mercoledì 30 dicembre 2009

La fine di un 2009 deludente. E quell'abbraccio tra Bettega e Ferrara...

Fine anno, tempo di bilanci per tutti. Meglio non farli, in casa Juventus: il 2009 calcistico è stato un anno (più che) negativo. Le uniche notizie positive sono arrivate a bocce ferme: in estate, quando gli acquisti avevano fatto sperare in un avvio di stagione decisamente più positivo rispetto a quanto poi si è visto e a come si era conclusa quella precedente, e nella pausa invernale (con il rientro di Bettega). Esattamente come capitava una volta all’Inter: campioni a parole, meno con i fatti. Con il rientro di un pezzo della vecchia Triade (che non ha rinnegato le vittorie passate, bravo) è possibile auspicare un cambio di rotta, con il ritorno alle vecchie (ma buone) tradizioni: concretezza e risultati. Non sarà facile, ma dalla sua ha un popolo, quello bianconero, che semplicemente lo ama; così come lui stesso contraccambia: il calcio è solo la Juventus.
Lavorerà a contatto con persone per le quali gli ultimi due (dei ventinove) scudetti erano asterischi; salvo poi colorarli di tricolore, dare loro una forma diversa e provare sentimenti di nostalgia: che bello sarebbe arrivare a trenta. Più facile riprendendosi quello che è stato vinto da altri ma gentilmente regalato (Inter) o gettato dalla finestra del “palazzo”. Prima si mandano le persone alla gogna (mediatica) e davanti ai giudici (extra-sportivi, dopo aver subito le condanne in quell’ambito); poi si spera che ne escano indenni, per avere il diritto (sportivo) di reclamarne i successi. Nel frattempo si conclude l’anno con 5 sconfitte nelle ultime 6 partite ufficiali: addio alla Champions League (ma chi ci credeva? Si chiedeva almeno di passare i gironcini), un caro saluto allo scudetto (qui un po’ di speranza c’era), una serie di incertezze tattiche (rombo o trapezio, a centrocampo?) e tecniche (ora dove lo mettiamo Melo? E Diego?). Con la complicazione dei continui infortuni, che di certo non hanno aiutato.
Fine anno: si cerca di riparare agli errori estivi, alle mancanze insorte ad avvio stagione o ad acquistare (in anticipo) rinforzi per gli anni a venire. Gente che viene (o torna), altri che se vanno o che se ne vorrebbero andare. E, intanto, iniziano a lanciare i primi messaggi: chi vuol capire, capisca.
Beckham torna: lo si sapeva, lo voleva lui (giocare di nuovo nel Milan per prepararsi al meglio per i prossimi mondiali) e lo desiderava la moglie (Milano è molto chic). E così i rossoneri si affidano sempre più a vecchie glorie, continuando – intanto - ad acquistare (o puntare) giovanissime promesse: Adiyiah, Hottor e Benedidic (quest’ultimo quattordicenne). Nell’undici di base, tranne Pato, Flamini, Thiago Silva e Huntelaar (giocatori già “pronti”) mancano però le “vie di mezzo” tra le due generazioni. Vedremo. Rientra Toni, alla Roma: forse troppo tardi per far parte della comitiva azzurra di Lippi, così come per una corsa scudetto sull’Inter a cui Ranieri, sotto sotto, dimostra di credere. Un terzo posto a due punti di distanza può lasciar spazio a qualche sogno di troppo: la (nuova) vicinanza con Gian Paolo Montali (e le sue idee per il futuro) ha già lasciato il segno. Così come proverà a vincere Spalletti in terra di Russia: uno dei dieci esonerati (follia) di questo primo scorcio di stagione che emigra all’estero aggiungendosi ai vari Capello, Ancelotti, Roberto Mancini, Trapattoni, Tardelli… Un patrimonio tecnico (e di tecnici) che se ne va. Tra le migliori nuove leve, così come indicato dallo stesso Capello, ci sono Giampaolo (senza lavoro) e Allegri (al Cagliari, tredicesimo in classifica). Se Prandelli deciderà prima o poi di fare il “salto” in nazionale, mister di primissimo livello, da noi, ne rimarranno ben pochi. L’Inter cerca di rinforzarsi ancora: non tanto per la serie A (non ce n’è bisogno), quanto per la Champions League. La speranza è quella di passare gli ottavi di finale una volta per tutte. Poi, nel caso capitasse di nuovo il Barcellona, di superare ogni tanto la metà campo avversaria. Come segno di fiducia a Balotelli si è richiamato Pandev, una delle “voglie” espresse da Oriali giorni fa. Le altre (difficili o impossibili) si chiamano Hamsik, De Rossi e Marchisio. Comunque vada, potrà stare tranquillo: stavolta non sarà necessario giocherellare con i passaporti. Gente che se ne vorrebbe andare: Mourinho, il solito, quello che in un anno è riuscito a dare della “prostituzione intellettuale” alla stampa sportiva italiana, ad inventarsi un interesse nei suoi confronti da parte del Real Madrid (grazie al quale ha scucito qualche soldino in più all’attento Moratti) e a non fare meglio di Roberto Mancini (la qualità del gioco è peggiorata, in Europa i risultati sono gli stessi). Passata la voglia della Spagna, è tornata (forse non se n’era mai andata) quella dell’Inghilterra: ha un contratto con i nerazzurri sino al 2012, ma cosa importa? Ottima l’idea di andare a vedere dal vivo il Chelsea nella partita contro il Fulham: non gliene fregava nulla dell’incontro (i Blues li conosce a memoria), a lui interessava saggiare l’umore del pubblico e della stampa inglese nei suoi confronti. Anche lì ha fatto spendere bene il suo ex-patron Abramovič (320 milioni di euro in tre anni non sono pochi), ed è pure pronto a prendersi qualche merito se Ancelotti lo eliminerà: non sarà l’italiano ad aver guidato meglio la squadra (quasi interamente) già allenata dal portoghese, ma il merito andrà a lui per avergliela preparata. Capacità di saper manipolare la realtà: chapeau. Fino a quando ci sarà chi continua a permetterglielo…
Collina non ne può più: sì alla moviola. Perché? “Perché non fa piacere a un arbitro sentirsi etichettato prima della gara come quello che potrebbe favorire la Juve perché poco esperto”. Ecco spiegato il motivo delle tante cenette intime con Meani: dividiamo le accuse con il Milan, non lasciamo sola la Juventus. A meno che non si tratti di andare in serie B. D’altronde i rossoneri hanno già dato due volte in passato: come diceva l’avvocato Prisco, “la prima pagando, l’altra gratis”.
Nel mercato di riparazione è difficile comprare: colpi come quelli di Sissoko o Davids riescono poche volte. Ma la Juventus deve cercare di cambiare registro, e di costruire sin da ora la squadra del futuro. Non si aspetti troppo: se c’è qualche idea realizzabile, non si tentenni. Tempo se n’è già perso abbastanza. Anche quando il campionato cadetto aveva concesso la possibilità di far crescere qualche giovane valido: il solo Marchisio è l’unico risultato di un periodo che andava sfruttato meglio. Errori ne sono stati fatti da tutti e in tutti gli ultimi anni: piangere sul latte versato, non porta a nulla. Conta solo rimboccarsi le maniche, in silenzio, e darsi da fare per restituire alla Juventus una società ed una squadra che non evochi più nostalgie ogni qualvolta si pensa al passato, ma solo orgoglio e la speranza concreta di competere in tutte le manifestazioni sino in fondo. Senza scendere dal carro già a dicembre. In questo senso è emblematico il lungo abbraccio tra Bettega e Ferrara al momento del loro incontro dopo la nomina del primo a vicedirettore generale. Passato, presente e futuro della Juventus. Resta solo da capire se si trattava di un saluto caloroso o di un addio.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com



domenica 27 dicembre 2009

Per Ferrara "sette punti nelle prossime due partite"


Sette punti nelle prossime due gare”. Esordì pronunciando queste parole, con il suo stile ironico, Ciro Ferrara. Era il 18 maggio scorso e l’attuale allenatore della Juventus si apprestava a guidare la squadra bianconera nelle ultime due partite di una stagione tribolatissima, al posto dell’esonerato Claudio Ranieri. “Sette punti nelle prossime due gare”: era l’impegno preso dallo stesso Ferrara per portare la Juventus in Champions League passando direttamente dalla porta principale, evitando le forche caudine dei preliminari, con il rischio di perderli e rovinare una stagione – la successiva - prima ancora che avesse inizio. Con tutto quello che, nel caso, avrebbe potuto comportare: minor introiti; minor prestigio (che sia stata un’avventura straordinaria o meno, monsieur Blanc, la serie B non ha certo aiutato in tal senso); la partecipazione alla più povera Europa League (ora dove siamo?); una rosa troppo ampia da gestire in relazione agli effettivi impegni; una preparazione estiva “molto” anticipata, con la reale possibilità di arrivare a corto di fiato al termine della stagione che precede i mondiali in Sudafrica.
Sette punti nelle prossime due gare”: era una semplice battuta, simpatica, forse preparata prima della conferenza stampa di presentazione del neo allenatore, ma che da sola era servita a dare quel pizzico di buonumore necessario in un ambiente diventato sempre più cupo e troppo poco juventino. Una realtà divisa tra bilanci, consigli di amministrazione divenuti più importanti (e reclamizzati) delle partite di cartello, un allenatore (Ranieri) giudicato troppo “yes-man” e lontano dalla storia bianconera, laddove – uno dopo l’altro – tutti quelli che ne erano stati i protagonisti venivano respinti o allontanati. E con loro le recenti vittorie. Ne arrivarono sei, di punti, e furono sufficienti.
Ferrara venne confermato alla guida della Juventus e - dopo un inizio confortante - arrivarono i primi intoppi, le prime incrinature in un progetto pronto a far acqua da tutte le parti. Le difficoltà incontrate in Europa, simili a quelle vissute da Inter e Milan, non destavano eccessiva preoccupazione: squadra nuova, allenatore nuovo. Era necessario del tempo, per amalgamare il tutto. Quando poi i risultati hanno fatto cattiva compagnia alle prestazioni deludenti anche nel giardino della serie A italiana, il risveglio è stato traumatico.
Sette punti nelle prossime due gare”: sono quelli che adesso Ferrara dovrà portare a casa se vorrà continuare a rimanere alla guida della Juventus per il resto di questa stagione. Con gli incontri di Parma (in trasferta) e Milan (in casa) che decreteranno la sua sorte di allenatore in casa bianconera. L’impressione, attuale, è che sia una storia con un finale già scritto: manca solo la data. Nel frattempo è tornato, nel ruolo di vicedirettore generale, Roberto Bettega. Vicedirettore: il direttore, quello che è anche amministratore delegato e presidente, non aspetta altro che risultati da presentare al popolo, quello che “è sovrano” quando di mezzo non c’è lui. Era così, invece, quando al centro del mirino si trovava Claudio Ranieri. Troppo facile, per monsieur Blanc: se Bettega riuscirà a risollevare le sorti della baracca, il merito sarà del “progetto” da lui disegnato la scorsa primavera-estate; se non arriveranno, avrà potuto dimostrare che neanche l’amato Bobby-gol è riuscito nell’impresa di vincere qualcosa; se Ferrara dovesse essere elegantemente allontanato prima del termine della stagione, la responsabilità della scelta non cadrà su di lui, ma soltanto sulle spalle di chi ne ha dovuto ingoiare un bel pò pur di tornare a lavorare per la squadra che ama e per la quale ha accettato di assumere ampi poteri nell’area sportiva anche nella funzione di “vice”. I tifosi non sono stupidi: non le erano prima, quando i video degli incontri si vedevano soltanto in televisione la domenica sera ed in qualche partita di coppa e si viveva con l’audio delle radiocronache e le immagini delle figurine; non lo sono a maggior ragione oggi, dove, grazie ad internet (e non solo) si riesce ad arrivare ovunque. “Sette punti nelle prossime due gare”: non basteranno comunque ai sostenitori della Juventus. Rimarrebbe la certezza di tifare per una squadra che non ha, alle proprie spalle, una dirigenza in grado di reggere le promesse che puntualmente propone, ma che altrettanto puntualmente non riesce a mantenere. “La società andrà ad organizzarsi e rinforzarsi quando ci sarà bisogno, ho la capacità di prendere decisioni in un senso o nell'altro. Anche se ho letto cose diverse credo che come siamo adesso andiamo bene”. Era il 13 dicembre scorso. Chi pronunciò queste parole fu, manco a dirlo, Blanc. Dopo pochi giorni arrivò l’annuncio del rientro di Bettega alla Juventus.
Il calcio è una brutta bestia: ha regole banali, è relativamente facile da praticare, i meccanismi principali sono di facile comprensione. Ma guidare una società dal calibro mondiale come la Juventus non è una cosa da poco. Non basta la quantità delle ore lavorate e dell’impegno profuso: ci vuole la qualità. Se manca in società, viene difficile pensare come la si possa vedere in campo. Anche l’arrivo di giovani dal sicuro talento (Diego su tutti) finiscono con l’essere schiacciati e risucchiati dall’improvvisazione e dall’incertezza generale. Per guidare con profitto un’équipe come la Juventus, ci vuole professionalità ed esperienza ai massimi livelli: non è un’azienda, è un pezzo di storia del calcio mondiale, intrisa di vittorie leggendarie, sconfitte, cadute e risalite, epopee vincenti e periodi di vacche magre. O la si ama o la si odia: non esiste la simpatia. Quella accompagna i perdenti, assieme alla pena. Chi è juventino sa di essere “solo”, assieme ai suoi fratelli, contro il mondo intero. L’unica cosa che può ottenere è il rispetto: la simpatia no, quello non rientra negli obiettivi. Né stagionali, né a lungo termine. Il problema non è essere francesi o italiani: il problema è essere juventini. Michel Platini, al proposito, coniugò le due cose. “Boniperti dice la sua Juve ha vinto tanto? Sì, è vero ma perché non va a Madrid a vedere i trofei del Real? La verità è che la Juve non deve mai guardarsi indietro, ma pensare sempre al successo che verrà” (Giovanni Agnelli). Ci sono battaglie (sportive, il campionato di serie B) che si possono anche combattere insieme. Ci sono guerre (sportive, la ricerca di vittorie nelle competizioni che contano) per le quali non avrebbe neanche senso iniziare la contesa: troppo facile prevederne la Waterloo. Vero, monsieur Blanc Napoleone?

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com



Oliviero Beha ed i sospetti su Blanc e John Elkann

sabato 26 dicembre 2009

Simpatici e perdenti


Jean Claude Blanc, numero uno della Juventus, si concede al quotidiano francese “LeMonde” per un’intervista sui tre anni passati sotto La Mole. Il plenipotenziario bianconero ricorda ancora il primo incontro con la proprietà: “Era il 31 dicembre del 2004, a Marrakech ho incontrato John Elkann. Abbiamo parlato di sport e dei valori sportivi, tre mesi più tardi al “Cafè de Flore” di Parigi mi ha chiesto di far parte della Juventus, come dire di no? Elkann ha scelto me per creare una rottura con il passato”. Blanc ricorda positivamente l’esperienza in Serie B: “L’anno in cui siamo andati in Serie B ci ha permesso di essere più simpatici. Quella stagione è stata un’avventura straordinaria, tutte le squadre che affrontavamo hanno giocato la partita della vita”. Sulla recente crisi che attanaglia la Vecchia Signora, il quarantaseienne risponde così: ”Non dobbiamo dare retta alla critica, dobbiamo oltrepassarla. In Italia non ho molti amici nella stampa. I giornalisti sono irritati dal fatto che un francese sia arrivato lì”. Blanc conclude parlando del nuovo stadio: “Saremo il primo club della penisola a farlo. Sarà un progetto molto redditizio, che ci permetterà di autofinanziarci. Vedremo se gli altri ci riescono”.

Fonte: Tutto Juve.com


giovedì 24 dicembre 2009

Il rientro di Bettega come una luce in fondo al tunnel


Era l’11 agosto del 2009. Prima della partitella in famiglia (con i giovani della Primavera) della Juventus tra i monti di Villar Perosa, lassù dove - tradizione vuole - sfila davanti ai propri tifosi la squadra dell’anno che verrà, John Elkann esclamò: "Vogliamo dare il meglio di noi, vogliamo vincere e soprattutto divertirci e divertire". Invito raccolto dalla squadra, e girato alle società avversarie. Il "progetto" volta le spalle ai sostenitori bianconeri, esattamente come alcuni di loro hanno fatto domenica scorsa all’Olimpico di Torino nei confronti dei giocatori in campo.
Il goal di Izco apre definitivamente una ferita inferta dal goal di Martinez, e parzialmente rimarginata dal pareggio di Salihamidzic. Paradossale che il migliore in campo tra i bianconeri sia stato proprio il calciatore bosniaco "più assente che presente" in questo terribile fine anno 2009 calcistico. Si tratta semplicemente un giocatore cui il forte temperamento non ha mai fatto difetto: che si giochi col Catania o contro l’Inter; che giostri in un ruolo a lui congeniale o in un altro (per il bene della squadra); che ci si trovi in difficoltà o meno. Mihajlovic non ha dovuto neanche preoccuparsi dell’arbitro: ha fatto tutto la Juventus. Cinque sconfitte nelle ultime sei gare ufficiali: dal secondo al terzo posto in campionato (con un occhio al quarto), retrocessione in Europa League. All’Inter basta poco per vincere: sette goals segnati nelle ultime cinque partite; con tre vittorie, un pareggio e una sconfitta ha lasciato al palo la Juventus. Da meno cinque, a meno sei sino ad arrivare (all’attuale) meno nove: per i bianconeri, più che di "delitto perfetto" si può parlare di "perfetto suicidio". Il ruolo dell’anti-Inter passato di mano, destinazione Milan, sino a quando anche i rossoneri non inizieranno a perdere terreno: gli scudetti si vincono con la continuità nei risultati positivi, meglio tanti 1-0 che molti alti e bassi. C’è pure chi (Arrigo Sacchi) nel tentativo di rianimare un campionato il cui interesse per la vittoria finale sta scemando di giornata in giornata, prova a passare lo scettro alla Roma di Ranieri: ecco chi potrebbero essere, a suo modo di vedere, i veri avversari dei nerazzurri nella corsa al loro quinto scudetto consecutivo e all’ingresso nell’olimpo dei migliori. Così come fecero (per rimanere nella sola Italia) la famosa Juventus degli anni ’30 e il grande Torino degli anni ‘40: perché oggi, a differenza del passato, valgono anche quelli di cartone.
Felipe Melo che viene sostituito al 32° minuto, equivale ad una bocciatura che va oltre le ultime prestazioni negative; lo spostamento di Marchisio in cabina di regia è stata l’ennesima conferma del talento del centrocampista. Nella speranza, però, che per tappare le falle che si creano in continuazione non si abusi della sua duttilità, con il risultato di complicare la crescita di una straordinaria mezzala. L’Amauri che attende il passaporto per diventare italiano è il lontano parente di quello acquistato dalla Juventus la scorsa stagione: quando si incontreranno, potranno dirsi che ormai quel documento non servirà più. La (reclamizzata) visita congiunta di John Elkann e di Andrea Agnelli alla squadra (17 dicembre) non ha portato gli esiti sperati: i problemi non sono soltanto di stimoli. Magari fosse così.
Anche l’ombra di Roberto Mancini (dopo quella di Spalletti) si è dissolta dietro Ciro Ferrara: il Manchester City e la Premier League (con i relativi introiti) lo hanno accolto a braccia aperte. Un po’ meno i tabloid inglesi. Dall’idea fantasiosa di Pavel Nedved (sarebbe servito in campo, ora) a quella (sempre attuale, anche se parecchio onerosa) di Hiddink, per passare a Gentile e ad altri che si aggiungono (quasi) quotidianamente: il solco per un eventuale sostituto di Ferrara è stato tracciato. Parma (in trasferta) e Milan (in casa) faranno capire se - e per quanto - potrà durare la sua avventura sulla panchina della Juventus. Neve e ghiaccio permettendo. Quattro partite su dieci non giocate nell’ultima giornata: l’ondata di maltempo che si è abbattuta sull’Italia è stata eccezionale, ma per evitare tutti questi rinvii - comunque - qualcosa di più si sarebbe potuto fare. Magari con i nuovi stadi, quelli sognati dai presidenti di mezza serie A, qualcosa sarebbe andato diversamente. Un palco confortevole per il pubblico, norme di sicurezza rispettate, ma anche nuove entrate per le casse societarie e - forse - qualche interesse edilizio di troppo intorno alla creazione di edifici, abitazioni e strutture nelle zone dove sorgeranno i nuovi impianti: siamo in Italia. Dove attualmente si riesce a essere primi soltanto nel numero degli allenatori esonerati: dieci in diciassette partite (sedici e mezzo considerando i rinvii). Ognuno ha un suo "progetto" (quello del Siena particolarmente difficile da decifrare, Malesani è il terzo allenatore dall’inizio della stagione) che dopo poche gare viene messo in discussione. Si cambia allenatore e, dopo aver trovato finalmente i risultati, tutti felici e contenti. Il campionato è lungo: quando arriveranno altri momenti negativi, non è escluso che il caso del già citato Siena non rimanga isolato.
Nel frattempo, come una luce in fondo ad un tunnel chiamato 2009, alla Juventus torna Roberto Bettega, con la carica di vicedirettore generale con ampi poteri su tutta l’area sportiva. Competenza, esperienza e - soprattutto - tanto amore da riversare nel suo nuovo compito. Il primo passo di una rivoluzione all’interno della società che potrebbe concretizzarsi nei prossimi mesi. Nel frattempo, con l’Augurio a tutti di un Buon Natale, abbracciamo il rientro di chi ha scritto alcune delle pagine più belle della storia juventina. Bentornato a casa, Bobby-gol.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

mercoledì 23 dicembre 2009

Bentornato a casa, Bobby-gol


“La Juventus è una delle ragioni della mia vita. Amo questa squadra, questa società e questi colori. Per questo provo amarezza nel vedermi coinvolto nell’indagine”.

L'ex bomber bianconero ha firmato fino al 2012. Avrà il ruolo di collegamento tra la squadra e la società, ma aiuterà anche Alessio Secco sul mercato e Ciro Fer­rara nella gestione del gruppo.

martedì 22 dicembre 2009

Primo quadrimestre


E’ iniziata la pausa, il campionato tornerà insieme alla befana e la coppa (l’Europa League, sigh!) riprenderà a metà febbraio.
Si possono così tirare le prime somme, anche se per la fine del girone di andata mancano due partite, tra l’altro molto importanti, visto che dobbiamo incontrare Parma e Milan.
In campionato al momento i punti che ci dividono dall’inter sono 9, ormai troppi! Ma in realtà bisogna preoccuparsi di ciò che accade alle nostre spalle… sempre sperando che la Juve torni a fare la Juve.
Siamo fuori dalla Champion League, vista la debacle finale con le sconfitte di Bordeaux e quella sonora in casa con Bayern.
Il giudizio finale ovviamente rimane sospeso, ma quello provvisorio, relativo alla prima parte di stagione, non può che essere assolutamente negativo, a maggior ragione considerando che veniamo da 5 sconfitte in 6 partite.
E tralasciando tutti i discorsi inerenti i manager, il mercato, l’assenza di uomini di calcio nello staff societario che meriterebbero più spazio, qui mi limito a parlare del campo.
La squadra non ha ancora una fisionomia dopo 23 partite, e quelle giocate bene non sono più di un paio, decisamente troppo poche!
E’ un gruppo carente. Carente di organizzazione, di fisionomia, di autostima, di preparazione fisica, addirittura di carattere, proprio quel carattere che molto spesso aveva nascosto alcune imperfezioni.
E anche se un team va valutato nel suo complesso, provo comunque a parlare dei singoli e do i miei personali giudizi.

Buffon – E’ stato molto (troppo) spesso il migliore in campo. Non ho dimenticato le prestazioni modeste, come quella di Cagliari per esempio, ma molti dei punti finora ottenuti (anche quelli inutili in CL) sono merito suo. Ha giocato anche con una lesione al menisco, e speriamo che dopo la sosta riesca a riprendere la forma che lo ha sostenuto fino a novembre.

Manninger – sostituisce il titolare operato e gioca una sola partita contro l’ultima in classifica e prende due gol, ma non per colpa sua.

Grygera – alterna prestazioni sufficienti (Sampdoria) ad inguardabili (Chievo, Fiorentina), a volte riesce a fare entrambe le cose nella stessa partita (Napoli). Accettabile solo come riserva della riserva.

Zebina – ci illude (con il Bologna) e ci riporta sulla terra (Palermo) e poi dopo solo quasi 4 presenze torna a fare ciò che gli riesce meglio: l’infortunato!

Caceres - Gioca in un ruolo non suo e sembra prediligere la spinta in attacco e così, spesso, arriva in ritardo quando deve difendere. A volte è anche un po’ troppo pericolosamente irruente! Da ricordare il gol contro la Lazio e la buona prestazione contro l’inter. Sta facendo del suo meglio, ma – sinceramente - se giocasse in un’altra squadra penserei che pagarlo 12 milioni per acquistarlo sarebbe una follia. Abbiamo bisogno di conferme e di miglioramenti. Ci vediamo al prossimo quadrimestre.

Cannavaro – Ha iniziato l’anno in forma “mondiale 2006”, insuperabile. Poi, dopo l’infortunio subito a metà settembre, ha inanellato una serie di prestazioni mediocri e pessime, fino all’inguardabile partita di Cagliari (dove più che un calciatore è sembrato un ombrellone da spiaggia ben piantato nel terreno). Il dubbio a questo punto è capire se le 36 primavere ormai pesano troppo o se si sta preparando per essere in perfetta forma per il Sudafrica!

Legrottaglie – Quando gioca non raggiunge mai, ripeto mai, la sufficienza. Assolutamente involuto rispetto allo scorso campionato. Non sembra essere più una valida riserva né per la Juve né tanto meno per la nazionale.

Chiellini – Il vero trascinatore della squadra. Suda, lotta, si spacca il naso e continua imperterrito. Fa il centrale difensivo, il terzino, il centravanti tutto contemporaneamente ed a volte anche esagerando. Se fa qualche errore è giustificato, mica può fare tutto da solo! Purtroppo s’infortuna alla vigilia della partita che vale la qualificazione in CL e ritroverà la squadra retrocessa in Europa.
E’ uno dei pilastri da cui deve partire la ricostruzione della squadra.

Ariaudo : non entra mai in campo, purtroppo. Probabilmente sarà dato in prestito già nei prossimi giorni. A meno che Ferrara non si convinca del fatto che Legrottaglie e Cannavaro stanno perdendo colpi.

Grosso - Il raccomandato da Lippi, è’ “il meno peggio” tra i terzini sinistri della squadra, ma non riesce a svolgere il compito che gli è stato chiesto. Forse è l’età che comincia a farsi sentire, ma non spinge più molto (o almeno non lo fa per tutti e 90 minuti, infatti fa bella figura quando entra a partita in corso) e due partite in una settimana non sembra più in grado di reggerle. Ho solo un dubbio, lo stesso che ho per Cannavaro!

Molinaro – Mi è molto simpatico, e sono felicissima che abbia superato il suo problema fisico. Sono convinta che sia un ragazzo che da l’anima e che metta sempre tutto il suo impegno, ma sono tre anni che penso che quello di calciatore non sia il mestiere per lui. Il “tacco” di Cagliari vale più di mille parole.

De Ceglie – C’è, non c’è, nessuno se ne accorge. Quando entra in genere lo fa a partita già delineata, e quasi sempre per cambiare il modulo fino a quel momento utilizzato, con la conseguenza di mettere in confusione anche il resto della squadra. E’ proprio vero che un giocatore non si può giudicare da una partita, io ho ancora negli occhi il De Ceglie della vittoria (4-2) con il milan dello scorso anno in cui fu devastante. Illusione?

Marchisio – Inizia bene e si guadagna anche la Nazionale. Poi l’infortunio al menisco lo blocca fino a fine novembre, rientra da titolare giusto per la “perla” contro l’inter. Anche lui si fa trascinare nelle ultime pessime prestazioni della squadra, ma è il presente ed il futuro.

Sissoko – Rientra direttamente a novembre e fin dalla sua prima partita si capisce che il centrocampo della Juve non può fare a meno di lui. In realtà la forma non è subito al top e commette anche i suoi soliti errori, e poi s’infortuna di nuovo. Sarà pronto giusto giusto per la partenza per la Coppa d’Africa!

Poulsen – D’accordo non è Platini, ma neppure Bonini, e la cosa triste è proprio constatare che per diverse partire è lui il migliore in campo !

Tiago - …veramente devo perdere tempo a dire ciò che penso di lui?

Melo – Finora ha alternato partite sufficienti ad altre irritanti, e comunque non ha mai particolarmente brillato. Nell’ultima partita addirittura crolla psicologicamente fin dal primo cenno di disapprovazione . Non è uno scarpone, è pur sempre titolare nella nazionale brasiliana, è che forse non gli è stato trovato il ruolo giusto. O forse semplicemente non era l’uomo che ci serviva. Comunque non ha ancora dimostrato di valere tutti i soldi spesi per acquistarlo.

Salihamidzic : si fa male alla prima di campionato, e rigioca l’ultima ora dell’anno. Segna, ma la sua grinta non è abbastanza per smuovere la squadra.

Camoranesi – Altalenante. Trascinatore e irritante. Camoranesi, insomma! Nel giro di pochi giorni riesce a dare il meglio (Atalanta) ed il peggio (Bordeaux) di sé.
L’infortunio subito contro il Bari ce lo renderà di nuovo arruolabile forse a primavera.
La sua assenza potrebbe comunque togliere dalle spine Ferrara, perché sembra improponibile la presenza in contemporanea di Mauro con Diego e DelPiero.

Diego – Lo sto ancora aspettando!

Giovinco – Anche lui ha un comportamento instabile. Alterna buone cose a momenti in cui sparisce. E – ma ovviamente non è colpa sua – quando sembra essere il giocatore più adatto alla partita, rimane in panchina.

Alex “rallenty” Del Piero – rientra solo a novembre e non in forma smagliante. E fino ad ora la sua presenza è stata assolutamente impalpabile. Noi ovviamente continuiamo ad aspettarlo (come sempre!) ma non dimentichiamo che ha 35 anni.

Amauri – Da segnalare l’exploit di ottobre in cui mette a segno 4 goal. Per il resto alterna prestazioni appena sufficienti ad altre indecenti. Forse è il continuo cambio di modulo a metterlo in difficoltà? O forse è troppo distratto dall’avere i capelli in ordine? Oppure dal pensiero della cittadinanza e quindi dalla possibile partenza per il Sudafrica? Ma se continua così (passaporto o no) Lippi non potrà proprio convocarlo.

Iaquinta – inizia bene l’anno, anche con diverse marcature, poi - quando sembra perdere qualche colpo – si infortuna. Al prossimo anno

Trezeguet – Nonostante la dirigenza avesse pensato di cederlo, nel suo ruolo è sempre il più forte. Non deve fare null’altro che rimanere in area e segnare. E lui lo fa. 8 gol in 16 presenze bastano?

Ferrara : Non ha ancora la più pallida idea - dopo quasi mezzo campionato! – di come far giocare la squadra. Al momento è sempre tutto tanto approssimativo, e non sembra sapere da dove cominciare per venire fuori da questo pantano. Come ho già detto in altri momenti il suo ingaggio è stata una scommessa. A mio giudizio – fino a questo momento – è persa!
Tutto è opinabile, ma io al suo posto mi sarei già dimesso.

Blanc e Secco : come detto sopra, per loro ci sarebbe bisogno di un discorso a parte. Forse il mio giudizio non è oggettivo, visto che li considero “poco simpatici” (per usare un eufemismo) ma se fosse per me non aspetterei la fine dell’anno, li boccerei fin d’ora.



Questo articolo è di Roberta. Tutti gli altri, li puoi trovare nella sua rubrica Una signora in bianconero

Nota del proprietario del blog:
Come avete potuto vedere, Roberta è rimasta con me. Anzi, con noi. Continuare a poter beneficiare del suo apporto, per il sottoscritto, era importante. Ho voluto dare un’impronta diversa a questo blog: non per questo devo rinunciare agli amici incontrati per strada. La ringrazio un’altra volta per aver accettato la mia proposta.

lunedì 21 dicembre 2009

Le ultime dal CDA della Juventus


Dopo 5 ore di Cda (...) è stato deciso di confermare Ferrara alla guida della Juventus.
Prossimo il rientro di Bettega, non come consulente ma come dirigente.
Il primo (vero) passo verso il (vero) futuro sembra vicino.

Oliviero Beha contro Blanc, Grande Stevens e Gabetti

domenica 20 dicembre 2009

Due video per il CDA della Juventus


Perché ancora i tifosi juventini non hanno ancora capito il “progettò”? Perché si lamentavano del comportamento della loro squadra del cuore prima della partita odierna contro il Catania anche se si trovavano ancora a 6 lunghezze dall’Inter capolista? E se la Juventus è uscita dalla Champions League con troppo anticipo, cosa importa? Un “progettò” ha i suoi tempi: calma sostenitori di calcio. Voi non capite…
E no! Siete voi che non capite! Non capite cos’è la Juventus, che cosa ha rappresentato (e rappresenta) per milioni di tifosi sparsi per il mondo intero.
Domani ci sarà il famoso CDA, l’ennesimo inutile incontro tra persone che col calcio non hanno dimestichezza. Ormai non sappiamo più cosa fare: ce la prendiamo con l’allenatore di turno, con giocatori, poi con i dirigenti, poi... Poi ti mettono di fronte un bilancio sano (perché, quello della Triade non lo era?); ti dicono che c’è stato uno tsunami come Calciopoli, e che riprendersi è stata dura (perché, non eravate pronti ad affrontarlo? Non ne sapevate nulla, voi?).

Ciao Valerio,
ti stavo cercando da parecchi giorni: via mail, via Facebook (faccia da libro, come lo chiamavi tu), via MSN. Cercavo di comunicarti qualche novità che riguardava la mia vita privata e – soprattutto – quella da blogger. Non ce la facevo più: dopo due anni tiratissimi, divisi tra lavoro, affetti e impegni personali, non avevo più tempo da dedicare al mio blog e a Juvenews.net. Avevo (e ho tuttora) bisogno di una pausa. Quando le cose le fai con amore, non ti spaventa nulla: vai avanti come una macchina. A volte, però, la benzina finisce, e al pit-stop “i meccanici” ti guardano sconsolati a braccia aperte. Avevo deciso di fermarmi, di scrivere saltuariamente e di chiederti una pausa. Sapevo che avresti capito: a volte, chi legge, non sempre ha la percezione della fatica che si accumula dietro le quinte. Non era sicuramente il tuo caso. Ti ho inviato alcuni messaggi, per i quali non ho più ricevuto risposte. Poi ho capito il perché.
Dopo la notizia sono andato subito a cercare, nel computer, la cronologia delle nostre chiacchierate notturne su Messenger: le ho salvate in formato word, per poi inviarle a tutti i miei indirizzi di posta. Ora sono sicuro che le potrò conservare per sempre.
Mi vedevi in linea ogni tanto, di sera, e mi scrivevi: “zebra, ci sei?”. Da lì cominciavano interminabili messaggi uno dietro l’altro, con un unico tema: la Juventus. Ci confrontavamo su tutto, ci prendevamo in giro, con ironia. Non appena mi infervoravo su qualcosa, mi “smontavi” subito. Era il tuo stile. Andavo a lavorare, il giorno dopo, con due meloni al posto degli occhi, a stento riuscivo a rimanere sveglio. Durante la giornata sorridevo mentre ripensavo a quello che ci eravamo scritti la sera (notte) precedente.
Quando riesco rileggo quei messaggi. Sapendo com’eri, mi avresti subito contraddetto: “bella faina, che sei. Ora che stai soffrendo, ti vuoi far del male da solo”? Beh, suvvia: non sarò un genio, ma non vedo perché avrei dovuto rinunciare a ricordare gli unici momenti che ho potuto passare accanto a te. Non avendoti mai potuto conoscere di persona, e non avendoti mai potuto dire il mio vero nome: Thomas. Quello con il quale mi firmerò d’ora in poi, nel nuovo blog e qui, nel tuo sito. Non me ne hai dato il tempo, sei andato via prima. A proposito, un avvertimento: quando ci incontreremo, un domani, non provare a venirmi incontro con un sorriso stampato sulle labbra. Sono incazzato come una iena con te: so che non è stata colpa tua, ma non si lasciano così tante persone che ti vogliono bene in questo modo.
Non credevi che fossi io l’autore dei miei articoli, ti piacevano i video storici della Juventus che inserivo alla fine di qualcuno di loro.”Noi siamo la Juventus”: da lì era nata l’idea per uno che creai tempo fa. L’orgoglio di essere juventini, di essere diversi dagli altri. Di avere costruito nel tempo uno stile inimitabile, che anche le scriteriate gestioni attuali non potranno mai cancellare. La consapevolezza inconscia del tifoso che è in noi che un domani quei momenti torneranno, la voglia di parlare del passato senza nostalgia, ma sempre – e solo – con orgoglio. Torneremo quelli di prima. Ne eravamo convinti entrambi, bisogna saper aspettare. Abituati ad avere un Agnelli alle spalle, questo martirio non eravamo pronti ad affrontarlo. Ma siamo (e rimaniamo) tifosi: l’amore non dovrà mai mancare. La rabbia non deve accecarci, ma trasformarsi sempre in “vero tifo”. Continueremo a scrivere: io qui, tu da lassù. Non ti preoccupare, non faremo confronti: tanto vinceresti. L’ho già scritto in passato: per quanto potrò migliorare, rimarrai il migliore. Continuerò a inserire gli articoli presi dal blog saltuariamente, sapendo che tanto ti arrabbierai. Volevi che li mettessi più spesso, ma mi impuntavo per farlo solo quando ero sicuro di avere qualche ora di tempo per seguire i commenti dei lettori, per condividere quello che scrivevo con loro, nel rispetto delle opinioni reciproche. E poi, perdonami, ma il gusto di farti incazzare… Mi vuoi togliere anche quello?
Torno a loro, a quelli che non ti hanno mai abbandonato, e darò – per quello che riuscirò – una mano agli altri redattori del sito. Orgoglioso di fare parte di questa squadra. Seguirò Alessio esattamente come facevo con te (quindi, lo farò arrabbiare…).
Ciao amico mio.

Domani, in quel CDA, spero arrivino le immagini che inserisco in questo articolo: ecco cos’è la Juventus. Non raccontateci “quella dell’uva”: a seconda dell’età, siamo cresciuti con Omar Sivori, con la Juventus italiana del Trap, con Platini, con Roberto Baggio, con Zidane, con quelle di Lippi e via dicendo. Guardate queste immagini. E fatevi da parte. C’è modo e modo di fare contestazioni: io scelgo quella “dei fatti”. Sono una goccia in un oceano, non provocherò nulla, ma almeno ci provo, usando una via alternativa. Noi eravamo questi. E questi vogliamo tornare a essere. Non ci parlate di un nuovo stadio meraviglioso, di bilanci, di accordi commerciali... Già in passato abbiamo trascorso momenti difficili: chi ha qualche annetto, lo sa benissimo. Ma sono stati superati. Noi non vogliamo vivere di ricordi. "Il popolo è sovrano". Appunto…

Basilea, 16 maggio 1984, finale Coppa delle Coppe: Juventus-Porto 2-1.
Un breve aiuto ai lettori che non hanno tempo di vederli in tutta la loro durata
1° video. 01:45, lancio di Platini per Gentile da far vedere a tutte le scuole di calcio; 03:40, goal di Vignola; 06: 33, goal di Sousa; 09:00, goal di Boniek.



2° video: 00:26, parata miracolosa di Tacconi; 02:25, bel contropiede di Paolo Rossi; 05:25, ancora Rossi, stavolta però si mangia un goal incredibile; 08:00 incontro finito, dopo le immagini della partita e premiazione.



Un abbraccio di cuore alla famiglia di Valerio (anche) da parte mia.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

Vendesi "progetto"


Requisiti: conoscere i fondamentali del gioco del pallone.
Basta quello.
Basterebbe, quello...

Per la Juventus l'ultima partita del 2009 e uno sguardo al futuro



Ancora l’Ajax sulla nostra strada europea. Non si parli di rivincite o di partita prestigiosa: non è la finale, ma sono i sedicesimi; non è la Champions League, ma si tratta della sorella minore Europa League; è una Juventus diversa, così come - fortuna vuole - anche i lancieri di Amsterdam non sono più quelli di una volta. Sono terminati i paracaduti da usare: se si esce da qui (eliminazione diretta con incontri di andata e ritorno) non si retrocede in nessun’altra competizione. Si esce soltanto.
Partito Huntelaar (ora al Milan dopo una parentesi al Real Madrid), la stella (nonché uomo più pericoloso) è tal Alberto Suarez (22), giovane uruguaiano alla corte del mister Martin Jol. Se ne riparlerà al momento opportuno: da qui al 18 febbraio (gara di andata), per i colori bianconeri molte cose potrebbero cambiare. Dal ritorno di qualche operato/infortunato (Buffon e Iaquinta su tutti), al rientro di qualche lungodegente (nella speranza che non se ne aggiungano altri, 36 è già un buon numero), a variazioni nell’assetto societario date come imminenti. Di giocatori nuovi, per ora, non se ne parla. Se non in uscita.
L’allenatore merita un discorso a parte: confermato con decisione così come accadde con Ranieri (i risultati si conoscono) in un momento delicatissimo, dovrà produrre risultati al più presto (nel 2009 rimane solo la partita col Catania, amichevoli a parte). Poi, quello che accadrà sopra la sua testa (proprietà, dirigenza) finirà per coinvolgerlo in prima persona solo in un secondo momento. Se ad al ritorno molto chiaccherato di Roberto Bettega (con quali vesti, se confermato dai fatti, lo si scoprirà a breve) se ne aggiungessero nel medio/lungo termine altri (Andrea Agnelli?), sarebbero troppi per non pensare ad un ribaltone societario vero e proprio. Che finirebbe, giocoforza, per rimettere in gioco alcune scelte estive. Un’ombra alle sue spalle, smentite a parte, si inizia ad intravedere.
Ferrara dice di non voler guardare la classifica (male); Sinisa Mihajlovic, allenatore dei siciliani, che pure la dovrebbe vedere (ultimi in solitudine a 9 punti) si preoccupa di un possibile atteggiamento benevolo dell’arbitro nei confronti della Vecchia Signora (malissimo). Storie vecchie, dal 2006 ad oggi molto (tutto) è cambiato: è protetto chi è temuto, è antipatico chi vince, fa paura chi è "cattivo" in campo. La Juventus, attualmente, è estranea a tutto ciò. Stìa tranquillo, Mihajlovic: quando giocava lui, la musica era diversa. Forse confonde i colori bianconeri con quelli nerazzurri.
"Un allenatore può perdere tante cose, tante partite ma non deve perdere mai la dignità. Per una persona intelligente mezza parola è sufficiente. Io ve ne ho date nove. Fate voi...". Parole e musica di Josè Mourinho. Destinatario, Carlo Ancelotti. Era 14 marzo scorso, e l’attuale tecnico del Chelsea (prossima avversaria dell’Inter in Champions League) si trovava ancora a Milano, sponda rossonera. Adesso che è andato a sedere sulla panchina che fu del portoghese, alla guida di una fuoriserie, aspetterà a braccia aperte il collega nerazzurro. Che, chiamato per sovvertire la tradizione che vede l’Inter uscire in netto anticipo rispetto alle fasi conclusive della massima competizione europea, per ora non ha prodotto i risultati sperati. L’ottavo di finale perso con il Manchester United nella scorsa stagione è andato a sommarsi agli altri ottavi contro Liverpool e Valencia (quest’ultimo col bonus di una rissa in eurovisione) nel 2008 e nel 2007, e con l’uscita ai quarti del 2006 (Villarreal) e del 2005 (Milan). Solo per fermarci agli ultimi anni, altrimenti bisognerebbe tornare indietro sino al 1965.
Il Milan ritroverà il Manchester United (stavolta non ci sarà Kakà, come nel 2007), la Fiorentina il Bayern Monaco (per i tedeschi ci sarà Ribery, ma non ci sarà una Juventus dimessa).
Alla Roma, per tornare in Europa League, toccherà il Panathinaikos. Avversari non di altissimo rango: ma la competizione è quella, e si tratta comunque dei sedicesimi di finale. Vincerla darebbe un po’ di prestigio, anche se ci si è arrivati scendendo dal treno più bello. Non arrivare sino in fondo, per la Juventus, rappresenterebbe l’ennesimo insuccesso di un progetto, che, ad ora, sembra soltanto uno schizzo mal riuscito. A meno che non ci si voglia far credere che gli inni delle due competizioni europee siano uguali.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

giovedì 17 dicembre 2009

Una Juventus divisa tra presente, futuro e... passato


Una settimana divisa tra presente (campionato, infortuni), futuro (Bettega, Marotta, Gasperini, Hiddink,…) e passato (sentenza sul processo con rito abbreviato per Giraudo). Dopo la sconfitta patita sabato sera a Bari, un’eventuale vittoria domenica prossima in casa col Catania lascerebbe la Juventus (almeno) a -6 dall’Inter. Non una distanza abissale: dopo aver perso gli ultimi due incontri su tre (entrambi in trasferta), si potrebbe parlare di un mezzo miracolo. Nella pratica, va considerato che gli unici tre punti sono arrivati proprio contro i nerazzurri in quel di Torino, e che la stessa Inter, nelle ultime due partite, si è fermata al pari di Bergamo con l’Atalanta. Un campionato al ralenty: la Champions toglie energie fisiche e nervose a tutte. Con Camoranesi fuori servizio a causa di una lesione muscolare (e con il procuratore che si scaglia contro l’operato dello staff medico bianconero), quest’anno il numero degli infortuni in casa bianconera (36) va di pari passo con i punti ottenuti dalla capolista Inter. Quelli accumulati in campionato dalla Juventus, invece, sono 30: sino a quando questo trend negativo non cambierà, difficilmente si riuscirà ad ottenere qualcosa di buono. Con il fisico i giocatori ci lavorano, e gli infortuni non toccano (e non potrebbe essere altrimenti) soltanto le cosiddette seconde linee…
Il Milan del rinnovato Gattuso (accordo fino al 2012, ingaggio ridotto e fine dei mal di pancia) incontra la Fiorentina, vale a dire l’unica squadra, tra le italiane, ad aver passato i gironcini di Champions League con il primo posto in tasca. Anche a Firenze hanno dovuto cedere il passo per qualche giornata: nelle ultime quattro, tre sono state le sconfitte ed una vittoria soltanto (2-0 in casa con l’Atalanta). E’ il solito discorso della "coperta corta": tiri da una parte, sei scoperto dall’altra. Il quarto posto in serie A è a una distanza ragionevole (4 punti dal Parma): chi non ha ambizioni di scudetto se lo può permettere. Alle altre (Juventus in primis) non è concesso. Con la necessità di dividere in maniera eguale le energie quando l’attuale struttura tecnica (a causa anche degli infortuni) non lo consente. La capolista Inter riceverà, nel posticipo serale, una Lazio in zona retrocessione: l’ideale per far tornare il buonumore a Mourinho.
Maurizio Zamparini, presidente del Palermo, ha voluto dire la sua su Ferrara: fosse stato al posto dei dirigenti bianconeri, l’avrebbe già esonerato. Niente di nuovo per chi, in poco più di vent’anni, ne ha mandati a casa 28… Avrà preso nota sul suo libro nero Ferrara, ormai attaccato e discusso da tutti. Le voci intorno a lui si moltiplicano: da Hiddink che sbarca a Milano domenica scorsa (ed evoca suggestioni di un imminente cambio della guardia a Torino), a Gasperini che viene accostato alla Juventus in compagnia di Marotta ("fantacalcio", il commento di quest’ultimo), a Roberto Mancini (che tifava bianconero fin da piccolo) sino ad arrivare all’unico che potrebbe veramente essergli di aiuto (Roberto Bettega).
In questo contesto, l’allenatore bianconero prepara l’ultimo incontro casalingo, con scelte a centrocampo quasi obbligate (fuori anche Poulsen per squalifica) e senza ancora quel regista di cui anche Luciano Moggi, nel giudicare l’acquisto di Felipe Melo, ne predica la necessità. Nelle scorse sessioni di mercato ci ha provato, la Juventus, ad acquistarne uno (Xabi Alonso, D’Agostino,…): poi, però, sono arrivati giocatori con altre caratteristiche (Poulsen e lo stesso centrocampista brasiliano), mentre chi già c’era è stato ceduto (Cristiano Zanetti). E se l’acquisto di un vero direttore d’orchestra in mezzo al campo contribuisse a migliorare sensibilmente le prestazioni di Felipe Melo e Diego?
Con una puntualità svizzera, dopo la sentenza di condanna a Giraudo, ecco la docu-fiction "Operazione off side", trasmessa in un canale scelto a caso (La7…). Cercando sull’enciclopedia Wikipedia il significato della parola "fiction" (il "docu" è di troppo), alle prime righe si può trovare questo risultato: "per fiction (termine inglese, letteralmente in italiano "finzione", dal latino fingere, "formare", "creare") si intende la narrazione di eventi immaginari, in netto contrasto con la narrazione di eventi reali". Mai definizione fu più appropriata al caso. Che piaccia oppure no (da una parte), la prima sentenza (negativa) è stata emessa; che piaccia o meno (da altre parti) non sarà l’ultima. Ed un altro processo (quello a Luciano Moggi, con rito ordinario) si sta celebrando. Per vedere poi, in futuro, chi veramente era in fuorigioco.


Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

martedì 15 dicembre 2009

Per sempre nei nostri cuori



Ricordando Ale e Ricky
Tre anni fa, il 15 dicembre 2006, la Juventus viveva uno dei momenti più tristi della propria storia: la scomparsa di Alessio Ferramosca e Riccardo Neri ha lasciato in tutti gli juventini un vuoto incolmabile. Da quel giorno, le famiglie dei due ragazzi, la Juventus, l’Atletico Mirafiori e il Castelfiorentino (le società dove erano cresciuti calcisticamente), non hanno mai smesso di ricordarli. In memoria di Alessio e Riccardo, infatti, in questi anni sono nati tre tornei riservati ai giovani, che si svolgono a Torino e a Castel Fiorentino. Inoltre, le famiglie hanno fondato l’associazione “Riccardo Neri & Alessio Ferramosca”, che attraverso l’organizzazione di eventi pubblici e raccolte di fondi sostiene molte iniziative di solidarietà.

L’ultimo appuntamento pubblico si è tenuto il 20 novembre, a Monteriggioni: una serata di beneficenza organizzata per raccogliere fondi destinati alle cure del piccolo Elia Lucchetti. La stessa finalità è alla base della serata in programma il 17 dicembre Palazzo dell'Arsenale, sede della Scuola di Applicazione, in via Arsenale 22 Torino, alla quale interverranno anche giocatori e dirigenti della Juventus. Un nuovo appuntamento che, oltre a fare del bene, permetterà di mantenere vivo il ricordo di Ale e Ricky e all’Associazione di perseguire il suo obiettivo, scritto a chiare lettere sul sito www.riccardoealessio.it: «fare in modo che della loro morte non rimanga solo una data da ricordare, ma un'emozione da portare sempre dentro al cuore e che, ogni giorno, ci possa trasmettere la passione per la vita e l'importanza di crederci e di provarci fino in fondo».

(Fonte: www.juventus.com)

Per sempre nel mio cuore

lunedì 14 dicembre 2009

Ecco cosa può comportare la sentenza di condanna a Giraudo



Ringrazio l'amico Antonio Corsa per avermi dato la possibilità di inserire il suo articolo nel blog

IL PROCESSO A GIRAUDO E QUELLO A MOGGI SONO COLLEGATI FRA LORO?
Si e no. Si, perchè evidentemente ad entrambi sono contestati gli stessi reati (associazione a delinquere e frode sportiva). No, perchè tecnicamente la condanna inflitta a Giraudo non ha alcuna influenza sull’andamento del processo di Moggi. Il motivo, approfondiremo in seguito, è che il processo di primo grado di Giraudo è stato celebrato con rito abbreviato, mentre Moggi ha scelto il rito ordinario.

CHE COSA E’ IL RITO ABBREVIATO E IN COSA SI DIFFERENZIA DAL RITO ORDINARIO?
Giraudo ha deciso di farsi processare sulla sola base delle prove “agli atti” (emersi cioè nella sola fase investigativa: intercettazioni, verbali dei Carabinieri), probabilmente non ritenendole sufficienti – a torto – a produrre un giudizio di condanna; il rito ordinario scelto da Luciano Moggi si basa invece sulle prove “formatesi in dibattimento” (e questo significa che, parlando in modo semplice, le stesse intercettazioni e gli stessi verbali redatti dai Carabinieri che sono stati sufficienti a condannare Giraudo sono stati invece discussi in tribunale, ascoltando i testimoni, contro-interrogandoli, facendo spesso emergere delle divergenze rispetto alla situazione emersa nella fase investigativa e segnando anzi spesso dei “punti a favore” proprio di Moggi). Come “premio” per la rinuncia ad un processo “completo”, Giraudo ha avuto da subito – come prevede la legge – il diritto di usufruire di uno sconto di 1/3 della (eventuale) pena. Un processo più rapido in cambio di uno sconto. Scelta rivelatasi probabilmente sbagliata.

IL RITO ABBREVIATO IMPLICA UNA MEZZA-CONFESSIONE DI COLPEVOLEZZA?
No.

PERCHE’ IL RITO ABBREVIATO HA FINITO PER DANNEGGIARE GIRAUDO?
Perchè Giraudo non ha potuto usufruire – a differenza di Moggi – di tutte quelle prove testimoniali discusse in dibattimento dinanzi al Presidente Casoria, e che hanno finito oggettivamente per far segnare un “gol” alla difesa più che all’attacco. Il riferimento è sia alla testimonianza di Rosario Coppola (che spiega come anche altre squadre – e l’Inter in particolare – parlassero con i designatori esercitando pressioni, il che “smonta” il concetto di “cupola”), sia a quella di Zdenek Zeman che parla del 3-3 tra Lecce e Parma come di un risultato maturato sul campo “perchè i giocatori erano già in vacanza con la testa” (niente “cupola”). Avete avuto modo di leggere diverse trascrizioni, e spesso è emerso come una cosa siano i verbali dei Carabinieri, e tutt’altra cosa è ciò che alla fine emerge dai contro-esami difensivi. Spesso sono emersi fatti nuovi, o diversi. E, per dirla alla Presidente Casoria, “vale quello che si dice in dibattimento”.

IN APPELLO CHE REGOLE VARRANNO PER GIRAUDO?
Le stesse scelte per il primo grado.

LA CONDANNA DI GIRAUDO IMPLICA QUELLA DI LUCIANO MOGGI?
No. Proprio per i motivi elencati finora. Per dirla con le parole dell’avv. Paco D’Onofrio, “Non c’è nulla che osti ad una conferma della condanna di Giraudo e di una assoluzione piena a carico di Moggi”. Sempre D’Onofrio ha aggiunto inoltre: “Se le prove testimoniali continueranno ad avere questa consistenza e questo andamento ritengo e mi auguro che probabilmente l’esito – anzi, ne sono certo perchè ho fiducia nel Collegio di Napoli – sarà sicuramente tecnicamente e positivamente condizionato da queste prove”. Le prove testimoniali potrebbero e dovrebbero perciò fare la differenza tra una sentenza, quella di Giraudo e – si spera – quella di Moggi. Il quadro è oggettivamente diverso. Se poi si considera il fatto che ad esempio Coppola e Zeman (per fare solo due nomi) fossero testimoni “chiamati dall’accusa”, e che ce ne saranno altri anche “chiamati dalla difesa”, appare evidente come il quadro finirà probabilmente per risultare molto diverso.

COSA SUCCEDE ORA IN AMBITO SPORTIVO? SI PUO’ ANCORA CHIEDERE LA REVISIONE DI CALCIOPOLI?
“Se ci fosse stata una sentenza di assoluzione piena nei confronti di Giraudo, la Juventus si sarebbe potuta attivare per chiedere in via di revisione la riapertura di Calciopoli limitatamente alla sanzione aggiuntiva della revoca dei due Scudetti intervenuta nel luglio del 2006. Giraudo è stato considerato in primo grado colpevole quindi non si può riaprire in questo momento in nessun modo, nemmeno parzialmente, il processo sportivo”. Così l’avv. Paco D’Onofrio, ospite della trasmissione "Stile Juventus" condotta da Nicola De Bonis


domenica 13 dicembre 2009

Non aspettiamo che la nave affondi del tutto

"E il progetto dov’è?". A cantarlo non sono i tifosi juventini accorsi sabato al San Nicola di Bari, ma quelli granata presenti all’Olimpico nell’incontro casalingo perso dal Torino contro il Sassuolo. Strano il destino delle due squadre: stessa idea societaria (un fantomatico "progetto", appunto), stessi risultati negativi. Anche se in categorie diverse. Ironia della sorte, dopo che la città piemontese è tornata agli antichi splendori attraverso l’organizzazione (ed i relativi finanziamenti) dell’Olimpiade invernale del 2006, la Juventus - che negli ultimi anni stava portando da sola in alto il nome di Torino nel panorama calcistico - è caduta in disgrazia. Calciopoli doveva rappresentare il colpo più tremendo che si potesse infierire alla sconfinata tifoseria bianconera: il peggio, però, sarebbe ancora dovuto arrivare. Era appena iniziata una lenta agonia. Se già era stato duro il primo "pugno allo stomaco" (il teatrino montato "ad hoc" tre anni fa), non si può non dire altrettanto del successivo "martirio sportivo" (quello patito dal giugno del 2006 ad oggi).
Buffon, operato al menisco (auguri di pronta guarigione), ha giocato a Bari la sua ultima partita di uno sciagurato 2009 pallonaro per la Juventus. Trezeguet, Poulsen, Caceres e, volendo, Almiron: tra le poche note positive in casa bianconera nell’anticipo serale, ci sono le prestazioni di questi giocatori. Due tra quelli che si è cercato di vendere in estate (l’attaccante francese ed il danese), uno in prestito (il difensore uruguaiano), un altro parcheggiato a Bari (Almiron). Proprio al centrocampista attualmente in biancorosso vanno i complimenti per il gesto successivo al goal contro la squadra che ne detiene tuttora il cartellino: nessuna esultanza ed un segno di scusa verso Ferrara.
Dal verde del laser che ha distratto Diego mentre si apprestava a sbagliare il rigore a quello di una speranza vana (e illusoria) di tenere il contatto con l’Inter che una settimana fa era più vicina. I punti recuperati allora dopo la sconfitta in trasferta in quel di Cagliari sono stati parzialmente persi nel giro di pochi giorni (6 invece di 5). L’unica vittoria, quella contro i nerazzurri, in un periodo condito da sole sconfitte e molti goals subiti. Ormai si è deciso di andare avanti con il "rombo" a centrocampo: il capitano non abbandona mai la nave che affonda. Se così sarà, Ferrara porterà con sè uno schema costruito ad hoc per una squadra con un regista a dirigere il gioco. Quello che manca, Cristiano Zanetti a parte, da quattro anni a questa parte.
Tutto quello che alle altre squadre, anche le più piccole e meno blasonate, viene naturale, alla Juventus non riesce in nessun modo: si corre tanto, ma male; non si produce con continuità, anche all’interno della stessa partita, un gioco. Più passa il tempo, più le stesse osservazioni si ripetono in serie, tanto da sembrare scolpite nella pietra. Nel passato si acquistavano i Torricelli, Di Livio e gli Antonio Conte affinchè potessero dare un certo tipo di apporto: la speranza, era quella che riuscissero a fare anche di più. Oggi si comperano i Tiago del momento, sperando possano contribuire ad elevare la qualità alla squadra: si finisce, poi, con lo sperare che semplicemente si mettano a correre e che diano, ogni tanto, segni di vita.
Nonostante il portafortuna Sneijder, l’Inter pareggia a Bergamo. Il "Mourinho furioso" (lite con un giornalista a fine incontro) non riesce di nuovo a vincere a Bergamo (lo scorso campionato, il 18 gennaio, fini 3-1 per i bergamaschi); il Milan non ne approfitta (sconfitta interna con il Palermo), così come la Fiorentina che lascia tre punti a Verona (1-2 con il Chievo). In pratica, hanno deluso tutte le squadre che hanno giocato in settimana gli ultimi incontri dei gironi di Champions League. Parziale consolazione, che non cambia, comunque, la sostanza dei problemi in casa Juventus.
"E il progetto dov’è?". Stesso stadio, altri protagonisti. Appuntamento a domenica prossima, contro il Catania. Quando dagli spalti dell’Olimpico i tifosi di bianconero vestiti intoneranno questo coro. Facile pensare che non sarà l’unico del genere. Avviso ai naviganti: uno dei pochi aspetti positivi di questo drammatico (sportivamente parlando) momento, potrebbe essere il ritorno del figliol prodigo Roberto Bettega nei piani alti della società. La (quasi) totalità dei tifosi lo desidera. Nel caso la speranza si dovesse tramutare in realtà, è ovvio che ciò dovrà accadere attraverso l’attribuzione di pieni poteri in ambito sportivo-decisionale. Altrimenti, si rimanga così come si è ora. Nell’attesa che la nave affondi del tutto.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com


sabato 12 dicembre 2009

La crisi, le critiche e l'ombra di Mancini. Ma oggi conta solo vincere


Il calendario potrebbe darci una mano: il Bari in trasferta, con una difesa tutta da inventare, e il Catania in casa - attualmente ultimo in classifica a pari demerito col Siena - non sono avversari impossibili da battere. E’ il momento nel quale li si affronta che è pessimo: fuori dalla Champions League già a dicembre (con il morale a pezzi), non rimane che l’Europa League, un campionato da trasformare da illusione in obiettivo e una coppa Italia che, da "fastidio" che è sempre stata, negli ultimi anni ha finito per acquisire prestigio. Purchè si riesca a vincere qualcosa, ora tutto andrebbe bene.
Sei punti da conquistare per accantonare momentaneamente le inevitabili polemiche di questi giorni, per arrivare alla "finestra" del calciomercato invernale con idee più chiare di quelle espresse in estate: non tutto è da buttare, la squadra era stata costruita per vincere; poco alla volta sono venuti fuori errori (anche - e soprattutto - di valutazione) cui occorre porre rimedio. L’ombra di Spalletti su Ferrara si è allontanata, finendo per svanire in Russia (Zenit San Pietroburgo); quella di Roberto Mancini, invece, si è appena materializzata: che siano soltanto voci o meno, i fatti lo potranno verificare. Al momento, il solo pensare a questa ipotesi sembra una pazzìa. Non tanto per il valore dell’ex-allenatore dell’Inter, quanto al contesto in cui si andrebbe a inserire: la sua scelta cosa rappresenterebbe, un altro "progetto"? Il quarto in neanche cinque anni? E se per caso l’operazione portasse ad effetti negativi, chi (e come, soprattutto) lo spiegherebbe ai 14 milioni di tifosi juventini? Se anche Ferrara dovesse fallire (visto che la dirigenza è intoccabile), arriverrebbe il momento di pensare semplicemente ad "un allenatore" di prestigio, in grado di guidare la Juventus, senza spaventarsi se dovesse chiedere l’acquisto di qualche giocatore in particolare. Al momento è giusto aiutare l’attuale mister: come fece, a suo tempo, un certo Boniperti con Trapattoni.
La Juventus che affronta il Bari stasera si presenta con una lunga lista di diffidati in odore di squalifica (quando tornerà, anche Sissoko sarà a rischio); mancherà, per lo stesso motivo, Felipe Melo. Tiago sembra favorito su Camoranesi: una squadra con - in contemporanea - il laterale di centrocampo, Diego e due punte, ha già dato segni di "squilibrio tattico". Senza lo stesso Sissoko, è dura provare strade alternative. A meno che non si sia estremamente convinti del contrario, attenzione a non commettere gli stessi errori del (recente) passato.
Il Milan "dei malumori" (alcuni senatori vorrebbero giocare di più, ma il tempo passa per tutti) e delle assenze importanti (soprattutto nel reparto arretrato) incontrerà domani, in casa, un Palermo al gran completo: per i siciliani, stesso stadio della gara contrò l’Inter (29 ottobre), stavolta non ci sarà più un Zenga nostalgico (verso i colori nerazzurri) a guidarlo. Non è da escludere un pareggio (viste le fatiche europee dei rossoneri). Per ora, complice il distacco dalla quarta, continuiamo a guardare davanti a noi. Gian Paolo Montali, ospite alla presentazione del libro "Totti. Vita, parole e imprese dell’ultimo gladiatore" (di Massimo Cecchini), prevede una Roma da scudetto entro due anni: non ha perso il vizio dei proclami imparato a Torino.
Mentre Ferrara prende appunti nel suo libro nero, la speranza è che stasera si possa semplicemente essere contenti di una vittoria della Juventus. Null’altro.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com




venerdì 11 dicembre 2009

giovedì 10 dicembre 2009

Ora "silenzio" e "lavoro"


Era iniziata come quel 2 novembre del 2005, quando Trezeguet fu autore di una splendida doppietta contro il Bayern Monaco, sempre in Champions League. Tra il primo e il secondo goal, ci fu "l’intrusione" di Deisler. Si giocava al "Delle Alpi"; in panchina, come allenatore, per i bianconeri, c’era Fabio Capello. Ibrahimovic (che ancora non ricordava di aver amato l’Inter da piccolo) faceva coppia in attacco con il francese che, per l’occasione, aveva raggiunto l’obiettivo delle 106 reti in maglia bianconera. Altri tempi. La Juventus non aveva un progetto in testa, ma soltanto un obiettivo: vincere. Era competitiva, senza bisogno di sbandierarlo ai quattro venti. Così come le trattative di mercato venivano svelate solo a "fatto compiuto". La dirigeva Luciano Moggi, acclamato da molti tifosi nell’incontro di martedì sera all’Olimpico; si stava tracciando una strada che Andrea Agnelli avrebbe dovuto intraprendere per impossessarsi a pieno titolo della società. Un’altra persona inneggiata dai tifosi l’altro ieri. La Juventus era antipatica, stava costruendo uno squadrone destinato a durare nel tempo, con la sola accortezza di dover apporre qualche piccola correzione. Ogni tanto. Trezeguet, operato un po’ ovunque, ha continuato a segnare: ora ha superato anche Omar Sivori. La Juventus, terminata quella stagione, ha smesso di essere "la Juventus".
Nella serata di martedì mancavano, principalmente, Chiellini e Sissoko. Ma anche dall’altra parte le assenze non erano cosa da poco. Si è puntato decisi sul "rombo": i centrocampisti di copertura per applicarlo c’erano. Salvo poi presentare una squadra che vedeva in campo, in contemporanea, Camoranesi, Diego, Trezeguet e Del Piero. Poulsen, criticato lo scorso anno per le prestazioni infelici, ora che riesce a dare un po’ di equilibrio viene lasciato ai margini. Certo, pur non essendo un fuoriclasse, Cristiano Zanetti era altra cosa. Le plusvalenze, però, fanno gola a tutti. Il goal-gioiello di Trezeguet non è bastato a vincere (come fu per quello di Marchisio contro l’Inter sabato scorso): ma neanche a pareggiare. I muscoli, in Europa, non bastano: ci vuole anche il gioco. La rabbia non serve: ci vuole la qualità. Quella che Diego non riesce ad apportare, così come Felipe Melo da trascinatore sta diventando un problema. Si seguano i consigli di Prandelli, nel merito: non c’è nulla di male. Anche lui sbagliava col brasiliano: ma dagli errori si impara.
Ora che i problemi aumentano, di pari passo con le delusioni, più che il parallelismo con la Juventus del passato, quella vincente, lo si fa con quella di Ranieri, nella stagione (la scorsa) che portò al suo esonero. Si riuscì a passare il gironcino di Champions League, allora, grazie ad uno splendido Del Piero. Ora, che non c’è più neanche Nedved, con la complicazione degli infortuni vengono a mancare spesso punti di riferimento importanti. Lo stesso Buffon sta rimandando oltre misura l’operazione al menisco.
Non ci sarà più la "musichetta" della Champions League, ma l’inno dell’Europa League. Si ripartirà sabato da Bari in campionato, tirando un sospiro di sollievo nello scoprire che qualche forfait l’hanno anche loro (ormai ci si attacca a tutto). Si dovrà cercare, per l’ennesima volta, quell’equilibrio tra i reparti che si è visto in rarissime occasioni, la cui assenza ha permesso a Bordeaux, Cagliari e Bayern Monaco, negli ultimi incontri, di vincere sul piano del gioco prima ancora che su quello del risultato. Si cercherà di continuare a "creare" un gioco, visto che quello non c’è mai stato. Si dovrà fare in modo di far fruttare degli investimenti onerosi (Diego e Felipe Melo) a fronte di futuri ancora da programmare, visto che gli introiti superiori della massima competizione europea verranno a mancare. Si dovrà cercare di puntare veramente sui giovani, creando un "collante" tra la prima squadra e la "Primavera" che ora manca: di Marchisio ce n’è uno, ma pensare che tra tutti gli altri (anche quelli ceduti temporaneamente ad altre società) non ce ne possa essere uno soltanto arruolabile, sembra strano.
Si dovrà tornare ad essere "la Juventus". Ma questa è la cosa più difficile. Sino a quando qualcuno non si accorgerà che non sono i tifosi a non capire i loro progetti; sono i loro progetti che semplicemente non esistono. Silenzio e lavoro: per più di cent’anni è stato così. Quando eravamo antipatici e vincenti. Altri tempi.


Articolo pubblicato su Tutto Juve.com



lunedì 7 dicembre 2009

Finalmente Juventus-Bayern Monaco


Nel big match di sabato sera, in una partita maschia, litigiosa e muscolare, il goal-gioiello di Marchisio ha nobilitato lo scontro tra le acerrime rivali del campionato di serie A. Il Milan che ha strapazzato la Sampdoria (involontaria sparring partner delle migliori partite, ad oggi, della Juventus, del Genoa e degli stessi rossoneri) si propone come alternativa ad un duello, quello tra i nerazzurri e i bianconeri, che sembra essere in grado di vivacizzare i prossimi mesi calcistici della nostra penisola pallonara. Nella speranza che non ci si ritrovi, in casa Juventus, tra qualche domenica, a dover vivere una situazione simile a quella della scorsa settimana (-8 dall’Inter).

Saccani, come predetto da molti (tranne Collina), si è dimostrato il migliore tra i peggiori arbitri cui era possibile affidare un incontro tanto delicato, sia per le implicazioni che la partita offriva da tre anni (e non solo) a questa parte, che per i suoi trascorsi poco fortunati allorquando dirige i bianconeri. Non è mancato quasi nulla, nel match di sabato sera. Il "quasi" è legato alla qualità del gioco di entrambe le squadre: latitava prima, latita ancora. Se la Juventus aveva, dalla sua, la giustificante di una situazione (sportivamente parlando) drammatica dalla quale dover uscire fuori, dall’Inter di Mourinho tutti (a cominciare da Moratti) si aspettavano di più. La partita è stata persa proprio nelle motivazioni: enormi quelle dei bianconeri, minori quelle dei nerazzurri. La convinzione "di essere comunque primi dopo la gara" espressa dal tecnico portoghese, si è rivelata un boomerang: senza il coltello tra i denti, incontri come questi si perdono. A meno che un colpo di classe di un campione non aiuti a uscire fuori dall’empasse. E’ stato così per il goal di Marchisio: il fatto che si tratti di un giocatore col bianconero nel cuore, nato e cresciuto calcisticamente nella casa madre, ha dato un tocco di poeticità al verdetto finale. Ci sono stati progressi (ottimo Caceres) e regressi (Julio Cesar un po’ insicuro: periodo negativo o stesso percorso di Dida?) da una parte e dall’altra. Centrocampo a "rombo" o a "trapezio"? Di tutto, di più. Si inizia col rombo, per passare - durante l’incontro - al trapezio (con l’ingresso di Camoranesi) e terminare col 4-4-2 (ingresso di Poulsen). Questo, mentre Mourinho (ottima padronanza dei nervi) aggiungeva attaccanti su attaccanti, per concludere con un 4-2-4 dopo l’intermezzo del 4-3-3.

Adesso arriva, finalmente, l’incontro con il Bayern Monaco: col pareggio o - naturalmente - la vittoria, si passa agli ottavi. Affrontando la partita con una mentalità attendista, dovuta - eventualmente - alla consapevolezza di avere a disposizione due risultati su tre, il rischio di perdere è molto alto (e di questo Ferrara ne è consapevole). Ultime notizie: non sarà della partita Chiellini; giocherà Legrottaglie al fianco di uno spento (negli ultimi incontri) Cannavaro; Ribery escluso dall’undici iniziale per i tedeschi.

Da sabato (col Bari) inizierà a mancare anche Buffon (a meno che non si fermi già domani per i noti problemi), oltre allo squalificato Felipe Melo (espulsione con i nerazzurri). Partita fondamentale per il prosieguo del campionato, e per l’acquisizione di un’autostima generale che ancora manca. L’impegno e la determinazione mostrati sabato sera non devono essere fini a se stessi: d’ora in poi dovrà essere sempre così. La politica dell’importante sono solo i 3 punti, non può reggere all’infinito: bisogna trovare un gioco a questa squadra, rendendo più partecipe alla manovra Diego (che dovrà metterci del suo), non lasciando isolate le punte e creando un equilibrio generale che possa non essere stravolto anche in assenza di qualche elemento cardine. Con la contemporanea presenza di Marchisio e Sissoko, la nuova (bella) scoperta di Caceres e l’entusiasmo di qualche risultato positivo, la speranza è che, poco alla volta, si inizino a raggiungere risultati anche in tal senso.

La rissa finale che si è scatenata sabato sera, con la testata non vista di Chivu a Sissoko e l’incontro ravvicinato (per malumori lontani nel tempo) tra Buffon e Thiago Motta, hanno rappresentato alcuni dei diversi episodi di un fine settimana di ordinaria follìa calcistica. Le liti tra Panucci e Preziosi, Panucci e Gasperini, Preziosi e Ghirardi; il fair play di Ascoli inviso ai suoi stessi tifosi; i petardi del derby romano, gli ululati razzisti a Juan (Roma) e Diakite (Lazio)… Nel minestrone c’è di tutto. Come condimento finale, un’ultima considerazione: dopo che De Laurentiis aveva pubblicamente "annusato" aria di una nuova Calciopoli, nel Bari che ha giocato al San Paolo contro il Napoli sono stati espulsi (forse un po’ fiscalmente?) due giocatori (Parisi e Ranocchia). I biancorossi, sabato sera affronteranno la Juventus, senza - ovviamente - i due difensori: ancora colpa di Moggi?

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com