"Dicono che il Liverpool non è più quello di una volta, ma neanche le squadre italiane lo sono. Una volta chi veniva qua con un 2-0 si sparava in difesa. Impossibile schiodarlo. Ma adesso giocano e il Genoa un goal lo subisce quasi sempre. E poi questo sarà il miglior Liverpool di tutta la stagione". Le parole pronunciate da Ian Rush prima dell'incontro disputato tra i Reds e i rossoblù il 18 marzo 1992 erano intrise di quello spirito battagliero che da sempre anima il club inglese.
Reduce da un brillante quarto posto in serie A ottenuto nella stagione precedente, nella gara di andata dei quarti di finale della coppa U.E.F.A. il Genoa era riuscito a piegare gli avversari per due reti a zero allo stadio Luigi Ferraris (4 marzo). I goals erano stati messi a segno da Fiorin e Branco. Era stato proprio il terzino brasiliano a sigillare la vittoria con una delle sue ormai classiche punizioni, colpendo il pallone con le ultime tre dita del piede sinistro, accanto alla valvola, per spedirlo sotto la traversa dopo avergli impresso una traiettoria carica di effetto.
L'Anfield, la casa del Liverpool, in ambito europeo era rimasto inviolato dal lontano 6 novembre 1973, allorquando la Stella Rossa si era unita al Ferencvaros e al Leeds United nel ristrettissimo novero delle compagini in grado di espugnarlo. L'appuntamento con la storia, quindi, era fissato per il 18 marzo. Il Grifone si apprestava a vivere - finalmente - una serata degna del suo blasone, accompagnata da aspettative che avevano generato un altissimo livello di tensione. Lo stesso Branco, stimolato a più riprese sull'argomento, alla fine era sbottato: "Ragazzi, mica è la guerra del Golfo".
Superati - in rigoroso ordine cronologico - Real Oviedo, Dinamo e Steaua Bucarest, il Genoa poteva permettersi di perdere di misura per accedere alle semifinali del torneo. Graeme Souness, tecnico degli inglesi con un passato da grande giocatore (anche alla Sampdoria), aveva chiesto ai suoi centrocampisti Barnes e McManaman di costringere sulla difensiva Eranio e Branco, i rispettivi dirimpettai sulla linea mediana del campo. Conquistato il pallone, avrebbero poi dovuto rifornire di munizioni i due attaccanti: Saunders e - appunto - Rush, quest'ultimo recuperato dopo l'ennesima operazione al menisco.
Osvaldo Bagnoli, dal canto suo, non intendeva certamente partire battuto: "L'Ajax di Cruyjff e il Liverpool dei tempi d'oro sono le squadre che, dal '70 a oggi, più mi hanno colpito. Ma favorito, oggi, è il mio Genoa. Giocheremo come sappiamo. Senza paura. Sempre che l'emozione di essere qui, in un tempio del calcio, non ci blocchi proprio sul più bello". Dopo aver guidato il Verona sino a raggiungere lo storico scudetto nella stagione 1984/85, il tecnico milanese era arrivato sotto la Lanterna nel corso dell'estate del 1990 in sostituzione di Franco Scoglio. In pochi mesi di lavoro era riuscito a creare una squadra in grado di giocare a memoria, difficile da buttare giù al primo colpo.
Anche il Liverpool se n'era dovuto accorgere: dopo un avvio di chiaro stampo inglese, al 27’ Aguilera aveva portato in vantaggio i rossoblù, concludendo con un diagonale imparabile un'azione partita dai piedi di Onorati e portata avanti da Ruotolo. Sfiorato il raddoppio con Eranio e salvato più volte da Braglia, all'inizio della ripresa aveva poi subito la rete del momentaneo pareggio ad opera di Rush (di testa, su azione nata da un calcio d'angolo). A chiudere il discorso qualificazione, in mezzo ad una vera e propria bolgia, aveva pensato ancora una volta Aguilera: un triangolo tra Eranio e Skuhravy aveva tagliato a fette la retroguardia dei Reds, consentendo alla piccola punta uruguaiana di trovarsi di fronte a Hooper e trafiggerlo nuovamente. Due a uno, match virtualmente finito. Una curiosità: la seconda rete di Aguilera era stata messa a segno esattamente nello stesso minuto in cui aveva realizzato l'altra nel corso della prima frazione di gioco (al 27’).
In un clima di assoluta sportività tanto sugli spalti quanto sul campo di gioco (nessun ammonito tra i presenti) il Genoa era riuscito nell'impresa di qualificarsi espugnando l'Anfield. Da uomo umile quale era, nonostante la felicità per il successo appena conseguito, Bagnoli aveva preferito mantenere un profilo basso: "Non vorrei che qualcuno si demoralizzasse, ma abbiamo vinto solo una partita, se finissimo qua non avremmo conquistato niente. Comunque è stata una prestazione da 10 e lode".
Il cammino della sua squadra si sarebbe poi concluso in semifinale, contro l'Ajax vincitore della coppa U.E.F.A.. Lo stesso club che, tre anni dopo, avrebbe conquistato la Champions League battendo nella finalissima il Milan di Fabio Capello.
Nonostante i tentativi messi in atto dal presidente Aldo Spinelli per trattenere il tecnico per la stagione successiva ("E' la nostra mamma. Due anni fa l'avevo in testa, ora ce l'ho anche nel cuore. Vorrei che restasse con noi l'anno del centenario"), Bagnoli a fine anno prese la strada di Milano, per andare a sedersi sulla panchina dell'Inter.
Eranio, Aguilera, Braglia, Branco, Skuhravy, Bortolazzi... poco alla volta si sarebbe sciolto un gruppo in grado di regalare il sorriso ad una tifoseria che attendeva da troppo tempo una soddisfazione simile. La punta dell'iceberg di quel periodo fu proprio la gara di Liverpool. In fondo Rush non aveva tutti i torti: "Il Genoa un goal lo subisce quasi sempre".
Vero. Però ne segnava pure parecchi...
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11 commenti:
Bagnoli è un altro che ha fatto molto bene dovunque, al Como, al Verona (scudetto!), al Genoa... dov'è che è andato malino? mmmm...fammi ricordare...
:-)
(non è che uno voglia ripetersi sempre, ma insomma)
Lettera 43: ecco, me ne sono infine accorto
:-)
Penso di sapere a quale squadra ti riferisci...
;-)
Sì, "Lettera43".
Era questa la novità :-)
Un abbraccio grande e a presto!
spero che non giochi Giovinchio, un po' di panchina gli farebbe molto bene se continua a giocare da solo...
@pigreco san: temo tu abbia sbagliato articolo...
Si parla di Juve nel precedente, in quello scritto da Danny ;-)
Un abbraccio e a presto!
Ricordo bene quella partita, tra l'altro quello per me personalmente non fu un bel periodo, perciò, poichè il calcio era una delle poche cose che mi davano conforto,qualsiasi avvenimento sportivo di questo tipo mi è rimasto bene impresso nella mente. Trovo una grande differenza, tra l'altro, tra il modo in cui vivevo le partite delle altre squadre italiane in Europa all'epoca e come le vivo adesso. Allora facevo il tifo per le italiane (tranne la Roma, ma dopo aver vissuto l'esultanza dei romani e dei romanisti per la sconfitta di Atene con l'Amburgo mi sembrava il minimo non parteggiare per loro) ora non ci riesco più, e potete immaginare tutti facilmente il perchè.
concordo con Danny e penso che sia un sentimento molto diffuso. Tra l'altro, avevamo tre Coppe tutte molto belle e importanti, adesso dell'Europa League non importa più nulla a nessuno, e se perdi la finale di Champions ai rigori sei un fesso da prendere in giro...
Mah.
Ne hanno fatti tanti, di danni, i dirigenti calcistici degli ultimi vent'anni.
(per chi non c'era: in Coppa UEFA andavano le seconde e le terze classificate nei rispettivi campionati, in Coppa Campioni solo chi ha vinto il campionato, in Coppa delle Coppe solo i vincitori della Coppa Italia e delle corrispondenti nelle altre nazioni: tre tornei belli tosti)
Pienamente d'accordo con te Giuliano. La scelta delle squadre che dovevano partecipare alle coppe europee mi sembrava molto più logica e poi, a mio modo di vedere, la cosa che veramente attribuiva un fascino epico alle competizioni del vecchio continente era l'eliminazione diretta fin dal primo turno. I diritti televisivi, se da un lato ci hanno consentito di seguire la nostra squadra del cuore in ogni occasione, dall'altro hanno tolto molto al fascino delle partite di Coppa ed hanno anche concentrato tutte le attenzioni sulla Champion's League. Per non parlare poi di ciò che è stato fatto con quella che era la coppa intercontinentale che si giocava tra la vincente della Coppa Campioni e della Coppa Libertadores. Che spettacolo!!! Ora si sono inventati il torneino da bar pure per questa per poter guadagnare di più.
Per chi come me (e immagino anche Thomas e Giuliano) e Danny è nato negli anni '60, il fascino delle coppe europee (Campioni, Coppe e Uefa) nella loro dimensione originale era inimitabile.
La Champions League (ormai si dice così anche riferendosi alla coppa in senso letterale: quando un capitano alza in aria la coppa non alza la Champions League, ma la Coppa dei Campioni, perbacco!) è stata una forzata innovazione che ha tolto la magia a competizioni storiche, ma ha portato tanti soldi...
Leggendo lo stupendo pezzo sul Genoa di Bagnoli mi rendo conto con rammarico che ormai non seguo più il calcio con la passione di un tempo, ma non è solo a causa dei danni fatti dai dirigenti calcistici negli ultimi vent'anni. Il peggio è avvenuto negli ultimi sei anni: si è passati dai caroselli, per festeggiare l'Amburgo nel 1983, alle vie di fatto. E questo, sinceramente, mi spaventa molto
...si è passati dai caroselli, per festeggiare l'Amburgo nel 1983, alle vie di fatto. E questo, sinceramente, mi spaventa molto
è vero Paolo, verissimo, hai fatto una sintesi perfetta. Io direi che la molla di tutto è stato proprio quello scudetto del 5 maggio, in aggiunta all'arrivo della Pirelli nella Telecom che ha reso possibile lo spionaggio (penso che si possa dire, se facciamo riferimento alla sentenza Vieri della settimana scorsa, senza incorrere in querele).
Tra l'altro, per chi non lo avesse ancora notato, la sentenza Vieri dà ragione a Moggi quando dice che usava le schede svizzere per non essere spiato.
(io sono del 58, faccio in tempo a ricordarmi di Sivori) (Boniperti e Charles, no; ma Sivori sì - quando lo cedettero al Napoli se ne parlava tanto, anche da bambino poi ci si ricorda)
:-)
La gara d’andata tra Genoa e Liverpool la vidi in gradinata sud, allo stadio “Luigi Ferraris”.
Il missile tirato da Branco su punizione aveva gonfiato la rete proprio sopra la mia testa.
Quella sera il pubblico genoano aveva creato un’atmosfera meravigliosa
Concordo con Giuliano: “Ne hanno fatti tanti, di danni, i dirigenti calcistici degli ultimi vent'anni”.
In più, aggiungo che i maggiori responsabili del clima di odio che ha invaso il calcio sono i media.
Trasmissioni come quelle che spopolavano sulle reti Mediaset spesso e volentieri aizzavano i tifosi di questa squadra contro quelli dell’altra.
Un episodio qualsiasi lo puoi raccontare in tanti modi.
Personalmente ho sempre preferito evitare quello polemico: toglie la poesia, la purezza e l’immaginazione ad uno sport che per andare avanti ha bisogno anche (e soprattutto) di quello.
@Paolo: sono un ’74, ho vissuto tutta l’epopea della Juventus trapattoniana a partire da Brady in poi
:-)
Un abbraccio grande a tutti.
Buona giornata
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