venerdì 29 aprile 2011

La doppietta di Del Piero nella quaterna rifilata a Zeman


"Ci ho provato, per certi goal occorre anche fortuna". Sarà stato merito anche della dea bendata, ma ormai era già apparso chiaro a tutti come Alessandro Del Piero fosse qualcosa di più di una semplice promessa. Vent'anni compiuti da poco, la classe cristallina e la sua capacità di imprimere il proprio marchio sulle partite erano quelle tipiche dei campioni di razza.
Capitò di averne una riprova anche a Roma, allo stadio "Olimpico", l’11 dicembre 1994: nel posticipo serale della tredicesima giornata del campionato di serie A la Vecchia Signora fece visita alla Lazio guidata da Zdenek Zeman.
La squadra allenata da Marcello Lippi era reduce dalla trionfale rimonta operata sulla Fiorentina nel precedente incontro casalingo al "Delle Alpi": sotto di due reti era stata in grado di ribaltare il risultato ed ottenere la vittoria grazie alla doppietta realizzata da Gianluca Vialli ed alla gemma finale - manco a dirlo - di Del Piero. Piena d'entusiasmo, arrivò però nella capitale priva di diversi titolari, tra i quali lo stesso numero nove bianconero e Di Livio. Se già in passato aveva dimostrato di poter reggere il peso dell'assenza di Roberto Baggio sorretta dalle prodezze della sua nuova stella, la forzata rinuncia a Vialli (squalificato) veniva ritenuta particolarmente delicata per lo straordinario apporto di grinta che il centravanti era stato in grado di fornire sino a quel momento.

Lippi decise comunque di non rinunciare in partenza all'idea del tridente offensivo, creandone per l'occasione uno atipico: al talento di Conegliano e a Ravanelli venne infatti affiancato Marocchi, centrocampista di copertura più che d'attacco. In realtà il tecnico di Viareggio con questa decisione volle lanciare un messaggio ai propri uomini e agli avversari: a Roma la Juventus andava per vincere. Fedele al 4-3-3, Zeman preparò la sua Lazio per un gara d'assalto, quella che - in effetti - si concretizzò nei primi minuti dell'incontro. Favalli, Winter e Signori trovarono lungo la corsia sinistra gli spazi necessari per scardinare la difesa bianconera, anche perché Tacchinardi, nell’insolita veste di esterno destro di una linea mediana completata da Paulo Sousa e Conte, soffriva non poco la pressione dei padroni di casa nella zona di sua competenza.

Casiraghi impegnò severamente Peruzzi di testa su un traversone di Fuser, poi – proprio dal lato mancino – al 20’ arrivò la rete del vantaggio laziale: Signori riuscì a liberarsi dalla guardia di Kohler e mise rasoterra a centro area un pallone deviato dal numero uno bianconero verso l’accorrente Rambaudi, che siglò con un piatto destro l’1-0. Quattro minuti dopo Del Piero non riuscì a pareggiare, pur essendosi venuto a trovare solo davanti a Marchegiani grazie ad un ottimo assist di Ravanelli: un attimo di esitazione gli fu fatale, consentendo a Negro un recupero decisivo che impedì al giovane attaccante di piazzare la stoccata vincente.

Ancora Casiraghi, ben servito da Favalli, fallì il raddoppio, prima che Cravero compisse un gesto tanto plateale quanto inutile e ingenuo: già ammonito fermò con la mano sinistra il pallone a centrocampo, meritandosi una sacrosanta espulsione. Zeman dovette correre ai ripari, sacrificando Signori per coprire con l’inserimento di Bergodi il buco venutosi a creare in difesa. Nel momento in cui apprese di dover abbandonare il campo la punta mandò a quel paese il boemo in mondovisione, mentre Lippi attese qualche minuto per effettuare la contromossa: fuori Carrera, un difensore, dentro un attaccante, il giovanissimo Corrado Grabbi, nipote di Giuseppe, centrocampista della Juventus negli anni venti, con Marocchi riportato nella sua naturale posizione e Tacchinardi arretrato davanti a Peruzzi.
Ricostruito un tridente offensivo di nome e di fatto, Madama trovò il goal del pareggio al 37’: Del Piero anticipò Winter nel raccogliere un pallone lanciato da Orlando nell’area di rigore laziale e, dopo un corpo a corpo con l’olandese, riuscì a toccare la sfera con la punta del piede in scivolata davanti a Marchegiani, quando ormai sembrava averla persa.
Nella ripresa, dopo solo 8’, la Vecchia Signora si portò in vantaggio: ancora in scivolata, Marocchi, ricevuto un assist d’oro di Conte dalla fascia destra, beffò la retroguardia laziale infilando il pallone sotto la traversa.

Lippi a questo punto mescolò nuovamente le carte, togliendo lo stesso Conte per irrobustire la difesa con l’innesto di Porrini, prima che Del Piero, sempre lui, illuminasse lo stadio “Olimpico” con una perla di rara bellezza: giunto al limite dell’area di rigore biancoceleste, vicino al punto in cui Signori in precedenza aveva confezionato l’assist per la rete di Rambaudi, si bevve in un colpo solo Negro e Venturin, per poi battere Marchegiani colpendo la sfera con l’interno destro e piazzandola laddove il numero uno biancoceleste non poté intervenire.
Non contento pochi minuti dopo lanciò Grabbi in contropiede, consentendogli di percorrere una quarantina di metri in perfetta solitudine e di trafiggere l’estremo difensore della Lazio per la quarta volta.
Un calo di concentrazione dei bianconeri permise ai padroni di casa di segnare – con Casiraghi e Fuser - due reti quando ormai l’incontro non aveva più nulla da dire.

A fine stagione la Vecchia Signora riuscì, dopo otto lunghi anni di attesa, a vincere il ventitreesimo scudetto della sua storia. Ventitré, come il numero degli anni di Andrea Fortunato, il terzino sinistro bianconero che in quei giorni lottava contro la leucemia. Roberto Bettega andò a fargli visita al Policlinico di Perugia, per festeggiare insieme a lui il successo bianconero ottenuto a Roma: “L’ho rivisto dopo alcuni mesi, durante i quali ci siamo sentiti spesso, e adesso l’ho trovato bene. Mi sono complimentato con il padre, hanno dato ad Andrea un’educazione che lo ha aiutato in questa battaglia, insieme con la sua innata tenacia”.
Fortunato avrebbe smesso di lottare qualche mese dopo, il 25 aprile. A lui la Juventus dedicò il tricolore.
Durante quella visita i due discussero anche delle prodezze del ragazzino ventenne con la maglia numero dieci sulle spalle.
Che, intervistato al termine della gara allo stadio "Olimpico", dichiarò: “Goal alla Baggio? Lui rimane il più grande, ma questo è un gol alla Del Piero”.
Senza saperlo era riuscito a prevedere un pezzo del suo futuro.

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3 commenti:

Thomas ha detto...

Saluti anche a te, Yashal
;-)

Non ti preoccupare: rispetto a quella descritta nel pezzo questa Juve ha in comune soltanto Del Piero.
Con sedici anni in più...

Baci e a presto!

Unknown ha detto...

Ciao ragazzi in bocca per stasera.

Thomas ha detto...

In bocca al lupo!
Grazie per il pensiero

Un abbraccio e forza Juve!!!