"Saranno loro a doversi preoccupare e non certo noi, anche perdendo avremmo sempre tre punti di vantaggio. Mercoledì è stato per la Roma solo un episodio negativo che tuttavia va ridimensionato, considerando che abbiamo incontrato una delle formazioni più forti d'Europa. La Juve sappia che il campionato è tutt'altra cosa". Con queste parole Franco Tancredi, portiere dei giallorossi, mise in guardia la Vecchia Signora in vista dell'imminente incontro che avrebbe opposto le due squadre allo stadio "Olimpico" domenica 6 marzo 1983. Reduce dalla sconfitta infrasettimanale contro il Benfica nella gara valida per i quarti di finale della coppa UEFA, la squadra di Nils Liedholm era finita nel mirino della critica. Al contrario di quanto era accaduto a Madama, vincente e convincente nella trasferta inglese in Coppa dei Campioni contro l'Aston Villa.
La Juventus, con nove gare ancora da disputare prima della conclusione del campionato, si trovava a cinque lunghezze di distanza dalla Roma prima della classe, all'epoca in cui per ogni successo venivano assegnati due punti. Un margine, questo, che consentiva al club giallorosso di conservare una relativa tranquillità in previsione del match clou della ventiduesima giornata. La capitale era pronta ad ospitare la sfida tra le due regine incontrastate del calcio italiano dei primi anni ottanta del vecchio secolo, una vera e propria sfilata di fuoriclasse ed un “duello nel duello” che stuzzicava la fantasia delle rispettive tifoserie: quello tra il brasiliano Falcao da una parte ed il francese Platini dall'altra. Il pareggio ottenuto in rimonta nella trasferta a Cesena all'inizio del girone di ritorno (dopo essersi trovata in svantaggio di due reti) dava alla Vecchia Signora la piena consapevolezza delle sue enormi potenzialità. Trapattoni si era convinto di poter schierare contemporaneamente Bettega, Paolo Rossi, Boniek e lo stesso Platini senza che ne risentisse l'equilibrio in campo della squadra. Il compito di proteggere la difesa, che poi era anche quella titolare della Nazionale azzurra fresca campione del mondo con la sola esclusione di Sergio Brio, era demandato a Tardelli e Bonini.
L’incontro si mostrò subito avaro di spunti degni di nota, fatta eccezione per una conclusione di Bruno Conti da fuori area, con Zoff a deviare in calcio d'angolo spingendo il pallone oltre la traversa. Per riassumere in poche parole la totale mancanza di emozioni che caratterizzò i primi quarantacinque minuti della partita può bastare la dichiarazione che Enzo Bearzot, c.t. dell'Italia Mundial, rilasciò durante l'intervallo ad un cronista: "Speriamo che la gara si accenda. Capisco che l'importanza della posta in palio è molto alta. Vedo che c'è molta volontà a centrocampo, buona anche qualche triangolazione. Però nessuna delle due squadre affonda con convinzione". Alla ripresa delle ostilità la Juventus rientrò sul campo con un atteggiamento decisamente più aggressivo, tanto che Platini al 13' finì per mettere involontariamente fuori causa Pruzzo a seguito di un duro contrasto di gioco. Al posto del bomber giallorosso entrò Iorio, cui Gentile diede subito il “benvenuto” con un rude intervento dopo pochi istanti dal suo ingresso. In occasione del conseguente calcio di punizione, mentre Madama preparava il cambio tra Boniek e Marocchino, un attimo di esitazione di Barbaresco, il direttore di gara, costò caro alla Vecchia Signora: dubbioso se procedere immediatamente alla sostituzione, diede il tempo a Conti di agire di sorpresa, calciando il pallone nella direzione di Falcao che di testa battè l'incredulo Zoff.
Passata in svantaggio in maniera rocambolesca, la Juventus scaricò tutta la rabbia accumulata riversandosi nella metà campo giallorossa: a Paolo Rossi e Platini vennero negati due possibili calci di rigore, mentre Tardelli e Scirea sfiorarono il goal dell’1-1. Sull'altro versante Iorio, servito da Ancelotti, venutosi a trovare a tu per tu con Zoff in posizione defilata, calciò a botta sicura, con la sfera che sfilò davanti a tutta la linea della porta senza entrare. Al 38' Platini impresse il suo marchio di fabbrica sulla partita. A seguito di un contrasto con Falcao e Conti ottenne la concessione di un calcio di punizione a ridosso dell'area di rigore dei padroni di casa: dalla sua zona prediletta disegnò un capolavoro che portò il pallone ad oltrepassare la barriera e ad infilarsi sotto l'angolo opposto a quello difeso da Tancredi. Ottenuto il pareggio, Madama non si accontentò: ancora il francese, elusa la tattica del fuorigioco messa in atto dagli uomini di Liedholm, si girò su se stesso a pochi metri dal numero uno giallorosso per crossare a centro area, dove Brio riusciva a spingere di testa il pallone in rete per l'incredibile vittoria in rimonta della Vecchia Signora. Sullo stadio calò il gelo: bissando il successo ottenuto al “Comunale” nel girone d’andata con lo stesso risultato, la Juventus era riuscita ad avvicinarsi in classifica a soli tre punti di distanza dalla Roma. Questo non servì ad impedire che lo scudetto si trasferisse nella capitale a fine campionato, salvo poi tornare nel capoluogo piemontese la stagione immediatamente successiva.
L'ultima annotazione della giornata riguardò l'autore del goal decisivo: a gara conclusa, mentre si dirigeva verso gli spogliatoi, Brio venne azzannato ad una coscia da un cane al guinzaglio di un agente del servizio d’ordine posizionato oltre i tabelloni pubblicitari. L'episodio gli provocò - fortunatamente - soltanto una ferita superficiale. Nelle interviste del dopo partita, stuzzicato su un possibile errore dell’arbitro in occasione del momentaneo pareggio bianconero, il presidente dei giallorossi Dino Viola chiuse con eleganza la questione: “No, non direi, anche se onestamente nessuno ha visto il fallo che ha portato alla punizione vincente di Platini. Tuttavia non intendo prendermela con nessuno. Si parla troppo di potere della Juventus e si dimentica una cosa importantissima: che la Juventus il potere ce l'ha qui, nella testa”.
Quella di una squadra vincente.
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La Juventus, con nove gare ancora da disputare prima della conclusione del campionato, si trovava a cinque lunghezze di distanza dalla Roma prima della classe, all'epoca in cui per ogni successo venivano assegnati due punti. Un margine, questo, che consentiva al club giallorosso di conservare una relativa tranquillità in previsione del match clou della ventiduesima giornata. La capitale era pronta ad ospitare la sfida tra le due regine incontrastate del calcio italiano dei primi anni ottanta del vecchio secolo, una vera e propria sfilata di fuoriclasse ed un “duello nel duello” che stuzzicava la fantasia delle rispettive tifoserie: quello tra il brasiliano Falcao da una parte ed il francese Platini dall'altra. Il pareggio ottenuto in rimonta nella trasferta a Cesena all'inizio del girone di ritorno (dopo essersi trovata in svantaggio di due reti) dava alla Vecchia Signora la piena consapevolezza delle sue enormi potenzialità. Trapattoni si era convinto di poter schierare contemporaneamente Bettega, Paolo Rossi, Boniek e lo stesso Platini senza che ne risentisse l'equilibrio in campo della squadra. Il compito di proteggere la difesa, che poi era anche quella titolare della Nazionale azzurra fresca campione del mondo con la sola esclusione di Sergio Brio, era demandato a Tardelli e Bonini.
L’incontro si mostrò subito avaro di spunti degni di nota, fatta eccezione per una conclusione di Bruno Conti da fuori area, con Zoff a deviare in calcio d'angolo spingendo il pallone oltre la traversa. Per riassumere in poche parole la totale mancanza di emozioni che caratterizzò i primi quarantacinque minuti della partita può bastare la dichiarazione che Enzo Bearzot, c.t. dell'Italia Mundial, rilasciò durante l'intervallo ad un cronista: "Speriamo che la gara si accenda. Capisco che l'importanza della posta in palio è molto alta. Vedo che c'è molta volontà a centrocampo, buona anche qualche triangolazione. Però nessuna delle due squadre affonda con convinzione". Alla ripresa delle ostilità la Juventus rientrò sul campo con un atteggiamento decisamente più aggressivo, tanto che Platini al 13' finì per mettere involontariamente fuori causa Pruzzo a seguito di un duro contrasto di gioco. Al posto del bomber giallorosso entrò Iorio, cui Gentile diede subito il “benvenuto” con un rude intervento dopo pochi istanti dal suo ingresso. In occasione del conseguente calcio di punizione, mentre Madama preparava il cambio tra Boniek e Marocchino, un attimo di esitazione di Barbaresco, il direttore di gara, costò caro alla Vecchia Signora: dubbioso se procedere immediatamente alla sostituzione, diede il tempo a Conti di agire di sorpresa, calciando il pallone nella direzione di Falcao che di testa battè l'incredulo Zoff.
Passata in svantaggio in maniera rocambolesca, la Juventus scaricò tutta la rabbia accumulata riversandosi nella metà campo giallorossa: a Paolo Rossi e Platini vennero negati due possibili calci di rigore, mentre Tardelli e Scirea sfiorarono il goal dell’1-1. Sull'altro versante Iorio, servito da Ancelotti, venutosi a trovare a tu per tu con Zoff in posizione defilata, calciò a botta sicura, con la sfera che sfilò davanti a tutta la linea della porta senza entrare. Al 38' Platini impresse il suo marchio di fabbrica sulla partita. A seguito di un contrasto con Falcao e Conti ottenne la concessione di un calcio di punizione a ridosso dell'area di rigore dei padroni di casa: dalla sua zona prediletta disegnò un capolavoro che portò il pallone ad oltrepassare la barriera e ad infilarsi sotto l'angolo opposto a quello difeso da Tancredi. Ottenuto il pareggio, Madama non si accontentò: ancora il francese, elusa la tattica del fuorigioco messa in atto dagli uomini di Liedholm, si girò su se stesso a pochi metri dal numero uno giallorosso per crossare a centro area, dove Brio riusciva a spingere di testa il pallone in rete per l'incredibile vittoria in rimonta della Vecchia Signora. Sullo stadio calò il gelo: bissando il successo ottenuto al “Comunale” nel girone d’andata con lo stesso risultato, la Juventus era riuscita ad avvicinarsi in classifica a soli tre punti di distanza dalla Roma. Questo non servì ad impedire che lo scudetto si trasferisse nella capitale a fine campionato, salvo poi tornare nel capoluogo piemontese la stagione immediatamente successiva.
L'ultima annotazione della giornata riguardò l'autore del goal decisivo: a gara conclusa, mentre si dirigeva verso gli spogliatoi, Brio venne azzannato ad una coscia da un cane al guinzaglio di un agente del servizio d’ordine posizionato oltre i tabelloni pubblicitari. L'episodio gli provocò - fortunatamente - soltanto una ferita superficiale. Nelle interviste del dopo partita, stuzzicato su un possibile errore dell’arbitro in occasione del momentaneo pareggio bianconero, il presidente dei giallorossi Dino Viola chiuse con eleganza la questione: “No, non direi, anche se onestamente nessuno ha visto il fallo che ha portato alla punizione vincente di Platini. Tuttavia non intendo prendermela con nessuno. Si parla troppo di potere della Juventus e si dimentica una cosa importantissima: che la Juventus il potere ce l'ha qui, nella testa”.
Quella di una squadra vincente.
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