mercoledì 9 maggio 2012

Quelle parole di Gaetano Scirea ed il ritorno della Juventus


Dedico questo articolo al piccolo Simone, cucciolo bianconero figlio di due cari amici: Alessandro e Caterina. L'avevo promesso al padre, in caso di vittoria dello scudetto.

A volte accade che quando il presente non è all'altezza delle aspettative ed il futuro mostra più incertezze del solito, per proseguire il proprio cammino molti di noi si aggrappano ai ricordi felici del passato. Il rischio, concreto, è quello di non riuscire più a staccarsi da loro, restandone imprigionati.

Succede anche nello sport, dove non di rado capita che le motivazioni indispensabili per raggiungere traguardi prestigiosi scompaiono di fronte alle prime difficoltà, allorquando si finisce col cercare conforto nella storia allontanandosi così dalle idee che avevano dato origine alla nascita di un qualcosa di nuovo.

Per restare nel mondo del calcio nostrano ed averne un esempio immediato basti pensare a tutte le spedizioni della nazionale azzurra successive alla vittoria nel mondiale disputato in Spagna nel 1982: durante ognuna di loro ci sono stati continui tentativi da parte degli organi di stampa di rievocare situazioni, ormai irripetibili, che potessero ricreare lo stesso clima vincente. Gira e rigira l'obiettivo venne finalmente centrato nel 2006, durante quel terremoto che distrusse la grande Juventus creata dalla Triade, a sua volta scelta da Umberto Agnelli per metterla al timone del club.

A proposito della Vecchia Signora, all'epoca dei fatti in questione la domanda sorse spontanea: Calciopoli distrusse solo "quella" Juventus, oppure "la" Juventus? E poi: quanti anni si sarebbero dovuti attendere per rivederla nuovamente primeggiare in Italia ed in Europa? Quando Andrea, il figlio del Dottore, venne nominato Presidente bianconero scattarono immediatamente i paragoni con il padre e gli altri illustri predecessori della stessa stirpe: basterà il nome "Agnelli" a riportare Madama dai suoi tifosi?

Scelto Luigi Del Neri come allenatore del nuovo corso, una volta arrivato a Torino il tecnico dichiarò che avrebbe preso come riferimento lo spirito battagliero mostrato dalla Juventus degli anni settanta del secolo precedente, una formazione costruita da Giampiero Boniperti dietro la scrivania e plasmata sul campo da un giovanissimo Giovanni Trapattoni. Quella squadra conquistò al primo colpo lo scudetto dei record nella stagione 1976/77 (con il punteggio di 51 punti su 60 a disposizione, la vittoria ne valeva due) e trionfò in Coppa UEFA grazie ad una rosa composta esclusivamente da giocatori italiani.

Fallito l'esperimento, a causa dell'ennesima rivoluzione bianconera il suo posto è stato preso da Antonio Conte, tornato sotto la Mole nelle vesti di allenatore: con addosso la maglia bianconera, quando in panchina sedeva Marcello Lippi, aveva fatto incetta di trofei. Alle prime uscite positive della sua Juventus la fantasia degli addetti ai lavori iniziò subito a volare alto: riuscirà a conquistare scudetto e coppa Italia esattamente come capitò al mister viareggino al suo esordio nel 1994/95?

Fatto suo il tricolore, alla formazione guidata da Conte manca una vittoria per centrare anche l'altro trofeo, da ottenere nella finalissima che disputerà a Roma contro il Napoli di Walter Mazzarri (20 maggio). Proprio la squadra campana venne indicata nello scorso mese di ottobre 2011 da Giovanni Trapattoni come la favorita per lo scudetto. Durante quell’intervista, resa in esclusiva per la "Gazzetta dello Sport", non mancò di elogiare pure il tecnico di Madama: "E' incazzoso come lo ero io a 37 anni. Buon segno. Mi piace quando paragonano Conte al primo Trapattoni. Antonio ha vinto tutto con la maglia della Juve e sta trasmettendo ai giovani e ai meno giovani questa voglia di essere davanti a tutti che è nel dna della società bianconera".

Prima dell'incontro col Napoli, però, a Madama resta da giocare una gara di campionato, utile a certificare la sua imbattibilità stagionale in serie A: quella con l'Atalanta, club nel quale allenarono in passato Lippi, Conte e sulla cui panchina si sarebbe dovuto sedere anche lo stesso Trapattoni, se Boniperti non avesse puntato con estrema decisione su di lui. Nel corso degli anni molti calciatori hanno compiuto la tratta tra Bergamo e Torino alla ricerca della fortuna nel calcio che conta. Uno di questi un giorno dichiarò: "La Juve è un qualcosa di più di una squadra, non so dire cosa, ma sono orgoglioso di farne parte".

Il suo nome era Gaetano Scirea. Queste parole ed i suoi insegnamenti sono e saranno sempre d'attualità. A maggior ragione adesso che la Juventus è tornata dai propri tifosi.

Articolo pubblicato su Tutto Juve.com

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La foto relativa alla festa per lo scudetto è stata scattata, in diretta, da Massimiliano Ferraro. Potrete trovarne molte altre ancora nel suo blog

8 commenti:

Anonimo ha detto...

bellissimo articolo Tommi; sono sicuro che Ale apprezzerà tantissimo questa dedica.
ciao Enzo

Thomas ha detto...

Grazie mille, Enzino!
Domani ti chiamerò in mattinata.

Un abbraccio grande!

Danny67 ha detto...

Bellissimo articolo Thomas. Sai, le parole di Gaetano Scirea che tu citi in questo pezzo, sono proprio la sacrosanta verità. Certo, ogni tifoso di calcio, di qualsiasi fede, potrebbe, in teoria, farle sue e riferirle alla propria squadra...ma onestamente, e non perchè sono Juventino, non sarebbe la stessa cosa.

;-)

Thomas ha detto...

Grazie, Danny!
Si', il senso di appartenenza ad un club rappresenta il patrimonio di ogni societa' e di qualsiasi tifoseria.

E' giusto e bello che sia cosi'.

Scirea, pero', e' un qualcosa di unico nel suo genere...

Un abbraccio e buona giornata!

Paolo ha detto...

Complimenti, principalmente per il modo molto pacato di esporre il tuo pensiero, ma ovviamente anche per la profondità dei contenuti. E non mi riferisco solo a questo post.
Pensare a Scirea mi emoziona ancora oggi. Anche io ritengo Gaetano un esempio unico e irripetibile.

Thomas ha detto...

Grazie,Paolo.
Di cuore.

Scirea?
Un giorno, ero piccolo, mio padre entra in casa con una sua foto, ed una dedica nei miei confronti.

L'amico che gliel'aveva procurata gli confessò che la persona "incaricata" del favore era rimasta stupita, una volta di più, del fatto che fosse praticamente impossibile fargli parlare male di qualcuno.

Nel momento della "firma" si trovavano seduti sugli spalti di un piccolo impianto sportivo, intenti ad osservare una partita di calcio tra ragazzini.

Aveva una parola buona per tutti...

A presto e buona serata.
Un abbraccio!

Giuliano ha detto...

ecco, il mio unico dispiacere, quello grosso, è che nessun dirigente Juve abbia mai preso nettamente le distanze da certi tifosi. Non dico quali, ma penso che si capisca: certi cori, certi gesti, certi simboli.
Per me Scirea significa anche questo, mai una parola contro qualcuno, e poche anche le altre. I calciatori devono correre, giocare, impegnarsi, meno parlano e meglio è. In questi tempi, esemplare è Pirlo - quasi non sappiamo che voce ha. (anche nel fisico è molto simile a Scirea, forse oggi avrebbero lo stesso ruolo in campo).
Già che ci sono, mi ricordo ancora lo stupore quando la Nazionale scelse Zoff come portavoce, ai mondiali del 1982: perché, Zoff parla?
:-)
Mi tengo stretto anche il sorriso di Chiellini, ogni tanto sul campo ci fa arrabbiare ma come persona mi piace moltissimo.

Thomas ha detto...

Mariella Scirea, molto tempo fa:

«Mio marito ha una qualità/difetto grossa come una casa, la modestia.

Lui dice che, a volte, parlo come un direttore sportivo ma, secondo me, dovrebbe farsi valere di più.

È testardo, poi crede di essere preciso, mentre non lo è per niente.

Quante volte Gai, dopo l’allenamento, mi piombava a casa all’ora di pranzo con quattro sconosciuti.

Diceva: “Mariella, questi signori hanno fatto centinaia di chilometri per venire a vedere la Juve e ho pensato che dovevano pur mangiare qualcosa”.

Ecco, questo era Gaetano Scirea fuori dal campo».


La Juventus e il calcio italiano in generale con la sua morte non hanno perso un grande sportivo, bensì un uomo dalle qualità umane immense.

Un abbraccio, Giuliano.
A presto!