martedì 30 luglio 2013

Intervista a Xavier Jacobelli


Xavier Jacobelli, direttore editoriale del sito “Calciomercato.com” e figura di spicco del giornalismo italiano (in passato ha diretto i quotidiani “Tuttosport”, “Corriere dello Sport-Stadio”, “Giorno”, “Qs Quotidiano Sportivo”, “Quotidiano.net”), ha accettato di essere sottoposto a qualche domanda sul mondo del pallone per “Pagina”.

Analizzando la situazione attuale ritiene che la Juventus possa essersi rinforzata così tanto da mantenere inalterato il divario tecnico che nella scorsa stagione la separava dalle altri rivali nella corsa allo scudetto, Napoli inclusa?
Inalterato no, ma sicuramente la Juventus ripartirà con il ruolo di favorita per due motivi: il primo è rappresentato da quanto di buono ha fatto in questi due anni; il secondo, invece, deriva dalla bontà degli acquisti messi a segno sino ad oggi. Mi riferisco agli arrivi di Llorente, Tévez e Ogbonna. Questo non vuol dire che il prossimo campionato sarà per lei una passeggiata di salute. Fiorentina e Napoli, ad esempio, sono le due rivali che in questo momento si sono maggiormente rinforzate, legittimando le ambizioni che nutrono. Fermo restando che le valutazioni finali si potranno fare soltanto alle 23.00 del prossimo 2 settembre, quando si chiuderà questa sessione estiva di calciomercato. Non bisogna dimenticare che i club appena citati lo scorso anno avevano raggiunto rispettivamente la seconda e la quarta posizione in serie A. Di certo si può affermare che stiamo assistendo ad un'importante inversione di tendenza nel calcio italiano: Tévez, Llorente, Gomez, Higuain, Albiol, Callejón, Anderson... campioni affermati e giovani talenti hanno scelto di venire a giocare in Italia. Rispetto a quanto accaduto negli scorsi anni questo è un segnale indubbiamente positivo.

Tra i grandi calciatori che in questo momento militano nei campionati esteri ce n'è uno in particolare che avrebbe piacere di ammirare nel nostro paese?
Sarei tentato di rispondere Messi o Cristiano Ronaldo, ma immagino che risulterei troppo banale... (ride, ndr). Mi sarebbe piaciuto il ritorno di Ibrahimovic, perché per me è un giocatore che continua a rappresentare un valore aggiunto in tutte le squadre nelle quali milita. Purtroppo, però, Mino Raiola ha dimostrato ancora una volta di essere il numero uno nel suo campo dato che poche ore fa è riuscito a strappare un aumento dell'ingaggio per il suo assistito. Motivo per il quale, ovviamente, lo svedese continuerà ad essere un calciatore del Paris Saint-Germain anche per il prossimo futuro.

Secondo lei quanto tempo bisognerà attendere prima di poter definire nuovamente la serie A come il campionato più bello del mondo?
Intanto sarebbe importante se il Parlamento approvasse il disegno di legge sugli stadi. Senza gli stadi di proprietà il calcio italiano non può andare da nessuna parte. La Juventus rappresenta la prima, positiva eccezione. Dopo il primo anno di gestione del nuovo “Juventus Stadium” il fatturato della società bianconera ha registrato un notevole aumento. Anche l'Udinese, la seconda rarità di questi tempi, spenderà sì la cifra di venticinque milioni di euro nella ristrutturazione dello stadio “Friuli”, ma avrà in comodato d'uso per novantanove anni la superficie sulla quale sorge l'impianto grazie ad un intelligente accordo con il comune di Udine. A partire dalla stagione 2014-15, quindi, potrà beneficiare dei frutti del proprio investimento. Ci sono altri club che hanno dei progetti interessanti, ma ognuno di loro si scontra con enormi difficoltà burocratiche che finiscono con il bloccare la creazione di strutture che vivrebbero ventiquattro ore su ventiquattro, non un giorno ogni quattordici, esattamente come sta già accadendo in Inghilterra, Olanda, Germania, Spagna, Portogallo... Sono queste le operazioni che consentirebbero alle nostre società di non trovarsi in perenne difficoltà economica rispetto ai club esteri, costringendole a compiere dei salti mortali per portare a compimento trattative difficili partendo da una posizione indubbiamente svantaggiosa. Un solo dato di riferimento: il Paris Saint-Germain ha speso quattrocentotrentacinque milioni di euro negli ultimi due anni. Una follia...

Sempre in tema di fuoriclasse, ritiene che a Neymar verrà effettivamente concessa la possibilità di mostrare tutto il proprio talento oppure farà anche lui la stessa fine di quei campioni (Eto'o, Villa, Ibrahimovic, Henry) che a Barcellona, nel corso degli anni, hanno finito per rimanere oscurati dalla presenza ingombrante di Lionel Messi?
No, penso di no. Stiamo parlando di un fenomeno, di un ragazzo di ventuno anni dalle notevolissime potenzialità, come ha avuto modo di dimostrare durante la recente Confederation Cup. E' un giovane dalle idee chiarissime, che ha saputo cogliere al volo l'opportunità offertagli dal Barcellona per provare ad imporsi anche nel calcio europeo in quello che sarà, oltretutto, l'anno in cui si svolgerà l'edizione del campionato del mondo ospitata proprio dal Brasile. Spetterà a Martino, il nuovo tecnico dei blaugrana, trovare la formula giusta per sfruttare tutto il potenziale a sua disposizione e per cercare di aiutare l'ambiente a superare il trauma rappresentato dal dramma che sta ancora vivendo Vilanova, il precedente allenatore. Non va dimenticato che nonostante i problemi del recente passato il Barcellona è riuscito a vincere il campionato accumulando la bellezza di cento punti e distanziando il Real Madrid, l'avversario storico, di ben quindici lunghezze.

Cosa pensa possa aggiungere Guardiola al fortissimo Bayern Monaco ereditato da pochi giorni dalle mani di Heynckes? La recente sconfitta dei bavaresi contro il Borussia Dortmund, ovviamente, non può ancora fare testo...
Sono d'accordo con lei. Ho già sentito troppi epitaffi in merito alla finale di Supercoppa di Germania vinta con pieno merito dal Borussia Dortmund, una signora squadra. Al tecnico spagnolo va lasciato il tempo necessario per creare il giusto mix tra la potenza e l'esplosività di una formazione che nella passata stagione ha vinto tutto, e la fantasia e la mentalità spregiudicatamente offensivista che caratterizzano il suo modo di vedere il calcio. Lo spettatore paga il biglietto per divertirsi, la strada è quella giusta. Nella Bundesliga, poi, ci sono stadi fantastici, ambienti straordinariamente belli, ideali per chi vuole seguire la propria squadra. La media spettatori è diventata la più alta in Europa: l'anno scorso fu di quarantatremilaquattrocentoventuno spettatori. Guardiola, in buona sostanza, è stato bravo a scegliere il Bayern Monaco e la Bundesliga come tappe per continuare la propria carriera di tecnico di successo.

Alla luce della sua fortunata esperienza giornalistica quale consiglio si sentirebbe di fornire ad un giovane alle prime armi nel mondo odierno dell'informazione?
Deve avere una grande passione. Si deve lasciare guidare da quella, dalla passione, in qualunque ambito decida di cimentarsi: cartaceo, informatico, radiofonico, televisivo. Il secondo consiglio è quello di non demordere, dato che attualmente le condizioni nel campo editoriale sono obiettivamente difficili. Ma sono convinto che chi ama realmente questo mestiere e lo vuole fare a tutti i costi alla fine ce la possa fare.

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sabato 20 luglio 2013

Boniek, il “bello di notte” a Torino


Il 20 luglio 1982, esattamente trentuno anni fa, Zbigniew Boniek iniziava a tutti gli effetti la sua nuova avventura con la maglia della Juventus. Le prime parole da lui pronunciate nel corso della consueta conferenza stampa di presentazione davanti ai giornalisti furono queste: "Sono molto stanco, non tanto per i mondiali, che sono oramai un ricordo, ma per tutte le faccende che ho dovuto sbrigare in Polonia. Ho dato l'ultimo esame per il diploma di insegnante di educazione fisica, ho chiuso casa, ho sistemato i miei affari. Ora sono qui a disposizione della Juventus. Sono felice di far parte della più famosa squadra italiana".

Partito in aereo da Varsavia, una volta atterrato a Milano con il volo proveniente dalla Polonia aveva poi raggiunto Torino in auto. Barcellona, Paris Saint-Germain e Roma erano soltanto alcune delle società che avrebbero fatto carte false pur di assicurarsi le sue prestazioni sportive. Campione già formato e affermato, Boniek non aveva mostrato alcun segno di paura di fronte all'esperienza che stava per intraprendere: "Sono un calciatore professionista e sono venuto per giocare bene. Non credo di portare nulla di nuovo al calcio italiano perché il calcio di quaggiù ha tutto per prevalere anche in campo mondiale. Se mi adatterò al vostro calcio? In Italia giocate come piace a me: con prudenza e con determinazione, con grinta e con classe. Non ci saranno problemi. Io sono molto allegro prima e dopo le partite. In campo sono molto meno allegro, perché voglio vincere".

Di lì a pochi giorni sarebbe andato ad integrare un gruppo di  valore assoluto, costituito dallo zoccolo duro della nazionale azzurra che si era appena laureata campione del mondo in Spagna e dall'altro neo acquisto bianconero, il francese Michel Platini. Il "bello di giorno", così come lo aveva  definito l'avvocato Agnelli di fronte ad Henry Kissinger pochi istanti prima di soprannominare lo stesso Boniek "il bello di notte". Nella memoria collettiva degli sportivi resteranno impresse soltanto queste ultime parole.

Stuzzicato dai giornalisti in merito alle enormi potenzialità della Juventus che stava nascendo, il polacco aveva mostrato un atteggiamento prudente: "Si gioca in undici. Certo, mi sembra una Juve forte. Sulla carta, è forte. Sul campo vedremo. Brady era un grosso giocatore. Peccato che non ci sarà".

Anche Marco Tardelli, che proprio in quei momenti si trovava in vacanza con la famiglia in Costa Smeralda, concordava con quanto affermato da Boniek: "Mi auguro che la Juventus possa dominare il campionato, ma non lo credo. Molte squadre si sono rinforzate e credo che anche quest'anno dovremo lottare fino alla fine. Roma, Fiorentina, Inter e anche il Torino hanno messo insieme dei buoni complessi: non ci sarà niente da ridere".

Passando da un campione del mondo ad un altro, Gaetano Scirea, diventato cittadino onorario di Ceriale, aveva scherzato con i cronisti presenti nel piccolo comune ligure in merito agli obiettivi di Madama per la stagione successiva: "Campionato o Coppa dei Campioni? Uno e l'altro...".
Boniek, invece, non aveva mostrato alcun interesse nel diventare il marcatore principe della Vecchia Signora: "Che importa segnare o non segnare? Io voglio vincere la Coppa Italia, il campionato e la Coppa dei Campioni. Segni chi vuole".
Nel corso dei tre anni trascorsi sotto la Mole sarebbe riuscito a conquistare tutti quei trofei.
Lo scudetto, però, non arrivò al primo colpo: fu la Roma, la squadra nella quale si sarebbe poi accasato una volta lasciata la Juventus, a trionfare.
Anche nella capitale ebbe modo di mostrare il proprio talento al suo nuovo pubblico.
Il "bello di notte", comunque, era rimasto a Torino.

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giovedì 4 luglio 2013

Karl Aage Hansen e la Juventus danese


Alle Olimpiadi di Londra del 1948 la Danimarca vinse la medaglia di bronzo nel calcio. Il regista di quella formazione era un certo Karl Aage Hansen, centrocampista nato il 4 luglio del 1921 che di lì a poco sarebbe arrivato in Italia per giocare nell'Atalanta. L'anno successivo il danese si trasferì alla Juventus, con la quale conquistò lo scudetto numero nove della storia di Madama. Karl Aage disputò tre campionati alla corte della Vecchia Signora, all'epoca pilotata da un giovane Gianni Agnelli. 

L'Avvocato, infatti, aveva diretto le sorti del club bianconero dal 22 luglio 1947 al 18 settembre 1954, prima che - a distanza di poco più di un anno - la gestione della società passasse nelle mani del fratello Umberto. Per poter ammirare la Juventus del fantastico trio Sivori-Charles-Boniperti i tifosi avrebbero dovuto attendere ancora qualche tempo, mentre quello vissuto da Hansen era ancora il periodo storico del calcio nostrano caratterizzato dall'invasione degli scandinavi.

La grande manifestazione che, come spesso accade, aveva orientato le attenzioni degli operatori di mercato era stata - appunto - l'Olimpiade di Londra. In quell'occasione la Svezia si era guadagnata sul campo la medaglia d'oro, e proprio da quella terra arrivarono Gunnar Nordahl, Gunnar Gren e Nils Liedholm. I tre formarono un altro trio leggendario che fece la fortuna del Milan. Sotto la Mole, sponda bianconera, proprio nel 1948 era atterrato il danese John Hansen, presto raggiunto da altri due connazionali: Karl Aage Præst e il già citato Karl Aage Hansen. Col tempo maturò un vero e proprio esodo di calciatori dai paesi nordici verso l'Italia: giocarono in serie A i vari Karl Lennart Skoglund (Inter, Sampdoria e Palermo), Ivan Tage Jensen e Axel Pilmark (Bologna), Arne Bengt Selmosson (Udinese, Lazio e Roma), Kurt Hamrin (Juventus, Padova, Fiorentina, Milan e Napoli) e… tanti altri ancora.

Agli inizi degli anni Cinquanta del vecchio secolo il Grande Torino, rimasto vittima della tragedia di Superga, aveva lasciato spazio ad una società che del Torino che fu portava soltanto il nome. I club che potevano realmente ambire alla conquista dello scudetto erano altri. Nel campionato 1950-51 Karl Aage Hansen riuscì a mettere a segno la bellezza di 23 reti, che non consentirono comunque a Madama di superare in classifica il Milan (trionfatore) e l'Inter. Andò meglio la stagione successiva quando fu l'altro Hansen, John, a vincere la classifica dei cannonieri del campionato con ben 30 goal realizzati, posizionandosi davanti al "pompierone" Nordahl. In quell'occasione per i colori bianconeri arrivò, come detto, il tricolore.

I due Hansen scomparvero entrambi nel 1990, John il 12 gennaio e Karl Aage il 23 novembre. A distanza di soli due anni la Danimarca conquistò uno storico quanto inaspettato Europeo. Il torneo venne disputato in Svezia. Per un'estate soltanto l'ombelico del calcio si era spostato di nuovo lassù, laddove una volta si producevano i talenti che hanno fatto le fortune di alcuni club italiani.

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