sabato 18 agosto 2012

Intervista a Darwin Pastorin


Darwin Pastorin, scrittore e giornalista sportivo di lunga militanza con esperienze dirigenziali maturate all'interno di alcune tra le principali redazioni giornalistiche e televisive italiane, ha concesso un'intervista in esclusiva per "Pagina". I temi affrontati? Diversi, con un unico comune denominatore: il calcio. Da quello "parlato" a quello "giocato", passando attraverso la sua Juventus e le emozioni che questo sport meraviglioso continua a regalare.

Il Paris Saint-Germain ha stravolto il mercato del pallone con una campagna acquisti faraonica, Real Madrid e Barcellona stanno puntellando le rose stellari a loro disposizione con innesti mirati, Chelsea e Manchester United si sono ulteriormente rafforzate. Senza contare che presto arriverà il turno del City e del Bayern Monaco... Secondo lei di quanto è aumentato il divario tra i maggiori club europei e quelli italiani?

Di molto, anche perché da tempo l’Italia non rappresenta più l’elettorato del calcio. Se penso agli anni ’80 vedo un’Italia in grado di dominare l’Europa dal punto di vista del pallone. In quel periodo, tanto per fare qualche esempio, arrivarono da noi Maradona, Zico, Platini, Falcao e Rummenigge. Senza dimenticare che nella serie A giocavano i nostri nazionali campioni del mondo. Quello era un paese che poteva garantire da un lato la qualità e dall’altro una forza economica senza precedenti. Col tempo le cose sono cambiate, ed altre nazioni hanno preso quell’egemonia. A cominciare, come hai detto tu, dall’Inghilterra, dalla Spagna e ora anche da questo fenomeno che è il Paris Saint-Germain. Con una nota, però…

Quale, mi scusi?

Non basta comprare grandi giocatori per fare una grande squadra. Ricordo, per citare un caso, che la Juventus vinse uno scudetto guidata da Trapattoni con buoni calciatori e qualche fuoriclasse, presentando in attacco Fanna, Virdis e Marocchino. Nella prima partita del campionato francese il Paris Saint-Germain, in casa, ha pareggiato a fatica 2-2. E’ ovvio che la situazione del nostro paese dal punto di vista sociale ed economico incide anche sul calcio: nessuno si può più permettere quelle “follie” che – oltretutto - striderebbero con le fatiche che fanno gli italiani comuni ad arrivare a fine mese. I nuovi investitori sono diventati i russi, gli arabi, i quali investono sul “giocattolo” calcio, fenomeno che da noi oggi non esiste.

Gianluigi Buffon, nella giornata dedicata al tradizionale vernissage bianconero a Villar Perosa, ha dichiarato: "Rispetto alle altre Juventus in cui ho giocato questa in Champions League parte avvantaggiata perché gioca un bel calcio, ed in Europa è un aspetto che conta molto. E siamo più forti dell'anno scorso". A suo modo di vedere quali potrebbero essere le prospettive della Vecchia Signora nella prossima edizione della massima competizione continentale?

Io do ragione a Buffon. La Juventus ha appena vinto uno scudetto senza mai perdere una partita, visto che l’unica sconfitta è avvenuta in Coppa Italia contro il Napoli. Si è rinforzata e - lasciando perdere per un attimo la serie A - mi ripeto: non basta comprare grandi giocatori per essere vincenti e potersi assicurare una gloria infinita. La finale della scorsa Champions League è stata disputata da Chelsea e Bayern Monaco, non da Real Madrid e Barcellona. Credo che la Juventus abbia buone possibilità: ha un allenatore che può garantire gioco e spettacolo, che è riuscito ad amalgamare bene anziani e giovani ed i nuovi arrivati – come Asamoah – promettono bene. Teniamo conto, poi, che il mercato non è finito: potrebbero esserci delle sorprese.

Torniamo in Italia, ai fatti di casa nostra e a quanto è recentemente accaduto a Pechino. Mi può dare la sua opinione circa l'assenza dei tesserati del Napoli al momento della premiazione della Juventus per la vittoria nella Supercoppa Italiana?

E’ stata una figuraccia a livello mondiale. Oltretutto a non meritare questa pessima figura sono sia il Napoli che Napoli, intesa come città. Puoi recriminare quanto ti pare, questo fa parte delle regole del gioco, però proprio le Olimpiadi hanno dimostrato che anche con il diavolo in corpo ti devi presentare alla cerimonia della premiazione. Si tratta di una forma di rispetto universale. Abbiamo dato un’immagine negativa a Pechino, di fronte agli occhi del mondo intero. Mi aspettavo delle scuse da parte di De Laurentiis, ma a quanto pare non sono ancora arrivate.

Andrea Agnelli ha recentemente definito la giustizia sportiva "inadeguata, vetusta e contraddittoria", parlando di un "sistema dittatoriale che priva la società e i suoi tesserati di qualsivoglia diritto alla difesa e all'onorabilità". Sono parole molto forti. Al suo posto si sarebbe espresso in questa maniera?

Capisco la presa di posizione di Andrea Agnelli. Si tratta di un presidente che ha saputo dare alla Juventus un volto nuovo, positivo, ha fatto sì che con lo stadio di proprietà il club diventasse un esempio in campo internazionale (visto che molti ora lo vogliono copiare, non soltanto in Italia). Il museo, poi, è diventato un punto di riferimento anche per tanti turisti che vengono a Torino. Deve fare i conti col passato, col 2006 e con la situazione che vede coinvolto non il club bianconero quanto alcuni suoi tesserati, per fatti accaduti quando militavano in altre società. Per arrivare al punto, parto da una considerazione molto semplice: bisogna avere fiducia nella giustizia e affrontare i processi a testa alta. Alla fine la verità verrà fuori. Abbiamo visto scagionati Bonucci e Pepe…

E Antonio Conte?

Alla fine riuscirà ad uscire bene anche Antonio Conte. Lo conosco da quando era giocatore: è sempre stata una persona dotata di carattere, determinata, sempre nel rispetto delle regole del gioco. Ha sempre voluto vincere, lealmente.

Poco meno di un anno fa, nel corso di un'intervista rilasciata al sito "Obiettivo Sport", lei aveva dichiarato: "Continuo a credere nella nuova Juve e nel carattere e nella competenza di Antonio Conte, bianconero nel cuore, nelle vene, nell’anima. E’ una Juventus da scudetto. Senza ‘se’ e senza ‘ma’". Dopo i due precedenti settimi posti consecutivi cosa la spingeva a riporre così tanta fiducia nelle possibilità di successo del club juventino?

Ho visto nascere la nuova Juventus mattone dopo mattone, con Andrea Agnelli nel nome del padre e dello zio, con la scelta di un allenatore come Conte, con la forza di quei giocatori rimasti anche dopo il 2006… Ho avuto la sensazione, più che una chiaroveggenza, di una squadra che potesse lasciare un segno in quel campionato. Ho notato di nuovo una società con la voglia di vincere, senza fare progetti triennali. Anche la vicinanza espressa più volte in questi momenti difficili al tecnico è una chiara dimostrazione della forza ritrovata.

In diverse occasioni, nel passato, ha definito Diego Armando Maradona "il più grande giocatore di tutti i tempi". Avendo avuto l'occasione di conoscerne tantissimi dal vivo, ce n'è qualcuno in particolare al quale è rimasto maggiormente affezionato dal punto di vista umano? Se sì, per quale motivo?

Mi ripeto: Maradona, che ho avuto modo di conoscere anche al di fuori del campo. L’ho definito “il Borges del calcio”. Ma poi ce ne sono altri… Ad esempio Pietro Anastasi, che era l’idolo della mia giovinezza, ed ora è diventato un amico ed un’opinionista a “Quartarete TV” assieme a José Altafini. Ci sono pure i miei connazionali Junior e Zico, campioni di classe, simpatia, professionisti esemplari. Per non parlare di tutta la generazione di miei coetanei che hanno vinto in Spagna nel 1982. Soprattutto di chi non c’è più, come Gaetano Scirea, che per me rimane l’esempio da seguire nei secoli dei secoli: non è mai stato espulso, ed è stato ammonito una sola volta per essersi mosso in barriera.

Scirea…

E’ un’assenza che sento ancora molto, perché era veramente una persona speciale. Sono rimasto legato alla moglie Mariella e al figlio Riccardo. Dico che Scirea dovrebbe entrare nei libri di scuola. Quando vogliamo raccontare i personaggi che hanno fatto bella l’Italia… ecco, secondo me bisognerebbe ricordare Gaetano.

Lei è sempre stato un difensore del calcio romantico. Quanto spazio ritiene possa ancora ritagliarsi un sentimento così nobile in un mondo del pallone come quello attuale?

Ogni volta che ricomincia la partita si riaccende la magia del calcio: un giovane che riesce a farsi valere, un debuttante che si fa onore, un dribbling riuscito, la parata all’incrocio dei pali, la rovesciata che sembrava impossibile… Ecco, il calcio ha la fortuna di rinnovarsi sempre, al di là delle malefatte di alcuni. Quando parliamo del marcio in questo sport discutiamo di un ristretto numero di persone, non della maggior parte, ma di gente che ha barato al gioco più bello. Per il resto, il calcio rimane per me la giovinezza ripresa per mano. Durante una partita ripenso a quando ero bambino e andavo a vedere la Juventus in curva Filadelfia con la bandierina in mano, le ore di attesa sotto la pioggia, con il vento, la neve… E poi, quando i giocatori entravano in campo, cominciava quel “miracolo” chiamato calcio. Oppure le partite ascoltate alla radio, se la tua squadra giocava in trasferta… Le voci di “Tutto il calcio minuto per minuto”: Sandro Ciotti, Enrico Ameri…

Bei tempi…

Per me resta sempre lo stesso sport, anche con l’avvento delle televisioni, delle telecamere nello spogliatoio, dei primi piani sugli allenatori. Il calcio per me significa ritornare giovani, mantenere fede a quello che sei stato, alle tue passioni, alle tue emozioni, alla tua gioia di vivere, ai tuoi sogni.

Date le sue origini brasiliane, ed escludendo Sua Maestà Pelé, quale giocatore considera il più rappresentativo della storia della Nazionale verdeoro?

Il giocatore simbolo del calcio brasiliano in senso universale per me è stato Garrincha, al quale dedicai un libro (“Ode per Mané. Quando Garrincha parlava ai passeri”, ndr). Era un calciatore straordinario: nato con la poliomelite, ingenuo, capace con una finta sola di ingannare qualsiasi rude difensore. Ancora oggi, pensa, i poveri brasiliani al nome di Garrincha si commuovono, perché rappresentò il riscatto dalla povertà. Il presidente Lula, nel momento in cui venne eletto, nel suo primo discorso tra i grandi del Brasile ricordò proprio Garrincha.

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6 commenti:

Danny67 ha detto...

"l calcio rimane per me la giovinezza ripresa per mano. Durante una partita ripenso a quando ero bambino e andavo a vedere la Juventus in curva Filadelfia con la bandierina in mano, le ore di attesa sotto la pioggia, con il vento, la neve… E poi, quando i giocatori entravano in campo, cominciava quel “miracolo” chiamato calcio. Oppure le partite ascoltate alla radio, se la tua squadra giocava in trasferta… Le voci di “Tutto il calcio minuto per minuto”: Sandro Ciotti, Enrico Ameri…"

Ecco, questo per me è e dovrebbe essere sempre il calcio!! Immagine belissima!!

Thomas ha detto...

Ricordi, Danny, quando dicevo che ti avrei "tenuto d'occhio", in merito ai pensieri negativi su questo meraviglioso sport?

Pastorin ti ha dato una sua versione. Una delle piu' belle che mi sia mai capitato di sentire.

Un abbraccio grande e buona domenica ;-)

Anonimo ha detto...

bellissima intervista..
purtroppo leggendola mi accorgo di quanto la realtà sia però lontana dai nostri desideri....
noi tifosi facciamo sacrifici e riponiamo speranze in questo sport e poi.... non solo de laurentis non si scusa, ma mazzarri mette il carico da 11 per difendere il proprio operato. Raccontandoci addirittura di un intero feudo di juventini che si scusa con lui!!!!! (ma chi ci crede!)
...e poi Scirea, un esempio, ma poi nella realtà il torneo primavera è intitolato a giacinto facchetti (quello del 4-4-4 per intenderci).
Il calcio ora è Abete; è Palazzi; è giornalisti che fanno domande precise pur di mettere zizzania e vendere due copie in più; è dirigenti ed addetti ai lavori che a questi giornalisti non sanno rispondere a modo, così da riportare tutto nei giusti toni; è tifosi che cadono nella trappola....
Dobbiamo solo augurarci che i Pastorin aumentino o trovino più spazio per sperare che si possa migliorare

Roberta

Giuliano ha detto...

Non sapevo delle origini brasiliane... però uno che si chiama Darwin merita tutta la mia simpatia, Charles Darwin era un osservatore attento della realtà, che ha descritto con molta attenzione nei suoi libri (chi li ha letti sa che è davvero così).
Dunque, nome perfetto per un giornalista degno della sua professione.
Una piccola obiezione sul fatto che cedendo i campioni ci si indebolisca: mah, non è mica detto. Vedremo, da Boakye a El Sharaawy a Immobile e Masi, quest'anno ci sono tanti ragazzi interessanti. L'importante è che non finiscano all'Inter (vedi Santon, Pazzini, Ranocchia, eccetera eccetera eccetera)
:-)

Thomas ha detto...

@Roberta: al netto delle recriminazioni (ognuno può portare avanti i propri convincimenti come meglio crede), Mazzarri non è mai stato in grado di accettare la sconfitta.
Qui a Genova ancora lo ricordano – da ambo le sponde del tifo – come una persona incapace di riconoscere i meriti altrui.

Riconosco che dev’essergli bruciato parecchio il fatto di non essere andato alla Juventus… Marotta lo aveva già preso, chi sta più in alto di lui scelse Conte, De Laurentiis fece poi quella sceneggiata negli studi della Filmauro (toh…), tanto per ribadire che lui i gioielli non li dà via a cuor leggero…
http://www.tuttosport.com/calcio/calciomercato/2012/05/30-191013/De+Laurentiis-Mazzarri:+il+matrimonio+continua

Pastorin? Una persona splendida. E umile, una qualità rara.
Se penso a quanti “montati” ci sono in giro e poi confronto i loro atteggiamenti con quanto ho ricevuto da lui…

@Giuliano: prendila come una battuta, ma se i giovani bravi finiscono all’Inter è automatico che dopo li vendano al Genoa o li disperdano in giro per l’Italia…
In questi ultimi anni hanno “buttato” via tanto di quel ben di Dio…

Un abbraccio ad entrambi!!!

Danny67 ha detto...

@ Roberta
che bello riaverti qui, da tanto non avevo il piacere di leggerti: esatto Roberta, ormai il divario tra i veri tifosi di calcio e chi invece lo rappresenta e lo amministra è sempre più grande, e questo intristisce proprio tanto.

@Thomas
grazie fratello, riassaporare certe sensazioni è un vero toccasana per l'animo.

@Giuliano
hai ragione, vista comunque l'attuale crisi economica del paese e del calcio stesso, quella dei giovani di valore è una politica che, alla lunga, potrebbe rivelarsi vincente.

Concludo con un'osservazione ed una domanda:

Osservazione su mazzarri:
Fratelli ma che ci vogliamo aspettare da uno che dice di essere stato l'ispiratore del gioco del Barcellona?

Domanda:
Perchè mai non è stato nominato direttore di tuttosport Darwin Pastorin invece che vittorio oreggia?