giovedì 13 maggio 2010

Quando il calcio diventa poesia: "Il pallone racconta"


Arrivo a casa di corsa. "Ce la faccio, ce la faccio!!!"
No, non ce la faccio… Tredici minuti prima il corriere era passato per consegnarmi il libro di Stefano Bedeschi, "Il pallone racconta". Era stato lo stesso autore a regalarmene una copia, facendola pervenire direttamente a casa mia. E invece… La fortuna è cieca; la sfiga, dolce compagna di alcuni dei momenti topici della mia vita, tenera e dolce non mi abbandona mai: lei ci vede benissimo.
Tredici minuti, e poi la ricerca del deposito più vicino dove andare a ritirarlo il giorno successivo: a sfidare la sorte, ormai, non ci provo neanche più.
Deposito che - ovviamente - si trova dall’altro capo della città...

Tredici minuti, come quelli intercorsi tra l’inizio di uno Juventus-Milan giocato a Torino, nel campionato 1949-50, e la marcatura di John Hansen, contro i rossoneri del famoso trio "Gre-No-Li" (Gren, Nordahl, Liedholm). Quella fu la partita che terminò con una delle sconfitte più eclatanti della storia dei bianconeri: 1-7!
Come avrebbe detto Oronzo Canà (il personaggio interpretato al cinema da Lino Banfi): "Tutta colpa di quel goal a freddo…".
Sì, ma il primo goal lo segnammo noi…

Una bellissima introduzione della dolce penna di Massimo Zampini accompagna per mano il lettore nel viaggio dentro il libro. Ogni capitolo è un pezzo di storia del calcio raccontata attraverso il "dietro le quinte", quello che - al pari delle notizie di calciomercato - appassiona maggiormente i tifosi. Emozioni, successi, tragedie umane e calcistiche che si incrociano tra di loro, le une attaccate alle altre, a formare il DNA di questo meraviglioso sport.
Perché dietro ad un calciatore c’è un uomo, con le sue forze e le sue debolezze. A monte di una squadra vincente, in molte occasioni, c’è un’alchimia tra molteplici fattori difficile da spiegare. Vicende che uno sportivo già conosce (anche se alcune, al sottoscritto, sono risultate "nuove") ma che vengono raccontate da un’angolatura "diversa" rispetto a quella a cui siamo stati abituati.
Spesso si dice che il calcio ha perso la poesia che è intrinseca a questo sport. In parte è vero, ma ha ragione da vendere chi sostiene che ha perso anche molti "poeti" in grado di raccontarlo nella giusta maniera.

Juventus, tanta. Ma non solo. Da Riva a Rivera, dalla Lazio campione d’Italia del 1974 alla "fatal Verona", dalla clamorosa sconfitta della nazionale italiana contro la Corea del Nord del 1966 (con il goal segnato da Pak Doo Ik) al mondiale vinto in Spagna nel 1982.
L’inizio? Le origini, per poi passare attraverso il "metodo" e il "sistema" sino ad arrivare alle evoluzioni tecnico/tattiche che ne hanno accompagnato la storia sino ai giorni nostri.
Il tutto raccontato (anche) attraverso l’utilizzo delle testimonianze dirette dei protagonisti e di quei giornalisti che - con le loro macchine da scrivere - hanno scolpito nella memoria dei tifosi le imprese di più epoche. Un libro che incuriosisce prima, per appassionare in un secondo momento. Racconti e immagini in bianco e nero, come i colori dell’amata Vecchia Signora.

Dalle pagine (internet) del suo blog Stefano Bedeschi racconta, quotidianamente, all’ora del cappuccino, la vita di un calciatore bianconero: sono pochi i giocatori che non ha "esaminato", studiato e mostrato ai visitatori.
Sono molte le partite per le quali ha trovato "un passato importante" da tirare fuori dal cilindro dei ricordi.
Storia, ma anche attualità. Schede di natura tecnica, ma anche di psicologia umana: "a carte scoperte", ecco quello che in molti avrebbero piacere di conoscere. E di leggere.
Un libro che da tempo avrei voluto avere tra le mani, e che - con un pizzico di invidia - mi sarebbe piaciuto scrivere, se solo ne avessi avuto le capacità.

Noi tutti siamo pazzi per il calcio: anche chi fa fatica ad ammetterlo. A volte, stufi di sentirne parlare sempre in toni polemici, viene da domandarsi "il perché" di tutto questo amore.
Perché col calcio ci siamo cresciuti: dagli zainetti buttati a terra al termine della scuola e usati come porte per partite improvvisate dalla voglia di tirare quattro calci ad un pallone (con le solite discussioni su "un palo" o una "traversa" colpiti o meno, chissà come facevamo a distinguerli senza riferimenti…), alle scarpe nuove sporcate di terra il giorno immediatamente successivo al loro acquisto (come fare a nasconderle alla mamma?); dalla voglia di imitare le gesta dei campioni reali alla speranza, mista a fantasia, di entrare in uno stadio, un giorno, e sentire il proprio nome scandito a voce alta da migliaia di sostenitori.
Dalla scelta di una squadra del cuore da amare dipende "il futuro" di molti tifosi.
Modificando una delle battute più famose di Gianni Agnelli, proprio nei giorni nei quali a uno "di loro" (o "di noi", Andrea) è stata affidata la gestione della Vecchia Signora, il tifoso bianconero può concepire con la fantasia una sua risposta in merito ad una domanda immaginaria sul "perché" di tanto amore: "Avvocato, ama più la Juventus o il calcio?", "Sono fortunato, spesso le due cose coincidono".

Quasi alla fine, in zona Cesarini, un sorriso nel mio volto accompagna la lettura delle ultime pagine del libro.
E chissenefrega di quei tredici minuti…

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

2 commenti:

marco99 ha detto...

deve essere proprio una bella lettura..
un abbraccio

Thomas ha detto...

Te lo assicuro, Marco.
Non avrei scritto parole simili se non ne fossi stato convinto.
Lo consiglio
Un abbraccio ;-)