sabato 10 marzo 2012

Luis Silvio Danuello: un "ponta" che giocava da "punta"

"Sono in gran forma e lo dimostrerò. Posso mettermi al più presto a disposizione della Pistoiese. Di solito gioco ala destra, ma so disimpegnarmi anche in altre posizioni offensive. Sono un tipo che si muove e che punta deciso verso le porte avversarie. Il vostro è un calcio di forza e di temperamento, non di abilità come in Brasile. Forse questa è la mia unica preoccupazione. Temo un pò di rudezza dei vostri difensori, ma vedrò di adattarmi. Il contratto dura un anno, spero sia il tempo sufficiente per dimostrarvi quanto valgo. Della Pistoiese ho sentito parlare molto bene di Frustalupi, descritto come un ottimo regista".

Intorno alla metà di agosto del 1980 Luis Silvio Danuello si presentò con queste parole ai suoi nuovi tifosi, nell'estate in cui il calcio italiano aveva riaperto le frontiere agli stranieri dopo la chiusura successiva alla disfatta della nazionale nei mondiali inglesi del 1966. Il caso volle che il direttore tecnico di quella Pistoiese fosse Edmondo Fabbri, la guida degli azzurri in quella famosa spedizione. Il ruolo di allenatore, invece, venne ricoperto dal giovane Lido Vieri.

In serie A giunsero, in totale, quattro brasiliani: Falcao (Roma), Eneas (Bologna), Juary (Avellino) e, appunto, Luis Silvio. Da "bidone" a "meteora", i giudizi in merito alla sua esperienza nel nostro calcio furono impietosi. Scovato in patria da Giuseppe Malavasi, l'assistente di Vieri, una volta sbarcato a Roma - come lo stesso calciatore ebbe modo di affermare nel corso di un'intervista rilasciata nel 2007 al taccuino di Sebastiano Vernazza ("Gazzetta dello Sport") - incontrò i dirigenti del club toscano, che gli domandarono: "Sei una punta?". La sua risposta fu "", dato che aveva inteso "ponta", che in portoghese vuol dire "ala", il suo ruolo naturale.

Tra un cross ed un goal corre una bella differenza, la stessa che separa le aspettative riposte verso un possibile cannoniere dalla delusione patita dopo aver scoperto di avere tra le mani un giocatore di fascia. Soltanto sei presenze accumulate in campionato certificarono il suo fallimento, mentre la Pistoiese corse ai ripari acquisendo dal Catanzaro Vito Chimenti, autore - poi - di nove reti che non furono sufficienti ad evitare la retrocessione nella serie cadetta.

Nell'esordio casalingo (21 settembre 1980, alla seconda giornata contro l'Udinese) la formazione toscana non andò oltre un pareggio per 1-1. Luis Silvio, guarda caso, fu l'autore di una bella azione sulla fascia dalla quale scaturì il trasversone per il colpo di testa vincente di Benedetti. Nella prima vittoria in campionato (5 ottobre, alla quarta gara, disputata contro il Brescia) il brasiliano, influenzato, era assente.

Messo ai margini della squadra, nella successiva primavera tornò in patria per poi farsi nuovamente vivo in estate ma, dato che anche allora trovò le porte sbarrate, lasciò definitivamente il Belpaese.

Così si chiuse, tristemente, la breve storia italiana di Luis Silvio Danuello: arrivato dichiarando di "non essere bravo come Falcao" (proprio nei momenti in cui il fuoriclasse della Roma assicurava di non averlo mai sentito nominare) ma che la Pistoiese non si sarebbe pentita dell'acquisto, scomparve accompagnato dalle leggende che nacquero dopo la sua fuga. Pizzaiolo, venditore di gelati allo stadio di Pistoia, proprietario di un bar e - dulcis in fundo - attore in film porno: su di lui si disse e si scrisse di tutto.

Proprio nell'intervista rilasciata nel 2007 smentì quelle sciocchezze, affermando di gestire una rivendita di ricambi per macchine industriali, attività iniziata investendo i soldi guadagnati nel corso della carriera. Ricordava con affetto Marcello Lippi ("Sono contento che abbia vinto il Mondiale. Era uno dei compagni più simpatici. Stava in difesa, era bravo, e in spogliatoio cercava di aiutarmi") e l'Italia ("In Toscana io e mia moglie concepimmo la nostra primogenita, Amanda").
Se i suoi limiti tecnici erano venuti ben presto a galla, la sfortuna di venire tradito da una vocale, quella "o" di "ponta", gli aveva complicato ulteriormente la vita.
Così come, d’altro canto, era capitato a chi aveva deciso di acquistarlo: i "bidoni", nel mondo del calcio, non si aggirano soltanto tra i giocatori.

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4 commenti:

Anonimo ha detto...

Splendida storia di calcio vissuto. Un calcio che io, allora tredicenne di belle speranze, ricordo benissimo, e che mi lascia dentro una grande nostalgia per le domeniche alla radio, domeniche in cui l'immaginazione volava lontana mentre si ascoltavano le radiocronache di Enrico Ameri e Sandro Ciotti...

Danny67

Thomas ha detto...

Grazie, Danny.
Quello era il calcio al quale sono rimasto legato, il "mio" calcio.
Nel tuo commento lo hai descritto alla perfezione.

Un abbraccio e buona domenica!

Giuliano ha detto...

un altro acquisto che oggi è normale e passerebbe inosservato, ma nel 1980 "lo straniero" era un'attrazione, tutti si aspettavano Pelè e invece arrivavano anche giocatori poco noti. Oltre a Eneas, un paio d'anni dopo, ricordo le battute su Van de Korput, olandese del Torino, un difensore, uno come tanti. Lui ha fatto onestamente la sua parte per un paio di stagioni, però la verità è che "lo straniero" andava preso, era quasi un obbligo... Durò fino a quando gli stranieri (europei inclusi) potevano essere al massimo uno, poi due, poi tre.
L'uomo che fece sballare tutto fu un calciatore della serie B belga, l'olandese Bosman. Ma so che prima o poi ci arrivi, perciò mi fermo qui.

Thomas ha detto...

Ormai mi conosci sin troppo bene, Giuliano ;-)

Un abbraccio di cuore e buona domenica anche a te!