giovedì 20 febbraio 2014

Juve, prima vittoria in Europa League


Dispiaciuto per aver assistito ai recenti botta e risposta tra Conte e Capello, nelle ore che hanno preceduto l'esordio stagionale in Europa League della Juventus Arrigo Sacchi aveva elogiato apertamente l'attuale tecnico bianconero: “Credo che la Juve di Conte sia la più bella che io mi ricordi. Anche più di quella di Lippi: è molto più armoniosa, è una squadra che conosce tutto. La vedi e sembra che il calcio sia la cosa più semplice al mondo”.

Sfortunatamente le belle parole spese dall'ex allenatore di Fusignano sono capitate proprio a ridosso di una gara, quella tra la Vecchia Signora ed il Trabzonspor, che ha certificato nuovamente le difficoltà che Madama incontra nelle competizione europee alle quali partecipa regolarmente in questi ultimi anni. Nonostante la vittoria per 2-0. Bella in Italia e bruttina in Europa, verrebbe da dire.

Riepilogando: dal 19 settembre 2012, giorno del ritorno della Juventus in Champions League (in casa del Chelsea, allo Stamford Bridge) ed escludendo la partita appena giocata contro i turchi, i bianconeri hanno disputato sedici gare, vincendo e pareggiando per sei volte, per perdere le restanti quattro. Non si tratta di un cammino da grande squadra, quanto – piuttosto – di un percorso incerto, compiuto a fatica da parte di un club che cerca di tornare nell'élite del calcio che conta.

Per provare a vincere lo scudetto e l'Europa League da giorni Conte sostiene di aver necessità di poter pescare a piene mani dall'intera rosa a sua disposizione. A questo proposito ha poi stoppato immediatamente qualsiasi tipo di commento ironico nel merito: “Qualcuno storcerà il naso vedendo certe formazioni, ma che se lo raddrizzi subito...”. Con tutto il dovuto rispetto, quando sulle fasce laterali vengono a mancare i titolari la differenza con gli assenti si vede ad occhio nudo.

E' una questione di uomini, sì, e forse pure di tattica. Sicuramente di mentalità vincente. Quella che Ferguson, ad esempio, inculcò al suo Manchester United chiedendo ai giocatori di guardare e imparare dalla Juventus di Marcello Lippi. Quella squadra che, tra le varie imprese che portò a termine, fu anche in grado di vincere per 6-1 a casa del Milan nel lontano 6 aprile del 1997. Sacchi dovrebbe ricordare bene quella gara, visto che era seduto sulla panchina dei rossoneri...

Articolo pubblicato su

martedì 11 febbraio 2014

Fabio Capello e i castighi di Conte alla Signora


Fabio Capello non ha mai avuto particolari difficoltà, lungo tutto l'arco della propria carriera (sia da calciatore che da allenatore), nel dire quello che pensa. Una delle ultime stoccate dialettiche l'ha riservata ad Antonio Conte, reo di  aver castigato i giocatori della Juventus dopo il pareggio ottenuto a Verona invece di ragionare e cercare con loro la giusta soluzione per evitare quei pericolosi cali di tensioni che saltuariamente fanno capolino sulle teste dei bianconeri.

A questo proposito giova ricordare che in campionato Madama ha totalizzato la bellezza di sessanta punti sui sessantanove disponibili ad oggi. Senza voler difendere a tutti i costi chi non ha protetto adeguatamente Buffon, la critica – corretta e costruttiva – non dovrebbe comunque cancellare con un solo colpo di spugna quanto di buono è stato realizzato dalla Vecchia Signora in questi mesi. Il concetto, però, vale anche per Conte: se è vero, come è vero, che i meriti dell'allenatore nella resurrezione della Juventus sono innegabili, non è peccato riconoscere qualche piccolo errore di valutazione compiuto dal tecnico in alcune occasioni. Succede, nessuno è perfetto.

Fabio Capello alla guida della Vecchia Signora era stata l'ultima volontà di Umberto Agnelli, il padre dell'attuale presidente juventino. Lo scoppio di Calciopoli aveva interrotto il rapporto tra il tecnico di origine friulana ed il club torinese nell'ormai lontano 2006. In quel momento Madama stava celebrando il suo secondo scudetto consecutivo, lo stesso filotto conseguito da Conte. Che adesso punta diritto con i suoi uomini al terzo tricolore in altrettanti campionati disputati da mister bianconero.

Appena arrivato a Torino, Capello aveva ricevuto in dono dalla Triade una spina dorsale completamente nuova per la sua Signora: Cannavaro, Emerson e Ibrahimovic. Ed era riuscito a tenersi stretto quel Trezeguet, elemento perfetto da affiancare in attacco al gigante svedese. Anche se, a distanza di anni, si era poi lamentato di alcuni atteggiamenti del francese: “L'unico giocatore che io abbia visto piangere per una puntura nel sedere”.

Il 30 dicembre del 2012 Capello aveva pizzicato la Juventus attuale, confrontandola con quella guidata da lui anni prima: “Stiamo parlando di due Juventus diverse in due periodi diversi. Questa Juve sta facendo benissimo, bisogna farle i complimenti anche se non ha competitors. Ai miei tempi c’erano avversarie come Milan, Inter e Roma, oggi le milanesi hanno lasciato andare tanti giocatori importanti. C’è la Roma, però”.

La risposta di Conte non tardò ad arrivare: “La formazione di Capello era stratosferica, forse la più forte Juve di tutti i tempi. Aveva nove giocatori nella finale dei Mondiali, due Palloni d’oro, e in panchina gente come Del Piero e Mutu. Però, nonostante tutto, in Champions ha fatto davvero poco perché i grandi giocatori da soli non bastano: servono anche organizzazione di gioco e mentalità vincente”.

A distanza di quasi un anno, il 4 novembre 2013,Capello aveva iniziato a correggere il tiro: “Conte ha lavorato in maniera straordinaria, ma bisogna dire anche che, in Italia, la Juve è la società che ha speso di più. Come la Roma. Ha fatto più attenzione il Napoli, in sede di calciomercato. Io sono convinto che la Juve farà bene anche in Champions. Ha preso un giocatore come Tévez che può fare la differenza. Questa Juve forse ha più fame e maggiore aggressività della mia”.

Bastava aspettare ancora qualche giorno, e arrivare ad un anno esatto dalla prima dichiarazione nel merito, per osservare la “conversione” totale dell'attuale ct della Russia: “Le statistiche hanno sempre ragione, e se dicono che la Juventus di Conte è meglio della mia, allora è così. Non c’è altro da dire: i record ci sono per essere battuti e i numeri parlano chiaro”.

Forse, tra qualche tempo, scopriremo che il metodo usato da Conte verso i suoi giocatori non è stato poi così sbagliato...

Articolo pubblicato su

martedì 4 febbraio 2014

Osvaldo e la bombetta bianconera


Uno degli aspetti più curiosi relativamente a quanto accaduto nel corso dell'ultima gara casalinga della Juventus è che due mancati protagonisti dell'incontro tra i bianconeri e l'Inter, vale a dire Osvaldo ed Hernanes, sono stati tra gli obiettivi preferiti dei cameraman presenti allo stadio. Entrambi, in contesti diversi, nei prossimi mesi potranno aggiungere qualcosa al rendimento delle rispettive squadre.

Al centrocampista brasiliano, soprannominato il Profeta, serverà un aiuto divino per far decollare il gioco dei nerazzurri. Visto che la sessione invernale del calciomercato è ormai conclusa e che Thohir – almeno per un po' – non potrà acquistare altri giocatori, sulle spalle di Hernanes adesso pesa una responsabilità non indifferente. Ha lasciato la Lazio tra le lacrime, ora deve cercare di far ritrovare il sorriso ad un ambiente dove i problemi non mancano di certo.

Osvaldo, dal canto suo, cercherà di aggiungere altri goals ad una formazione che già adesso conta il miglior attacco del campionato. E' atterrato a Torino indossando una bombetta sulla testa, con un look molto simile a quello scelto da Johnny Depp, il famoso attore americano. A questo proposito calzano a pennello le impressioni rilasciate da Giancarlo Marocchi, un ex di Madama, nel corso della trasmissione serale “Stop & gol” in onda la scorsa domenica sull'emittente televisiva “Cielo”: “Osvaldo e la sua bombetta? L'avesse visto l'Avvocato Agnelli avrebbe sorriso, preparandogli una delle sue classiche battute che sarebbero poi rimaste impresse nella storia. Nel caso in cui il rendimento in campo non fosse stato all'altezza della situazione, però, sarebbe andato a lamentarsi con i dirigenti. Boniperti? No, no, altro che sorrisi... A vederlo conciato in quel modo sarebbe svenuto...”.

Per poi rialzarsi e riprendere il mano il timone, come era sempre stato solito fare. D'altronde Boniperti non aveva cambiato metodi e idee neanche davanti ad un certo Michel Platini, da lui accolto sotto la Mole con poche, semplici parole: "Capelli lunghi, eh?". Il francese, un uomo al quale la personalità non fa certo difetto,  aveva risposto a tono: "Sì, ma non mi cadono". Al solito l'ultima parola era spettata al più alto in grado: "Una testa senza capelli è più leggera anche per il calcio. E' giusto presentarsi in pubblico con un aspetto decente”.

Aneddoti e curiosità che, con ogni probabilità, Osvaldo ancora non conosce. Imparerà a farlo presto, anche nel suo interesse, visto e considerato che i mondiali brasiliani si avvicinano e quella bianconera è tanto una vetrina importante quanto un'opportunità da non lasciarsi sfuggire. Il taglio dell'ingaggio accettato pur di andare a Torino con ogni probabilità avrebbe fatto felice Boniperti quanto una visita dal parrucchiere. Al resto, poi, penserà Conte. Sempre Marocchi, con il tecnico bianconero presente nella pancia dello “Juventus Stadium” ed in ascolto grazie all'ausilio di un auricolare, aveva chiuso il cerchio con un monito verso il neo arrivato: “Potrà vestirsi come gli pare e piace, ma a Vinovo farà tutto quello che gli chiederà il suo allenatore”.

La concorrenza, in casa juventina, è avvisata. Ma non solo quella. Anche le avversarie dovranno prestare attenzione: nel contesto di una rosa difficile da rinforzare in un momento così particolare, il duo Marotta-Paratici ha innestato un giocatore potenzialmente in grado di aumentare il livello di pericolosità della Vecchia Signora. E non di poco. Una prospettiva diversa rispetto a quanto effettivamente messo in mostra dall'ultimo giocatore che ha indossato la stessa maglia scelta dall'attaccante, la numero 18: Nicolas Anelka...

Articolo pubblicato su