre significheranno comunque credito illimitato?
6 punti e la solita brutta Juve degli ultimi mesi significheranno comunque Ferrara fino al termine della stagione? O solo fino alla prossima sconfitta?
6 punti e la solita brutta Juve significheranno anche rischiare la qualificazione nelle due coppe che rimangono gli ultimi obiettivi della stagione?
Questa è solo la mia opinione personale, ma a meno di miracoli, non saranno le prossime due partite a farmi cambiare idea sulle capacità attuali di Ferrara.
Io avrei approfittato di questa pausa per ingaggiare Guus Hiddink, affinché la squadra iniziasse subito ad assimilare i suoi schemi.
Certo Hiddink è un ingaggio oneroso, ma a volte spendere qualcosa di più diventa un affare.
Poulsen, per esempio, è costato 8 milioni meno rispetto alla richiesta ricevuta per Xabi Alonso. E con l’arrivo dello spagnolo non ne avremmo spesi altri 25 per Felipe Melo. Sicuri che spendere meno sia sempre conveniente?
Come si dice : errare è umano, perseverare è diabolico!

Questo articolo è di Roberta. Tutti gli altri, li puoi trovare nella sua rubrica Una signora in bianconero