sabato 12 marzo 2011

Il pareggio al "Dino Manuzzi" della Juve mundial

"E' necessario cercare il risultato pieno. Sarebbe importantissimo anche sotto l'aspetto psicologico. Una vittoria consentirebbe alla squadra di sbloccarsi e di uscire da questo momento di impasse. La condizione non ci manca, però finora inspiegabilmente non siamo riusciti a tradurla in risultati. Purtroppo Cesena è un campo difficile. Giocheremo contro una formazione temibile, che 'morde' e sa farsi valere agonisticamente". Trapattoni espresse con queste parole le sue preoccupazioni circa l'esito dell'imminente partita della sua Juventus contro i romagnoli, prevista allo stadio "Dino Manuzzi" il 23 gennaio 1983.
Ormai distante dalla Roma in classifica, da quel club che poi si sarebbe aggiudicato a fine stagione il secondo tricolore della sua storia, la Vecchia Signora era incappata in un periodo negativo dal quale faceva fatica ad uscire. Tre pareggi ed una sconfitta nelle ultime quattro gare di serie A rappresentavano un qualcosa di più di un semplice campanello d'allarme. Soprattutto se ad accumulare questi risultati era una formazione che tra le proprie fila poteva annoverare ben sei campioni del mondo in carica (i reduci dalla vincente spedizione spagnola della nazionale azzurra guidata da Enzo Bearzot), oltre a Michel Platini e Zbigniew Boniek, i due fuoriclasse stranieri arrivati a Torino l'estate precedente.
Ancora alla ricerca della giusta quadratura in campo della sua squadra nonostante il campionato fosse ormai arrivato alla diciassettesima giornata, Trapattoni lasciò in panchina Furino e Bettega per dare spazio a Bonini (a centrocampo) ed avanzare il neoacquisto polacco in una posizione maggiormente offensiva rispetto al solito, tra le reticenze dello stesso giocatore che si sentiva più a proprio agio nel ruolo di playmaker. L'intento del tecnico bianconero era chiaro: al fine di invertire la rotta per allontanarsi dal momento di crisi, aveva deciso di proporre un undici di base più attendista del recente passato, ma allo stesso tempo pronto a ripartire velocemente in attacco una volta entrato in possesso del pallone. "Il Cesena è pericoloso. In particolare, il contropiede di Schachner e Carlini, due attaccanti veloci. In passato abbiamo sofferto contro squadre che praticano questo tipo di gioco, quindi occorre stare molto attenti a non scoprirsi", affermò l'allenatore pochi istanti prima dell'incontro. A Sergio Brio venne affidata la marcatura della punta austriaca, mentre Claudio Gentile si prese cura del suo compagno di reparto.

Le difficoltà mostrate dalla Juventus durante i primi istanti dell'incontro non fecero altro che dare ragione alle critiche dell'opinione pubblica in merito alle sue ultime prestazioni. Schachner realizzò due reti in soli 27': la prima (al 17') bruciando Brio sullo scatto e colpendo il pallone in controbalzo di destro per trafiggere un incolpevole Zoff; la seconda, invece, originata da un errato di disimpegno di Scirea, che permise a Piraccini di lanciare a rete l'attaccante abile a liberarsi ancora del suo marcatore diretto, a resistere all'intervento di Gentile e ad anticipare quello di Cabrini, per poi dribblare il numero uno bianconero e batterlo nuovamente.
Il raddoppio del Cesena scatenò le vivacissime proteste di tutti i giocatori juventini, i quali accorsero in gruppo verso il guardalinee reo di non aver alzato la bandierina per segnalare una chiara situazione di fuorigioco. In quei concitati momenti Tardelli venne sfiorato da una radiolina piovuta dagli spalti, nel contesto di un ambiente divenuto tutto ad un tratto ostile nei confronti di Madama. Un'atmosfera difficile da immaginare ad inizio gara, prova ne sia che lo speaker del "Dino Manuzzi" aveva accompagnato l'ingresso in campo delle due formazioni al grido di "Viva la Romagna, viva la Juventus". La netta sensazione di aver subito un torto fece scuotere la Vecchia Signora dal suo torpore, provocando una feroce reazione degli uomini di Trapattoni. Brio dimezzò il distacco dopo due soli minuti (al 29'): un assist di testa di Boniek (a seguito di un traversone proveniente da una punizione calciata da Cabrini) fece arrivare il pallone al difensore che - all'interno dell'area di rigore - lo controllò col petto ed evitò un avversario per poi realizzare il primo goal della giornata per gli ospiti.
Le squadre andarono al riposo con i padroni di casa in vantaggio per 2-1. Boniperti, che come sua abitudine consolidata aveva abbandonato lo stadio dopo i primi 45' di gioco, fu abile ad evitare un tentativo di aggressione di un anziano tifoso romagnolo che aveva provato a colpirlo con un pugno. Alla ripresa del gioco, Trapattoni mischiò le carte a sua disposizione, togliendo dal campo un evanescente Marocchino per inserire Bettega e presentare una formazione a trazione anteriore, data la contemporanea presenza - oltre all'attaccante - di Platini, Boniek e Paolo Rossi. Nell’intenzione di non lasciare troppo scoperta la difesa, poi, le sistemò davanti i due soli uomini rimasti a vigilare sulla linea mediana: Bonini e Tardelli.
La Juventus s’impossessò del predominio dell’incontro, pressando gli avversari soprattutto sulla fascia laterale destra, dove Gentile spinse come un forsennato per tutta la restante parte di gara. L'ingresso di Bettega consentì alla Vecchia Signora di avere un punto di riferimento importante nel reparto offensivo. Fu lo stesso attaccante a consentirle di pervenire a pareggio al 16', stoppando di petto e girando violentemente di destro a rete un pallone recapitatogli da Platini con un delizioso lancio. Nonostante il forcing finale di Madama, il risultato non cambiò più. La partita terminò 2-2, ma continuarono le polemiche, che indussero il club torinese al silenzio stampa in merito all'episodio che aveva portato alla seconda rete dei romagnoli.

A fine stagione la bacheca della società torinese si arricchì soltanto di una coppa Italia, a causa del secondo posto ottenuto in campionato alle spalle dei giallorossi e della finale di coppa dei Campioni persa ad Atene contro i tedeschi dell'Amburgo. La strada, però, era ormai tracciata: stava nascendo quella grandissima squadra che già a partire dall’anno successivo avrebbe ripreso a vincere trofei prestigiosi, sedendosi - di volta in volta - sui troni di Italia, d'Europa e del mondo.

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