Tutto era cominciato con
Didì, Vavà e Pelè. Poi venne la volta di Garrincha, Amarildo,
Rivelino e via discorrendo, sino ad arrivare ai giorni nostri. Al
solo sentire pronunciare il nome "Brasile" sono tantissimi
gli appassionati di calcio che visualizzano immediatamente, da tempo
immemore, l'immagine di un calciatore sudamericano mentre si diverte
ad accarezzare con i piedi un pallone, accompagnato da una musica che
ispira allegria.
Questo è accaduto sino a
quando i terribili ragazzi tedeschi di Joachim Löw sono riusciti ad
abbattere il loro mito in soli novanta minuti di gioco. Gli inglesi
hanno inventato il football, è vero, ma poi a vincere sul campo
hanno pensato gli altri. Con i brasiliani, appunto, in testa alla
compagnia. E' curioso notare come nelle uniche due occasioni nelle
quali questi ultimi hanno organizzato un mondiale in casa siano
riusciti ad ottenere le sconfitte più umilianti della loro storia.
Nel 1950 erano stati gli
uruguaiani a rovinare la loro festa in quella partita alla quale
affibbiarono il nome di "Maracanazo". A distanza di
sessantaquattro anni, e con cinque stelle portate orgogliosamente sul
petto (simboli dei trionfi conseguiti nelle varie edizioni del
torneo), sono riusciti a fare addirittura di peggio.
Il Brasile ha smesso di
divertire e di divertirsi da quando ha iniziato a prendere come
esempio il calcio troppo muscolare e poco fantasioso praticato da
alcune nazionali europee. La Germania, viceversa, ha ripreso a
diventare temibile per le avversarie da quando ha raccolto i
risultati della crescita di una nidiata straordinaria di talenti
capaci di dare del "tu" al pallone. Seguendo, in questo
modo, lo stesso percorso intrapreso qualche anno prima dalla Spagna.
L'arrivo a Monaco di Baviera di Guardiola ha migliorato, se
possibile, questo processo di trasformazione.
Le assenze di Neymar e
Thiago Silva non devono trarre in inganno: la Germania non ha
soltanto messo a nudo le debolezze di una nazionale, bensì quelle di
un intero sistema calcistico. Il Brasile aveva iniziato la propria
leggenda nel lontano 1958, in Svezia, esattamente due edizioni dopo
il "Maracanazo". L'attesa non fu breve, ma la gioia di
vedere giocare quei campioni formidabili con il sorriso sulle labbra
aveva ripagato un popolo che elesse ben presto i loro beniamini al
rango di eroi.
3 commenti:
Le prestazioni e le vittorie della Germania (non solo qui al mondiale ma anche a livello di club) sono il risultato di una vera politica di crescita fatta da qualche anno a questa parte dai tedeschi, cosa che qui in Italia, come ben sappiamo, non avviene. Ma nemmeno in Brasile. Si sa che tutti i bambini brasiliani giocano a calcio, ma il tutto è lasciato al caso, per cui se nascono talenti bene, altrimenti si perde. La programmazione invece tende proprio a dare, alla lunga, una impostazione professionistica anche a coloro che non sono talenti puri ma che poi, alla fine, ottengono risultati.
guardando la partita mi è tornato alla mente, con molta forza, "The Truman Show" di Peter Weir: nel senso che mi aspettavo che venisse giù qualche scenografia, che si aprisse uno sbrego su un fondale malfatto. Insomma, che tutto fosse una recita.
Per completare l'impressione, dopo una cosa del genere è tutto il mondo del calcio così come è oggi che mi è crollato davanti.
La Germania ha fatto il suo, niente di più: era il Brasile che non c'era, erano sagome di cartone, il subbuteo, i tollini con cui giocavano i nostri genitori...
Al di là di ogni possibile immaginazione, mai avrei pensato una cosa come questa.
Neanch'io me lo sarei mai immaginato. La situazione era già difficile, certo che Scolari ci ha messo pure del suo per peggiorarla...
Concordo con Danny sulle valutazioni dei due mondi calcistici
Un abbraccio!!!
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