sabato 30 giugno 2012

Euro 2012: Provaci ancora, Mario


Joachim Löw, commissario tecnico della nazionale tedesca, stavolta ci credeva veramente: "Vogliamo cambiare il corso della storia, ma tutto quello che è accaduto in passato non inciderà sulla partita di domani". Poi, però, il campo ha continuato a scrivere una storia letta e riletta nel corso degli anni: vince l'Italia, la Germania torna a casa con la stessa sensazione di impotenza che l'ha accompagnata più volte in passato.

Eppure il tappeto rosso che avrebbe dovuto condurla in finale (contro le Furie Rosse) era già steso sulla strada che porta a Kiev: due giorni in più di riposo rispetto agli uomini di Prandelli (stanchi per aver piegato ai rigori l'Inghilterra), qualche problema muscolare per diversi azzurri, l'entusiasmo di un gruppo prossimo alla sua consacrazione definitiva, quindici successi consecutivi, la consapevolezza di essere considerati - al pari della stessa Spagna - la più bella del reame.

I loro guai, al solito, iniziano quando dal tunnel che porta al campo da gioco sbucano fuori gli italiani. Mondiali o Europei non fa differenza, anche se analizzando tutti gli scontri diretti ci si può facilmente accorgere come i più celebrati non sono stati giocati durante la manifestazione continentale (in Messico nel 1970, in Spagna nel 1982 e in Germania nel 2006).

Varsavia, quindi, è diventato un nuovo, importante capitolo della storia che intreccia le sorti di due tra le nazioni più importanti del pianeta calcio. "La Germania è molto forte, ma nessuno è invincibile. L’Italia non ha il ’braccino corto', cresce e giocherà con coraggio per attaccare", sosteneva Prandelli prima del match. Mario Balotelli sembra aver preso alla lettera le parole del suo allenatore: dal ragazzo che si addormenta di fronte a Casillas nel primo incontro di questo Europeo a quello che impalla con due reti (una più bella dell'altra) il tedesco Neuer c'è una differenza abissale.

Anche in questo caso il commissario tecnico, a suo tempo, era stato profetico: "Mi ha spiegato cosa è successo con la Spagna. Stava cercando il modo per servire Cassano davanti alla porta e non si è accorto del recupero di Sergio Ramos. Sono sicuro che l’episodio non lo condizionerà: dopo un errore un grande giocatore si prepara perché l’occasione si ripeta e non la sbagli più".

Adesso, quindi, sotto con i detentori del titolo. L'Italia finirà questo Europeo affrontando la stessa avversaria con la quale lo aveva inaugurato. Nel ruolo di sfavorita (quello che più le si addice), con un giorno in meno per recuperare le energie (gli spagnoli, però, in semifinale ne hanno spese parecchie), al termine di un percorso dove i problemi e le polemiche non sono certo mancate.

Sulla fascia sinistra è partita con il "piccolo" Giaccherini (nel 3-5-2) per arrivare al "gigante" Chiellini (4-4-2), con lo spostamento di Balzaretti sulla corsia opposta (in mancanza di Abate). A proposito del biondo fluidificante del Palermo: è vero che sono trascorsi diversi anni, però senza Calciopoli e il conseguente arrivo a Torino di Jean Claude Blanc sarebbe stato difficile immaginare una sua cessione a cuor leggero da parte della Juventus. Contro i tedeschi era l'unico difensore non bianconero schierato a protezione di Buffon.

De Rossi (avanzato sulla linea mediana, complice il rientro di Barzagli) e Montolivo hanno portato peso e dinamicità ad un centrocampo che a Kiev dovrà vedersela con l'ormai nota serie infinita di "tiqui-taca" degli spagnoli. A Danzica (10 giugno) gli azzurri avevano resistito bene all'urto contro i campioni in carica, commettendo un grave errore nel dilapidare il vantaggio per 1-0 (Di Natale) in soli tre minuti. Uno di quelli, per intenderci, che fanno tanto arrabbiare Buffon, visto scurissimo in volto all'uscita dal campo dopo la partita contro la Germania: "Non si può tenere in vita così l'avversario, ecco perché ero furibondo".

Balotelli, tra i peggiori all'esordio, dimostra di avere le idee chiare in previsione della prossima gara: "Spero di vincere, non importa se gioco male". A quello, in fondo, penseranno i vari Pirlo e Iniesta. Gli spagnoli, dal canto loro, proveranno a battere gli azzurri per la prima volta nella loro storia senza usare la scorciatoia dei calci di rigori.

In chiusura è corretto riconoscere la bontà delle previsioni di José Mourinho in merito al cammino della nazionale di Prandelli ("In questo Europeo l'Italia può arrivare molto lontano").
Nel momento in cui pronunciò quelle parole, oltretutto, il carro degli azzurri era ancora vuoto.
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martedì 26 giugno 2012

Intervista a Nicola Calzaretta

Nicola Calzaretta, avvocato, giornalista e scrittore, ha all’attivo importanti collaborazioni in ambito calcistico con il “Guerin Sportivo”, “Hurrà Juventus”, “Juventus Channel”, “Sky”, “La Gazzetta dello Sport”, “Tuttosport”, “La Nazione”. Sono sue le opere letterarie “C’era una svolta”, “Ridicolocalcio”, “Polvere di stelle”, “Secondo... me”, “Tutti gli uomini che hanno fatto grande la Juventus F.C.”.

Tifoso juventino, ha accettato di sottoporsi a qualche domanda in libertà sul mondo del pallone (non solo bianconero) per “Pagina”

La Juventus vince lo scudetto in Italia, il Chelsea trionfa in Champions League: quali tra queste due sorprese stagionali, maturate a dispetto dei pronostici, ti ha colpito maggiormente?

Dico Juventus perché ha dominato per l’intera stagione, proponendo un calcio brillante e spettacolare. Quella della squadra bianconera è stata una vittoria costruita passo dopo passo, con costanza e determinazione. Infine, come giustamente ha ricordato Antonio Conte durante il campionato, non dimentichiamoci che la Juve veniva da due settimi posti. Adesso c’è una squadra che ha riscoperto la juventinità e che vuole fare sempre la partita. Non è poco.

Adesso che si è concluso lo straordinario ciclo di Guardiola al Barcellona, aprendo l'album della storia del calcio in quale posizione collocheresti la sua squadra tipo? E' stata - a tuo modo di vedere - la formazione più forte di tutti i tempi?

Difficile dirlo. Queste operazioni comparative sono sempre molto complicate. Direi che il Barcellona di Guardiola va in una ristretta elite, dopo potrebbero esserci l’Ajax di Cruyff, il Bayern Monaco anni Settanta, il Real Madrid di Gento, Puskas e Di Stefano, la Juve dei sei mundial più Platini e Boniek, la Grande Inter e il Milan di Sacchi; l’Honved Budapest e il Liverpool di Keegan.

Dopo Edoardo, Gianni e Umberto Agnelli, nel maggio del 2010 è arrivata anche l'ora di Andrea, l'attuale Presidente. Avresti immaginato di dover attendere soltanto due anni dal suo insediamento per rivedere la Juventus vincere qualcosa di importante?

Credevo che occorresse più tempo, soprattutto dopo l’infelice esito della stagione 2010-11, che pure aveva visto l’arrivo di Giuseppe Marotta. Ho pensato che, se neanche con il migliore dirigente sportivo eravamo stati capaci di compiere un salto di qualità, probabilmente sarebbe stato necessario ancora più tempo. Ben felice di essere stato smentito.

A proposito dello scudetto di Madama: è il numero 28 oppure il 30? Quante stelle metteresti sulla sua maglietta nella prossima stagione?

La società pare abbia trovato una soluzione con la presentazione della nuova maglia away (tra parentesi, bellissima). Io dico 28 + 2 ben traducibile con lo slogan “30 sul campo” che è poi la verità.

Se ti fossi trovato al posto di Andrea Agnelli avresti prolungato di un ulteriore anno il contratto ad Alessandro Del Piero? Ma non era già chiaro dallo scorso 5 maggio 2011 che questa sarebbe stata la sua ultima stagione in bianconero?

Mi pare, infatti, che tutto fosse ormai deciso. Certo, l’atteggiamento del capitano durante tutta la stagione (più che le emozionanti e significative manifestazioni d’affetto del popolo bianconero) forse avrebbe meritato una maggiore ponderazione da parte della proprietà, anche ai fini della prossima partecipazione alla Champions League. L’idea di un Del Piero stile Altafini mi affascinava. Ma non so quanto Del Piero si senta un giocatore part-time. Comunque onore a uno sportivo che ha dato moltissimo alla Juve e al calcio nazionale. E grazie da tutti noi bianconeri.

Considerando i campionati di serie A successivi all’edizione 1929/30 (il primo a girone unico), ed escludendo l’anno appena concluso, la Juventus non aveva mai completato un torneo da imbattuta. Nelle stagioni 1977/78 e nel 2005/06, viceversa, le capitò di terminare la manifestazione con una sola sconfitta. Tra la squadra di Conte e le altre due appena citate, a quale sei rimasto maggiormente affezionato?

Per ragioni anagrafiche (sono del 1969) a quella del '78. E’ stata la mia Juve da bambino, quella delle figurine e dei primi gol a colori. La Juvenazionale del Trap e di Boniperti, con nove undicesimi presenti ad Argentina ’78. Una squadra formidabile, l’ultima tutta italiana.

Romeo Benetti, Edgar Davids e Andrea Pirlo: nei loro trascorsi da calciatore sono stati involontari protagonisti di “rumorosi” trasferimenti dal Milan alla Juventus, dove poi hanno collezionato trionfi. Quale delle tre cessioni può essere considerato l’errore più grande compiuto dai rossoneri?

Pirlo in assoluto. Per la qualità che ha portato e per la mentalità vincente che ha infuso alla squadra. Davids e Benetti sono stati due guerrieri, roccioso il primo, arrembante il secondo, ma si sono inseriti su telai bianconeri già collaudati e vincenti rispetto a quello trovato da Pirlo. In ogni caso, grazie Milan!!

Nella tua opera “Tutti gli uomini che hanno fatto grande la Juventus F. C.” hai raccontato le figure di 100 persone che, a tuo modo di vedere, hanno contribuito a scrivere le pagine più belle della storia bianconera. Dovessi sceglierne una soltanto, quale nome faresti?
Te ne faccio due. Giampiero Boniperti per la sua doppia vita in bianconero, giocatore e dirigente vincente e capace, vero depositario dello stile Juve. E poi Gaetano Scirea per tutto quello che è stato e per quello che avrebbe potuto essere.

Collaborando con il “Guerin Sportivo” hai avuto modo di intervistare numerose persone legate al mondo del calcio, raccontando diversi episodi e aneddoti curiosi. Potresti indicarne uno che ti ha particolarmente colpito?

Mi hanno colpito molto i ricordi d’infanzia di personaggi come Lele Oriali e Bruno Conti. Anni non semplici, famiglie numerose, tanti sacrifici, lavori estivi e pochi soldi. E la passione per il pallone a tenere accesa la speranza di un futuro da campione. Ma sempre con i piedi per terra, rispettando gli altri e se stessi. Due campioni del mondo, non a caso. Ma era un’altra generazione.

Su quale squadra punteresti come favorita per gli Europei di calcio in Polonia e Ucraina?
A questo punto dico Italia!!!

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Euro 2012: L'Italia contro la Germania e la fatica


Se ci dicessero che per il bene del calcio la nazionale non deve andare agli Europei, non sarebbe un problema”. L'autore di questa dichiarazione, rilasciata una settimana prima dell'inizio della manifestazione continentale, fu Cesare Prandelli. Si trattava - ovviamente - di una provocazione, fortemente criticata dall'opinione pubblica generale a partire dagli istanti successivi il momento stesso in cui il commissario tecnico l'aveva pronunciata.
Da Zurigo, sede dell'ultima amichevole giocata (e persa) contro la Russia, gli azzurri si spostarono verso la Polonia, accompagnati dall'ormai consueta cornice di polemiche.

A Danzica e Poznan hanno poi messo in mostra le diverse facce di una squadra che non ha ancora trovato una propria identità, ma che è cresciuta in maniera vertiginosa dopo le incertezze iniziali. Dall'Italia in grado di resistere ai "tiqui-taca" degli spagnoli a quella incapace di esercitare il ruolo di favorita contro la Croazia, passando per la sua versione "brutta ma vincente" esibita al cospetto dell'Irlanda di Trapattoni, in pochi avrebbero potuto lontanamente immaginare la recente lezione di calcio impartita all'Inghilterra di Roy Hodgson.
Eppure Prandelli era sicuro delle possibilità di successo dei suoi uomini: "Sono convinto che basti davvero poco per ottenere il salto di qualità e diventare di nuovo l’Italia che storicamente ha un posto tra le migliori nel mondo".

La storia viene scritta dai vincenti, agli altri non restano che le recriminazioni, fatte di "se", di "ma", di "sfortuna". Steven Gerrard, il capitano degli inglesi, oltre ad aver tenuto fede alla tradizionale sportività anglosassone ha poi candidamente ammesso: "Stavolta pensavo che la storia sarebbe stata diversa. E che per una volta avremmo avuto la fortuna necessaria per vincere ai rigori". Il riferimento è all'ennesima eliminazione subita dopo la lotteria dei penalty, la quinta di fila (agli Europei del 1996, 2004 e 2012, e ai Mondiali del 1998 e 2006). Da quel punto di vista, però, alla "dea bendata" non avrebbe potuto chiedere di più: l'Italia meritava ampiamente di vincere già al termine dei novanta minuti di gioco.

Si è trattato di un successo costruito mattone su mattone, pallone su pallone. Se poi la sfera resta incollata ai piedi di Andrea Pirlo, allora non rimane che andare su Twitter, il famoso social network, in attesa dell'arrivo dei complimenti direttamente dai profili di altre star del calcio, ancora in grado di meravigliarsi di fronte alla classe del trentatreenne centrocampista della Juventus.
Da Kiev, teatro della partita con gli inglesi, adesso l'Italia andrà a Varsavia, dove disputerà il prossimo 28 giugno la semifinale del torneo contro la Germania. Nella speranza, poi, di fare ritorno a Kiev, sede designata della finalissima (1° luglio).

Andrea Pirlo, assieme a Gianluigi Buffon (altro grande protagonista della sfida di domenica sera), era presente anche al “Westfalenstadion” di Dortmund il 4 luglio del 2006, allorquando l'Italia di Marcello Lippi sconfisse i padroni di casa nella semifinale del Mondiale tedesco. Da una sua invenzione era nata la rete di Fabio Grosso, la prima delle due che misero al tappeto la formazione allenata da Jürgen Klinsmann.

Tra gli avversari figurava anche Philipp Lahm, attuale capitano della Germania, che non si era vergognato nell’ammettere recentemente la propria preferenza verso gli inglesi come possibili avversari nella strada verso la coppa.
Di ben altro tenore, invece, il commento dei principali quotidiani tedeschi una volta venuti a conoscenza del loro prossimo sfidante. Il leitmotiv è sempre lo stesso: adesso l’Italia dovrà fare i conti con la voglia di rivalsa dei teutonici, che partiranno con il vantaggio di due giorni in più di riposo (e senza aver dovuto disputare i tempi supplementari).

Prandelli, dal canto suo, sembra non mostrare segni di cedimento: “Abbiamo pochi giorni per recuperare le forze. E dobbiamo mettere in campo una squadra viva. Manca tanto per poterli battere, ma se prepariamo bene la partita non ci sono squadre invincibili. Spagna e Germania sono molto forti, ma in certi momenti comunque ti possono concedere qualcosa. Se pensiamo che giovedì sarà una partita difficile, che sarà in bilico fino all’ultimo, possiamo uscirne vincitori”.
La speranza, in fondo, è proprio quella.

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venerdì 22 giugno 2012

Euro 2012: Italia, con gli inglesi basterà il cuore?


Dopo giorni nei quali non si è parlato altro che di "biscotti", lo scorso lunedì si è materializzato il passaggio dell'Italia di Cesare Prandelli ai quarti di finale dell'Europeo 2012. Ad attenderla, domenica prossima, ci sarà l'Inghilterra, una delle rivali più nobili del torneo. Si tratterà della prima partita ad eliminazione diretta, la classica gara da "dentro" o "fuori", dove non saranno ammessi calcoli di ogni genere, esclusi quelli - eventuali - per arrivare alla lotteria dei rigori.

A causa di una squalifica rimediata nell'incontro con il Montenegro (risalente al 7 ottobre 2011) gli inglesi hanno dovuto aspettare il terzo match della manifestazione per poter schierare tra le proprie fila Wayne Rooney, la loro stella più luminosa. Trascorsi quarantotto minuti di gioco la punta è riuscita a mettere il proprio nome nel tabellino dei marcatori.

Pochi istanti prima della partita con l'Ucraina anche Steven Gerrard, il capitano, aveva sottolineato l'importanza del suo rientro nell'economia della squadra: "Con lui abbiamo molte possibilità di andare avanti". Per un gruppo che ha dovuto affrontare questa avventura senza l’apporto dei vari Lampard, Barry e Cahill non si tratta certamente di un aspetto irrilevante.

Pur rispettando l'Italia i sudditi della Regina hanno tirato un grande sospiro di sollievo per aver evitato la Spagna campione di tutto (Europa e Mondo): sino al goal realizzato ai croati da Jesus Navas, infatti, il pericolo di incontrarli a Kiev era effettivamente concreto.

Mentre gli addetti ai lavori italiani temevano il verificarsi di un 2-2 nell'ultima gara tra le altre squadre del girone "C", non era stato dato molto risalto al rischio più grosso corso dagli uomini di Prandelli: con un "normale" 1-1 tra gli iberici e i biancorossi, infatti, all'Italia sarebbe spettato l'arduo compito di segnare almeno tre reti all'Irlanda per non venire estromessa dalla manifestazione.

Gli azzurri, dal canto loro, si sono fermati a due goals realizzati, giocando la gara peggiore tra quelle disputate sino ad oggi in Polonia. Tutto questo proprio nel giorno in cui tornavano al consolidato 4-3-2-1 (dogma di Prandelli dal momento del suo insediamento, con il romanista De Rossi spostato di nuovo sulla linea mediana del campo) al posto dell'improvvisato 3-5-2, figlio delle paure che hanno accompagnato la spedizione italiana in questo Europeo.

Prima dell'incontro con gli irlandesi il commissario tecnico aveva preferito non soffermarsi troppo sugli aspetti tattici della gara: "Non è un problema di modulo, ma di volontà, di cuore". Terminati i novanta minuti di gioco ha poi confermato la sua tesi: "Oggi abbiamo capito che oltre alla qualità serve molto cuore". Smaltita la tensione, a capo di una comitiva di una quindicina di persone ha raggiunto a piedi il monastero dei frati camaldolesi a Bielany, distante 21 chilometri dal ritiro di Wieliczka, rispettando la promessa fatta in caso di passaggio del turno.

Chi, tra Italia e Inghilterra, riuscirà a raggiungere le semifinali avrà l'opportunità di misurarsi il prossimo 28 giugno (a Varsavia) contro la vincente della sfida tra Germania e Grecia .
Fare un pronostico su quest'ultima partita sembra sin troppo facile, visto e considerato come i tedeschi sono stati gli unici in grado di completare il girone a punteggio pieno e ricoprono con naturalezza il ruolo di favoriti per il successo finale insieme agli spagnoli.

I greci, però, sono un avversario duro a morire, è opportuno che non siano sottovalutati. La loro vittoria nell'edizione 2004, d'altronde, parla chiaro: dove non arrivano le qualità tecniche e tattiche riescono a sopperire ai propri limiti gettando il cuore oltre l'ostacolo, esattamente come accade all'Italia di Prandelli.
La differenza sostanziale, però, è che il materiale umano a disposizione del tecnico di Orzinuovi è nettamente superiore a quello gestito da Fernando Santos.

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domenica 17 giugno 2012

Euro 2012: Italia: prima la vittoria, poi i calcoli


José Mourinho avrà avuto tutte le buone ragioni di questo mondo per esprimere giudizi lusinghieri nei confronti della nazionale di Cesare Prandelli ("In questo Europeo l'Italia può arrivare molto lontano"), resta il fatto che gli azzurri non vincono una partita all'interno di una competizione ufficiale dal lontano 17 giugno 2008 (2-0 contro la Francia, durante lo scorso torneo continentale ospitato da Austria e Svizzera).

A distanza di quattro anni da quel momento, lunedì prossimo 18 giugno la selezione guidata da Prandelli avrà l'ultima chance a disposizione per evitare di tornare a casa anticipatamente dalla manifestazione. Purtroppo, però, l'Italia non sarà completamente padrona del proprio destino: con un pareggio tra Croazia e Spagna condito da un minimo di quattro reti, infatti, un eventuale successo sull'Irlanda di Trapattoni risulterà inutile ai fini del passaggio ai quarti di finale.

Ecco, quindi, che gli incubi dei fatti accaduti nell'Europeo "portoghese" del 2004 si presentano nuovamente sul cammino degli azzurri: allora sarebbe servito un pareggio per 2-2 tra Danimarca e Svezia per eliminare la nazionale guidata proprio da Giovanni Trapattoni, e così accadde (22 giugno). La vittoria ottenuta da Cassano e soci contro la Bulgaria, infatti, non servì a nulla.

Slaven Bilic, il c.t. dei biancorossi, ha rispedito al mittente qualsiasi ipotesi di un’eventuale pareggio di comodo con gli spagnoli (“Un insulto sospettare di noi”), quello iberico Vicente Del Bosque non ha mostrato alcun dubbio sul comportamento che terranno i suoi uomini (“Siamo sportivi, e cercheremo la vittoria”) mentre Trapattoni ha garantito la massima serietà da parte dell’Irlanda (“Non farò sconti”).

Bene, a questo punto non resta che parlare di calcio giocato. Dalla rinuncia iniziale a Criscito all’abbandono della difesa "a quattro" per passare a quella "a tre", dall'impiego di Maggio e Giaccherini sulle fasce al parziale utilizzo di Giovinco e Di Natale in attacco, in carenza di successi tutte le scelte compiute dal commissario tecnico in questo Europeo sono diventate oggetto di discussione. Compresa la fiducia concessa, nel reparto offensivo, a Cassano e Balotelli.

Sulla scia tracciata dal vecchio proverbio "chi è causa del suo mal pianga se stesso", anche Prandelli è consapevole delle regole non scritte di questo sport: "Il calcio è così: se non chiudi, poi può bastare un cross, una punizione, per farti male. A noi manca la cattiveria, la determinazione". Etichettata da molti, se non da tutti, come la gara decisiva del girone, quella con la Croazia era la partita che l'Italia avrebbe dovuto vincere ad ogni costo per garantirsi il superamento della prima fase.

Aggrappati al talento e alle invenzioni di Andrea Pirlo (a proposito: gli dei del pallone devono essersi fatti una bella risata nell’ascoltare l’affermazione di Bilic che sosteneva di preferire Modric al bianconero…), gli azzurri devono ancora trovare il giusto amalgama per far funzionare al meglio l’ingranaggio, quando il rischio di uscire dal torneo è diventato altissimo.

Lo stesso Pirlo ha mostrato di non avere dubbi sul prosieguo del cammino dell’Italia nella manifestazione (“Passiamo”), così come nell’evidenziare i problemi manifestati nel corso dell’ultima partita disputata: “Nella ripresa siamo arretrati troppo e abbiamo finito per subire la Croazia: si è visto su quel cross che ha portato al pareggio, eravamo troppo bassi”.

Più o meno si tratta del medesimo concesso espresso il giorno successivo da Prandelli: “Non è colpa del modulo. Io sto lavorando sulla mentalità: ci si può difendere, però non alla vecchia maniera, e lo ha dimostrato la Juventus”. Una squadra, quella bianconera, che nel corso del campionato appena conquistato aveva aggiunto troppi pareggi ad un’imbattibilità che correva il rischio di rimanere fine a se stessa. Sino al momento in cui le correzioni apportate da Conte ed il successivo cambio di marcia l’hanno condotta dritta fino alla vittoria dello scudetto.

Le probabili modifiche di uomini e sistema di gioco che Prandelli attuerà nell’incontro decisivo contro l’Irlanda dovranno necessariamente portare ad un successo che, per inciso, al tecnico non è mai capitato di ottenere contro Trapattoni. Senza dimenticare che con un pareggio per 1-1 tra Spagna e Croazia all’Italia sarà necessario segnare almeno tre reti (con uno scarto a proprio favore di due) per poter passare il turno…

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mercoledì 13 giugno 2012

Euro 2012: L’Italia e la vittoria per raggiungere i quarti

Dopo il pareggio ottenuto contro la Spagna all'esordio degli Europei 2012 ospitati da Polonia e Ucraina, il prossimo ostacolo che l'Italia affronterà sulla strada verso i quarti di finale si chiama Croazia.

In occasione della partita disputata la scorsa domenica ci sono stati due "battesimi" particolari per altrettanti protagonisti della sfida: uno ha riguardato Cesare Prandelli, per la prima volta alla guida della nazionale in una manifestazione importante ("Sono emozionato come 22 anni fa, quando ho fatto il mio esordio sulla panchina della Primavera dell'Atalanta. Pressione? Molta, anche se poi, a volte, mi fermo e penso che si tratta soltanto di calcio"), l'altro è capitato ad Emanuele Giaccherini, che all'età di ventisette anni è riuscito a coronare il sogno di indossare la maglia azzurra ("Emozionato? Se devo essere sincero ho sentito di più l'esordio con la Juventus. Qui ero tranquillo, ho vissuto la vigilia con grande serenità. Il resto l'hanno fatto i miei compagni: tutti mi hanno detto di stare tranquillo e di giocare come so fare").

Dalla Spagna, quindi, alla Croazia, passando attraverso la lettura dell'album dei ricordi: contro i biancorossi era iniziata l'avventura come commissario tecnico di Roberto Donadoni (il 16 agosto 2006), mentre l'uscita dagli Europei del 2008 (in Austria e Svizzera) per mano degli iberici (22 giugno 2008) aveva provocato il suo addio ed il ritorno di Marcello Lippi.

Al tecnico viareggino, fallita la spedizione azzurra nel mondiale disputato in Sudafrica, nell'estate del 2010 venne imputata (anche) la mancata convocazione di Balotelli e Cassano, gli stessi attaccanti che figuravano nell'undici titolare nella gara inaugurale dell'attuale torneo. Complice l'assenza forzata di Giuseppe Rossi, quello della composizione del reparto offensivo rappresenta uno dei problemi che Prandelli dovrà risolvere nel prosieguo della manifestazione.

La Spagna ha deciso di presentarsi al cospetto dell'Italia priva di punte, tanto per costrizione (Villa infortunato) quanto per volontà. Dal canto loro gli azzurri hanno abbandonato l'ormai abituale difesa "a quattro" (con la quale hanno subito soltanto due reti su un totale di dieci partite nelle qualificazioni) per passare a quella "a tre" guidata da De Rossi, tolto dalla linea mediana per colmare il buco lasciato dalla perdita di Barzagli.

Il risultato? Un pareggio per 1-1: Di Natale sostituisce Balotelli e porta in vantaggio l'Italia, mentre le Furie Rosse non devono aspettare più di tre minuti per trovare la via del goal. Grazie ad un centrocampista (Fabregas), naturalmente.

Per gli uomini di Prandelli, partiti come sfavoriti di fronte ai detentori del titolo, si è trattato di una bella boccata d'ossigeno dopo il 3-0 rimediato nella recente amichevole disputata a Zurigo contro la Russia. Pochi giorni fa, a Cracovia, lo stesso allenatore aveva ammesso i propri dubbi sulla reale consistenza del gruppo: "Dopo la qualificazione ci sono stati infortuni e cali di rendimento che hanno modificato i piani. Sarà gioco forza avere una squadra che cambia e sono curioso di vedere e di capire se sarà comunque una protagonista".

Per riuscirvi dovrà cambiare l'approccio mentale in vista delle prossime gare, laddove altri pareggi porterebbero più guai che soluzioni. Il percorso da intraprendere, in un altro contesto e nel corso di un torneo decisamente più ristretto nel tempo, è simile a quello compiuto dalla Juventus scudettata di Antonio Conte: se all'inizio del campionato ogni partita veniva affrontata come un esame da superare, nel prosieguo della stagione il ruolo di favorita l'ha costretta a scendere in campo cercando la vittoria a tutti i costi.

Prandelli, che negli ultimi tempi ha attinto a più riprese dal serbatoio bianconero, potrà avvalersi dell'esperienza diretta di alcuni giocatori di Madama. Proprio su questo tema il commissario tecnico si è preso anche qualche piccolo merito : "Se la Juve è diventata l’ossatura della Nazionale non è per caso, siamo stati bravi a dare fiducia ai suoi uomini anche quando arrivavano settimi in campionato e ci criticavano per questo".

Una vittoria degli azzurri contro la Croazia manca dal lontano 1942. Giovanni Trapattoni, guida di quell'Irlanda che sarà l'ultima avversaria nel girone, all'epoca dei fatti aveva soltanto tre anni. Ascoltando le sue ultime dichiarazioni viene da pensare che sia opportuno non ricordarglielo: "Vecchio? Sono un ventenne con tanta esperienza".
Ci sarà tempo per pensare anche a lui. Prima, però, è necessario portare a casa i primi tre punti di questo Europeo.


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lunedì 11 giugno 2012

Iniziativa "Terza Stella" sulla maglia: disponibilità stelle per i tifosi negli Juventus Store

Partecipo con piacere all'iniziativa proposta da Graziano Campi sul forum Tifosi Bianconeri.com.
Cliccando sul link potrete leggere le motivazioni dell'autore.
In privato, oppure pubblicamente tramite lo spazio riservato ai commenti, potrà aderire chiunque, indicando il proprio nome e cognome.

La Juventus ha scelto di celebrare la vittoria del 30° scudetto bianconero attraverso la creazione di uno speciale logo, che sarà esposto sulle maglie della Vecchia Signora per la prossima stagione, in luogo delle tre stelle dorate.

Una decisione che ha lasciato sorpresi tutti i tifosi e che ha fatto discutere.

Riteniamo che la scelta abbia rappresentato, inequivocabilmente, un segnale forte a tutela comunque di quello che è il convincimento di chi capisce di calcio e ha a cuore la giustizia: gli scudetti della Juventus sono 30.

Tutto il resto, stelle comprese, senza questo presupposto non può esistere.

E' necessario però che anche i tifosi abbiano la possibilità di essere partecipi della lotta per ristabilire la verità e la giustizia: per questo motivo chiediamo che la società si attivi affinchè sia possibile per chiunque ne faccia richiesta, negli Juventus Store e in tutte le rivendite di materiale sportivo autorizzato legato al marchio bianconero, di avere gratuitamente la possibilità di apporre tre stelle dorate sulle maglie acquistate.

Questo vuole essere un gesto non in linea con la tradizione: avere la maglia diversa da quella utilizzata nelle competizioni sportive non è consuetudine, ma riteniamo possa rappresentare un segnale di grande valenza simbolica. In mezzo all'odio, in mezzo all'incompetenza, in mezzo all'invidia, noi sul cuore portiamo con orgoglio il nostro simbolo, come segnale di unità, forza e coraggio.

Vogliamo essere le stelle della Nostra Signora. Fino alla fine, forza Juventus!

Avrei tanto voluto godermi gli europei..



Vorrei iniziare questo post scusandomi un po’ con tutti i frequentatori del blog per la mia prolungata assenza iniziata dopo la sconfitta nella finale di Coppa Italia e protrattasi fino ad oggi. Desidero inoltre, come seconda cosa, tranquillizzare tutti coloro che, ammesso che ce ne siano, si saranno chiesti che fine avessi fatto o coloro che addirittura si saranno preoccupati per la mia sorte…Sto bene…anche se non tantissimo.

Vi devo confessare che sono molto preoccupato per le sorti della nostra Juventus perché ormai è evidente che ci troviamo davanti ad un attacco mediatico veramente impressionante, decisamente sui livelli del 2006. Anche allora venivamo da uno scudetto vinto meritatissimamente, dominando dall’inizio alla fine della stagione, perdendo qualche partita e non finendo imbattuti come in questo campionato, ma raggiungendo quota 91 punti se non erro. 

Anche allora ci si apprestava a vivere una competizione internazionale, e, così come adesso, si attendevano notizie dai tribunali sportivi e non. Ma soprattutto anche allora il trionfo ottenuto sul campo era l’evidente inizio di un futuro prossimo estremamente felice per la Vecchia Signora. Le milanesi e le romane non riuscivano a tenere sul mercato (ma anche sul terreno di gioco) il ritmo della Juventus che, grazie all’abilità manageriale di quel gruppo di dirigenti, era diversi passi avanti rispetto a tutti i concorrenti, così come lo è questa volta. Infatti mentre l’Inter ed il Milan non hanno più capitali da spendere per rinforzare le loro rose di calciatori, mentre la Roma ha dovuto azzerare ed iniziare da capo il suo progetto di calcio spettacolare ispirato al Barcellona, fallito miseramente nella stagione appena conclusa, i Campioni d’Italia, completamente rinnovati nell’organico, nella mentalità, nel gioco e nell’organizzazione generale della società, sembrano proiettati, grazie anche al ritorno nell’Europa che conta, ed al conseguente fascino ritrovato che attrae i cosiddetti Top Players, verso anni di successi. 

Non vi sto a riassumere i fatti che sono accaduti recentemente perché sono sicuro che tutti voi ne siate a conoscenza, ma è chiaro a tutti che lo scopo di chi cerca in ogni modo di sbattere nel calderone del calcio scommesse la Juventus, è duplice: il primo obiettivo è quello di toglierci Antonio Conte, il vero artefice del ritorno alla vittoria del trentesimo scudetto, il secondo, quello di privarci della Champions League, il grande palcoscenico europeo che ci consentirebbe, grazie anche agli introiti che garantisce, di rinforzarci ancora di più economicamente e a livello di immagine. 

Se andiamo a vedere da dove sono uscite tutte le calunnie e le diffamazioni peggiori nei confronti della Juventus è impossibile non notare che esse vengano in particolari da due quotidiani (uno sportivo e l’altro no, il primo è rosa ed il secondo porta il nome di ciò che dovrebbe essere questo paese ma che non è più) e da alcune reti televisive (i canali sono tre ed appartengono ad un ex Presidente del Consiglio). Tutti gli altri si accodano ovviamente volentieri per dare forza a quel famoso sentimento popolare che in passato ha già portato dove tutti ben sappiamo. I magistrati seguono pienamente le indicazioni dei mass media come nel 2006 e probabilmente ne ispirano anche i contenuti giuridici degli articoli, a volte comunicando loro con largo anticipo, come ha già fatto notare Gigi Buffon, decisioni, perquisizioni, avvisi di garanzia e, più in generale operazioni giudiziarie. 

Mi auguro, con tutto il cuore, che stavolta Andrea Agnelli riesca a difendere la Juventus come si deve, in ogni sede ed in ogni situazione, e che si riesca prima o poi ad uscire da questo circolo vizioso che si è venuto a creare ogni volta che la Juventus rialza la testa e torna a vincere. Bisogna distruggere i legami che uniscono opinione pubblica, federazione, stampa e magistratura. Occorrerebbe far saltare tutto in qualche modo, perché non ne posso proprio più e questo lo dico non soltanto come tifoso juventino ma come cittadino italiano.

Io in questo periodo avrei voluto solo parlare di europei e di Calciomercato, avrei voluto analizzare i contenuti tecnici delle partite, oppure esprimere i miei desideri per la campagna acquisti della Juventus, e magari discutere con voi dei vostri, ma onestamente, pur avendo seguito la partita della Nazionale Italiana contro la Spagna, non mi sento così partecipe di questa competizione. Da una parte, certamente tifo per gli Juventini che giocano nella compagine di Prandelli, ma dall’altra non riesco proprio a gioire e a soffrire per una squadra che rappresenta quella Federazione marcia fino al midollo.
 Questo articolo è di Danny67. Tutti gli altri, li puoi trovare nella sua rubrica Un Bianconero a Roma

sabato 9 giugno 2012

Euro 2012: Da Bari a Danzica, un'altra Italia?

Lo scorso 2 dicembre 2011, a Kiev, sono stati sorteggiati i gironi della fase finale degli Europei che si stanno svolgendo in Ucraina e Polonia. Dall'urna, come risaputo, l'Italia aveva pescato Spagna, Croazia e Irlanda.

Cesare Prandelli, visto il calendario degli incontri, ne aveva accettato l’esito con filosofia: “E’ meglio cominciare con i campioni, almeno non avremo il problema della concentrazione”. Vicente Del Bosque, c.t. della nazionale campione d'Europa (e del mondo) in carica, nel frattempo invitava i suoi uomini alla massima prudenza: “Mi ricordo del quarto di finale in cui non riuscimmo a segnare. Passammo solo ai rigori, fu dura, come lo sarà adesso. Ma sono fiducioso”.

Il riferimento era alla precedente edizione della manifestazione, disputata in Austria e Svizzera, quando l'allora selezionatore Luis Aragonés aveva condotto le Furie Rosse al secondo successo continentale della loro storia (dopo quello del 1964). Vinsero con l'ormai celebre "tiqui-taca" e senza Raul, la stella del Real Madrid lasciata a casa nonostante le proteste generali. Il 22 giugno del 2008 soltanto la lotteria dei penalty decretò l'uscita dal torneo dell'Italia di Roberto Donadoni.

Se con la Croazia il bilancio è fatto di soli sei incontri disputati (ed una vittoria, nel 1942, durante la seconda guerra mondiale, all'epoca dello Stato Indipendente di Croazia), i confronti tra gli azzurri e le altre due compagini nel corso della storia sono stati più numerosi. Il caso vuole che Irlanda e Spagna giocarono in amichevole contro gli uomini di Prandelli, a distanza di circa due mesi l'una dall'altra, tra giugno e agosto del 2011: la selezione guidata da Giovanni Trapattoni era riuscita a spuntarla per 2-0 (a Liegi, per effetto delle reti messe a segno da Andrews e Cox), mentre con gli iberici arrivò un'inaspettata vittoria (a Bari, col risultato di 2-1, i goals furono di Montolivo, Xabi Alonso e Aquilani).

Allo stadio "San Nicola" Antonio Cassano aveva indossato, di fronte ai suoi concittadini, la fascia di capitano: la coppia offensiva composta dal talento di Bari Vecchia e Giuseppe Rossi costituiva il fiore all'occhiello della "nuova" nazionale, nata dalle ceneri degli insuccessi degli ultimi anni. Prima di quella gara Prandelli era stato chiaro sulle sue intenzioni: "Chiederò di recuperare palla nella loro metà campo. Attaccarli e giocare il pallone come fanno loro".
Il commento, pieno di soddisfazione, col quale aveva poi archiviato il successo conseguito dai suoi ragazzi rappresentava la sintesi del processo di maturazione del gruppo, giunto ormai al capolinea: "Cresciamo gara dopo gara anche a livello di personalità e coraggio". Col sorriso sulle labbra, aggiunse: "Forse in alcuni frangenti abbiamo pure esagerato".

Esattamente dieci mesi dopo (era il 10 agosto 2011) Italia e Spagna si ritrovano una di fronte all'altra. Da allora ad oggi le novità non sono mancate: gli infortuni (più o meno gravi) occorsi a Giuseppe Rossi e Barzagli, il graduale recupero di Cassano dopo i noti problemi legati al cuore, le rare amichevoli disputate negli ultimi mesi (due sole gare da metà novembre in avanti, contro Stati Uniti e Russia), lo sviluppo delle inchieste sullo scandalo delle scommesse legate al calcio che hanno varcato la soglia di Coverciano... Molto, se non tutto, è sembrato giocare a sfavore della nazionale azzurra.

Proprio nei momenti successivi la gara di Bari Giorgio Chiellini, uno degli uomini simbolo della squadra azzurra, aveva dichiarato: "Ora all'Europeo aspettiamo la Spagna in finale".
A conti fatti la “Roja” sarà la prima avversaria del torneo. Dal fischio d'inizio dell'incontro in poi, sino alla finale di Kiev, la strada sarà lunghissima.
Ammesso, e sperando, che l'Italia riesca a compierla sino alla fine.

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