giovedì 31 ottobre 2013

Segnali di ripresa


Questo articolo è di Danny67. Tutti gli altri, li puoi trovare nella sua rubrica Un Bianconero a Roma

Con la netta affermazione casalinga sul Catania la Juventus sembra aver ripreso la sua marcia abituale, dando seguito a quanto visto domenica scorsa nel match contro il Genoa, conquistando sei punti in due gare vincendo e convincendo, ma soprattutto dando una risposta alle critiche che le erano piovute addosso non tanto dopo la sconfitta in Champions contro il Real Madrid, maturata in circostanze particolari, quanto piuttosto dopo la scellerata sconfitta di Firenze, frutto di quindici minuti di follia durante i quali si è gettata al vento una vittoria che sembrava certa. 

La cosa che a me sembra più importante è il fatto che la difesa per due partite consecutive sia rimasta imbattuta, riprendendo le sane ed antiche abitudini di un tempo, con un Buffon in entrambe le gare pressoché inoperoso, anche se, a dirla tutta, ieri sera qualche pericolo la retroguardia bianconera lo ha corso, a causa di una certa rilassatezza generale ma soprattutto per lo stato di forma non proprio eccellente di Leonardo Bonucci che sembra ancora un po’ frastornato dall’errore commesso contro i turchi del Galatasaray che ne ha in parte minato quella sicurezza che nella stagione precedente ma anche all’inizio di quella in corso ne aveva fatto un vero e proprio baluardo difensivo. 

Nell’affrontare gli uomini di De Canio i bianconeri sono stati sicuramente meno incisivi rispetto al match contro il Genoa sia per determinazione che per brillantezza, ma del resto, come ha sottolineato Antonio Conte nel post partita, quando si gioca ogni tre giorni, è difficile mantenere la stessa intensità e la stessa freschezza atletica e mentale ad ogni impegno. C’è da tener presente, poi, che alcune assenza importanti non hanno consentito al mister salentino di mettere in atto un turn over completo. Ad ogni modo ci sono da registrare i segnali positivi che arrivano da Chiellini e Marchisio, che sembrano finalmente vicini ad una migliore condizione fisica, e da De Ceglie, autore di un’ottima prestazione dal punto di vista atletico e tecnico. 

Il giocatore proveniente dal vivaio bianconero ha concesso poco agli avversari ( non iresistibili, questo va detto) in difesa e si è proposto bene in avanti mettendo degli ottimi cross a centro area, purtroppo non sfruttati a dovere da Llorente il quale però sembra migliorare sempre di più la sua intesa con il compagno di reparto Tevez (un vero fuoriclasse) ed il suo inserimento negli schemi della squadra. 

Insomma, la Juventus ieri e domenica ha fatto il suo, ora si attendono ulteriori risposte positive dal prossimo trittico di partite, difficilissimo e fondamentale per il prosieguo della stagione. Parma, Real Madrid e Napoli. Occorre non perdere terreno dalla Roma che al momento sembra inarrestabile e cercare di battere gli spagnoli per tenere vive le speranze di passaggio del turno in Champions.

lunedì 28 ottobre 2013

La Juve riprende a vincere. In attesa del Real...



Roma, Napoli, Juventus, Inter e Fiorentina: alla nona giornata del torneo vincono tutte le squadre che stazionano nei primi cinque posti della classifica. Si ferma il Verona, attualmente sesto, sconfitto al "Meazza" dai nerazzurri di Mazzarri. Il Milan scompare dai radar, esattamente come la cresta dalla testa di Balotelli.

La fortuna che aiuta gli audaci non si è dimenticata della Roma, bravissima a non abbattersi di fronte agli imprevisti comparsi sulla sua strada prima e durante l'incontro di Udine. I giallorossi continuano nella loro marcia imperiosa, il record di dieci vittorie consecutive iniziali è ormai ad un passo. Ora spetterà al Chievo il compito (miracolo?) di fermarli nel prossimo turno infrasettimanale. Per le speranze delle inseguitrici si tratta del classico testa-coda (la prima contro l'ultima) capitato al momento sbagliato. Un altro successo degli uomini di Garcia e l'entusiasmo intorno a loro esploderà definitivamente. Uno sguardo alla storia del campionato, però, induce a pensare che proprio l'euforia potrebbe diventare il peggior nemico della Roma.

Il vento proveniente dell'Argentina soffia forte sia sul Napoli (Higuain) che sulla Juventus (Tévez). Vittoria di "rigori" quella dei campani, spianata da un "rigore" quella dei bianconeri. Le contestazioni non sono mancate né da una parte né dall'altra, anche se i tre punti maturati allo "Juventus Stadium" hanno lasciato poco spazio alle discussioni. Madama si è tolta subito il nuovo abito europeo (4-3-3), indossato per il rendez-vous con il Real Madrid, per tornare a vestire quello abituale all'italiana (3-5-2). Ha schiacciato il Genoa nella sua metà campo per tutta la durata dell'incontro, rendendo ingiudicabile la prestazione di un inoperoso Buffon.

Più che il cambio di modulo è stato l'approccio alla gara con i rossoblù a trasformare la squadra che a Firenze si è dimenticata di giocare per quindici minuti in una piccola “macchina da guerra” (così l'ha definita Antonio Conte), in grado di premere costantemente sull'acceleratore senza alcuna interruzione. Rispetto allo scorso anno alla Vecchia Signora mancano tre punti (venticinque contro gli attuali ventidue), lo stesso numero di quelli dilapidati nella trasferta all'Artemio Franchi. A onor del vero bisogna riconoscere che prima della sconfitta contro il Real Madrid le due Juventus non erano ancora paragonabili, tanto diverse l'una dall'altra nell'atteggiamento mostrato sul campo. Proprio a seguito degli eventi capitati in Spagna, però, qualcosa sembra essere cambiato. In positivo.

La serie A non concede tregua, con un turno infrasettimanale che gonfia il numero di partite da disputare in pochi giorni. Nel frattempo la gara contro i Blancos a Torino si avvicina sempre di più. Se Madama è davvero cambiata avrà più di un'occasione per dimostrarlo.

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venerdì 25 ottobre 2013

Ora serve una Juventus real


Che la partita tra Real Madrid e Juventus non sarebbe finita in parità era logico poterlo immaginare, visti i precedenti tra le due formazioni: su quattordici incontri disputati, spalmati in cinquantuno anni di storia calcistica a partire dal lontano 1962, non era mai accaduto che le contendenti si lasciassero con un pareggio in tasca. In diverse occasioni la posta in palio è stata il passaggio di un turno. Il 20 maggio del 1998, invece, un goal realizzato in posizione irregolare da Predrag Mijatovic decretò la vittoria in Champions League dei madrileni nella finalissima giocata ad Amsterdam.

Così come allora, anche nel recente incontro svoltosi al "Santiago Bernabeu" l'arbitro è stato protagonista di errori che hanno inciso pesantemente sull'andamento del match. Dato a Grafe, il direttore di gara, quello che è di Grafe, non resta che andare oltre. Così come ha suggerito di fare l'argentino Tévez al termine dell'incontro: "Dobbiamo pensare a noi stessi e non all'arbitro. Abbiamo commesso errori che non possiamo permetterci, è successo solo questo. Inutile dare la colpa all'arbitro. Ora dobbiamo pensare al campionato e affrontare tutte le partite come abbiamo fatto oggi". Più il tempo scorre e maggiore è la convinzione generale che con l'acquisto della punta sudamericana la Juventus si sia garantita una guida per la squadra tanto sul campo quanto fuori dal rettangolo di gioco.

Madama torna da Madrid senza punti, ma con una sconfitta che potrebbe regalarle una spinta emozionale notevole nell'intraprendere la stessa strada percorsa negli ultimi due anni. Aggrapparsi ai singoli episodi sfortunati non serve a nulla, se non ad aumentare il rammarico per i punti persi nelle precedenti partite della Champions League. A tutte le latitudini si afferma con una certa sicurezza che il passaggio del turno la Juventus se lo potrebbe giocare in Turchia, nell'ultimo incontro da disputare in casa del Galatasaray. Una nuova sconfitta casalinga dei bianconeri unita ad un successo di Melo e compagni in Danimarca, però, potrebbe indurre i Blancos a non affrontare con il classico coltello tra i denti i match successivi. Le ricadute negative che un simile (e possibile) atteggiamento degli spagnoli potrebbe avere per le speranze della Vecchia Signora sono facilmente immaginabili.

La forza della Juventus contiana spesso è stata quella di aggredire l'avversario senza fare calcoli, puntando forte sul possesso palla e partendo alla caccia del pallone ogni qualvolta non passava tra i suoi piedi. La sua versione più attendista, quella che in questa stagione è quasi sempre andata sotto di una rete prima di iniziare a reagire, è destinata ben presto ad abbandonare ogni sogno di gloria.

Tanto in Italia quanto in Europa urge un cambio, un ritorno di Madama al suo recente passato. Già a partire dalla prossima domenica, giorno della gara casalinga prevista contro il Genoa. Per la partita di ritorno con il Real Madrid ci sarà ancora da aspettare un po'. Arrivati a quel momento, però, i Blancos potrebbero incontrare una Juventus ancora più forte di quella che hanno superato, a fatica, in superiorità numerica per un intero tempo di gioco.

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lunedì 21 ottobre 2013

Juve, ora fa paura la trasferta di Madrid


Antonio Conte aveva descritto la partita di Firenze come la “gara della vita”. Montella, però, gli aveva risposto a tono: “Vale anche per noi”. La Roma, che dall'alto del primo posto in classifica ascoltava sorniona il duello dialettico tra i due tecnici, con ogni probabilità non avrebbe mai immaginato di assistere a quanto è accaduto allo stadio “Artemio Franchi”.

Madama si è svegliata all'improvviso per prendere in pugno la gara, infliggendo ai viola un doppio colpo da kappaò alla fine della prima frazione di gioco, salvo poi addormentarsi e incassare passivamente quattro ceffoni in soli quindici minuti di gioco. Il calcio è bello anche grazie alla sua imprevedibilità, si dice spesso. Ovviamente è più facile sostenere questa tesi quando ci si trova dalla parte di chi riesce a rimettere in sesto una partita che sembrava essere compromessa.

Che la Juventus vista quest'anno fosse leggermente diversa dalle sue ultime versioni era chiaro a molti da qualche tempo. Che potesse avere un calo di concentrazione simile, con un tecnico come Conte seduto sulla propria panchina, però, era davvero difficile da pronosticare. La prossima trasferta a Madrid potrà allargare i confini di questo suo momento di crisi, così come chiuderli in soli novanta minuti. Questo non dipenderà tanto dal risultato finale, per quanto importante potrà essere, quanto dall'atteggiamento che la Vecchia Signora mostrerà sul campo.

Lo scorso fine agosto lo stesso Conte aveva risposto al giudizio espresso da Giuseppe Marotta sul sorteggio della fase a gironi di Champions League usando queste parole: “Il direttore dice che con il Real Madrid ce la possiamo giocare? Mi piacerebbe una volta trovarmi dalla parte opposta, nel senso di poter spendere su un giocatore 100 milioni. Non è proprio così, perché non è così. Inutile prenderci in giro. Se poi vogliamo... cioè, sono risposte di circostanza queste, sono risposte che è giusto che il direttore dia e io le dico insieme al direttore. Ma sotto sotto, bisogna anche capire che c'è un carrarmato di fronte a una macchina”.

La Juventus vista a Firenze per larghi tratti dell'incontro è sembrata una macchina potente ma priva di benzina a sufficienza per tenere un certo ritmo sino alla fine della contesa. Forse si è distratta pensando all'imminente impegno europeo, certamente si è mostrata presuntuosa. Ed è stata punita da un Giuseppe Rossi che potrebbe tornare comodo a Cesare Prandelli più di quanto non stia dimostrando di fare Balotelli in questo momento. Il problema, però, è che nel prossimo incontro dovrà affrontare un carrarmato guidato da fuoriclasse. Quelli che costano milioni di euro, quelli che a Conte farebbe comodo avere dalla propria parte. E che ora, forse, gli fanno anche un po' paura.

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Il giocattolo si è rotto o no?

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Ieri pomeriggio la Juventus ha regalato a tutta l’Italia un pomeriggio atteso da più di due anni, interrompendo un lungo periodo in cui mai, anche nei momenti più difficili, aveva dato una tale impressione di fragilità. Le sensazioni trasmesse dalla squadra bianconera sono piuttosto negative anche se, fino a venti minuti dalla fine, la Vecchia Signora aveva il risultato in tasca, trovandosi sul due a zero e fallendo a più riprese l’occasione per chiudere il match definitivamente. Ma nonostante ciò io non avevo visto fino al momento della disfatta la miglior Juventus della stagione come qualcuno ha detto. Qualcosa non funziona più nei meccanismi della squadra e sembra alquanto complicato fornire una spiegazione che possa chiarire con certezza le responsabilità, le colpe e le motivazioni che stanno alla base degli scricchiolii che già si avvertivano da tempo e che ieri hanno portato all’assurdo crollo di Firenze. 

Probabilmente le motivazioni sono molteplici ma leggendo anche voci autorevoli (mi riferisco a voci bianconere ovviamente, perché tra i giornalisti ufficiali non vedo nessuno che abbia l’obiettività necessaria per giudicare tutto ciò che appartiene al mondo Juve) del web l’idea di fondo che serpeggia tra i tifosi bianconeri è una: la Juventus non cerca più la vittoria come prima, non assale il nemico, non fa più la gara come due anni fa rischiando il tutto per tutto per giocare il calcio che ci ha fatti tutti innamorare, il calcio più bello che si sia visto in Italia negli ultimi anni. 

Questo credo sia ormai un dato di fatto. Le opinioni si dividono sul perché possa essere accaduto ciò. Alcuni parlano di “pancia piena” da parte di tutto l’ambiente, altri sostengono che quel gioco spettacolare ha spremuto come limoni i calciatori, alcuni dei quali sul viale del tramonto, altri ancora sono convinti che sia proprio Antonio Conte, il principale artefice del ritorno al successo, il primo ad aver cambiato atteggiamento, sia in campo, nel modo di giocare della squadra, sia fuori, a livello di comportamenti. Mi spiego meglio; Per quanto riguarda il campo nel primo anno il mister ha portato una ventata nuova nell’ambiente, regalando alla Juventus motivazioni ed un gioco straordinario volto al possesso palla, al pressing ed alla ricerca spasmodica della vittoria da raggiungere ad ogni costo, non utilizzando mai lanci lunghi ma cercando di giocare il pallone in ogni situazione. Ora, passando attraverso il secondo anno dove si è vinto un campionato abbastanza tranquillamente ma giocando un po’ più da ragionieri, sembra pensare più a tenere bassa la squadra ed a cercare di rischiare il meno possibile, come se avesse il timore di perdere quello che si è conquistato attraverso il sacrificio, la lotta e la voglia di spaccare il mondo. 

Per quanto riguarda i suoi atteggiamenti al di fuori del terreno di gioco c’è chi lo vede meno motivato, meno aggressivo come se fosse rassegnato all’idea di non poter vincere ancora. Da qui le incertezze nei cambi durante le partite, le polemiche con la società, i continui riferimenti al fatto che quest’anno sarà molto dura riconfermarsi e quel suo essere troppo arrendevole nei post partita davanti alle telecamere. Molti lo spiegano con il fatto che sa già che a fine stagione se ne andrà, altri ancora vedono in certe sue scelte un’aperta polemica con la società (il fatto di non far mai giocare Llorente o ad esempio di far entrare Motta – uno praticamente fuori rosa – piuttosto che mettere Caceres, come a voler dire: “secondo voi posso andare avanti con questi elementi?”) 

Io non so esattamente cosa possa essere accaduto ma di certo qualcosa è cambiato all’interno della squadra bianconera, così come è palese che alcuni elementi stiano arrivando alla fine della loro carriera, così come è altrettanto evidente che c’è un clima diverso dagli anni precedenti. Ieri vedere Vidal (che arriva in ritardo dal Cile prima di due impegni importantissimi) e Giovinco ridere allegramente durante il riscaldamento mentre la Fiorentina stava rimontando i due gol di svantaggio non fornisce indicazioni positive sul clima dello spogliatoio. Per quanto riguarda il cambiamento e l’involuzione del gioco sinceramente non so quanto questo sia dovuto ad un’inversione di tendenza nella mente del Mister e quanto alla sua consapevolezza che i calciatori non sarebbero fisicamente in grado di riproporre l’aggressività del primo anno. Questo forse spiegherebbe la grande delusione espressa da Antonio Conte per un mercato in cui avrebbe desiderato l’acquisto di numerosi ricambi nonché l’acquisto di altri campioni che avrebbero potuto, nei momenti difficili, sopperire alle carenze atletiche con la classe. 

Infine, tutti ormai si sono resi conto del fatto che il nostro portiere sta sbagliando moltissimo, che non ha più l’esplosività e il colpo d’occhio di un tempo e che, soprattutto, non trasmette più sicurezza all’intero reparto difensivo. Anche gli avversari lo hanno capito ed infatti tentano sovente la conclusione da lontano e spesso con successo. Leggo che molti si arrabbiano quando si tocca Buffon, ma la realtà è questa fratelli. Non è una questione di ingratitudine ma semplicemente anagrafica ed atletica. Sono convinto che anche Conte se ne sia accorto ma nell’anno prima del mondiale è praticamente impossibile pensare che possa essere sostituito un autentico monumento come Gigi. Io dico solo questo; se Cristiano Ronaldo ha notato questo particolare sono seriamente preoccupato per mercoledì.

domenica 13 ottobre 2013

Le punizioni vincenti di un derby della Mole


"Nel Torino, la smania di vincere potrebbe portare a conclusioni amarissime. Si lascino attaccare i più forti, se proprio vogliono rischiare: oppure, ci si rassegni al peggio. La divertente teoria secondo cui il derby toccherebbe sempre alla meno favorita è proprio nata dalla presunzione dei più forti. Illudendosi, lo stesso Trap ha già provato sorprese molto sgradevoli: non credo voglia correre il minimo rischio. E' dunque possibile che il derby di oggi non vada oltre le schermaglie introduttive, e annoi la sua parte". Con queste parole Gianni Brera fotografava una stracittadina, il derby della Mole previsto per il 13 ottobre 1985 (esattamente ventotto anni fa), che le due contendenti non avevano ancora disputato. Se analizzare un incontro a giochi fatti è un esercizio dialettico relativamente semplice, è sicuramente più complicato prevedere l'andamento di una partita quando l'arbitro non ha ancora fischiato il calcio d'inizio. E, soprattutto, azzeccarne il pronostico.

Dopo solo mezz'ora di gioco, proprio in quelle che il popolare giornalista definiva "schermaglie introduttive", la Juventus si era già portata sul 2-0. Due calci di punizione, il primo deviato in rete da Aldo Serena su tiro scagliato da Cabrini ed il secondo ad opera di Michel Platini, le avevano consentito di prendere velocemente il largo. A quel punto non restava che piazzare il muro difensivo a protezione di Tacconi in attesa della prevedibile reazione dei granata. Che in effetti arrivò, ma produsse soltanto il goal dell'1-2 per effetto della marcatura di Junior. Su calcio di punizione, ovviamente, la cui traiettoria venne deviata anch'essa in rete dal gomito sinistro di Scirea.

Si trattava della sesta giornata del campionato 1985/86, la Juventus in quella stagione era riuscita a vincere le prime otto gare consecutive. Da Napoli, intanto, Diego Armando Maradona lanciava messaggi minacciosi alla Signora: "Aspetto la Juve al "San Paolo". Solo allora sapremo se è davvero la squadra più forte". Alla nona tappa del torneo Madama effettivamente cadde a causa di una rete segnata dal numero dieci argentino. Su punizione, naturalmente. Ma lo scudetto, il numero ventidue della sua storia, andò ancora una volta al club torinese.

Tornando al derby della Mole, nella pancia dello "Stadio Olimpico" Michel Platini non mostrava particolare entusiasmo per la sua prima rete stagionale (la settima in altrettante stracittadine): "Ok, ho rotto il ghiaccio, lo metto nel whisky... E' facile dire che il pareggio poteva essere il risultato più giusto". Luigi Radice, il tecnico dei granata, era della stessa idea del francese: "La media di realizzazione del bianconeri è stata elevata. Il cento per cento. Indubbiamente, almeno contro di noi, un pizzico di fortuna l'hanno anche avuto. Però non bisogna dimenticare chi è la Juventus: ha ottenuto il vantaggio eppoi è stata capace di difenderlo. Noi abbiamo tenuto in mano la partita per tutto il secondo tempo però non slamo riusciti a concretizzare tutto quello che si faceva, a buttar dentro il pallone, che è poi quello che conta".

Punzecchiato da Walter Schachner ("La novità tattica del bianconeri è quella di giocare con una punta (Serena) e cinque centrocampisti"), Trapattoni rispondeva alle critiche con i numeri: "Ma se Laudrup ha segnato tre gol... E' chiaro che la squadra assume differenti atteggiamenti tattici a seconda delle circostanze, ci sono partite che richiedono due punte, altre in cui anche avendone quattro non riesci a sfruttarle".

Il ritmo elevatissimo che in campionato la Juventus stava imponendo alle avversarie stimolava confronti importanti con altre sue versioni precedenti. Renato Zaccarelli, capitano del Torino, su questo tema espresse la propria opinione: "Sento paragoni con la Juve dei 51 punti che secondo me non stanno in piedi. Quella ti metteva sotto per novanta minuti e creava dieci occasioni, questa vince facendo un tiro in tutto. Può anche darsi che questa Juve di punti ne faccia sessanta, ma da quella là le prenderebbe".
Presto, però, le discussioni nel merito sarebbero finite: Trapattoni avrebbe abbandonato Torino a fine stagione, mentre Platini fece altrettanto a distanza di un anno. Quel ciclo favoloso, ormai, era arrivato agli sgoccioli.
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martedì 8 ottobre 2013

Il futuro di Conte sarà ancora alla Juve?


Forse Paolo Bonolis, il popolare conduttore televisivo noto tifoso interista, la scorsa settimana avrebbe fatto meglio a non esprimere il proprio parere sugli inviti recapitati al c.t. della Nazionale da buona parte dell'opinione pubblica per una convocazione in maglia azzurra di Francesco Totti. E' pur vero che i mondiali brasiliani non sono ancora alle porte e che i trentasette anni del giocatore non sono pochi, ma sostenere in questo periodo che "se io fossi Prandelli non lo porterei ai Mondiali, perché il c.t. sta creando una Nazionale con un altro tipo di gioco. Francesco ha dei piedi benedetti da Dio ma è un po' indolente nella fase di recupero palla", significa guardare le partite dell'attuale campionato di serie A con il paraocchi. Oppure, più semplicemente, non guardarle proprio.

Nella settima giornata del torneo Totti e la Roma puniscono l'Inter a domicilio, continuando ad imporre alle avversarie un passo quasi insostenibile. In testa alla classifica, comunque, per il momento il sogno della conquista del tricolore accomuna tre tifoserie sparse lungo la spina dorsale del nostro paese: quelle della Juventus (al nord), della Roma (al centro) e del Napoli (sud). Nel corso della prossima giornata ci sarà una tappa cruciale della serie A: i giallorossi e i partenopei si scontreranno nella capitale (venerdì 18 ottobre), mentre i bianconeri saranno impegnati nella delicata trasferta di Firenze. A meno che dal doppio confronto non scaturiscano due pareggi, è altamente probabile che lassù stia per accadere qualcosa di importante.

Il Napoli non ha abbassato la guardia contro il Livorno, evitando di compiere lo stesso errore commesso nella gara recentemente disputata con il Sassuolo. La Juventus, invece, ha liquidato il Milan con più merito rispetto a quanto non dica il risultato finale. Dopo aver guardato il menù iniziale del campionato, Antonio Conte ha rigettato alcune critiche ai mittenti: "Quando sono stati stilati i calendari, tutti erano d'accordo nel dire che era un avvio in salita per la Juve. Dopo sette partite abbiamo totalizzato sei vittorie ed un pareggio: ci avrei messo non una firma, ma diverse". 

La sua opinione è condivisibile, anche se ad onor del vero i passi a vuoto dei bianconeri si sono verificati soprattutto in Champions League, laddove gli incontri sulla carta erano abbordabili e l'esperienza della scorsa edizione (tre pareggi consecutivi nelle prime tre partite) non facevano immaginare un cammino così complicato. Per il tecnico bianconero forse è meglio lasciar perdere il rumore dei nemici e concentrarsi, invece, su quanto accade tra le mura domestiche. Nell'ingranaggio bianconero qualcosa scricchiola, qualcos'altro non funziona a dovere, qualcosa si potrebbe sistemare e altro ancora potrebbe venire corretto a gennaio del prossimo anno, alla riapertura del mercato. Tutto questo nell'attesa di conoscere, più o meno all'inizio dell'estate del 2014, se l'avventura dello stesso Conte sulla panchina della Juventus proseguirà o meno.

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venerdì 4 ottobre 2013

Juventus-Milan non vale più l'Europa


Poco più di dieci anni fa Juventus e Milan disputavano a Manchester la finale di Champions League. Entrambe rappresentavano l'eccellenza calcistica di un paese riconosciuto universalmente come l'ombelico del mondo del football. Da diverso tempo a questa parte, come risaputo, le cose sono cambiate. La prossima domenica le due squadre si troveranno per l'ennesima volta l'una di fronte all'altra, a Torino, nella gara valevole per la settima giornata della serie A.
 
Almeno nel campionato nostrano riescono ancora ad essere protagoniste, visto che hanno vinto gli ultimi tre scudetti in palio: due sono andati ai bianconeri ed uno ai rossoneri. Quest'anno sarà dura per entrambe recitare un ruolo da protagonista, dato che nella corsa alla conquista del tricolore la Juventus dovrà prestare attenzione ad almeno tre formazioni (Roma, Napoli e Inter, in rigoroso ordine di classifica), mentre per il Milan sarà difficile recuperare il terreno perduto immaginando che chi le sta davanti (Fiorentina e Lazio su tutte) non starà certo fermo ad aspettarla.
 
In Europa, invece, l'andamento lento dell'ultimo periodo è diventato una costante. Anche nelle partite di questa giornata infrasettimanale di Champions League si sono visti ad occhio nudo i limiti strutturali delle squadre italiane, Napoli inclusa. Le fortune dei campani e dei rossoneri dipendono dalla presenza di Higuain e Balotelli? E' un alibi, una scusa che non regge. Sotto il Vesuvio è stata data una rosa competitiva in mano a Benitez, l'ultimo tecnico vincitore dell'Europa League, uno che nel Vecchio Continente sa come muoversi. Ma è ancora troppo presto per raccogliere i frutti del suo lavoro. Dal calcio attendista di Mazzarri a quello europeista dell'allenatore spagnolo il passo è lungo, non breve. Nel mezzo possono tranquillamente starci bastonate come quella subita a Londra contro l'Arsenal. Soprattutto se precedute da un successo simile a quello che ha portato i tre punti nella partita vinta sul Borussia Dortmund, non un Copenaghen qualsiasi.
 
A proposito dei danesi: non contenta di aver buttato via due punti contro di loro, la Juventus ha pure gettato al vento il successo contro i turchi del Galatasaray. Prima del match Roberto Mancini aveva candidamente confessato di non avere la bacchetta magica per risolvere i propri problemi. Bonucci e Isla, in questo senso, gli hanno comunque teso una mano. Che, a quanto pare, non è bastata ad evitare una piccola, inutile quanto pretestuosa polemica: secondo il tecnico di Jesi il rigore di Quagliarella non c'era. Ad essere sinceri sino in fondo l'arbitro non solo ha fatto bene ad assegnarlo, ma avrebbe dovuto fare altrettanto in una situazione analoga qualche minuto prima, per un fallo subito dallo stesso giocatore.
 
Ed è proprio grazie ad un tiro dagli undici metri che il Milan ha raddrizzato negli ultimi minuti di gioco la partita disputata contro l'Ajax. Tra la versione europea e quella italiana dei rossoneri al momento non sembra esserci molta differenza, se non l'impossibilità di schierare Balotelli a Torino a causa della squalifica di tre giornate inflittagli dal giudice sportivo. Proprio contro la Juventus gli uomini di Allegri dovranno prestare la massima attenzione al posizionamento dei difensori in occasione dei calci da fermo, uno dei loro punti deboli. I maggiori pericoli, infatti, potrebbero arrivare dai palloni che sorvoleranno l'area di rigore, ammesso e non concesso che i bianconeri possano riuscire a perfezionare qualche traversone degno di nota. E che i calci d'angolo dilapidati diventino una rarità, non la normalità.
La sostanza, però, è che tra questo Juventus-Milan e quello di Manchester i dieci anni di differenza si sentono tutti.
 
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giovedì 3 ottobre 2013

Ma che succede?


Questo articolo è di Danny67. Tutti gli altri, li puoi trovare nella sua rubrica Un Bianconero a Roma

A poco più di dodici ore dal primo match casalingo disputato dalla Juventus in Champions ancora non riesco a darmi pace per ciò a cui abbiamo assitito e ad accettare non tanto il risultato finale ma le modalità con il quale esso è maturato. Non è che mi aspettassi di asfaltare i turchi del Galatasaray, cosa impossibile viste le ultime prestazioni della squadra bianconera, ma ero certo, almeno stavolta, di vedere l’undici di Conte “mangiare l’erba” ed attaccare fin dai primi minuti l’avversario, spinto dal caldissimo tifo del pubblico di fede juventina. Ma niente di tutto questo. Ho visto una compagine senza grinta, senza personalità, molto svagata, che ha arrancato per quasi tutti i novanta minuti e che rarissimamente è riuscita a rendersi pericolosa. Il titolo di questo pezzo nasce proprio da qui: Che cosa sta succedendo? 

Non ho potuto fare a meno di notare che la Juventus è spenta, molle, deconcentrata e, per la prima volta da quando è allenata da Antonio Conte, senza idee. Nel primo tempo si è giocato quasi esclusivamente su lanci lunghi che ricordavano molto da vicino il gioco di Ranieri. Non mi sembra possibile che questa squadra sia figlia di quella meravigliosa creatura che solamente due stagioni orsono ci ha entusiasmato e restituito il titolo di Campione d’Italia, che giocava un calcio splendido, totale, aggressivo, veloce, che toglieva respiro agli avversari e a noi che assistevamo alla partita. Un calcio tra i migliori che si siano visti in Europa negli ultimi anni. Tutto ciò che apparteneva a quella squadra sembra essere svanito nel nulla. Non ci sono uomini che si muovono senza palla, non c’è la vicinanza tra i reparti, non ci sono più mille scambi consecutivi tra calciatori che corrono ognuno in aiuto dell’altro, non c’è più il fraseggio che allargava la manovra e permetteva l’inserimento dei centrocampisti, non c’è più la sicurezza che un gioco fatto di possesso e verticalizzazione trasmetteva a tutti, non c’è più quella ferocia che ci esaltava, quel furore agonistico che ci spingeva alla vittoria. 

Ma perché manca tutto questo? E’ un problema di condizione atletica? E’ un problema di modulo? È un problema di personalità e di coraggio? Forse un insieme di tutte queste cose. La condizione atletica dei ragazzi è di certo insufficiente e lo dimostrano da un lato gli infortuni muscolari di Lichtsteiner e di Vucinic, troppi contemporaneamente per essere frutto di casualità, dall’altro il fatto che nelle ultime gare gli avversari risultano molto più brillanti dei bianconeri. Probabilmente su questo ha inciso la mancata partecipazione alla preparazione dei nazionali con il resto della squadra, il pre-supercoppa ed il fatto che la maggior parte dei giocatori della Juventus viene da due anni di attività quasi continue. Anche il modulo, come detto più volte, ha la sua importanza. 

Il 3-5-2 risulta ormai prevedibile e molto poco offensivo, sia come schieramento sia come atteggiamento imposto dall’allenatore. Si sente spesso Conte dire agli esterni di stare molto bassi e di salire solo uno per volta. Lo stesso Barzagli a fine gara ha confermato il fatto che il gioco della squadra in questi due anni è cambiato molto. Io mi chiedo perché? Non è un caso che quando è uscito Bonucci e si è tornati al 4-3-3 si è rivista una capacità di penetrazione decisamente superiore, anche se poi nell’occasione del gol del 2 a 2 Isla, che, in quanto esterno della difesa a quattro, avrebbe dovuto stare molto più indietro, si è fatto sorprendere a metà campo probabilmente perché non abituato a fare il terzino vero e proprio. Forse con Lichtsteiner quella rete non si sarebbe subita. 

Inoltre il 4-3-3 con l’innesto di Llorente (seppur non brillantissimo nemmeno lui) ha liberato Tevez dall’obbligo di rimanere davanti consentendogli di partire da dietro e risultando molto più pericoloso. Non voglio fare il disfattista ed il critico a tutti i costi, anche perché come scritto più volte io amo il nostro mister, ma la mia sensazione è che Conte il primo anno in cui non c’era nulla da perdere abbia fatto esprimere alla Vecchia Signora un gioco totale, rischioso (fino ad un certo punto perchè quando schiacci l'avversario rischi veramente poco) ma spregiudicato ed estremamente offensivo, mentre dal secondo anno in poi, ha iniziato ad essere più guardingo e ad avere un certo timore di scoprirsi troppo, dando maggiore importanza alla fase difensiva piuttosto che a quella offensiva. 

L’impressione è che a questa Juventus manchi il coraggio, la sfrontatezza che occorre avere in questa competizione e che la maggior parte delle compagini europee possiedono. Certamente non è solo il coraggio a mancare, ma anche alcuni elementi di tecnica superiore sugli esterni. Come già detto Asamoah è un ottimo calciatore ma non è un vero e proprio esterno e non salta mai l’uomo con una finta. Inoltre si serve esclusivamente del piede sinistro e non ha la possibilità di rientrare, mettendo fuori gioco l’avversario, e mettere la palla al centro con il destro. Di Isla sinceramente credo non sia nemmeno il caso di parlare ormai. Non è da Juve, punto. 

Aggiungo che è ormai da tempo che noto in Antonio Conte, durante le partite, ma anche nelle interviste post-gara, un atteggiamento molto strano, un po’ polemico, un po’ remissivo, come se fosse sfiduciato in generale. Mi sembra abbia perso molta della sicurezza che aveva prima. Mi chiedo e vi chiedo: è solo una mia impressione? 

In ultima analisi vorrei parlare di alcuni singoli che danno la netta impressione di essere in difficoltà. Parlo di Pirlo, decisamente in ribasso rispetto a qualche tempo fa. Mi riferisco anche a Buffon. Capisco che tutti lo ritengano un’icona, un simbolo della Juventus ed è un mito anche per me, io però non lo vedo reattivo ma anzi spento, lento ed impacciato nelle uscite, non più decisivo ai fini del risultato. Chiellini, combattivo ma piuttosto confusionario. Bonucci deconcentrato ed in alcuni casi, come ieri, supponente. 

Ora la qualificazione sarà molto ma molto difficile anche perché, allo stato attuale delle cose, non vedo come si possa soltanto pensare di poter impensierire il Real Madrid giocando in questo modo. Esiste poi la concreta eventualità che al Bernabeu non ci sia Lichsteiner (infortunato) e che Isla debba essere schierato dalla parte di Bale. Altro non aggiungo. La corsa va fatta sul Galatasaray e questo lo sapevamo ma se non cambiano le cose è dura andare a vincere in Turchia, eppure molto probabilmente sarà obbligatorio se si vuole accedere agli ottavi. Inoltre c’è il pericolo Europa League in caso di eliminazione e questo potrebbe compromettere seriamente tutto il resto della stagione. Inutile dire che mi auguro, con tutto il cuore, che da domenica sera, contro il Milan, il trend negativo della squadra subisca una netta inversione di tendenza e che il futuro sia meno buio di come lo vedo ora.

martedì 1 ottobre 2013

Juve, urgente trovare un vice Pirlo

Il derby della Mole va alla Juventus, cinica e spietata, che incamera altri tre punti in classifica vincendo di misura una brutta stracittadina. Madama riesce così a mantenere lo stesso passo di marcia del Napoli senza perdere terreno nei confronti della Roma, vera e propria dominatrice di questo inizio di campionato. 

Antonio Conte temeva un atteggiamento troppo prudente da parte degli uomini di Ventura, così come aveva avuto modo di affermare nei giorni precedenti il match: "Dite che se la giocherà? Mah, sulla tattica del Torino non sarei convinto che verrà a giocarsela a viso aperto...". Detto fatto, dopo un primo tempo noioso è bastato invertire i ruoli tra Pogba e Vidal per vedere un po’ di gioco in mezzo al campo, laddove il Torino aveva eretto un muro a protezione della difesa e la Juventus - sino a quel momento - era stata troppo lenta e macchinosa per procurare seri pericoli.

Lungo l'intero arco della partita si è avvertita l'assenza delle geometrie di Pirlo. Visto che cercare un doppione del fuoriclasse bianconero è inutile, dato che non si arriverebbe ad alcun risultato, per il prossimo gennaio sarebbe quantomeno opportuno per la Juventus provare a scovare qualche regista in grado di dare una logica alla propria manovra anche quando Conte - giustamente - deciderà di farlo rifiatare. Alla Vecchia Signora gli impegni comunque non mancano, esattamente come le era accaduto nella passata stagione di questi tempi.

Quello che ora sembra diverso è l'approccio ai singoli incontri, nel senso che appare evidente una maggior ricerca del fraseggio in campo piuttosto che l'assalto all'arma bianca nelle aree di rigore nemiche. Questo dipende tanto da un dosaggio delle energie in funzione delle molteplici gare da disputare quanto dall'atteggiamento delle rivali di turno. Proprio sul tema in questione Conte, davanti ai cronisti presenti nella pancia dello stadio "Olimpico", è stato chiaro: "Questo campionato è difficile, visto che quando le avversarie ci incrociano pensano soprattutto a intralciare il nostro gioco. Oggi il Torino si è difeso alla grande, con un sistema che non concede spazi. Le maglie si allargano soltanto con la stanchezza e con il passare dei minuti".

Le polemiche legate, in rigoroso ordine cronologico, alla mancata espulsione di Immobile e al goal convalidato a Pogba servono ai media per riempire il tempo che separa la sesta giornata di serie A ormai conclusa dagli impegni europei infrasettimanali di alcuni club italiani. Attraverso le parole del proprio tecnico la Juventus si era presa a Verona l'impegno di seguire l'esempio di sportività mostrato dal Chievo nei suoi confronti ("Campedelli è andato a confortare il guardalinee? Se succederà, anche noi andremo a confortare l'arbitro e gli assistenti"). Adesso non resta che aspettare per vedere se i fatti coincideranno con le promesse.

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